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Autore: Brokenhearted Bitch    15/05/2014    3 recensioni
E' il quinto capitolo della famosa saga di Twilight. Questa volta, ci addentriamo nel futuro, il futuro che appartiene alla piccola Renesmee, figlia di Bella ed Edward. Il suo corpo ormai, ha le fattezze di un'adolescente e la sua mente è quella di un ibrido consapevole del suo essere. Ma le scoperte da fare sono ancora tante, e Renesmee presto incontrerà pericoli e sorprese; dovrà affrontare varie prove, non solo soprannaturali, ma anche a livello sentimentale. E in tutto questo, Jacob, il suo migliore amico, giocherà un ruolo fondamentale.
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Genere: Fantasy, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Clan Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Renesmee Cullen | Coppie: Bella/Edward, Jacob/Renesmee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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- Aspetta… siamo quasi arrivati.. Ecco, ora puoi guardare!
- Oh mio Dio.. non posso crederci! – esclamai quando Jacob sciolse la sciarpa che mi copriva gli occhi. Mi trovavo davanti a una specie di palafitta costruita su una grande quercia, una casa sull’albero.- Io.. io la desideravo fin da bambina! – la stavo ancora ammirando a bocca spalancata, quando cominciai a girare attorno al grosso tronco con il naso per aria.
- Lo so, per questo io e i ragazzi ci siamo dati da fare.
- Ma voi siete impazziti! Wow.. e tra qualche anno che farete? Mi regalerete un’auto nuova fiammante? O un castello? Davvero, è troppo, non dovevate! – fui così commossa che impulsivamente corsi ad abbracciarlo. Tanto che stavolta anche lui sembrò sorpreso dal gesto improvviso. Invece, affondò il suo viso tra i miei capelli e in un sussurro rispose – Anche un castello, se lo desideri.
Nel fresco pungente di una mattina primaverile, essere avvolta nel suo abbraccio caldo era la sensazione più bella. Ma mi staccai, per cercare di controllare quelle strane emozioni dalle quali venivo colta di recente. – Effettivamente stavo cominciando a preoccuparmi per te, per tutti quei pomeriggi in cui io ti chiamavo e tu dicevi di essere impegnato a lavorare all’officina.
- Ah ah ah, hai ragione.. ma l’ho fatto per te. E adesso che l’opera è terminata, non ci sono più scuse per non vederti.
- Grazie, Jake. Grazie! Vorrei ripagarti in qualche modo, ma non saprei come.. beh, a qualcosa penserò!
- Scherzi!? Non c’è nulla che tu debba fare. La tua compagnia mi basta – disse, accarezzandomi il viso. E di nuovo quella sensazione. Ok, è ufficiale. Sto impazzendo. Forse sarebbe il caso che mi facessi visitare da nonno Carlisle, visto che è un dottore, così saprà curarmi da questa strana forma di pazzia, o da quest’effetto collaterale dell’imprinting, quello che è. Così cercai di tranquillizzarmi, respirando forte, ed evitando di guardare Jacob negli occhi, per un momento.
- Nessie, che ti prende? Ti vedo così pensierosa..
- Ah, beh.. sì, ecco.. in questo periodo mi sento un po’ strana, non so proprio perché..
- Vuoi provare a parlarne?
- No, non ha importanza.. non credo che saprei spiegarlo. – così cambiai discorso in fretta – Allora, sicuro che posso salire sulla casa? Non salgo se non ci sei tu sotto a braccia aperte, metti che cado!
- Veramente.. volevo salire con te! – disse raggiungendomi.

