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Autore: Victoria93    03/03/2014    10 recensioni
Tratto dalla storia:
-"Stai dicendo che sono io la tua ossessione, signor detective...?" gli sussurrò, di nuovo vicinissima alle sue labbra.
"Non lo so...ma mi stai impedendo di pensare. E nessuno era mai riuscito a ottenere un simile risultato nei miei confronti. Direi che le probabilità che tu sia diventata la mia ossessione sono intorno al 62%".
"Odio le tue stupide percentuali" replicò lei, senza riuscire a trattenersi dal ridacchiare.
"E io amo te".- Elle è pronto per dedicarsi al caso Kira, e ben presto incontra gli agenti giapponesi e si prepara allo scontro con il colpevole, come da programma, ma stavolta...il coinvolgimento di un nuovo agente dell'FBI nelle indagini lo porterà a cambiare notevolmente le sue prospettive, in un modo che nemmeno la mente più geniale del mondo avrebbe mai potuto calcolare e prevedere. Una storia d'amore, intensa, passionale, contro cui quasi niente sarà in grado di opporsi...
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'SUGAR AND PAIN'
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Capitolo 15- Quiet chaos
 
Il dottor Shibahime abbassò la testa, per poi scagliare un pugno sul tavolo operatorio, il volto contratto; in tutta la vita, mai gli era capitato di provare una simile sensazione di frustrazione di fronte alla morte di un paziente. D’altronde, era il suo lavoro; era sempre stato uno dei migliori, nel suo campo, ma al contempo si era comunque dimostrato consapevole che i fallimenti, per quanto avesse potuto rivelarsi in gamba, non avrebbero mai cessato di manifestarsi. Le persone non avrebbero mai smesso di morirgli di fronte, e spesso avrebbe comunque scoperto di non poter fare niente per fare in modo che ciò non accadesse. Eppure, quel caso particolare aveva qualcosa di diverso…quella ragazza così giovane, così combattiva, malgrado il suo incredibile problema, così coraggiosa…possibile che dovesse tutto finire in quel modo?
“Dottor Shibahime…” lo chiamò una delle infermiere “Dovremmo informare le persone che…beh, che stanno aspettando notizie…”.
Il chirurgo non mosse un muscolo, le mani strette intorno ai bordi del tavolo operatorio, il capo ancora chino; per un istante, i suoi collaboratori avrebbero giurato di averlo visto tremare…aveva annunciato la morte come da procedura, ma in quel momento appariva semplicemente incapace di andare oltre quella sconfitta. Cos’altro avrebbe mai potuto fare…?
 
Ruri spostò di nuovo lo sguardo dalla nebbia che si trovava dietro di lei a suo fratello, il volto preoccupato e incerto, come indeciso su quale strada prendere alfine. Andare avanti o tornare? Prima di quell’istante, non avrebbe mai pensato che una decisione del genere potesse essere così difficile…fu allora che Daniel le sorrise di nuovo, abbassando definitivamente la mano e facendole un cenno.
“Vai, Ruri. Adesso vai. Non hai molto tempo”.
“Daniel…”.
“Arriverà un momento in cui staremo di nuovo insieme. Arriverà un giorno, ma non è questo. Va’ da lui. Ti sta aspettando”.
“Daniel…”.
Notando che si era avvicinato, Ruri fece per allungare una mano per toccarlo, ma tutto quello che riuscì a fare fu sfiorare qualcosa di inconsistente, come se la figura di suo fratello fosse stata fatta di fumo, come se fra loro si fosse di nuovo alzato un confine che non poteva valicare…quella consapevolezza le fece venire una gran voglia di piangere, e presto le lacrime tornarono a scorrere sul suo volto.
“Non piangere…va tutto bene. Andrà tutto bene, Ruri. Non avere paura”.
“Mi…mi manchi così tanto. Non capisco cosa succede…sono bloccata…?”.
“No. È solo che non hai ancora compreso fino in fondo qual è il tuo posto. Nel tuo profondo, lo sai già, ma la tua mente non lo accetta. Questa non è la tua ora, Ruri. È soltanto una via di fuga. L’ho capito soltanto adesso; vorrei tanto che stessimo di nuovo insieme, ma non puoi rimanere qui. Mi dispiace…”.
“Daniel…Williams è…”.
“Lo so. È stato ucciso. Sai, neanch’io lo vedrò più…mi dispiace anche di questo. Avrei voluto poterlo guardare in volto un’ultima volta…”.
“Dan…”.
“Ruri, tu sei stata la più grande vittoria di tutta la mia vita. Sei intelligente, coraggiosa, determinata, decisa, forte e straordinaria. La morte non è fatta per persone come te. Quantomeno…non può costituire la via di fuga che cerchi. Ci sarà un momento in cui lo capirai. Adesso torna a respirare. Ti rimangono pochi secondi…”.
“Daniel…”.
“Vai. Ora vai. Corri. CORRI!!!”.
Sospinta da quella vigorosa sollecitazione, Ruri gli dedicò un altro sorriso, modulando la parola ‘GRAZIE’ con le labbra, per poi voltarsi verso la nebbia e cominciare a correre a più non posso, sperando che non fosse troppo tardi, sperando che gli altri non si fossero già arresi, sperando d’essere ancora in tempo…sperando che Elle non avesse perso la speranza.
“Darò un bacio ad Eliza per te!!”.
Avrebbe voluto voltarsi per rispondere alle parole del fratello, ma sapeva che non ne avrebbe avuto il tempo; in più, una strana sensazione le diceva che Daniel era già scomparso. Prima che potesse rendersene conto, la terra le mancò sotto i piedi…avrebbe voluto gridare, chiedere aiuto, forse perfino voltarsi un’ultima volta, ma tale occasione non le fu concessa.
Infine…il buio l’avvolse nuovamente…
 
“Dottor Shibahime?”.
“Sì, lo so. Ruri Dakota non aveva parenti, di là ci sono soltanto un gruppo di colleghi e la sua migliore amica…è meglio che lo faccia io. Ditemi dove…”.
“No, dottor Shibahime, guardi!!!”.
Il medico alzò lo sguardo, sorpreso, nella direzione di ciò che l’infermiera gli stava ferventemente indicando; l’elettrocardiogramma aveva appena dato un piccolo segnale sonoro, riprendendo a scandire con ritmo quasi costante la frequenza cardiaca di Ruri.
“BRADICARDIA SINUSALE!!! ABBIAMO UN BATTITO!!!”.
“È ANCORA VIVA!!! È VIVA!!!”.
“FORZA, DIAMO AVVIO ALLA PROCEDURA DI TRAPIANTO!!! Possiamo ancora farcela!!!”.
Mentre gli altri medici e gli assistenti di sala operatoria si predisponevano per proseguire l’intervento, Shibahime concesse un sorriso alla ragazza, carezzandole il capo per un secondo.
“Brava, Ruri! Sei stata brava!! Non preoccuparti, ti tirerò fuori di qui!!”.
 
Circa quattro ore dopo, Ryuzaki non accennava ancora a variare la sua posizione; seduto sul cornicione del tetto, le gambe in avanti e la schiena arcuata a sua volta nella stessa direzione, il capo chino e le braccia lenti, dava semplicemente l’impressione di stare soltanto attendendo che tutto finisse, che qualcuno lo raggiungesse per dirgli che era tutto finito, che quella stramaledetta verità si era infine concretizzata…che Ruri non sarebbe tornata mai più.
Le immagini del suo volto, del suo sorriso, del suo sguardo, degli ultimi ricordi che aveva collezionato di lei, negli ultimi istanti in cui aveva posato gli occhi sul suo viso, gli rimbombavano nella mente, senza cessare per un solo istante di comparirgli di fronte…possibile che tutto dovesse finire in quel modo? Possibile che non ci fosse nient’altro a cui aggrapparsi? Una possibilità…un’altra chance, solo un’altra chance…
“RYUZAKI!!!!”.
La voce di Matsuda lo portò ad alzare la testa, permettendogli di scorgere il giovane agente di polizia, che gli stava correndo incontro, dando sfogo a tutte le energie di cui disponeva.
Non riusciva a distinguerne bene i tratti del volto, bagnato dalla pioggia battente che stava ancora continuando a cadere, ma la cosa che subito gli balzò all’attenzione fu l’espressione dipinta nei suoi occhi; frastornata, confusa, profondamente scossa.
Quello sguardo poteva voler dire una cosa sola…
*Ruri…*.
“RYUZAKI!! RYUZAKI, DEVI VENIRE SUBITO!!!” gridò il ragazzo, cominciando a tirarlo per un braccio e a trascinarlo in direzione della porta d’ingresso del tetto, nel tentativo di ricondurlo all’interno.
Inerte al suo contatto, Elle si lasciò condurre verso il luogo prescelto da Matsuda, incurante di ogni cosa, incurante dell’acqua che gli scorreva lungo il volto, incurante del tempo, incurante di respirare, incurante della morte. Adesso più che mai cominciava a esserne del tutto sicuro…Ruri non c’era più.
Quando furono giunti a destinazione, subito dopo essersi affacciato nel corridoio, gli occhi spenti di Elle videro Robin con il volto fra le mani, intenta a piangere a dirotto; prima che la sua voce trovasse le forze per dirle qualcosa, Watari lo precedette con gran tempismo, raggiungendolo e rivolgendogli il sorriso più caloroso che gli avesse mai regalato in tutta la sua vita.
“Ryuzaki, Ruri è viva!! Sta bene, è viva!! Ha superato l’intervento, il trapianto è riuscito!! È andato tutto bene!!!”.
Quelle parole colpirono la muraglia che era appena sorta intorno a lui, cominciando lentamente a incrinarne la superficie, fino a disintegrarla del tutto. Com’era concepibile che le cose potessero cambiare così radicalmente nell’arco di pochi secondi? Voltandosi appena, Ryuzaki diresse il suo sguardo verso Matsuda, che si era appena seduto accanto a Robin, circondando le spalle della ragazza con un braccio e lasciando che lei continuasse a sfogarsi.
“Scusa, Ryuzaki…ti abbiamo spaventato?” domandò il giovane, rivolgendogli un’occhiata dispiaciuta.
“Diciamo solo che credo d’averti frainteso…” ammise il detective nell’appoggiarsi al muro, le mani in tasca e gli occhi piantati al suolo.
“S-scusa, Ryuzaki…” aggiunse Robin, sollevando lo sguardo e tirando su col naso “C-credo che sia solo la tensione. Sono state delle ore orribili…”.
“L’importante è che Ruri ce l’abbia fatta. Sapevo che non si sarebbe mai arresa!!” esclamò il sovrintendente, con un gran sorriso.
“Che cos’ha detto il medico?” domandò Elle, dotato di una nuova risoluzione “Come sta? Quali sono le sue condizioni? Possiamo vederla?”.
“Ha detto che è ancora molto debole, ma che al momento è stabile e che il suo stato migliorerà sicuramente in poco tempo. Dovrà rimanere in ospedale ancora per una settimana, per fare degli accertamenti e per assicurarsi che la sua funzione cardiaca non venga compromessa da niente, ma potrà uscire a breve. Naturalmente, dovrà continuare ad assumere regolarmente i farmaci e sarà bene che non si sottoponga a sforzi eccessivi, soprattutto nei primi tre mesi successivi all’operazione…ma per il resto, avrà una vita del tutto normale, e avrà la possibilità di tornare ad occuparsi delle indagini”.
“Quindi…andrà tutto bene…?” chiese il detective, con una voce strana, diversa dal solito.
“Tutto bene” confermò Watari, stringendogli forte una spalla e sorridendogli ancora una volta “Te l’avevo detto che ce l’avrebbe fatta” gli sussurrò poi all’orecchio.
Mentre tutti gli altri tornavano a parlare animatamente della cosa, abbracciandosi fra loro, Ryuzaki tornò a sedersi sulla panchina del corridoio, stavolta assumendo la sua posa caratteristica, con le ginocchia strette al petto. La sua mente stava tornando a funzionare, ma stavolta la voce della sua razionalità era accompagnata da un altro mormorio incessante, che non smetteva di bisbigliargli quanto fosse forte, in quell’istante, il suo bisogno di vederla di nuovo.
 
