Epilogo
Australia, 17 Febbraio
1996
Quiete.
Non sembra vero, mentre
questo freddo non accenna ad allentare la presa.
Di fronte ai miei occhi,
il sole annega nell’Oceano Pacifico.
Se potessi rimanere qui,
per sempre, dimenticherei chi e dove sono.
- Jimmy?
Mi volto lentamente, mani
ficcate dentro i pantaloni di velluto, braccia ad arco attorno ad una
pancia
che prima non c’era.
Pazienza.
Guardo i suoi occhi. Un
tempo brillavano di vita, forse per via di quei capelli che sembravano
rubare
la luce al sole. Nemmeno il sorriso è così
smagliante come un tempo. Sono cose
andate perse un’estate di tanti anni fa, quando il destino ha
iniziato ad
accanirsi su di lui. Sotto quella specie di caftano, anche lui ha una
pancia
che prima non c’era e il cuore ferito di un leone.
- Sei pronto? – chiede
gentilmente, una mano che sposta i capelli indietro e un rubino che
brilla
sotto una delle sue dita.
Annuisco, m’inumidisco le
labbra. Avrei bisogno di fumare, ma mi trattengo.
Prima o poi smetto, lo
giuro.
Come sempre, vero Jim?
Scuoto la testa, sospiro
pesantemente, cercando di scacciare via quella voce che troppe volte mi
ha
ricordato ogni singola disgrazia.
Sta zitta.
*
Improvvisamente, l’ansia.
Mi prende di più quando
sono sotto il palco, da spettatore. Mi succede ogni volta, eppure non
mi ci
abituo. Mi guardo nervosamente attorno, attraversando con gli occhi gli
angoli
del teatro.
- Sarà sensazionale, lo
sento! – dice Robert, dando un tiro alla sua sigaretta.
Così, senza chiedergli
nemmeno il permesso, infilo una mano nella tasca del suo caftano,
afferrando il
pacchetto di sigarette.
- Volevi smettere. –
dice, freddo.
- Ho sempre voluto tante
cose. – controbatto, ficcandomi una sigaretta tra le labbra e
accendendola –
Alcune non le ho avute mai.
- Tipo la coerenza e la
forza di volontà?
- Sei in vena di rimproveri
stasera? – sussurro, mentre altri spettatori come noi
iniziano a guardarci con
curiosità.
- Scusami. – fa, dandomi
una pacca sulla spalla - È che …
È che non
sei più tu Robert.
- Tranquillo! – gli
sorrido - È tutto ok!
- Già. – sospira.
- E comunque sono sicuro
che sarà impressionante. – continuo, osservando il
palco ad occhi stretti - È
da mesi che ascolto il suo album e ancora mi chiedo da quale pianeta
arrivi un
ragazzo così.
Sospiro, pensando per
l’ennesima volta al giorno in cui, spulciando per caso
l’ennesimo negozio di
dischi a Londra, m’imbattei in un titolo particolare e un
volto, stampato sul
cartone del vinile, così affilato, le labbra disegnate e un
microfono anni
Cinquanta.
Il titolo era Grace.
Lui, Jeff.
Una risata lieve,
comprensiva, proprio al mio fianco. Robert.
- Che c’è? – chiedo,
accennando una risata – Perché ridi.
Non risponde subito.
Aggrotta la fronte osservando il palco, aspirando piano dalla sua
sigaretta
fino a ritirare le guance. Poi butta fuori un filo sottile di fumo,
tornando a
guardarmi.
- Viene dal tuo stesso
pianeta, Jim. – dice serio, ma senza rimprovero. Piuttosto
con devozione – Era da
tempo che non notavi un cantante. – aggiunge poi,
rivolgendomi un sorrisetto
impertinente.
- Idiota! – rido,
dandogli un pugno sul braccio, per poi incrociare le braccia,
voltandomi a
guardare di nuovo il palco.
Le luci si abbassano, un
silenzio irreale intorno a noi.
Poi, un faro si accende
su un ragazzo magro, lo sguardo perso altrove, la voce di un angelo e
le mani
impazzite.
Inizia a cantare,
incendiando l’aria attorno a noi.
Ai suoi piedi, una rosa
bianca.
*
- Jeff?
Non si volta,
probabilmente non mi ha sentito.
- Sì? – fa, senza
smettere di armeggiare con la sua chitarra, riponendola nella custodia
e
continuando a darmi le spalle. Il resto della band, raccolta attorno a
lui, mi
guarda come se non credesse ai propri occhi.
- Posso rubarti un
secondo?
Con uno scatto chiude la
custodia.
- Un attimo sol … - si
solleva sulle gambe, si volta verso di me - … tanto.
