Anima
Libera
Fine
del XVI secolo, in un’Italia agricola e ancora scossa dalle guerre le vicende
di una ragazza tenace e ribelle che vivrà la sua avventura in una società che
la vuole come lei non è…
Una
storia di un viaggio alla ricerca della libertà e del primo amore…
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“Nella radura resta in piedi un pugile
ed un combattente di mestiere
E si porta dietro i ricordi
di ogni guantone che lo ha messo
giù
e lo ha tagliato fino a farlo
gridare
nella sua rabbia e nella sua
vergogna
-Me ne vado, me ne vado-
Ma il combattente rimane”
“The Boxer” - Paul Simon
Capitolo primo
-Le odio queste coppiette di fidanzati
che continuano a passarci davanti- continuava a ripetere Amelia Druso in preda
alla solita crisi di nervi quando vedeva coppiette felici che giravano per le
viuzze del paese.
Amelia
era una giovane e carina fanciulla di Viale Bardato che passava le
sue ore libere a scrutare il cielo in cerca di merli o pappagallini di
variopinti colori oppure fingeva di leggere un libro all’ombra di un albero
nonostante fosse analfabeta; ma in particolar modo si divertiva a stare con il
suo più grande amico di infanzia, Timoteo Barda o anche detto Tim.
Lei, occhi e capelli scuri e mossi, lui,
occhi verde smeraldo e capelli biondi e ricci stile angioletto. Tim era
particolarmente bello alto e con un fisico ben scolpito, infatti era sempre
circondato di fanciullette che amavano ammirarlo e fare le svenevoli. Amelia ,
come ho già citato prima, era una giovane carina ma poco solare, questo la
distingueva dalle altre ragazze del paese. Si pensa che Tim fosse attirato da
Amelia proprio per la sua poco popolarità e perché il suo obbiettivo non era
conquistarlo.
-Ma guarda un po’ chi
sta arrivando!- esclamò Amelia, Tim distolse lo sguardo da una coppia di fidanzatini
che si allontanava per vedere chi stesse arrivando in quel momento per agitare
tanto Amelia.
-Che cosa ci fate ancora
qua giù? Non lo sapete che le vostre madri stanno setacciando Viale Bardato per
trovarvi?- era Rebecca. Bella, occhi neri e capelli color del fieno lisci come
spighe di grano, alta e dalle forme rotonde e ben definite; era la migliore
amica di Amelia.
-Ma cosa vuole da me
quella donna?- sbottò seccamente Tim
-Ehi, ti ricordo che è tua
madre, quindi portale rispetto- sbraitò Amelia
-Ma è una donna, come
pensi che possa trattarla se non come un esserin…- non finì in tempo la frase
che Amelia gli era già al collo pronta a strozzarlo, lo atterrò e per poterlo
immobilizzare si mise a cavalcioni sopra di lui, a Rebecca si gonfiò un nervo
sulla fronte, le piaceva tanto Tim e vederli così la metteva a disagio oltre
che in imbarazzo. Tim si liberò della presa delle mani dell’assalitrice, con
una spinta la buttò a schiena a terra e fu lui a mettersi sopra di lei
tenendole le mani all’altezza delle spalle lontane dal corpo
-Allora ti arrendi?-
-Si, si va bene, ma
adesso scendi prima che ci veda qualcuno- disse ridacchiando
-Bene, se non mi ricordo
male si stava parlando di voi due…Vi siete ricordati di fare la raccolta del
grano settimanale?- provò Rebecca
-Certo, questa mattina
all’alba!- ribatte Amelia. Ci fu un attimo di silenzio in cui si guardarono per
un attimo come per cogliere l’uno il pensiero dell’altro, poi si incamminarono
verso Viale Bardato.
–Dove diavolo eri? Lo
sai che tra un po’ mandavo tutto il paese a cercarti? Eri di nuovo insieme a
quel Tim vero? Quel ragazzo è buono solo come marito!- urlò tutto d’un fiato
Deneide, la mamma di Amelia. Lei aveva
i capelli lisci e scuri come quelli di Amelia, occhi chiari ed era una donna
bellissima per la sua età.
–Sentiamo, perché mi
cercavi?- chiese impazientemente Amelia
- Non l’ hai saputo
suppongo! Tu padre è stato richiamato per la guerra e non potrà che passare
qualche giorno con tutta la famiglia! Ora vai a chiamare Fabrizio, corri!-
ribatte Deneide e senza aggiungere altro le girò le spalle sparendo all’interno
della casa.