Dopo circa altre quattro ore, finalmente il dottor Shibahime tornò per informarli che Ruri era sveglia, e che aveva espresso la volontà di vederli tutti, ma ad una condizione.
“Ha detto che desidera vedere da sola un certo Ryuzaki…è qui fra voi?”.
Elle si alzò in piedi, superando prontamente tutti gli altri, che gli riservarono occhiate di diversa natura, e seguì il chirurgo lungo i corridoi che dovevano attraversare, mentre gli sguardi di tutti i presenti non lo abbandonavano per un solo istante. Non appena furono arrivati, il medico gli sorrise e gli fece un cenno rassicurante.
“Vada, la sta aspettando. Immagino che attenda questo momento fin da quando si è risvegliata; il suo è stato il primo nome che ha pronunciato dopo l’intervento”.
Shibahime fece per allontanarsi, quando la voce del ragazzo lo fermò per un momento.
“Grazie” disse semplicemente Ryuzaki, la mani in tasca e lo sguardo di nuovo a terra “Grazie…per averla riportata qui”.
Shibahime gli sorrise, scrollando le spalle e andandosene definitivamente.
“Ho fatto solo il mio lavoro. Non mi ringrazi per questo”.
Quando infine fu rimasto solo, Elle prese un respiro profondo e abbassò con lentezza la maniglia della porta, per poi entrare del tutto nella stanza, chiudendosi il passaggio alle spalle.
Alzando del tutto gli occhi, la figura di Ruri gli apparve alla vista; la ragazza era distesa nel letto che dominava l’ambiente, non troppo distante dalla finestra. Prima del suo ingresso, aveva il capo voltato in quella direzione, gli occhi persi nel buio della sera, l’espressione assorta; il suo colorito era ancora pallido, ma senz’altro migliore di quello che le aveva visto addosso l’ultima volta che si erano parlati. L’ultima volta…sembrava che fossero passati gli anni da quell’istante, invece che poche ore…in effetti, erano senz’altro state le più lunghe della sua vita. Accorgendosi della sua presenza, Ruri si volse verso di lui, iniziando lentamente a sorridergli, gli occhi stanchi e il corpo ancora debole…i suoi capelli erano scomposti, il suo volto era segnato da profonde occhiaie, i segni sulla sua pelle sembravano ancora più evidenti del solito…eppure, in quel momento non riusciva a ricordare una sola occasione, fin dal primo momento in cui si erano conosciuti, in cui l’avesse trovata più bella di allora.
“Ciao…” lo salutò lei, la voce poco più alta di un sussurro.
Elle avrebbe voluto salutarla a sua volta, ma dalla sua bocca non riuscì ad uscire alcun suono; il ragazzo rimase vicino alla porta, le mani in tasca, gli occhi puntati su di lei. Come poteva la mente più geniale del mondo non essere in grado d’articolare una semplice frase?
“Sei tornata…” riuscì a dirle infine, dopo un lunghissimo silenzio.
“Avevo ancora qualcosa da fare” commentò lei, con un sorriso stiracchiato.
Elle annuì, volgendo appena lo sguardo e dirigendolo a terra, ancora incapace di trovare qualcosa di sensato da dirle. Aveva aspettato quel frangente per tutto quel tempo, dannandosi l’anima pur di poter avere un’altra possibilità per starle vicino…diamine, non aveva senso. Adesso che aveva ottenuto quello che voleva, adesso che c’era così vicino…non riusciva a raggiungere ciò di cui aveva bisogno?
“Volevi vedermi?” le domandò, al termine di un’ulteriore pausa.
Ruri gli rivolse un altro sorriso e gli fece un cenno con la testa, invitandolo così ad avvicinarsi; Ryuzaki l’accontentò molto lentamente, finendo per sedersi accanto al suo letto, senza, ancora una volta, portare le ginocchia al petto.
Prima che potesse rendersene conto, era già tornato a sfiorarle leggermente la mano, come nel tentativo di capire se lei fosse vera o se tutto ciò che aveva di fronte fosse un sogno da cui aspettava soltanto di risvegliarsi.
“Volevo…chiederti scusa” esplicò la ragazza, con uno sguardo dispiaciuto.
“Che cosa vuoi dire?” replicò Elle, perplesso.                                        
“Sì, insomma…ti ho messo in una situazione difficile, e questo…questo non è stato giusto. Non è stato giusto e non è stato corretto nei tuoi confronti, da parte mia. Ti avevo promesso che mi sarei presa cura di me stessa, che avrei…previsto qualunque possibile inconveniente con…beh, lo sai, con la mia malattia. Ti avevo assicurato che non avrei permesso che la cosa mi sfuggisse di mano, e non è stato così, per cui…volevo dirti che mi dispiace. Tanto”.
Ryuzaki la guardò negli occhi, nel tentativo di capire se lo stesse prendendo in giro o no.
“Mi stai dicendo…che ti dispiace per aver avuto un arresto cardiaco?”.
“Mi dispiace per aver preso in considerazione la possibilità di morire”.
Elle si sottrasse al suo tocco, come attraversato da una scossa elettrica.
“È questo quello a cui pensavi?” le chiese, il tono di voce ridotto a un sussurro e gli occhi attraversati da una scintilla di rabbia cupa.
“Ryuzaki…”.
“Pensavi che saresti morta? È questo quello che ti passava per la mente in quella maledetta sala operatoria? È questo quello che volevi?”.
“Pensavo che non sarebbe stata una cosa così grave” ammise Ruri “Lo so che sei arrabbiato…”.
“Arrabbiato? Io…io sono semplicemente incredulo, Ruri” constatò Elle “Là fuori ci sono sette persone che hanno passato le ultime trenta ore in questo ospedale, nel tentativo di capire se ti avrebbero mai rivista viva o no…e tu mi dici che la tua morte non sarebbe poi stata una cosa così grave? Ho sempre pensato che fossi un’ottima profiler, ma in quanto a comprendere le persone che ti stanno intorno lasci un po’ a desiderare, lasciatelo dire…”.
“E tu? Tu credi di sapere tutto, non è vero? Oh, ma certo, tu sei Elle…” replicò Ruri, con sarcasmo.
“E questo che c’entra?!”.
“C’entra eccome, e tu lo sai benissimo! C’entra perché a te ho raccontato più di quanto non abbia mai raccontato alla migliore amica di una vita! C’entra perché ti ho permesso di entrare in me quando si trattava di qualcosa che non avevo mai concesso a nessuno! C’entra perché ti ho detto di amarti e tu hai risposto semplicemente ‘Non posso’! Lo sai che cosa si prova nel rendersi conto che si è diventati letteralmente, totalmente e inspiegabilmente legati a una persona di cui non si conosce nulla? Lo sai che cosa si prova quando ci si sente paralizzati, incapaci di muoversi, di parlare, di respirare, di pensare, come se tutto l’intero cosmo stesse concentrando il proprio peso sulla tua cassa toracica, impedendoti di fare la minima mossa? Sai cosa si prova quando ci si sente inutili, piccoli e insignificanti e quando ci si chiede perché…e come si possa…continuare a vivere…provando cose del genere? Tu non lo sai che cos’è, Ryuzaki…non lo sai. Non sai che cosa voglia dire, per me, guardarti negli occhi e pensare che ti voglio ad ogni costo, per quanto possa farmi male, per quanto sappia che è ridicolo, e per quanto sia in grado di rendermi conto che rappresenti qualcosa che non potrò mai avere. Tu non sai come…”.
“LO SO!!!”.
Quelle parole gli erano uscite direttamente dal petto, incapaci di fermarsi, incapaci di porsi un freno, incapaci di attendere ulteriormente; le aveva dette senza alcun ritegno, con un tono di voce diverso da quello che avrebbe usato solamente, ma senza comunque guardarla negli occhi. Per contro, lei lo aveva fissato intensamente, senza replicare.
“Lo so…” proseguì poi Ryuzaki, in modo più sommesso “È una delle ragioni per cui sono così tanto in collera con te…”.
“Mi avevi detto…”.
“Nelle ultime ore, tu te ne sei andata almeno due volte. Io ho passato ogni istante della giornata appena trascorsa a morire in ogni singolo, dannato istante. Non venirmi a fare la predica sulle stronzate che abbiamo fatto o detto finora, adesso. Non te lo perdonerei”.
“Credi che io sia l’unica che abbia qualcosa da farsi perdonare? O forse la verità è che hai semplicemente detto sempre quello che pensavi, e che mi volevi di nuovo qui solo per il tuo fottuto lavoro?”.
“Stai cercando di ferirmi? Perché non credo che tu sia in grado di riuscirci...non dopo quello che hai appena ammesso d’aver fatto. Ho la sensazione che tu abbia già superato te stessa da un bel po’, dubito che tu possa fare di più” concluse, alzandosi in piedi e facendo per andarsene.
“Hai detto che l’idea che io potessi morire ti stava uccidendo” gli si rivolse ancora lei, facendolo fermare di colpo “Perché questo avrebbe dovuto fare del male alla tua mente? Pensavo che fosse l’unica cosa che possedessi e l’unica che fossi in grado di accettare…”.
Elle si volse con lentezza, indirizzandole un altro dei suoi profondi, caratteristici sguardi indagatori.
“Vuoi sapere perché le avrebbe fatto del male?”.
“Sì”.
“Perché sapere che eri morta mi stava letteralmente impedendo di riflettere su qualunque cosa. Perché mi stavi togliendo la possibilità di immettere aria nei polmoni, di trasmettere ossigeno al cervello, di concentrarmi su niente che non fosse il pensiero di non poterti rivedere mai più. Ecco perché stavi facendo male all’unica cosa che ho sempre conosciuto e posseduto, all’unica cosa che sono mai stato in grado di controllare. Perché rendermi conto che non ti avrei vista mai più mi stava inchiodando contro una parete, senza che potessi trovare la minima via di fuga…perché ti sei rivelata in grado di realizzare quello che mai avrei creduto possibile. È un incubo, Ruri…”.
“Un incubo? È questo il modo in cui lo chiami? Un incubo?” sbottò la ragazza, di nuovo pallida in volto.
“Sì, lo è. È stato un incubo, Ruri. È stato un incubo considerare l’ipotesi che non avrei mai più potuto parlare con te. E tu hai appena ammesso di aver pensato all’eventualità di rendere concretizzabile questo presupposto. Adesso, dimmi…chi di noi due ha il diritto d’essere arrabbiato?”.
Dopo un ulteriore silenzio, Ruri rialzò lo sguardo, incrociando ancora gli occhi di lui, che la fissavano con un sentimento difficile da decifrare.
“Hai mai…ti è mai capitato di pensare che…che debba sempre esserci uno scopo, per ogni cosa che fai?” mormorò, il tono molto più dimesso rispetto a prima.
“Sì. Lo faccio sempre” ribatté lui, secco.
“Beh, anch’io. Hai ragione” ammise poi, stringendosi nelle spalle “Non ho considerato numerosi elementi che avrebbero dovuto spingermi a non avere dubbi, e questo è stato…beh, direi inconcludente, stupido e ingiusto. Ne sono consapevole. Ma vorrei che tu sapessi…che da quando ti conosco, e da quando ho…cominciato ad amarti, anch’io ho definitivamente smesso d’essere in grado d’utilizzare la mia logica come un tempo. Questa è una cosa che mi destabilizza, che mi fa star male, che non riesco a comprendere e che mi spaventa…è solo che…tu hai detto tutte quelle cose, e io non…pensavo che…”.
“Pensavi che non ti amassi” concluse lui, con cadenza solenne e lugubre.
“Sì…” concesse Ruri.
“E questa ti sembrava una buona ragione per smettere di vivere?”.
Il modo brusco in cui le pose quella domanda la portò ad alzare gli occhi; adesso il volto di lui era ancora più cupo e funesto di prima.
“Non avrei mai pensato che potessi comportarti in modo così insensato e ridicolo”.
“Ryuzaki…”.
“Non puoi affidare completamente il senso della tua esistenza a un’altra persona! Cristo, non puoi permetterti di farlo! Come ti è venuta in mente una cosa così stupida?! Come hai potuto lasciare che avessi un potere del genere su di te?!”.
“Parli come se…come se…”.
“Credi che mi sarei tolto la vita, se qualcuno fosse venuto a dirmi che non c’eri più? Credi che mi sarei arreso così facilmente, se mi avessero annunciato che non sarei potuto stare con te?!”.
“E perché avresti dovuto considerare un’ipotesi del genere, Ryuzaki?! Perché non vuoi dirlo, una volta per tutte?!?”.
“Perché io…!!!”.
Il resto della frase gli rimase congelato in gola, incapace d’uscire all’esterno e di esplodere come avrebbe dovuto fare, rimanendo inchiodato alle sue corde vocaboli; Ruri continuò ad osservarlo, senza staccargli gli occhi di dosso per un solo istante.
“Perché io non posso andare avanti senza il tuo aiuto, Ruri. Perché ho bisogno che tu mi dia il tuo appoggio. Non posso sconfiggere Kira, senza di te. Non è più…non è soltanto una questione di lavoro, non voglio che pensi questo” aggiunse, gli occhi di nuovo a terra “Ma…sento veramente la necessità che tu faccia questo con me. Lo so che adesso non è la cosa più importante, per te, ma…”.
“Ma lo è per te” lo interruppe Ruri, facendogli alzare gli occhi.
Era sicuro di non aver mai visto sul suo volto un sorriso così triste.
“Lo sai che per te ci sarò sempre. Non ti abbandonerò. Te l’ho promesso” gli ricordò, stringendosi appena nelle spalle.
“Ruri…”.
“Fra una settimana mi dimetteranno dall’ospedale. Se lo vorrai…continueremo a lavorare insieme. È questo quello che mi stai chiedendo, giusto? È questo quello che vuoi…non è vero?”.
Elle la fissò intensamente, la mente e il cuore stracolmi di pensieri non detti, inabilitato nel dirle la cosa che più di tutte avrebbe voluto comunicarle.
“Ruri…io…”.
“Potresti dire a Robin e agli altri di raggiungermi? Sono un po’ stanca, ma vorrei salutarli, prima di dormire…”.
Ryuzaki annuì, distogliendo definitivamente lo sguardo e avviandosi verso la porta: quando fu sulla soglia, si fermò, incerto se voltarsi di nuovo o meno, ma alla fine uscì senza guardarla nuovamente. Quando si fu chiuso la porta alle spalle, non poté fare a meno di appoggiarsi contro di essa, chiudendo gli occhi, mentre Ruri faceva lo stesso, subito dopo essere sprofondata fra i cuscini del letto…era incredibile quanto entrambi si sentissero distanti l’uno dall’altra, in quel momento, come se in realtà ciascuno di loro si fosse trovato alle parti opposte del globo, in città diverse, in mondi diversi, in mezzo a culture diverse…
Dal canto proprio, Ryuzaki si passò appena una mano nella folta chioma scarruffata, tornando a immaginare la vicinanza dei loro profili e dei loro corpi, che non aveva mai smesso di assillare le sue notti, fin da quando l’aveva baciata…se solo non l’avesse percepita così lontana, se solo ne fosse stato in grado…le avrebbe detto la verità. Forse l’aveva amata da sempre, persino da prima di conoscerla…forse aveva amato la semplice idea di lei. Ma poteva una cosa del genere corrispondere al provare qualcosa di reale per una persona? Possibile che stesse davvero provando un sentimento simile per un essere umano? Era questo che significava, amare una persona…soffrire tanto da non riuscire a respirare? Come poteva sopravvivere un individuo mortale a qualcosa di così forte? Com’era concepibile?
 
