Anime & Manga > Vocaloid
Segui la storia  |       
Autore: Hitsuki    16/05/2014    1 recensioni
{ AU!Alternative Universe (tanto per cambiare); I Promessi Sposi - Lombardia, 1600 | Kagaminecest; Rin/Len non-incest e accenni a coppie randomiche | Romantico | Generale | Avventura? }
Dal Prologo;
E così, in quella notte buia e priva di stelle, inesorabilmente fu deciso il futuro d'un puro amore.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Len Kagamine, Rin Kagamine, Un po' tutti | Coppie: Len/Rin
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
• Nella realtà bisogna pazientare per il lieto fine.
  — Second chapter; Umatrimonio che ancora deve scorger la chiara luce della Fede ;
 
 
Per Rina e Leo l'agognato giorno era arrivato sereno, accarezzato dal vento come i pettegolezzi ed a cavallo del loro amore. L'eccitazione li pervadeva e Rina, con il velo bianco a coprirle i capelli biondi, intrecciava le mani di Leo, dall'elegante vestito nero. Insieme correvano, con le gambe che incespicavano e il fiato mozzo - più per l'emozione che altro - che li attanagliava, gli occhi che si riflettevano in quelli dell'altro. Sorrisero sempre più entusiasmati, decisi, senza più la paura a regnare le loro angosce, mentre l'altare li accoglieva vigilandoli da lontano.
Raggiunta la meta tanto ambita Leo e Rina si fermarono, senza però separarsi dalla mano del compagno, mentre l'ossigeno ritornava a inebriarli i polmoni regolarmente; invece il cuore non smetteva di pulsare quasi a spingere con violenza la cassa toracica. Ma a Leo e Rina quella sensazione piaceva, poiché sottolineava l'amore che provavano e che avrebbero sempre provato l'uno per l'altro.
Mentre gl'occhi balenavano in su e in giù, a destra e a sinistra alla ricerca di Don Gano, ecco che lui apparve con uno sguardo tanto ipocrita quanto falsamente afflitto. Ma Rina e Leo, così travolti dal loro amore, non ci fecero caso; corsero da lui - senza stanchezza, sebbene la corsa precedente - con le labbra sempre più tese all'insù, per poi pronunciare il suo nome proprio all'unisono senza mancare di un "Don" ad accompagnarlo.
Lui si voltò, fingendo di non essersi accorto del loro arrivo, ma impettito si fermò e li chiese quietamente cosa desideravano.
«Come, cosa desideriamo?» Leo era quasi stizzito dal comportamento di Don Gano: era la scelta migliore farsi sposare da lui? «Ci dobbiamo sposare!» e puntò il dito indice su Rina, con fare energico. «Guardi la mia amata in abito da sposa, non comprende che non vedo l'ora di farla divenire mia futura moglie?». Rina sussultò leggermente, le gote arrossate. Gano rispose, pacato e falso come sempre, con la classica scusa - un cliché della Chiesa - che anche Leo s'attendeva.
«Noi del clero non ci possiamo sposare».
«E quindi neppure amare?» il fanciullo, sempre più irritato, aggiunse una nota piccante al dialogo altrettanto acido. «Sappiamo tutti delle vostre amanti, dei vostri figli illegittimi che vivono privi d'amore, dei soldi che accumula facendo gesti tutt'altro che utili!». Gano portò le mani al petto, fingendo offesa - la colpa sarebbe andata a quello scalmanato e lui l'avrebbe passata liscia. Ed infatti egli continuò, preso dall'ira vorticosa. Strinse i pugni, ormai la lucidità non lo tratteneva più dall'accusare l'uomo di Chiesa. «Sono ricorso a voi solo perché siete l'unico Don della zona e non vedevo l'ora di sposare Rina!». 
«N-non è colpa mia!» s'affrettò a dire l'accusato indietreggiando e circumnavigando l'accaduto il più possibile.
«E di chi, allora? Sentiamo».
Don Gano deglutì l'ennesima saliva amara, che si faceva strada nel suo corpo iniettandogli timore.
«Don…» sussultò un attimo, senza finire il nome. «Mi promettete che non lo direte a nessuno, vero?».
Leo fece un gesto affrettato con la mano, cercando di mantenere la calma, mentre Rina gli prese il braccio e rispose al posto del fidanzato.