La casa di Amelia,
nonostante sembrasse una catapecchia, era piuttosto spaziosa nel suo interno in
casa. Dall’ingresso si aveva la visuale su una pericolante scala a chiocciola
fissata alla mala peggio dal padre di Amelia che portava alla stanza dei due
fratelli , dietro la scala si scorgeva uno stretto corridoio che portava al
cortile. A sinistra della scala si trovava la cucina composta da un tavolo
coperto di bruciature e buchi, tre sedie intrecciate da Deneide, qualche
mensola in legno sostenuta da vecchi chiodi arrugginiti e al fondo della stanza
c’era un piccolo tripiede formato da bastoni di nocciolo con appeso un
pentolino dove Deneide cucinava i suoi stufati di cereali e rare volte riusciva
a rubare della verdura nei giardini vicini. Invece alla destra della scala si
trovava la camera da letto di Deneide e del marito, nella quale si trovava una sottospecie
di materasso imbottito di paglia con sopra un lenzuolo e due cuscini, anch’essi
riempiti di paglia, vicino al letto c’era un piccolo sgabello con sopra una
candela ormai arrivata alla fine.
Amelia entrò
svogliatamente in casa, percorse lo stretto corridoio della casa e uscì dalla
porta del retro che dava sul cortile; il cortile era davvero piccolo e al suo
interno c’era un piccolo orticello che produceva soltanto cereali, alla
sinistra dell’orticello c’era un piccolo alberello che offriva, però, una vasta
area ombreggiata. Li sotto l’alberello vide Fabrizio, un bambinello di soli
sette anni coi capelli ricci e scuri ma con i bellissimi occhi della madre, che
giocava con Tabita, il cane di famiglia.
–Vieni dentro che la
mamma ti deve parlare, giocherai più tardi con Tabita- gridò Amelia dall’uscio
della porta.
-Ma la mia lezione
sull’alfabeto inizia più tardi!- ribatte subito Fabrizio allarmato, -E da quand’è che prendi lezioni d’alfabeto?!-
chiese curiosa Amelia.
- Da quando non voglio
diventare un’analfabeta come te- rispose sarcasticamente Fabrizio lasciando la
sorella a bocca chiusa.
Ormai si era fatto tardi
e il padre di Amelia sarebbe arrivato da un momento all’altro, ma questo non
bastò a tenere a freno la lingua di Amelia che era piuttosto seccata – Come
avete potuto farmi uno scherzo del genere? Io sto vivendo come un’analfabeta e
mio fratello può permettersi di ricevere un’istruzione??- esplose d’un tratto.
- Tuo fratello deve
ricevere un’istruzione perché tra qualche anno dovrà iniziare a lavorare. Tutti
i ragazzini della sua età orami sono andati a lavorare, ma con la nuova legge
non puoi iniziare un lavoro senza essere prima stato istruito. - spiegò in
maniera suadente Deneide.
Amelia stava per
replicare quando varcò la soglia di casa suo padre. Era un uomo dall’aspetto
molto vecchio e dimostrava più della sua età, era molto alto occhi e capelli
scuri e ricci, insomma, era il ritratto di Amelia. Tra lei e suo padre c’era
una divergenza e non riuscivano proprio a compatirsi; quando i due litigavano,
solo Deneide riusciva a calmarli e parlando prima con uno, poi con l’altro. In
questo modo era in grado di stabilizzare una tregua, anche se poco duratura.
-Da fuori ho sentito
Amelia urlare qualcosa, ditemi, cosa sta succedendo?- detto questo il padre non
si curò nemmeno di togliersi i calzari che si sedete subito a tavola affamato e
curioso.
-Nulla di importante,
stai tranquillo Orlando, io e Amelia stavamo solo…ecco…-
-Stavamo discutendo del
fatto che mio fratello potrà imparare a leggere e a scrivere invece io devo
stare zitta e buona e lavorare nei campi e a casa come se fossi una serva-disse
Amelia senza staccare lo sguardo dal suo stufato.