If you were here beside me, instead of in New York
If the curve of you was curved on me…
I’d tell you that I loved before I ever knew you
‘Cause I loved the simple thought of you…
 
Passarono alcuni giorni. Senza che Ruri lo sapesse, Elle non si allontanò mai dall’ospedale, ma non rientrò più nella sua stanza; per la maggior parte del tempo, trascorreva le sue giornate nella sala d’aspetto del policlinico, sintonizzandosi sul notiziario locale e tenendosi aggiornato sull’operato di Kira, ma senza convocare la squadra d’investigazione per indire alcuna riunione sulle mosse successive, astenendosi così anche dal dare a ciascuno di loro qualsiasi direttiva riguardo i loro passi seguenti. Nessuno di loro era certo di riuscire a cogliere il modo in cui meglio porgergli la questione, preferendo per tanto lasciare che la mente del detective decidesse in modo autonomo. In un paio di occasioni, Matsuda lo colse nell’atto di dormire appena, appollaiato come di consueto su una sedia posta di fronte alla stanza di Ruri, ma in ognuna di quelle circostanze aveva preferito non svegliarlo, passando oltre e dirigendosi verso la figura di Robin, con cui aveva preso l’abitudine di concedersi un caffè più o meno tutti i giorni. Dal canto proprio, malgrado non fosse assolutamente in grado di smettere di pensare a Ruri e all’ultimo dialogo che avevano avuto, il giovane investigatore non aveva affatto smesso di riprendere a concentrarsi, il più possibile, sul caso Kira e sulle sue possibili implicazioni. In particolar modo, il volto di Light Yagami non la smetteva di vorticargli nella mente, ponendogli di fronte numerose alternative…in effetti, c’erano solo due possibilità. La prima prevedeva che Yagami non fosse colpevole, e che le telecamere non avessero riportato nulla semplicemente perché non c’era niente di sospetto da riportare. La seconda, com’era ovvio, gli presentava uno scenario completamente differente… nel caso in cui Light effettivamente fosse stato colpevole, allora questo avrebbe dato un senso a molti quesiti fino ad allora irrisolti, avrebbe senza dubbio messo a posto numerosi pezzi del puzzle. Ma non aveva prove, diamine, non aveva prove, e di certo un profilo psicologico combaciante non avrebbe dovuto portarlo a ossessionarsi così tanto, ma…possibile che ogni singolo, minuscolo tassello della sua mente gli stesse indicando in modo così perentorio quella direzione? E come capire se il suo era un semplice errore di giudizio o no? Forse Ruri aveva ragione…forse l’unica soluzione era uscire davvero allo scoperto…ma se Kira avesse semplicemente avuto bisogno di desiderare la morte di qualcuno, questo avrebbe voluto dire rischiare la vita in modo troppo diretto? Forse no, considerando che Kira necessitava di conoscere il suo vero nome, per ucciderlo…d’altronde, Ruri aveva ragione, ucciderlo avrebbe significato esporsi a un rischio troppo grande, avrebbe voluto dire attirare tutti i sospetti su di sé…considerando la sua sicura conoscenza e il suo stretto rapporto con le forze di polizia, inoltre…diamine, se solo avesse potuto parlarne con Ruri…Ruri…Ruri…Ruri…possibile che le sue parole non lo avessero mai abbandonato? Possibile che stessero diventando la sua forza più grande?
 
If our hearts are never broken and there’s no joy in the mending
There’s so much this hurt can teach us both
There’s distance and there’s silence, your words have never left me
They’re the prayer that I say every day