Per tutto il tempo eravamo rimasi seduti l’una accanto all’altro sulla palafitta, a volte parlando del più e del meno, a volte in silenzio, e quando quel silenzio diventava troppo lungo e imbarazzante la mia mente si affaccendava a trovare un nuovo argomento. Fu così che trascorsi quella mattinata, alternando momenti di tranquillità a silenzi di tensione interiore. A volte dimenticavo perfino che il giorno prima era stato il mio compleanno. Infine, cominciai ad avere fame e Jacob acconsentì ad accompagnarmi a casa. Ma sulla via del ritorno, mentre eravamo immersi nel verde, nell’umidità e in uno dei nostri lunghi silenzi, scorsi di sfuggita qualcosa muoversi repentinamente tra i cespugli, a un centinaio di metri di distanza.
Impulsivamente deviai per quella direzione, ma la voce di Jacob mi fermò: - Dove stai andando?
- Dev’essere un animale. Voglio prenderlo. – risposi senza voltarmi, mantenendo l’attenzione fissa su quei cespugli. Nonostante non potessi vederlo in faccia, poiché era alle mie spalle, ebbi l’impressione che un lampo di preoccupazione stesse percorrendo il viso di Jacob, che si limitò a chiedere: - Sei riuscita almeno a capire che animale fosse?
-No.. aspettami qua, vado a dare un’occhiata. Se non trovo nulla torno indietro. – dissi guardandolo, stavolta.
- Nessie… - Jacob guardò prima i cespugli scuri, poi me, con uno sguardo ansioso e mordendosi le labbra. Sapevo quel che voleva dirmi. Sapeva che volevo andare a caccia, come fanno i vampiri. Ma non era una cosa che a lui andava molto a genio. Non era mai molto d’accordo su questo, non era d’accordo che io fossi metà di quel che sono: un vampiro. Ma sa che è necessario anche per me andare a caccia, bere sangue, uccidere animali. E dopotutto, anche lui è un animale. Jacob è un licantropo. La differenza è che la metà di quel che è lui non mai stata un problema per me. Lui sa controllare questa parte di sé, ed è raro per me vederlo coperto di pelo. Ma ciò non hai mai compromesso i miei sentimenti per lui e so che anche lui mi vuole bene lo stesso, e mi accetta per quello che sono. Semplicemente, preferisce non assistere alle mie battute di caccia, tutto qui.
Ecco perché vado a cacciare solo con la mia famiglia. E quando lo faccio, mi diverto. Papà, mamma, zio Emmett, zio Jasper non fanno altro che sfidarmi. Facciamo gare, corse, acrobazie, e l’effetto è sorprendente! Ho imparato a cacciare solo un paio d’anni fa, mentre quando ero più piccola, invece, erano mamma e papà a portarmi le prede già abbattute.
- Ok, aspettami qui – lo rassicurai con un sorriso. Lui annuì e i miei piedi si mossero.
Mi inoltrai nella foresta, nella direzione dove avevo visto andare l’animale. Sentivo l’olfatto e l’udito intensificarsi e venni completamente assorbita dalla natura. A un tratto, qualcosa mi sfrecciò accanto e non feci in tempo a capire cosa fosse. Seguì un silenzio e quando stetti per fare un altro passo, l’ombra sfrecciò alle mie spalle ancora una volta. Mi stava girando intorno, pensai. Strano. Mi era anche parsa molto più grande che un semplice scoiattolo, o un gatto selvatico. Doveva essere un cervo, allora. L’idea di questa possibilità mi eccitò. Non è mai stato difficile trovare dei cervi nelle foreste di Forks, ma per me lo è stato da sempre. E’ una sfida con me stessa riuscire a catturarne uno.
Mi avvicinai a passi lenti verso uno scorcio cui mi ero ritrovata davanti e attraverso il quale avevo intravisto un piccolo spiazzo. Quando spostai le foglie dei rami dal mio viso per liberare il campo visivo, mi ritrovai davanti a uno spettacolo mozzafiato.

Un cervo enorme era eretto al centro della radura, e un fascio di luce ne illuminava il pelo corto e lucente, di un marrone chiaro. Era così bello e imponente mentre brucava l’erba con maestosa tranquillità, che mi sentii in colpa anche solo di averlo distratto, dopo aver fatto rumore pestando un cumulo di foglie secche. Al rumore il cervo alzò la testa, e si voltò verso di me. Eppure rimase fermo dov’era. Se fosse scappato, probabilmente sarebbe stato in ogni caso più veloce di me. Così scelsi un’alternativa: cercare di avvicinarlo pian piano.
E così feci, cercando di tenere un profilo basso, sussurrandogli dolci parole. Ma a ogni passo che avanzavo, lui indietreggiava di uno. Allora raccolsi un ciuffo d’erba e glielo porsi e stavolta il cervo smise di indietreggiare e si avvicinò impercettibilmente verso la mano tesa. Finalmente mangiò il ciuffo d’erba dalla mia mano, e fu una sensazione indescrivibile. Se fino a un attimo prima tutti i miei sensi erano tesi e pronti a scattare, ora i muscoli erano rilassati, e una dolce energia si irradiava nel mio corpo. Il raggio di luce adesso scaldava anche il mio viso e sentivo me stessa completamente riconciliata alla natura. Era come se facessi io stessa parte di una visione estatica, quasi surreale.

Il vuoto allo stomaco mi risvegliò come un suono d’allarme. “Devi agire ora. Attaccalo in questo momento, alla sprovvista!”. Seppur mi dispiaceva rovinare quel momento così pacifico per entrambi, decisi di agire. “Jacob mi sta aspettando” e questo bastò per risvegliare il mio istinto da predatrice. Sei una predatrice, pensai. Ma nell’attimo di massima concentrazione psicologica, la quiete della radura mutò e calò il silenzio totale. Prima ancora che potessi capirne il motivo, il cervo emise un verso acuto e lo vidi mentre veniva paurosamente scaraventato prima per aria, poi per terra, e un’ombra invisibile gli squarciò una parte del collo con un movimento rapidissimo. Un istante dopo l’animale non aveva più l’aspetto maestoso di prima, bensì era pietosamente accasciato sull’erba tinta di rosso, emettendo i suoi ultimi ansimi. Paralizzata dalla violenza e dalla velocità della scena, ero rimasta fissa a bocca aperta e con gli occhi lucidi, ma la vista del sangue mi trascinò verso l’animale esanime.
 
Prima ancora che potessi berne il sangue, che colava copioso dal manto lucido, qualcosa si interpose tra me e il cervo. Indietreggiai per identificare l’ostacolo.
Non era qualcosa, era qualcuno.

- Mi dispiace averti rovinato il pranzo, dolce Renesmee. – la voce era quella di una donna sconosciuta, l’odore era quello acre di un vampiro. Bionda, alta, con la pelle chiara e  la voce, fredda e tagliente. Non ho idea di come faccia a conoscermi, ma in quel primo momento qualcosa mi disse che non dovevo fidarmi.

- Mi chiedo se la tua famiglia ti abbia mai parlato di me. Io sono Irina.
  
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