–Se non ti ricordi male ne avevamo già
parlato! Tu come le altre femmine dovrai rimanere ignorante, e io non alzerò
neanche un dito per impedirlo!-disse freddamente il padre -E adesso se non ti
dispiace ho molta fame, portami subito un piatto di stufato e poi vai in camera
tua a riflettere, a dormire o a invertanti un modo per far comparire dei soldi,
e fai in modo che non debba più vedere la tua faccia insolente fino a domani-
aggiunse poi con non curanza come se avesse appena detto a sua figlia quanto le
voleva bene.
Amelia aveva un diavolo
per capello e non aveva proprio voglia di controbattere su come l’aveva appena
offesa suo padre, questo su comportamento non stupì solo se stessa ma anche suo
padre che la guardava come se stesse aspettando una delle sue solite risposte
arroganti, ma così non fu. Decise di ignorare le parole di suo padre e si alzò
per sparecchiare, uscì di casa per lavare i piatti nella tinozza dell’acqua e
poi si diresse in camera sua senza proferire parola con nessuno. Si sdraiò sul
letto e appena sentì il fratello salire le scale chiuse gli occhi e finse di
dormire, esattamente come faceva tutte le notti.
Come da abitudine
aspettò che il fratellino si addormentasse, quindi, scese dal letto e si infilò
un maglione pesante e si diresse fuori dalla stanza e giù dalle scale. Stava
per aprire la porta di casa, quando le voci dei suoi genitori attirarono la sua
attenzione, provenivano dalla loro camera da letto. Si avvicinò alla porta …
-E tu non venirmi a dire
che ho un comportamento scorretto nei suoi confronti, è lei che mi fa
impazzire- ruggì suo padre, stavano parlando di lei. Ancora più incuriosita da
quella baraonda accostò l’orecchio alla porta, adesso sentì la voce di sua
madre.
- Non posso di certo
dire altrimenti, come hai potuto dire quelle cose, avrebbero ferito chiunque. E
poi questa storia deve finire, tu stai per andare i guerra, e Amelia è in età
da marito, non credi che bisognerebbe dare un taglio alle vostre scenate che si
ripetono ogni sera?!- Deneide sembrava parecchio convincente, ma Orlando non
era disposto a issare bandiera bianca, o almeno, non per primo.
- Io di certo non mi
abbasserò mai e poi mai a chiedere scusa ad una femmina, al massimo dovrà
essere lei a chiedermi scusa per i suoi comportamenti da piccola ribelle-
- Non essere sciocco
Orlando, questo tue manie maschiliste sono infondate, lei sta maturando e sono
sicura che oggi sia tu che lei siate piuttosto stanchi, e poi non mi sembra che
Amelia ti abbia offeso in qualche modo, non trovi?- sua madre suonava più
convincente di prima, infatti la risposta del padre confermava la sua
impressione.
- Si, in effetti hai
ragione, oggi non è stata impertinente come al solito- poi dopo una pausa fu
come se riprendesse il suo tono di voce freddo e deciso.
– E con ciò? È stato un
caso che oggi non abbiamo fatto una delle nostre solite scenate- ci fu un altro
momento di pausa in cui i due si guardarono dolcemente negl’occhi. In quel
preciso momento Orlando si ricordò che si era innamorato di sua moglie, non
solo perché era infinitamente bella, ma anche perché era una donna molto
suadente e, in particolare in quel momento, lo aveva convinto a capire di più
sua figlia.
– E va bene, forse hai
ragione tu cara, dovrei stare più tempo con Amelia e imparare a capire come
ragiona la sua testolina. Sono sicuro che però dopo un bel matrimonio combinato
le si metteranno le rotelle a posto- concluse deciso Orlando, Deneide si
avvicinò al marito sorridendogli e dandogli un dolcissimo bacio sulle labbra
ancora tese per via della sua solita aria da duro.
Amelia aveva sentito
abbastanza, quello che aveva appena sentito era bastato per ricordarle perché
odiava suo padre. Silenziosamente si allontanò dalla stanza dei suoi genitori e
si diresse verso la porta, la aprì delicatamente e la richiuse alle sue spalle
più cautamente che poté anche se avrebbe voluto sbatterla.
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Ho
beccato mia sorella!! ^__^ bè poco male, ora mi sono creata un nick tutto mio e
continuerò la storia postandola da sola!!
Comunque
grazie a tutti quelli che mi avevano recensito sul nick di mia sorella (Judie)!!
To be continue….
Serena