 
Fu in una sera vicina alla fine di Febbraio, un paio di giorni prima della sua dimissione dall’ospedale, che, aprendo gli occhi lentamente, Ruri si trovò di fronte la figura di Watari, intento a sorriderle benevolmente.
“Watari…”.
“Buongiorno, Miss. O forse dovrei dire buonasera, considerando l’ora” ridacchiò il vecchio, carezzandole appena la fronte “Come si sente?”.
“Mi sentirei meglio se mi chiamasse ‘Ruri’” ammise la ragazza, ridacchiando a sua volta “Perché non cominciamo a darci del tu?”.
“Lei non si arrende di fronte a niente, vero? E va bene” si arrese Watari, scuotendo la testa “Hai altre condizioni da porre?”.
“Al momento, non mi viene in mente niente, ma ti terrò informato, te lo prometto” sorrise Ruri, tirandosi meglio su a sedere “Allora, per quanto ho dormito?”.
“Per circa tre ore” rispose Watari.
“Wow, così tanto…credo di non aver mai riposato così a lungo in tutta la mia vita. Ho la sensazione d’aver appena recuperato parecchi arretrati. In questi ultimi giorni, non ho fatto altro…non vedo l’ora di poter uscire dall’ospedale”.
“Ricordati quello che ti hanno detto i medici. Niente alcolici, niente sigarette, niente stress, riposo quotidiano e…”.
“Assunzione regolare dei farmaci, sì, lo so” lo interruppe Ruri, con un sorriso paziente “Prometto che starò attenta, te lo garantisco”.
“Lo spero. Non farmi mai più prendere uno spavento del genere, Ruri. Te lo chiedo come un favore personale”.
La ragazza l’osservò stupita, alzando appena un sopracciglio.
“Mi dispiace, non pensavo che…”.
“Non pensavi che stessi dicendo sul serio? O ritieni che Robin sia l’unica persona che tiene a te, a questo mondo?” insistette Watari, ma senza cancellare il suo sorriso.
“Non ho detto questo…”.
“Ma lo hai pensato per molto tempo. Beh, immagino che sia comprensibile…e a proposito di questo, sei consapevole del fatto che Ryuzaki ha trascorso le ultime sette ore di fronte alla porta della tua stanza?”.
Di fronte a quella notizia inaspettata, Ruri sgranò appena gli occhi, ma poi cercò di darsi un contegno, fornendo ai battiti improvvisamente irrefrenabili del suo cuore quella che considerava la risposta più razionale del caso.
“Beh, suppongo che la sala d’aspetto fosse un po’ troppo affollata, per lui…” commentò, gelidamente.
“Ruri…”.
“Perché è rimasto in ospedale? Perché non è tornato in albergo?”.
Watari le rivolse un’occhiata di sottecchi, osservandola dal di sotto degli occhiali.
“Sul serio non sai la risposta?” replicò l’uomo, incrociando le braccia.
Ruri si abbandonò sui cuscini, chiudendo gli occhi per qualche istante, per poi riaprirli, fissando il soffitto bianchissimo dell’ambiente.
“Ho fatto un casino, Watari. E non ho idea di come risolverlo” constatò, con tono triste.
“Beh, forse il punto è che dovresti smetterla di cercare una soluzione a quello che tu chiami ‘casino’ e tentare di comprendere quello che è realmente” disse saggiamente il vecchio.
“Ma non posso farlo!” sbottò Ruri, tornando a voltarsi verso di lui “Ryuzaki è…”.
“Che cosa?” la sollecitò a proseguire l’inventore, con fare paterno.
“È il classico esempio di caos calmo. Hai presente quando ti trovi di fronte a un campo di battaglia, dopo che il conflitto è finito? Credo che lui sia esattamente così…è come se dentro di lui ci fosse un grosso buco, una voragine che ha un disperato bisogno d’essere colmata, ma che respinge qualunque cosa provi ad avvicinarlesi. È come…come…Dio, non lo so. Credo di non sapere più niente. Forse non ho mai più saputo niente, da quando l’ho conosciuto…ho la sensazione che non ne uscirò più, Watari. Sono fregata, non è vero?” domandò, sorridendo ironicamente.
Watari le rivolse una carezza gentile, e scosse la testa.
“Io credo che tu sia soltanto molto stanca. È normale, hai affrontato tanto, in vita tua. Molti si sarebbero arresi, al tuo posto. Devi soltanto capire qual è la prossima mossa da fare. Non è difficile come pensi che sia, ma in effetti…nessuno ha mai detto che sarebbe stato facile”.
“Forse Ryuzaki ha ragione…” sospirò Ruri “Forse sto sbagliando tutto. Ma ti assicuro che ho provato a lasciar perdere, ci ho provato davvero…possibile che non riesca a fare la cosa che in assoluto dovrei riuscire a fare?”.
“Solo perché ritieni che lo sia, non significa che questo sia vero” le ricordò Watari, facendole alzare di nuovo lo sguardo.
“Watari, Ryuzaki è…”.
“Ryuzaki è un ragazzo complicato, Ruri. Ma è la persona che non si è mossa da questo ospedale fin dal primo momento in cui ne hai varcato la soglia. È la persona che trascorre tutte le notti a farmi domande sul tuo stato di salute. È la persona che non ha toccato cibo fin quando non ha saputo che non eri più in pericolo di morte. Volendo essere franco, mi domando come sia possibile che tu ritenga ancora che per lui sia solo una questione di lavoro”.
Ruri evitò di replicare, adagiandosi di nuovo sul giaciglio e volgendo il capo dalla parte opposta, pensierosa.
“Hai notizie sul caso Kira?” chiese alla fine, cambiando radicalmente argomento.
Watari sospirò, alzando gli occhi al cielo, ma alla fine decise di stare al suo gioco.
“Gli omicidi non sono cessati, durante la tua degenza. Sembra che il nostro uomo stia concentrando la sua attenzione sulle carceri giapponesi, ma a parte questo, non abbiamo ulteriori indizi. La rimozione delle telecamere dalle case dei sospettati non ci ha di certo messo in mano niente di concreto…”.
“E che mi dici di quel Yagami? Non abbiamo nessun modo per tenerlo ulteriormente d’occhio?”.
Il suo collaboratore le rivolse un sorriso complice, guardandola di nuovo di sottecchi.
“Sembra che tu e Ryuzaki nutriate dei sospetti molto simili, nei confronti di quel ragazzo…” constatò, iniziando a versarle dell’acqua in un bicchiere posto sul comodino.
“Diciamo che è più una sorta di traccia, ma devo ammettere che quel tipo non mi ha convinto fin dall’inizio…è stato Penber a parlarmi di lui per la prima volta, e da allora non ho mai smesso di pensarci. Inoltre…rendermi conto che i sospetti su di lui sembravano dissolversi nel nulla subito dopo l’installazione delle telecamere non ha fatto altro che rafforzare i miei sospetti, invece che dissiparli…” disse Ruri, il volto attento e riflessivo.
“E quindi, ritieni che lui possa in qualche modo essere collegato con questa serie di omicidi?”.
“Beh, per quello che vale una teoria priva di alcuna prova, sarei persino disposta a credere che lui sia il killer in persona…ma naturalmente, non abbiamo nulla in mano per dimostrarlo”.
“Beh, non ancora” le fece notare Watari, strizzandole l’occhio.
“Che cosa intendi dire?” domandò Ruri, capendo che c’era sotto qualcosa.
“Forse non ci crederai” premise Watari, sprimacciandole meglio il cuscino “Ma pare proprio che Ryuzaki abbia deciso di seguire il tuo consiglio”.
“Cioè, mi stai dicendo che…”.
“Me lo ha confermato questa stamattina. Ha disposto di avvicinare il giovane Yagami e di presentarglisi per chi è in realtà, così da…come dire, metterlo alla prova. E pare che l’occasione propizia si presenterà giusto fra un paio di giorni” annuì Watari.
“Di che cosa stai parlando?”.
“I test d’ammissione per l’Università di Tokyo. Si svolgeranno fra un paio di giorni; ho messo in moto un paio di contatti che possiedo dai tempi di Oxford, e…diciamo che questo ha garantito a Ryuzaki un posto in prima fila fra i candidati all’accettazione. Sono sicuro che non avrà problemi di alcuna sorta”.
“Ma…ma non può andarci da solo! Non crede che potrebbe essere…voglio dire, non sappiamo ancora niente sul modus operanti, Kira potrebbe…è troppo pericoloso!” protestò Ruri, concitatamente.
“Sembra che l’eventualità che possa fargli del male ti turbi parecchio. C’è qualcosa che ancora non mi hai detto, Ruri?” ne approfittò subito il vecchio, rivolgendole uno sguardo d’intesa.
Ruri parve ignorarlo, come intenta a riflettere bene sulle prossime parole da pronunciare; infine, si volse verso il suo interlocutore, dotata di una nuova risoluzione.
“Watari…se ti dicessi che amo Ryuzaki, e che farei qualunque cosa per aiutarlo e per proteggerlo…mi aiuteresti, per quanto è nelle tue possibilità?”.
Watari la guardò dritto negli occhi, carezzandole dolcemente una guancia e infine annuendo.
“Certo, Ruri…sai che lo farei”.
“Hai ancora quel contatto con l’Università di Tokyo?”.
“Sì, certamente”.
“Chiamalo subito, per favore. Ho bisogno di parlarci”.
 
Esattamente tre giorni dopo, all’inizio del pomeriggio, Elle uscì dall’ospedale per la prima volta a distanza di una settimana, salendo sulla limousine che lo attendeva all’esterno, al cui volante si trovava Watari. Sapeva che la resa dei conti con Kira avrebbe potuto rivelarsi molto vicina, ma questo non lo preoccupava particolarmente. Era sicuro che avrebbe superato brillantemente il test d’ingresso alla facoltà, e d’altronde era certo che anche lo stesso Yagami non sarebbe stato da meno. Considerando la sua personalità e il suo assurdo modo di mostrarsi sempre perfetto, se lui davvero fosse stato Kira non avrebbe avuto modo migliore per metterlo sotto pressione. L’unica cosa che lo faceva sentire a disagio, in quel momento, era allontanarsi da Ruri per il primo istante fin da quando aveva varcato la soglia del policlinico…
“Come sta Ruri, oggi?” non poté fare a meno di domandare al suo mentore, che nel frattempo si era appena fermato al semaforo.
“Perché non glielo chiedi tu stesso?” replicò Watari, con un sorriso astuto.
“Rispondi alla mia domanda. Te lo chiedo per favore” ribatté Elle, freddo.
“E va bene. Adesso sta benissimo, non devi preoccuparti. Il dottor Shibahime ha confermato che verrà dimessa fra poco”.
“Robin è con lei?”.
“Sì, naturalmente. Ha detto che, non appena fuori dall’ospedale, c’era una cosa in particolare che le sarebbe piaciuta fare” aggiunse il vecchio, con uno strano sguardo.
“Sarebbe a dire?”.
“Ah, non chiedermelo. Non ne ho la minima idea. Ma immagino che fosse importante, sembrava tenerci molto. Forse c’è qualcosa di significativo di cui deve occuparsi, non saprei dire. Non ha voluto parlarmene”.
“Non mi piace l’idea che se ne vada a zonzo per Tokyo subito dopo aver subito un’operazione chirurgica del genere, lo sai bene. Non appena mi avrai accompagnato, torna subito indietro e non perderla di vista un istante. Non voglio che le capiti niente” lo avvertì Elle, le braccia strette intorno alle ginocchia, che aveva appena portato contro il petto.
Watari si schiarì lentamente la voce e scosse la testa.
“Perdona la mia insistenza, Ryuzaki, ma non ti sembrerebbe il caso di parlare direttamente con lei di tutto questo? Questa situazione sta diventando ridicola…”.
“Pensa a guidare. Stavi per prendere una strada a senso unico” lo interruppe Elle, con tono piatto.
“Beh, in confronto al prendere la decisione più sbagliata di tutta la tua vita, immagino che sia poca cosa, ragazzo mio” concluse Watari, svoltando a destra.
Elle si volse verso il finestrino, senza aggiungere più niente, gli occhi persi nella moltitudine del traffico pomeridiano della capitale. Forse Watari aveva ragione, forse avrebbe semplicemente dovuto parlarle…ma di cosa, alfine? Di come si sentiva? Di quello che provava? Non contava più nemmeno le volte in cui l’aveva respinta…aveva chiesto con tutte le sue forze che vivesse, d’avere un’altra possibilità per poterle parlare ancora, e, inesorabilmente, la stava sprecando di nuovo. Qual era il suo problema, dannazione? Possibile che la paura fosse in grado di paralizzarlo a tal punto? Possibile che davvero, per lui, contasse solo la sua mente? Beh, volendo fare un ragionamento logico, se così fosse stato di certo non avrebbe avuto modo di preoccuparsi così tanto per quella ragazza…perché non la smetteva di pensarci e basta? Perché non poteva soltanto smettere di amarla?
“Siamo arrivati, Ryuzaki” annunciò il suo più fido collaboratore, fermando la limousine di fronte a un sontuoso edificio, dotato di una targa provvista di un bordo dorato “Immagino che dovrei dirti di farti valere” aggiunse, voltandosi verso il sedile posteriore con un piccolo sorriso “Ma suppongo che sarebbe superfluo e forse un tantino scontato…”.
“Sì, immagino di sì” convenne Ryuzaki, scendendo dalla macchina “Ci vediamo qui fuori fra tre ore. Non dimenticare quello che ti ho detto. Terrai d’occhio Ruri come ti ho chiesto?”.
“Te lo prometto. Sta’ tranquillo”.
Non appena il suo accompagnatore se ne fu andato, Elle si volse come se niente fosse, avviandosi verso l’ingresso dell’edificio, per poi raggiungere l’aula con la massima calma. Mancavano solo quindici minuti all’inizio della prova, ma di certo un elemento del genere non era in grado di turbarlo minimamente; quando fu in classe e il suo numero gli fu stato assegnato, si diresse verso il proprio posto lentamente, le mani in tasca, attirando non pochi sguardi perplessi, per poi sedersi nel suo modo caratteristico, con le ginocchia strette al petto.
Nel giro di pochi istanti, lo vide entrare nell’auditorio; era vestito in modo semplice, con una semplice maglia a maniche lunghe color salmone e un paio di jeans di ottima fattura, ai piedi un comune paio di scarpe da ginnastica. Un bel ragazzo, dall’aspetto gradevole, dotato di due grandi occhi castani e di una chioma dalle tonalità vicine al biondo miele, dai bei lineamenti e dallo sguardo intenso, quanto profondamente annoiato ed assente. Light Yagami. Il figlio del sovrintendente di polizia della Questura di Tokyo. Possibile che fosse proprio lui…?
“Bene, iniziamo con l’appello” annunciò il professore in fondo all’auditorio, iniziando ad estrarre una lista di nomi e indossando un paio d’occhiali da vista “Siete pregati di rispondere ‘SÌ’ quando chiamerò il vostro nome. Akashi Takui?”.
“Sì”.
“Aratsu Sakura?”.
“Sì”.
“Besuki Reika?”.
“Sì”.
“Caizawa Miwake?”.
“Sì”.
“Dakota Ruri?”.
Quel nome per poco non lo fece cadere dalla sedia, portandolo ad attirare ancora di più l’attenzione dei presenti su di sé, considerando il suo movimento secco e improvviso; senza pensare a quello che stava facendo, balzò in piedi e cominciò freneticamente a cercare una chioma scura in mezzo alla folla, ma nessuna di quelle che vedeva sembrava corrispondere a quella che stava tentando di rintracciare. Infine, udì la sua voce alzarsi in mezzo agli altri.
“Sì”.
Voltandosi di scatto in quella direzione, Ryuzaki riuscì a individuare una chioma biondissima, appartenente alla ragazza che aveva appena aperto bocca; prima che potesse rendersene conto, lei si scostò una ciocca di capelli dal campo visivo, consentendogli di scorgere il colore del suoi occhi. Erano di un verde che non aveva mai visto, probabilmente simile agli smeraldi, e certo profondamente differenti dalla tonalità di ghiaccio tipica di quelli di Ruri, eppure…prima che potesse fare una mossa, lei si era già voltata nella sua direzione, individuandolo subito e rivolgendogli un sorriso strano. Fu allora che, perfino a quella distanza, riuscì a distinguere con nitidezza la forma di quegli occhi così intensi, e intravide il piccolo neo che la ragazza aveva vicino al mento. La microscopica cicatrice che le segnava leggermente la pelle prossima all’orecchio sinistro fu il colpo di grazia. Possibile che fosse diventato in grado di distinguere il suo volto in modo così pronto e nitido, perfino quando le era fisicamente così lontano? Possibile che il suo sguardo fosse divenuto così inconfondibile? Possibile che, in quell’istante, non desiderasse altro se non di poterle dire di raggiungerlo, per stringerla di nuovo a sé? Forse sarebbe bastata una volta, solo una volta…ma in fondo, non era quello che diceva ogni nuovo tossico, dipendente dalla droga che aveva scelto come condanna per la vita?
 