«Non lo diremo a nessuno, si fidi». Disse con una voce melliflua e una nota di malizia.
Gano deglutì nuovamente per rassicurarsi. «Don Rodrigo» mormorò in un soffio, coprendosi poi la bocca con le mani subito pentito della sua azione.
«Bene». Leo ormai non ce la faceva più, non voleva sentire nient'altro, soprattutto se le parole erano pronunciate da quell'odioso uomo. Don Rodrigo, il signorotto locale; lo terrà a mente, nitido e chiaro tanto lui era accecato dalla vendetta. 
Corse via, prendendo la mano dell'amata e trascinandola verso una meta ancora a lei ignota - ignota così come il futuro della loro vita. E Gano intanto congiungeva le mani tenendo stretto a sé il crocifisso intarsiato, implorando Dio di proteggerlo - come se ascoltasse un uomo tanto corrotto, il Cielo. 
desc
Casa Mondella. La madre di Rina, Mea1, stava stendendo i panni ancora umidi lasciandoli al vento come petali a primavera, ma quando vide andare incontro a lei la figlia con lo sposo a trascinarla sussultò e la camicia bianca ch'avea fra le mani cadde sul terreno fangoso sporcandosi inesorabilmente. Subito la donna si gettò a terra, sussurrando dei "Oh, no! La dovrò rilavare". Lasciò poi la camicia a terra, come ad abbandonarla al suo destino - senza mancare di un po' di melodrammaticità, quasi fosse all'interno di un'opera lirica. 
«Signora Mondella!» acclamò Leo, bloccandosi poi quando fu arrivato a destinazione, mentre Rina sbuffava infastidita accusandolo d'essere stato troppo impulsivo. Mea lo guardò stupita. «Puoi chiamarmi "suocera", ormai. Ma, vi siete già sposati? Così, di getto, senza ch'io partecipassi?». Leo alzò una mano come per negare le frasi della donna. Prese fiato, poi parlò, ignorando Rina che lo osservava arrabbiata con le braccia cinte sotto il petto.
«No, no. Don Rodrigo non vuole che ci sposiamo!».
Mea rispose scettica, stringendosi nelle spalle. «E quindi? Voi vi sposate, al diavolo quello stupido ragazzetto». 
Rina sospirò, avvicinandosi all'altra. 
«Madre» disse con calma, scandendo bene la parola. «Don Gano teme Don Rodrigo. Forse i Bravi lo hanno minacciato». 
Mea gesticolò quasi schiaffeggiasse l'aria, infastidita. «Ah, quello stupido signorotto locale! Glielo dico io, a Don Gano, di sposarvi…».
«Madre!».
«Che c'è! È la verità». Rimuginò un attimo, poi sbuffò. «… Ho capito cosa intendi. Meglio non andare nei casini, eh? Hai ragione. Ma, se devo essere sincera, nella vita succedono cose peggiori…». Leo fece per protestare, ma quando vide il capo china di Rina comprese cosa intendesse Mea. La donna proseguì, diventando più energica. «Sentite, figliuoli, date retta a me: io son venuta al mondo prima di voi, e il mondo lo conosco solo un poco. Non bisogna poi spaventarsi tanto: il diavolo non è brutto quanto si dipinge. A noi poverelli le matasse paion più imbrogliate, perché non sappiam trovarne il bandolo; ma alle volte un parere, una parolina d'un uomo che abbia studiato... so ben io quel che voglio dire2». 
Leo si fece più attento e lesto alzò lo sguardo verso Mea, inarcando incuriosito un sopracciglio. Rina osservò la madre con un sorriso bonario, stentato, sperando che forse grazie al suo aiuto la fede avrebbe potuto inanellare l'indice suo e quello dell'amato. La donna smosse il capo e i corti capelli bruni si mossero spinti da tale gesto, mentre il dito andava a porsi pensieroso sotto il mento.
«Sì» disse «Qui, a Lecco, cercate un certo "Zaccagarbùj"3».
Leo divenne sempre più dubbioso. «"Attaccabrighe"?».
«Il nome non promette bene» Rina alzò gli occhi al Cielo, quasi a pregare.