– i suoi occhi si
spalancano, allargando a dismisura le sue occhiaie, mentre una ciocca
ribelle
ricade sul suo naso. Potrebbe essere mio figlio, ma non solo per un
fattore
cronologico. Più lo guardo, più mi concentro sui
suoi occhi, più sento qualcosa
attrarmi verso di lui, come se mi stessi guardando allo specchio
trovandoci
dentro il riflesso della mia anima e non del mio corpo.
- Oh, Cristo! – fa,
buttandosi le mani tra i capelli e mordendosi il labbro inferiore, le
sue
guance che si fanno di porpora.
- Vieni qui, Jeff! –
faccio, aprendo le braccia – Sei stato … sublime!
– gli dico, mentre si avvicina, ancora incredulo. Quando poi
finalmente le
nostre braccia si intrecciano, i nostri petti iniziano una danza
scoordinata, i
nostri volti che si bagnano, i singhiozzi che rompono il silenzio.
Non piangevo da tempo e
mi ritrovo a farlo per un ragazzo che, con un semplice titolo, mi ha
ricordato
me stesso, mi ha fatto tornare alla mente il periodo peggiore della mia
vita,
riportando in una canzone il nome di colei che quasi era riuscita ad
aprirmi
gli occhi.
Grace. Il nome di tutti i miei rimpianti, la firma di
tutte le mie colpe.
- Grazie Jeff! – sussurro
al suo orecchio.
- Ancora non ci credo! –
singhiozza, stringendomi ancora di più.
- È tutto vero Jeff. –
gli dico.
Poi, il mio sguardo si
perde sulla porta del backstage aperta sul palco. In prima fila, di
spalle, una
ragazza bionda. Vestito a fiori.
Jeff sta ancora
singhiozzando.
Chiudo gli occhi, lo
stringo più forte.
Riapro gli occhi.
Sparita, come un’allucinazione.
- Non può essere vero. –
sussurra Jeff, staccandosi, tornando a guardarmi negli occhi.
- Lo è. – gli faccio,
dandogli una pacca sul braccio. Sospiro, un sapore amaro in bocca.
È tutto
vero, Jeff.
*
Memphis, 4 Giugno 1997
Impigliato tra i rami
di un albero, gonfio dell’acqua
sozza del Mississippi.
Non sembrava vero,
eppure lo era.
Keith maledì
la polizia arrivata troppo tardi, poi
maledì se stesso per non avergli aperto gli occhi qualche
notte prima, quando
Jeff gli disse: “Fermati, voglio fare un bagno!”
Era la notte del 29
Maggio 1997.
Jeff Buckley moriva
annegando tra le acque sozze
del Mississippi.
Mentre entrava in
acqua, cantava.
Una delle sue canzoni
preferite.
Whole Lotta Love.
Fine
Ogni capitolo (o quasi), la sua canzone ...
Mumford and Sons – After The Storm
Led Zeppelin - Houses Of Holy
Jeff Buckley - Grace
Jeff Buckley - So Real
Led Zeppelin - In The Light
Led Zeppelin - Fool In The Rain
Jeff Buckley - Lilac Wine
Ella Fitzgherald & Louis Armstrong - Stars Fells On Alabama
Led Zeppelin - The Rain Song
Jeff Buckley - Last Goodbye
Angolo della pazza:
Eccoci! ç__ç
Ok, è finita, bene o male.
Decidetelo voi, io ho fatto del mio meglio.
L'episodio riportato nell'epilogo è vero, ma non sono sicura sia successo in Australia, visto che Jimmy è andato più volte a vedere Jeff dal vivo.
A voi la parola, in ogni caso.
Io ho fatto un tentativo con questa storia. Spero sia andato bene. ^^
Ok, partiamo con i ringraziamenti!
Ringrazio Zelda. CaVa, hai letto questa storia con i miei occhi. Non ho altro da aggiungere, solo un grazie enorme.
Ringrazio Idra, Giorgia e Lucia. La storia è andata avanti anche grazie a voi ragazze. Spero leggerete questo straccetto di ringraziamento.
Ringrazio chi ha letto, preferito e anche chi non se l'è filata di pezza.
Ringrazio Ire (non rompere il cazzo in chat! ♥). Grazie sempre a te! Sei stata la promotrice di questa storia e ti ringrazierò sempre. Mi sostieni anche nelle peggiori delle mie idee, sei una favolosa compagna di scrittura. Grazie un mondo. E recupera presto la tua voglia di scrivere. Chi ti adora come autrice, io soprattutto, ha bisogno delle tue parole. ♥ Ti voglio bene.
Alla prossima,
Franny