Come on, come out, come here, come here
Come on, come out, come here, come here…
 
Ruri lo guardò negli occhi ancora per qualche istante, incapace di muovere un muscolo, persino incapace di distogliere lo sguardo, finché la voce del professore non la costrinse a voltarsi di nuovo, portandola a fingersi interessata al foglio che aveva di fronte.
Dal canto proprio, Ryuzaki era certo di non sapere davvero che pesci prendere. Quando si rimise a sua volta seduto, sotto imposizione del docente, la sua mente continuò a frullare di un milione di pensieri, ciascuno privo della benché minima soluzione: ma che diavolo le era venuto in mente?! E come aveva fatto a sapere delle sue intenzioni?! Poteva avergliene parlato solo Watari…ma come aveva fatto a ottenere la possibilità di partecipare a quel maledetto test? Senz’altro, anche lì doveva esserci lo zampino del suo collaboratore…ma come diavolo gli era venuto in mente di comportarsi in quel modo?! Da quando in qua Watari era il tipo che si metteva contro le sue decisioni?!? Che cazzo stava succedendo?! E poi, che diamine, era appena stata dimessa dall’ospedale, era un’autentica follia!! A meno che…no, dannazione, non poteva essere!! Non poteva davvero aver fatto tutto ciò per dargli una mano! Sapeva quanto volesse catturare Kira, ma correre un rischio del genere soltanto per…ancora una volta, quella stramaledetta circostanza continuava a non avere senso.
Non appena l’appello fu terminato, dopo aver finito di compilare il foglio della prova, operazione che non gli portò via più di cinque minuti, il ragazzo continuò a mantenere lo sguardo fisso sulla schiena di Ruri, che si guardò bene dal voltarsi più nella sua direzione. Per sua grande fortuna, notò che non aveva mancato di sedersi molto vicina al giovane Yagami, com’era prevedibile, e quindi non gli fu affatto difficile tenerlo d’occhio, osservando ogni suo singolo movimento. Non lo aveva sorpreso il fatto che, esattamente come lui e Ruri, avesse terminato molto prima dello scadere del tempo; dato che gli stava dando le spalle, non poteva vedere la sua espressione, ma contava che Ruri, a quel punto, avesse potuto parlargliene meglio più tardi. Dopotutto, forse la sua presenza lì non era poi un così grosso ostacolo…ma che accidenti stava dicendo, dannazione?!? L’avrebbe distratto, lo sapeva. Perché aveva dovuto presentarsi a quegli stramaledetti test d’ammissione?
Solo la scelta di Light di voltarsi verso di lui, a un certo punto, lo convinse a distogliere per un momento l’attenzione dal pensiero della ragazza; in modo quasi impercettibile, i loro occhi s’incrociarono per un lunghissimo istante, intenti reciprocamente a squadrare il rispettivo avversario. Poteva essere il momento? Potevano esserci arrivati? Poteva essere sul punto di cominciare…? Forse sì. Forse, la partita era iniziata. E questa volta, il vincitore avrebbe avuto in premio la vita.
 
Come on, come out, come here, come here
Come on, come out, come here, come here…
The long neon nights, and the ache of the ocean
And the fire that was starting to spark…
I miss it all, from the love to the lightning…
And the luck of it snaps me in two…
 
Allo scadere del tempo, Ryuzaki consegnò il proprio foglio con l’aria di chi aveva molta fretta, e si voltò immediatamente in direzione del punto in cui aveva scorto Ruri per l’ultima volta, ma rimase deluso nelle sue aspettative, poiché la ragazza non era più lì.
Con la coda dell’occhio, vide Yagami uscire dall’aula, ma decise che, almeno per il momento, non se ne sarebbe preoccupato ulteriormente. Avrebbe senz’altro avuto modo d’avvicinarlo in un’occasione migliore e più adeguata, magari perfino durante la cerimonia d’inizio anno accademico…l’unica cosa che gli importava, in quel momento, era trovare Ruri. Senza aspettare ulteriormente, si diresse quasi di corsa verso l’uscita dell’edificio, trovando ad aspettarlo un noncurante Watari.
“È l’ultima volta che mi fai uno scherzo del genere” lo avvisò, entrando di corsa dentro la limousine.
“Non so di cosa tu stia parlando, Ryuzaki” disse Watari, mettendo in moto “Hai delle preferenze, per il dolce di questa sera?”.
“Non ho fame!!!” sbottò il detective, visibilmente irritato.
Watari gli lanciò un’occhiata sorpresa, attraverso lo specchietto retrovisore.
“Ti senti bene, Ryuzaki?”.
“Non giocare a fare lo gnorri, Watari. Pensavo che lavorassi per me” sottolineò gelidamente il giovane, incrociando le braccia con aria cupa.
“È così”.
“E allora mi spieghi per quale dannato motivo hai deciso di agire alle mie spalle?! Mi sembrava di averti detto che volevo che Ruri fosse protetta!!” proseguì Elle, fissando in modo atroce la schiena del guidatore.
“Beh, non ti sembra che io lo abbia fatto?”.
“Mi prendi per il culo o cosa?! Tu sapevi che ha avuto accesso ai test dell’università di Tokyo e che ha trascorso le ultime tre ore a superare brillantemente la prova d’ammissione?!”.
“Sì, naturalmente. Qual è il problema?” proseguì tranquillamente Watari, dirigendosi verso il nuovo albergo dove il detective avrebbe alloggiato, quella sera.
“Il problema?! Non volevo che fosse coinvolta in questa parte dell’operazione, ecco qual è il problema!!! E tu lo sapevi benissimo, Watari, non provare a…”.
“Da quello che posso constatare, non ti stai comportando come un semplice collaboratore, Ryuzaki. Sai che non è da te prendertela così tanto, non è vero? Volendo essere del tutto sincero, avevo cominciato a convincermi che per te Ruri fosse semplicemente la tua partner di lavoro, ma ho la sensazione che il tuo modo di fare stia dicendo altro, in questo momento…non l’avevi convocata da Washington perché avevi bisogno del suo aiuto per le indagini?”.
Elle rimase a lungo in silenzio, senza smettere di fissare in cagnesco la nuca di Watari.
“Ebbene, Ryuzaki?” lo incalzò il vecchio, senza riuscire a camuffare del tutto uno strano sorriso che gli era appena apparso in volto.
“Sì” ne convenne Elle, a denti stretti.
“Beh, allora non vedo di cosa dovresti lamentarti. Ruri non voleva che le sue condizioni di salute ostacolassero le indagini, ed è tornata al lavoro non appena uscita dall’ospedale. A proposito, devo scusarmi con te, in effetti ho omesso di dirtelo, ma Ruri non voleva che qualcosa ti distraesse, durante la prova, così…ho pensato semplicemente di rimandare il momento in cui dirtelo. In effetti, credo che non sia più necessario, considerando che hai avuto modo di verificarlo da solo”.
Prima che il giovane potesse ulteriormente replicare, la limousine si fermò di colpo di fronte all’hotel di lusso dove Watari aveva da poco prenotato; infine, Watari precedette qualunque sua mossa, voltandosi verso di lui e guardandolo dritto negli occhi.
“Ascoltami bene. Non avrai un’altra possibilità, sappilo fin dall’inizio. È meglio che tu prenda quel dannato ascensore e vada a parlarle, ma ti avviso: se non coglierai quest’occasione, è molto probabile che tu decida in modo definitivo di perderla. E questa volta, potresti non aver più modo di tornare indietro, in futuro. Cerca di non sottovalutare questo elemento, Ryuzaki”.
“Watari…”.
“È il momento che tu capisca qual è il tuo posto, figliolo. Nessuno ha detto che sarebbe stato facile. Ma d’altronde…a te le sfide sono sempre piaciute…o mi sbaglio?”.
Gli occhi grigi del vecchio lo penetrarono a fondo, fino a giungere a quel cuore che per così a lungo era stato circondato da un’inesorabile morsa di ghiaccio. Sentiva che avrebbe voluto rispondergli in qualche modo, ma le parole, ancora una volta, non sembravano in grado di uscirgli dalla bocca. Ma forse, tutto ciò poteva, infine, avere un senso…forse Watari aveva ragione. Forse, quell’incommensurabilmente grande senso di inadeguatezza che aveva provato per una vita intera era soltanto connesso al non aver ancora trovato il luogo che gli apparteneva, il suo posto, proprio come aveva detto Watari. Sperimentare quell’ipotesi avrebbe potuto voler dire precipitare in un burrone…ma che importanza poteva avere, se la sua alternativa doveva essere rimanere inchiodato ai bordi del baratro per il resto della sua vita?
Elle scese dalla macchina, facendo per chiudere la portiera, ma prima si sporse ancora per guardare in volto il suo mentore, che non aveva smesso di sorridergli in modo benevolo.
“Watari…”.
“Sì?”.
“…per domani mattina…mi piacerebbe una torta di fragole…con la panna”.
Watari gli rivolse un ulteriore sorriso paterno, annuendo in modo comprensivo.
“Va bene. Me ne occuperò io, non preoccuparti”.
 