«Sentite, vi voglio un bene dell'anima, ma siete troppo saccenti!» sospirò. «Tutti lo chiamano Azzecca-garbugli, per italianizzare. Ma per l'amor del Cielo, non chiamatelo così! È solo un soprannome. Si chiama…» e lì indugiò, abbassò lo sguardo, borbottò nomi dai più famosi ai meno utilizzati - che perfino alle orecchie di Rina e Leo parvero bizzarri - ma poi si mise una mano fra i capelli, scuotendo il capo. «Non ricordo. Sentite, chiamatelo Azzecca-garbugli, al Diavolo! Ma… basta, cercate quel dottore alto, asciutto, pelato, col naso rosso, e una voglia di lampone sulla guancia». 
Leo s'illuminò, penetrando lo sguardo di Mea. «Lo conosco di vista!» disse eccitato. L'altra mormorò un "Meglio", per poi continuare concitata mentre le mani gesticolavano nervose. «È un avvocato, credo proprio che vi aiuterà. Lui aiuta tutti i suoi clienti, anche se sono nel torto, figuratevi. Ah, prima di congedarvi, prendete questi quattro capponi per fare una buona impressione» sospirò rattristata, per poi imprecare a bassa voce e inveire contro Carlo, poi continuò ignorando le sue precedenti parole ben poco raffinate. «Ahimè, li avevo preparati per il banchetto nuziale, ma temo che il vostro matrimonio dovrà attendere per un po'». Fece finta di non notare lo sguardo timoroso della figlia; a Mea doleva dirlo esplicitamente ai due "figliuoli", ma era sicurissima che ci sarebbe stata ancora molta strada prima che la fede nuziale avrebbe inanellato gli anulari dei due innamorati.
Leo si fece sicuro, tentando di gonfiare il petto. «Bene! Andiamo nel Borgo, Rina. Anzi» continuò con il volto sempre più buffamente risoluto «Andrò io solo, senza bisogno di nessuno». L'interpellata rimase in silenzio, limitandosi a prendere la mano dell'amato ed osservarlo con tono di rimprovero, intinta di una maturità ben contornata dalla premura. Lo supplicò con la sola forza delle iridi acquamarina, nonostante l'animo divertito tentava di tenderle gli angoli della bocca all'insù - e l'amato lo sapeva, sapeva che credeva in lui e lui credeva in lei. Le loro dita si sradicarono l'una dall'altra, delicatamente, in modo quasi onirico. I piedi di Leo ricominciarono a tastare ogni tipo di terreno diretti - almeno per una volta - in una zona precisa e con le idee chiare. Rina sorrise cingendo le braccia dietro la schiena e corse via all'interno della casa, intonando una canzone vivida di speranza. Mea intanto s'inginocchiò farfugliando qualcosa e prendendo la camicia, dopo aver salutato a gran voce il futuro sposo - forse troppo impulsivo - della figlia.
«Povera me» disse sbuffando ed alzando gli occhi al Cielo. «Mi dovrebbero far Santa… mio buon Dio, so che tu vuoi il ben dei miei figliuoli: quindi, per favore, salvali dai guai in cui andranno a cacciarsi. Grazie per la pazienza, mio Signore, che perdoni sempre i gesti azzardati di quei due piccioncini nonché quelli che io stessa provoco! Ma, tu lo sai bene, nell'amore rientra anche questo e io credo nel loro matrimonio». Si rialzò, andando a rilavare la camicia nel secchio lì vicino e facendo un veloce segno della croce. 
asdfghjkl
Giunto al Borgo, Leo s'informò e finalmente gli venne indicata l'abitazione del Dottore: una casa sfarzosa, ricca di fregi decorativi e tante altre cose che i nobili utilizzano per far spiccare la loro ricchezza come dei goffi pavoni brutti e sporchi. Infatti, da come Leo se lo ricordava, certo Azzeccagarbugli non era un uomo di raffinata bellezza; e né tantomeno quell'esaltato di Don Carlo, grasso come il pollo che lui stesso mangiava a Natale. Riformulò poi mentalmente la frase; Carlo era grasso come i quattro capponi che adesso portava sulla spalla messi insieme4.
Poggiò le nocche sulla porta battendo per tre volte, poi attese spazientito. Quando era già pronto a bussare nuovamente udì i cardini cigolare e finalmente - secondo lui era passato un lunghissimo lasso di tempo - la porta si aprì quasi timidamente, mentre una graziosa bambina faceva capolino dall'interno dell'appartamento. 