If you were here beside me, instead of in New York
In the arms you said you’d never leave
I’d tell you that it’s simple
And it was only ever us
There’s nowhere else that I belong…
 
Le porte dell’ascensore si aprirono troppo in fretta per le sue esigenze…o forse erano state perfino troppo lente, non era in grado di dirlo. Ma dopotutto, che cosa importava? Quel momento era infine arrivato…Con grande circospezione, tirò fuori dalla tasca dei pantaloni la sua chiave elettronica, e si diresse verso la porta della sua stanza, facendo scorrere la tessera lentamente, gli occhi quasi chiusi. Watari gli aveva detto che era stata Robin a riaccompagnare Ruri all’albergo, era sicuro che l’avrebbe trovata all’interno…ancora una volta, si domandò come fosse fisicamente ammissibile che i battiti di un cuore umano raggiungessero una frequenza così alta.
Senza nemmeno accorgersene, la serratura scattò di colpo, e la sua mano si abbassò sulla maniglia, dandogli libero accesso alla stanza; quando fu entrato e si fu richiusa la porta alle spalle, i suoi occhi non tardarono molto nell’individuarne la figura.
Era in piedi accanto alla finestra, intenta a dargli le spalle, la candida mano posizionata sulle tende color cremisi, nell’atto d’accarezzarle lentamente.
Non passò molto prima che lei si voltasse, rivolgendogli lo sguardo più intenso e profondo che fosse in grado di donargli; si era tolta la parrucca e le lenti a contatto, e i suoi occhi e i suoi capelli erano tornati quelli di sempre. Tutto di lei era come lo ricordava, prima dell’arresto cardiaco, prima dell’ospedale…prima che avesse rischiato di perderla per sempre.
“Sei tornato…” gli disse lei, pronunciandosi in un sorriso semplice “Ci hai messo poco”.
Elle continuò a guardarla in silenzio, ma senza che se ne rendesse conto iniziò ad accorciare lentamente la loro distanza, avanzando pian piano di un passo alla volta, facendosi sempre più vicino a lei.
“Lo so che ce l’hai con me” aggiunse Ruri, annuendo “Lo so che sono stata imprudente, incosciente, e forse persino pazza, ma…volevo solo che sapessi che non permetterò a niente di quello che è successo di impedirci di catturare Kira. Abbiamo deciso di farlo insieme, e questo…questo non cambierà. Te l’ho promesso una volta, non ho intenzione di non mantenere fede al mio giuramento”.
Il ragazzo non replicò, avvicinandolesi ulteriormente, fino a trovarsi a poco meno di mezzo metro da lei.
“Lo so che…che per te tutto quanto…tutto…beh, sai di cosa parlo, insomma…so che non ha significato niente di quello che ha significato per me. Ma volevo comunque dirti…per quello che vale, volevo dirti che…il tempo che ho passato con te è stato il più intenso e il più importante di tutta la mia vita. E che, se anche mai avessi la possibilità di tornare indietro per cambiare le cose…sicuramente non lo farei. Non cambierei neanche un secondo dei momenti che abbiamo trascorso insieme. Perché…”.
Ruri si bloccò, evitando di proseguire; fu allora che Ryuzaki, con gran sorpresa di lei, cominciò lentamente a carezzarle i capelli, giocando con le sue ciocche scomposte.
“Perché?” le domandò, la voce simile a un sussurro.
“Perché ti ho amato fin da prima di conoscerti” rispose lei, guardandolo dritto negli occhi “E questa è stata la cosa…in assoluto più insensata e sconclusionata che abbia mai fatto in vita mia. È per questo motivo che so che non ci rinuncerei mai”.
Elle passò a carezzarle il volto, tornando, finalmente, ad incrociare il suo profilo a quello di lei, mentre il suo braccio destro riprendeva a cingerla dolcemente in vita; quel contatto la sorprese oltremisura, facendole alzare lo sguardo e conducendola a cercare di comprendere quello che stava accadendo. Nelle sue orecchie continuava a rimbombare l’eco dell’oceano, nonostante la loro lontananza dalla costa, nel suo cuore, nonostante il freddo della stagione, non cessava di scintillare un fuoco appena nascente, desideroso d’espandere la sua aura…poteva il suo cuore, così provato e stanco, sopravvivere ancora a una sensazione del genere?
“Credi che io potrei, invece?” le domandò il detective, carezzandole ancora la guancia con le sue lunghe dita “Credi che sarei mai in grado di rinunciare a qualcosa che ti riguardi? O pensi che io non sia mai stato in grado di mentire, in vita mia?”.
“Ryuzaki…”.
“Ti ho detto che non possedevo altro, se non la mia mente. È stato vero fino a quando non ti ho conosciuta; il fatto è che non lo avevo capito. Non l’avevo capito e non lo capivo…se adesso ti dicessi che adesso comprendo, saresti in grado di dirmi che è troppo tardi?”.
“Non lo so…” ammise Ruri, scuotendo appena la testa “È solo che…sono così esausta da tutto questo. Rendermi conto che non sono in grado di capire quello che mi succede mi disorienta in un modo che non avevo mai conosciuto prima…”.
“Ti capisco. Forse non ci crederai, ma ti capisco” la confortò Ryuzaki.
“In effetti, lo trovo un po’ difficile da credere…ma immagino che potrei provarci. Se avessi…”.
“Cosa?”.
Ruri gli rivolse un altro sguardo intenso, volto a guardare nel suo profondo, mentre le braccia di lui tornavano a stringerla contro il suo petto in modo ancora più determinato.
“Se avessi te. Forse, se avessi te, credo che potrei provare a credere che capisci, anche solo in minima parte, quello che sto provando…”.
Avvenne tutto in un attimo, senza che nessuno dei due fosse in grado di rendersene conto; prima che la sua mente potesse urlargli qualsiasi direttiva, prima che il suo cuore scoccasse un altro battito, prima che il tempo gli annunciasse definitivamente che aveva sprecato la sua ultima possibilità, Elle unì di nuovo le labbra alle sue, conducendola in un bacio ancor più ricco di passione del primo che si erano scambiati. Le loro bocche presero a unirsi con l’intensità che entrambi avevano cercato fin dal primo istante, mentre Elle l’abbracciava in modo ancor più significativo, lasciando che le braccia di Ruri andassero a cingersi intorno al suo collo. Sentiva che lo stava abbracciando come avrebbe fatto con un’ancora di salvataggio, ma sapeva che era lei che lo stava salvando dalla deriva, e non il contrario. O forse, in parte…poteva infine definirsi a sua volta responsabile della sua salvezza?
Ruri continuò a baciarlo, incurante del mondo esterno, incurante dei rumori, dei sapori, degli odori della realtà che la circondava, incurante di ogni minima, piccola cosa che non riguardasse lo stringersi a lui…che importanza poteva avere? Che importanza poteva avere il rendersi conto che quell’istante sarebbe finito, e che il seguito probabilmente le avrebbe lasciato l’amaro in bocca? Tutto ciò che le interessava, in quell’istante, era continuare a baciarlo, solo a baciarlo… Prima che potesse rendersene conto, stava già passando le dita in mezzo ai suoi scompigliati capelli neri, mentre la mano libera passava ad accarezzargli il collo con dolcezza, ma allo stesso tempo con disperata frenesia.
 
Come on, come out, come here, come here…
Come on, come out, come here, come here…
 
Non seppe per quanto tempo seguitò a baciarlo, esplorando i confini della sua bocca e della sua intimità, senza cessare per un solo secondo di carezzarlo, ma quando infine la sua mente riprese a seguire un piccolo, seppur esistente, filo conduttore...finì per rendersi conto, con sua gran sorpresa, che Elle la stava ricambiando. Spostando la sua attenzione su quella nuova, incredibile scoperta, capì che il detective la stava stringendo ai fianchi con una smania che quasi non gli era propria, intenzionato a stringerla a sé, come nel tentativo di impedirle di allontanarsi. La voleva, la voleva davvero. Tutto il suo corpo non smetteva di urlarle quella che adesso percepiva come una verità innegabile, e non come un sogno irraggiungibile. Elle voleva lei. Non il suo lavoro, non la sua professione, non le sue doti di profiler, la sua carriera nell’FBI o il suo brillante curriculum…voleva soltanto lei. Era possibile…?
Quando infine il loro contatto s’interruppe, Ruri appoggiò la fronte contro la sua, gli occhi chiusi e il respiro leggermente affannoso; posandogli una mano sul petto e avvertendo il movimento della sua cassa toracica, capì che per lui era lo stesso.
“Lo sai che non ci porterà da nessuna parte, vero? Lo sai che sono pazza, testarda, egocentrica, competitiva e tremendamente problematica? Lo sai che litigheremo tutti i giorni e che sarà la cosa più complicata e ingestibile di tutta la tua vita?” gli sussurrò, aprendo appena gli occhi.
“Non m’interessa” replicò lui, tornando a baciarla.
Quelle parole, identiche a quelle che lei stessa gli aveva rivolto, quel giorno, la convinsero a proseguire il bacio, che andava intensificandosi sempre di più con il trascorrere dei minuti.
“R-Ryuzaki…” riuscì a dirgli, quando le loro labbra si separarono nuovamente, ma solo per permettere a quelle di lui di spostarsi sul suo collo, iniziando a tormentarne la pelle.
“Elle” la corresse il detective, riprendendo a guardarla e sorridendole con dolcezza.
“Elle…” convenne lei, avvertendo ancora più salda la presa del giovane sui suoi fianchi “Io…”.
“Devi perdonarmi” la interruppe Elle, il petto ormai premuto inesorabilmente contro il suo “Non sono stato giusto, con te, e di questo mi dispiace molto. È solo che…non ho mai conosciuto un altro modo per avvicinarmi a una persona diverso da quello di studiarne il comportamento. In tutta la mia vita, non ho fatto altro che aspettare, osservare, analizzare…ma per la prima volta, sono di fronte a qualcosa che la mia mente non riesce a capire. Questo mi ha spaventato, mi ha privato di ogni difesa e mi ha convinto che non sarei mai stato all’altezza di quello che mi chiedevi…ma la verità è che non posso più negare niente di tutto questo. Tu ti descrivi come la persona più complicata e terribile del mondo, ma non ti soffermi mai a riflettere sul fatto che io non sono il detective che ti si è sempre presentato attraverso un computer. Non sono una macchina perfetta, infallibile, incapace di commettere un errore. Sono una persona che ha smesso di ascoltare se stesso da così tempo…da così tanto da aver perfino dimenticato come si fa ad ascoltare. Riesci a immaginare qualcosa del genere?”.
“Sì…credo di sì…ma non capisco cosa intendi realmente…”.
"Voglio dire che mi sono innamorato di te, Ruri. E che per quanto possa desiderarlo e per quanto possa sperare che le cose cambino, non potrò mai cancellare una cosa del genere".
Le sembrò che l'intero ambiente circostante si fosse improvvisamente ovattato, rinchiudendo lei ed Elle in una specie di bolla di sapone, dove nessuno avrebbe potuto vederli o raggiungerli. Stava disperatamente cercando di assorbire le parole che Elle le aveva appena detto, come se avesse temuto di averle sognate o che potessero sfuggirle via dalle dita in un semplice istante...
"Elle..." riuscì a dire infine, ormai mormorando.
"Vorrei baciarti di nuovo, se me lo permetti. Devi perdonarmi anche di questo, non sono certo d'essermi comportato da gentiluomo, fino ad ora. Scusami, non ho mai imparato queste cose...".
"Non voglio che ti comporti da gentiluomo" lo interruppe Ruri, alzando una delle mani ormai libere per carezzarlo in volto "Voglio che tu sia...Elle".
Quella frase lo portò a cambiare espressione, assumendone dapprima una sorpresa, poi incredibilmente...dolce...?
"Mi dispiace..." le mormorò, regalandole un bacio all'angolo della bocca "Non avrei voluto questo per te...".
"L'unica cosa che voglio sei tu" lo corresse la ragazza, immergendo di nuovo la mano destra nei suoi folti capelli neri e ancorandosi alla sua nuca.
Per tutta risposta, Elle l'attirò ancora più vicino a sé, cingendola in un abbraccio che non avrebbe mai creduto d'essere in grado di attuare.
“Ne sei sicura? Vorresti me…più di ogni altra cosa? Più del poter ottenere la possibilità di catturare Kira?” le sussurrò all’orecchio.
Ruri lo guardò dritto negli occhi, sorridendogli con ironia.
"Quella è la tua ossessione, non la mia" lo corresse, il profilo contro il suo.
"Ossessione? Non direi, no...comunemente l'ossessione si definisce come qualcosa in grado di distogliere la tua attenzione da qualunque altra cosa che non sia l'oggetto dell'ossessione stessa, e inoltre...non ti consente di vivere normalmente, non ti consente di avere la mente sgombra da quel pensiero. È un po' come una droga, se ci pensi bene. Non c'è niente di sano, non c'è niente di corretto. Non riesci più nemmeno a pensare, non riesci più a riflettere, accecato dal desiderio di padroneggiare e di prendere il controllo della tua ossessione. Se Kira rappresentasse qualcosa del genere, per me, non sarei nemmeno in grado di pensare con lucidità al caso, e la partita sarebbe già persa. No, Kira non è un'ossessione, non lo è mai stato".
In quel momento, i suoi profondi, spaventosi occhi neri le rivolsero un nuovo sguardo penetrante e intenso; prima che potesse aggiungere nient'altro, Ruri capì.
"Stai dicendo che sono io la tua ossessione, signor detective...?" gli sussurrò, di nuovo vicinissima alle sue labbra.
"Non lo so...ma mi stai impedendo di pensare, Ruri. E nessuno era mai riuscito a ottenere un simile risultato nei miei confronti. Direi che le probabilità che tu sia diventata la mia ossessione sono intorno al 62%".
"Odio le tue stupide percentuali" replicò lei, senza riuscire a trattenersi dal ridacchiare.
"E io amo te".
Di fronte a quella nuova dichiarazione, qualunque parola le morì in gola, costringendola a fissare di nuovo gli occhi nei suoi, perdendosi in quelle sfumature di tenebra.
“Elle…”.
“Dillo. Lo so che non me lo merito, ma dillo. Per favore, ho bisogno di sentirlo…lo so che non ne ho il diritto, lo so che sei arrabbiata con me, ma dillo. Ti prego…”.
Ruri carezzò il suo volto, alzandosi appena sulle punte dei piedi per poterlo raggiungere in altezza, la fronte contro la sua e gli occhi chiusi, il respiro pronto a incrociarsi ancora con il suo…e per la prima volta, capì che sarebbe andato tutto bene.
“Ti amo anch’io…” gli mormorò all’orecchio, baciandolo delicatamente.
Dopo che si furono scambiati un altro bacio intenso come nessuno dei precedenti, Ruri si concesse qualche istante per riprendere fiato, sussurrandogli qualcosa di ancora più importante.
“Non credere che non ci abbia provato: non sei stato l'unico a cercare di fare la cosa più giusta, Elle. Ma la verità è che...tu sei l’unica cosa realmente giusta per me".
Quella nuova affermazione lo portò a spalancare ulteriormente gli occhi; anticipando qualsiasi sua mossa, tornò ad avvicinarlesi e incrociò il respiro con il suo, una mano posata sulla sua spalla sinistra e l'altra intenta a cingerle la vita con una presa possessiva. 
"Posso dirtelo ancora una volta...?" le sussurrò, mentre lei appoggiava nuovamente la fronte contro la sua.
“Sul serio hai bisogno di chiedermelo?” ridacchiò Ruri.
"Ti amo...".
"Ti amo anch'io... ".
Non ebbe neppure il tempo di rendersene conto, eppure in quell'istante le sue emozioni presero il sopravvento su qualsiasi componente della sua razionalità; prima che potesse accorgersene, le loro bocche si erano unite di nuovo in un bacio mozzafiato, che lo stava conducendo in un vortice di passione e di calore mai conosciuto prima da nessuno dei due. 
In un momento, avvertì le mani di Ruri correre in direzione del suo petto, carezzandolo da sopra il tessuto candido della maglia; percependo la sua insicurezza e la lentezza con cui lei lo stava toccando, quasi indecisa se farlo o meno, Elle posò le proprie mani su quelle di lei, premendole con più energia contro il suo torace. 
Quel gesto la fece staccare di nuovo da lui, il respiro ansimante e lo sguardo incatenato a quello del detective. 
"Fallo..." le mormorò lui, con decisione.
"Elle...".
"Anch'io so quello che voglio...".
Senza aspettare ulteriori esortazioni, Ruri prese a sfiorarlo con intensità sempre maggiore, arrivando quasi a stringere fra le dita la stoffa della maglia; ben presto, la sua mano destra scivolò sotto il tessuto, arrivando a carezzargli il petto glabro con intensità sempre maggiore.
Quel tocco così nuovo e intenso lo portò a chiudere gli occhi, come nel tentativo di assaporare ogni dettaglio e ogni sensazione che quel contatto era in grado di donargli.
Nel frattempo, Ruri riprese a baciarlo passionalmente, senza cessare di intrecciare le dita con i capelli del detective, mentre le mani malferme, ma stranamente smaniose di Ryuzaki si posizionarono intorno ai fianchi dell'agente, segnandone i contorni e sfiorandola con ardore e dolcezza.
Ruri staccò d'un tratto le labbra da quelle di Elle, baciandolo intensamente sul collo e iniziando lentamente a sollevargli la maglia. 
Quel gesto lo spinse a socchiudere le palpebre, per poi rivolgerle lo sguardo più profondo che fosse in grado di concederle.
"R-Ruri...".
La ragazza finì di spogliarlo dei suoi indumenti superiori, concedendosi qualche momento per ammirare la bellezza del suo corpo bianco e quasi lucente. 
"Sei perfetto..." gli sussurrò, passando ancora una volta una mano sul suo torace glabro. 
Quel tocco lo fece trasalire e sospirare al tempo stesso, i profondi occhi neri chiusi di fronte a quel gesto così intenso. 
Spinto da una nuova determinazione, Elle la baciò di nuovo, arrivando a sollevarla leggermente da terra, mentre lei gli gettava le braccia al collo e incrociava le gambe intorno alla sua vita. Senza staccarsi da lei per un solo istante, impedendo alle loro bocche di smettere di duellare, Elle si diresse verso il letto, non tardando a crollarvi sopra insieme a lei, finendo poi per intrappolare il suo corpo con il proprio. 
Senza più curarsi di arrossire o di chiedere il permesso, lasciò che le sue dita iniziassero lentamente a sfilarle il maglioncino color crema che indossava, per poi iniziare a dedicarsi a sbottonarle la camicetta...


Come on, come out, come here, come here…
Come on, come out, come here, come here…
Come on, come out, come here, come here…
 
Fu allora che l’avvertì irrigidirsi per la prima, proprio prima che di fronte ai suoi occhi iniziasse a comparire la vistosa e recente cicatrice, che ancora una volta le divideva il petto in due.
Prima di proseguire, si fermò per un momento, rivolgendole il suo sorriso complice e baciandola a fior di labbra.
“Va tutto bene…?” le domandò, il corpo scosso appena da tremiti di freddo e d’eccitazione.
“Sì…sì, credo di sì…”.
“Credi?” insistette lui, avvicinando nuovamente il profilo al suo e sovrastandole il corpo con il proprio, il torace glabro ormai vicinissimo al suo petto.
"Hai paura di me, Ruri?" le domandò, con semplicità.
"Ho paura di quello che sei in grado di farmi...".
Elle la guardò dritto negli occhi.
"Non è da te rispondere in questo modo. Che cosa ti succede?".
“Vuoi baciarmi o continuare a fare filosofia?” ribatté Ruri, alzando un sopracciglio.
“Sei capace di fare dell’ironia in qualunque momento?”.
“Sta’ zitto” concluse lei, attirandolo a sé, una mano dietro la sua nuca, e ricominciando a baciarlo, mentre lui passava a toglierle definitivamente la camicetta.
Ruri circondò il torace candido di lui con le sue braccia, mai sazia di quel contatto.
In quel momento, senza cessare di baciarle le spalle, Elle iniziò lentamente ad abbassarle le spalline del reggiseno, mentre la sua mano sinistra correva verso l'abbottonatura del reggipetto. Notando la sua maldestria, Ruri si apprestò ad aiutarlo, e ben presto l'indumento intimo cadde a terra, insieme agli altri già sfilati. 
Infine, entrambi iniziarono a presentarsi l'uno all'altra, le difese già notevolmente abbassate.
Prima che lei potesse aggiungere qualcosa, Elle cominciò a scendere con le labbra, carezzandole i seni e baciandone le estremità, fino a strapparle piccoli gemiti.
Quella sua reazione lo condusse a fermarsi, alzando lo sguardo.
"Stai bene...?" le domandò, premuroso.
La ragazza gli sorrise, carezzandogli la testa.
"È tutto a posto. Non preoccuparti di ogni cosa che fai...f-fallo e basta...".
Elle la baciò di nuovo, stringendola in un altro abbraccio dolce e frastornato.
"Non conosco tutto questo..." le sussurrò, con tono quasi colpevole, il volto affondato nei suoi capelli.
"Ma conosci me" replicò lei, iniziando lentamente a sbottonargli i pantaloni "Puoi fidarti...".
 