«Sì? Sono la serva dell'avvocato, Claudia5» disse docilmente lei, mentre i capelli corvini legati in due codini si mossero leggermente seguendo il suo spostamento laterale del capo. Sorrise. «Per Vostra fortuna egli attualmente non è impegnato». 
Leo era intenerito da tanta gentilezza e non riuscì a risponderle con tono acido, né tantomeno ne aveva l'intenzione; ricambiò quindi il sorriso della serva chiedendo gentilmente di incontrare l'avvocato.
.
.
.
 Notes; 
#1; Meiko. Nome molto fantasioso, sì. //piange
#2; frase realmente pronunciata da Agnese - ovvero Mea nella fanfiction - ne I Promessi Sposi.
#3; qui c'è una specie di gioco di parole basata sul dialetto lombardo, che credo sia stato italianizzato nella revisione di Manzoni stesso della sua opera. In milanese "Zaccagarbùj" significa proprio "Attaccabrighe", ma "italianizzando" maggiormente il resto - che con svariati termini dialettali poteva confondere buona parte dei lettori - il nome divenne "Azzecca-garbugli". Indi ho preferito indicare l'avvocato con entrambi i termini, per far notare appunto che egli era estremamente astuto e la passava sempre liscia. 
#4; lo so, lo so, Kaito non è "grasso", ma immaginatevelo di conformazione robusta. Per calarlo nel personaggio ho preferito renderlo meno magro, ma naturalmente Len ha enfatizzato esageratamente questo suo dettaglio fisico. Naturalmente non voglio offendere e/o ferire nessuno, eh, semplicemente Renzo viene definito molto impulsivo e vivace e devo rappresentare bene anche Len nei panni di Leo - e tutti gli altri personaggi, naturalmente. 
#5; la piccola Kaai Yuki. Eh, l'italianizzazione del suo nome non è certo ottima dato che richiama in microscopica parte - anzi, poco e niente, più niente che poco //sighs// - il suo nome originale, ma sinceramente chiamarla "Carla" - quando c'è già Kaito chiamato Carlo - non mi allettava affatto.


• Che la forza di Manzoni sia con voi! { perché lovvo il cinque maggio. 
lenno cavaliereBene! Eccomi con questo capitolo, che molto probabilmente pubblicherò ad orari indecenti. Ma ci tenevo davvero tanto a pubblicare il primo capitolo - e lasciatemi passare la ripetizione, plis - che avrebbe dato il via a questa fanfiction Manzoniana feat. Hitsuki (?). Seguendo il filo de I Promessi Sposi questa si può ritenere la prima parte del terzo capitolo; la seconda parte la completerò nel prossimo, inziando inoltre - credo - il quarto capitolo. Ahimè, l'inizio l'ho modificato ed infatti differisce da quello del libro, ma spero che non dia fastidio a nessuno. Così come alcune descrizioni che possono apparire critiche (per esempio quando si denota il fatto che Gano avesse svariate amanti //mh, Duke of Venomania is here//), ma semplicemente voglio trattare al meglio i temi trattati a sua volta da Manzoni; quindi anche, for example, le critiche nei confronti della Chiesa corrotta. Poi quando entrerà in scena un certo personaggio si tratterà anche positivamente di essa… sì, mi sono informata bene perché per me è importantissimo trasmettere qualcosa tramite un testo, in questo caso anche le critiche e non potevo farne a meno perché voglio rendere onore ed acclamare quest'opera che mi piace davvero tantissimo. ♥
Non aggiungo altro poiché potrei diventare davvero logorroica (voi non sapete realmente cosa posso diventare, eh!) e volevo essere seria (per una volta) e precisare qualcosina. Solo che Mea/Meiko è una mita e spero di avervi strappato un sorriso (?? seh certo), Leo puzza come al solito, Rina è mezza Santa mezza civettuola (in senso buono, deh!) e Claudia/Kaai è l'amore - è una loli, cioè, rendiamo bene l'idea perché le loli e gli shota sono il POWAH. E che ho scritto davvero troppi dialoghi e me ne vergogno, fwaaah. 
Manzoni a voi, perché un po' di Manzoni come muso ispiratore per le nostre fanfiction non gusta mai. 
~ la Hitsu/Tòh 

Edits;
18/05/14
    cambio grafica.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Vocaloid / Vai alla pagina dell'autore: Hitsuki