The long neon nights, and the ache of the ocean
And the fire that was starting to spark
I miss it all, from the love to the lightning
And the lack of it snaps me in two…
 
Quell'azione scatenò una nuova reazione nel suo corpo, spingendolo a riprendere a toccarla e a spogliarla, fino a liberarla dei jeans e dei collant, mentre lei faceva lo stesso con i suoi pantaloni. Quando entrambi si ritrovarono in intimo, Elle si concesse qualche altro momento per ammirarla: era certo di non aver mai visto uno spettacolo così bello in tutta la sua vita. 
Per la prima volta, sentiva il cuore gonfio di una sensazione mai provata fino a quell'istante, e avvertiva gli occhi riempirsi di quella visione magnifica, in grado di scaldargli l'anima come niente era stato in grado di fare fino a quel momento.
"Ruri...io...".
"Vieni qui" lo esortò la ragazza, portando una mano dietro la sua nuca e attirandolo ancora verso di sé, per poi riprendere a baciarlo con nuova dolcezza e passione.
Con la mano libera, la giovane iniziò delicatamente a carezzarlo all'inguine: quel contatto lo portò a interrompere il bacio, strappandogli un gemito che niente era mai stato in grado di provocargli. 
"R-Ru-ri...".
La mano di lei non si fermò, continuando a stuzzicarlo, fino al momento in cui non lo liberò del tutto dei boxer; non appena fu del tutto privo di qualunque difesa, Elle la guardò dritto negli occhi e riprese a baciarla intensamente, ritornando a sovrastarla e beandosi del contatto con il suo corpo.
"Non voglio perderti..." le mormorò pochi istanti dopo, fra un bacio e l'altro. 
"Non permetterò che tu mi perda" rispose Ruri, carezzandolo sul collo e sul torace.
La mano affusolata di Ryuzaki giunse infine al bordo dei suoi slip, incerta e malferma su come proseguire; avvertendo la sua premura, Ruri ne carezzò il dorso, accompagnandolo infine nello spogliarla del tutto.
Quando ebbe finito, si regalò qualche ultimo istante per ammirarla.
"Ora capisco cosa si intende con 'bellezza'..." commentò infine, il suo sorriso caratteristico dipinto sul volto. 
Ruri ricambiò il suo sorriso e continuò a guidare la mano di lui in direzione della sua intimità; rendendosene conto, Elle alzò lo sguardo e le rivolse un'occhiata penetrante e preoccupata.
"Non...".
"Cosa c'è?".
"Non voglio farti del male...".
Ruri gli sorrise di nuovo e insistette a guidare la sua mano.
"Non lo farai. So che non lo farai...mi fido di te".
Spinto da quella rassicurazione, Elle lasciò che le proprie dita iniziassero a esplorare l'intimità della ragazza, facendole chiudere gli occhi e permettendole di assaporare ogni istante di quell'estasi.
Era certa che, se glielo avessero mai detto, sicuramente non ci avrebbe creduto. Com'era possibile crollare sotto lo sguardo di una persona, sotto il suo tocco, sotto la sua presenza, dopo così poco tempo? Com'era possibile che proprio lei, dopo tutto ciò che aveva passato e subito, dopo il terrore che per anni l'aveva attanagliata, alla sola idea che qualcuno la sfiorasse ancora, dopo tutto quel dolore...si fosse infine innamorata? Innamorata...dopo così poco tempo...e di un uomo del genere. 
Ma forse il punto era proprio quello, forse la verità era che non avrebbe potuto amare nessun altro uomo che non fosse lui, proprio per ciò che Elle era e rappresentava. Era senza dubbio la persona più particolare, bizzarra, e unica nel suo genere che le fosse mai capitato d'incontrare...adesso lo capiva. Era questo il tassello che aveva cercato per una vita intera, il pezzo del puzzle mancante per sentirsi del tutto serena e in pace con se stessa. Magari aveva ragione lui, forse era un'ossessione...forse persino una droga...ma una cosa era sicura, non aveva mai sentito di una droga che fosse in grado di stregarle la mente, il cuore, l'anima e i sensi nel medesimo istante. E con un'intensità di cui non aveva mai immaginato sarebbe stata preda. 
Un nuovo gemito di Ryuzaki la portò ad alzare lo sguardo, fissando le sue iridi ghiacciate in quelle d'ebano di lui...notò subito quanto fossero velate e impazienti. 
"Elle...".
"D-devi guidarmi...".
Quelle parole la sorpresero ulteriormente, essendo così nuove per lui, eppure non riuscirono a stupirla del tutto. In fondo, sapeva che cosa rappresentasse per il detective quella situazione...
Con un gesto fluido, Ruri si posizionò nella posizione corretta, incrociando di nuovo le sue gambe intorno alla vita di lui e inarcando leggermente il bacino.
"Devi solo...lasciarti andare, tutto qui. Inizia dolcemente..." gli disse, con un altro bacio.
"M-ma...".
"Elle. Ti prego...".
"N-non posso..." mormorò lui, aggrappandosi alle sue spalle e conficcando i lattei polpastrelli nella pelle della sua schiena.
"Sì che puoi. So che puoi" lo incoraggiò la ragazza "Puoi farlo...con me...".
"Ruri...ho paura".
L'averlo sentito pronunciare quelle parole la scosse nel profondo, ma la condusse anche a comprendere ancora di più quanto fossero simili; entrambi soli, entrambi spaventati, entrambi restii al contatto fisico, entrambi chiusi nella loro bolla di sapone, intrappolati in un mondo parallelo in cui solo la logica e la razionalità avevano il permesso di entrare...possibile che avessero davvero rotto a vicenda le rispettive barriere? 
Ruri gli prese il volto fra le mani e lo baciò con calma e dolcezza infinite. 
"Lo so che hai paura. Credimi, lo so...lo so perché ne ho così tanta anch'io. Ma ti prego, se proprio vuoi avere paura, allora abbi paura insieme a me. Perché qualunque cosa tu decida, non posso più rinunciare ad averti al mio fianco".
Quella frase gli donò un'improvvisa e nuova risoluzione, spingendolo a ricambiare il bacio di lei e ad abbracciarla intensamente; infine, con grande lentezza e senza smettere di baciarla, iniziò ad entrare delicatamente in lei.
La sensazione che quel contatto, che quel gesto così profondo e viscerale fu in grado di donarle le rimase impressa nella mente e nel cuore per tutta la vita; ben presto, i loro corpi iniziarono a muoversi in simultanea, chiudendo fuori dalla loro unione qualunque cosa che potesse in qualche modo distoglierli dal reciproco sentimento che stavano provando.
Mentre si aggrappava alle sue spalle e muoveva il bacino insieme a quello di lui, Ruri chiuse gli occhi, incapace di concentrarsi su niente che non fosse quell’estasi sublime in cui stava scivolando; lui era tutto quello che aveva sempre cercato, senza averne la minima consapevolezza. Lui era il caos calmo che non credeva avrebbe mai potuto arrivare a rappresentare tanto, per lei…era la tessera del puzzle che le mancava, era la strada che per tanto a lungo aveva tentato di trovare, e che infine le si stava aprendo di fronte. Era il suo inizio, e insieme la sua fine. Come una malattia, la cui cura era nascosta semplicemente nei meandri dello stesso malessere…sì, forse era esattamente di questo che si trattava. Ma poteva, una patologia di qualunque genere, rivelarsi in grado di salvarle la vita?
 
Just give me a sign
There’s an end and a beginning
To the quiet chaos driving me mad…
 
Subito dopo, avvertì il piacere invaderla completamente, strappandole un grido che Elle non riuscì a non condividere, nell’istante in cui tutti e due raggiungevano l’apice della frenesia che aveva pervaso entrambi.
Quando lui rialzò gli occhi, prima che potesse dire qualunque cosa, Ruri lo baciò per l’ennesima volta, tornando a intrecciare le dita con i suoi capelli e lasciando che si sdraiasse accanto a lei, per poi cingerla con le sue braccia e riprendere a ricambiarla, le braccia bianche intente a stringerla contro di sé.
Allora…per la prima volta in vita sua…capì di sentirsi davvero a casa.
 
The long neon night, and the walls of the ocean
And the fire that is starting to go out…
 
Continua…
 
Nota dell’Autrice: CIAOOOOOOOOOOOOO!!!!! Sono di nuovo in città!!!! Come state, belli?!?! Confessate, vi ho fatto prendere un colpo, vero?! Ahaahha, dovete perdonarmi, era previsto dal copione!! Per farmi perdonare…TADAN!! Ecco la scena più attesa dopo quella del primo bacio…che ve ne pare? Nah, vero? Lo so, però diciamo che ci ho provato :D Che ne pensate? Eh? Eh? Che dite?! Vi prego, imploro come al solito la vostra clemenza, insieme alla spassionata sincerità :D La canzone di questo capitolo era ‘New York’ degli Snow Patrol, ed essendo la mia preferita, non potevo assolutamente astenermi dall’inserirla nella storia, da qualche parte dovevo ficcarla XD Poi, riascoltandola per l’ennesima volta mi è comunque parsa adatta a questi due, proprio per il concetto di ‘caos calmo’ che dà il titolo al capitolo e che esprime la personalità di Ryuzaki…che mi dite al riguardo?? Premetto che questa puntata non è venuta come me l’immaginavo all’inizio e come l’avevo progettata, ma come sapete, scrivo sempre d’impulso e di getto, vi prego di farmi presente eventuali errori :D Mooolto bene, passiamo ai ringraziamenti: grazie MILLE ad Annabeth_Ravenclaw, PotterHeart_394 (quanto vi adoro, tutt’e due :D), a Zakurio, a loren, a hatake_kakashi, a Shikacloud, a gloomy_soul e alla mia Pinkamena Diane Pie per aver recensito il quattordicesimo capitolo, grazie a tutti coloro che lo hanno sempre fatto e che spero continueranno a farlo, e di nuovo grazie a loren per aver inserito la storia fra le preferite, grazie veramente di cuore!! Spero di poter tornare prestissimo con il prossimo capitolo, anche se dopodomani mi ricominceranno i corsi all’università, ma prometto che cercherò comunque di fare il possibile, ve lo giuro!! Ci vediamo il prima possibile con il seguito di ‘Sugar and Pain’, attendete fiduciosi, tornerò presto!! E ancora grazie a tutti!!! Tantissimi bacioni, la vostra Victoria
   
 
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