Bianca/Nico
- Dolori di un passato lontano
[Pov
Bianca]
“Buongiorno,
Bianca.” Mi salutò Sally Jackson, mentre
metteva in pancake sul tavolo insieme a diverse tazze di latte fumanti
accompagnate da biscotti e brioche varie.
Sicuramente molte erano state messe a posta per i figlio, ma non mi
lamentai
affatto. La tavola era imbandita e il profumino era davvero delizioso.
Mi
faceva venire l’acquolina in bocca.
“Buongiorno,
signora Jackson. Ha dormito bene?” Chiesi,
educatamente, sedendomi a tavola, afferrando una tazza. Per poco non mi
scottai. Dovevo assolutamente riprendermi e avere un minimo di vita
normale.
“Io
sono stata benissimo… tu, invece? Hai gli occhi
rossi, non hai dormito?” Chiese, scrutandomi con attenzione.
Arrossii.
Ero davvero così trasparente?
“Ho
avuto un incubo.” Ammisi, quasi sussurrando. “Ma
vorrei parlarne con suo figlio.”
Lei
sembrò intuire qualcosa e non indagò. Si
limitò ad
annuire tornando alle sue faccende. Notai che stava preparando una
specie di
panna azzurra che spalmava sui biscotti. Mi chiesi come facesse a
farla, quali
fossero gli ingredienti e come fosse il sapore. Mentre mangiavo
inzuppando
piano i biscotti nel latte, entrarono anche Percy ed Annabeth. Si
tenevano per
mano e sembravano davvero una coppia delle favole. Dovevano averne
passate
tante per essere così legati.
“Buongiorno,
Bianca. Come ti senti?” Mi chiese la
figlia di Atena, sedendosi accanto a me, sorridendomi rassicurante.
“Abbastanza
bene. Almeno rispetto a ieri, solo che… ho
fatto un sogno strano.” Risposi, senza troppi preamboli. Non
avevo motivi per
nascondere loro la verità.
“Un
sogno?” Chiese Percy rabbuiandosi di colpo.
Sembrava preoccupato, come se avessi detto qualcosa di molto
pericoloso.
“Sì…
perché?”
“I
sogni… non sono proprio i migliori amici dei
semidei. Di solito non fanno altro che prevedere morti e mostrarci le
parti
peggiori del nostro futuro.” Spiegò il ragazzo
sempre più accigliato. Doveva
averne avuti tanti, perché il suo sguardo luminoso
sembrò spegnersi.
“Non
possiamo dirlo, Percy… che ne dici di raccontarci
quello che hai visto?” Propose Annabeth, cercando di
mantenere un tono leggero.
Intuii, però, che anche lei era in ansia.
“D’accordo.”
Dissi, cercando di non farmi contagiare
dal loro pessimismo.
Gli
raccontai, così, dell’antico palazzo greco,
dell’uomo
intrappolato sotto la strana colonna grigia che sembrava fatta di
nuvole, della
voce profonda e tonante che riverberava intorno a me e delle minacce
sui
‘quattro’. Per tutto il tempo i due semidei mi
guardarono preoccupati, accigliandosi
più volte. Non riuscivo a capire cosa provassero, ma
sembravano a disagio.
“Hai
visto Atlante.” Spiegò, alla fine, Annabeth, dopo
che ebbi finito il mio racconto.
“Chi?”
“Atlante…
è un titano noto per essere fortissimo. Si
schierò con Crono in entrambe le guerre dei Titani. Egli
è maledetto ed è
costretto a sostenere il Cielo… A meno che qualcuno non
prenda volontariamente
il suo posto.”
Mi
accorsi che, mentre stava spiegando, sia lei che
Percy si accarezzarono i capelli e notai quella che sembrava una ciocca
bianca,
tra i biondi capelli della semidea.
“Quindi…
era lui a parlare?” Chiesi.
“Non
credo. Atlante è là sotto da
molto…” Rispose
Annabeth.
“Già…
fu proprio durante quella missione che…” Aggiunse
Percy, per poi interrompersi di botto, diventando rosso e abbassando lo
sguardo.
“Sono
morta.” Conclusi io per lui. Sapevo cosa stava
per dire.
“Ecco,
be’… sì.”
Sospirai,
cercando di non pensare a me che venivo
schiacciata da un gigantesco automa: “Ma se non era
Atlanta…”
“Atlante.”
Mi corresse subito, Annabeth.
“Sì,
lui. Allora, se non è stato Atlante, chi parlava?”
Chiesi.
“Non
lo so.” Rispose, di nuovo, la figlia di Atena.
Mi
accigliai, notando che era stata molto veloce a
parlare, come se fosse la frase di un copione letto a posta per non
dirmi la
verità. Probabilmente sospettava chi ci fosse dietro, ma non
me lo voleva dire.
Forse non mi voleva turbare, dato che ero appena tornata in vita.
“Ad
ogni modo, io sarò molto più tranquillo quando
saremo arrivati tutti al Campo Mezzosangue.”
Sentenziò Percy, stiracchiandosi.
Mi accorsi solo in quel momento che i biscotti blu erano destinati a
lui e che
li aveva spazzolati tutti ad una velocità supersonica. Ma
dove metteva tutta la
roba che mangiava?
“Giusto.
Dobbiamo informare Chirone.” Aggiunse Annabeth,
decisa.
Dopo
colazione i due semidei si misero degli zaini in
spalla ed io mi rivestii, prendendo la mia borsa, che avevo appoggiato
accanto
al letto, insieme al pugnale. Uscimmo dall’appartamento con
Sally che ci
augurava buona fortuna e ci dirigemmo verso il pian terreno.
“Prenderemo
un taxi per raggiungere le prossimità del
campo, ma l’ultimo tratto ce lo faremo a piedi.” Ci
raccomandò Annabeth come
una perfetta stratega. “Tenete gli occhi aperti e non
fermatevi davanti a
nulla, i mostri sono astuti e non vedono l’ora di
mangiarci.”
Annuii senza esitare. Dopo il minotauro mi sentivo
pronta ad affrontare qualsiasi cosa.
Salimmo
su una vettura gialla tutti e tre ed Annabeth
disse all’autista di fermarsi a appena entrati a Long Island.
Quello non fece
domande e mise in moto. L’abitacolo puzzava di fumo e
tabacco, tanto che
dovetti trattenermi dallo starnutire. Sul cruscotto c’erano
vari foglietti e
carta di panini e hot dog ancora sporchi di ketchup.
Percy era seduto alla mia destra, tra me ed Annabeth. Io ero
schiacciata contro
il finestrino, ma non mi dispiaceva, mi dava un senso di
libertà maggiore,
anche se era solo una sensazione.
Continuavo a lanciare occhiate all’esterno cercando di
individuare possibili mostri o pericoli. Sembrava tutto normale, ma
qualcosa mi
diceva che non sarebbe stato così facile. Istintivamente
strinsi il pugnale che
tenevo nella borsa a tracollo.
L’autista continuò a seguire la strada
già trafficata che portava fuori da New
York. A poco a poco il traffico si diradò e anche le case
divennero più
sporadiche, tanto che, quando arrivammo a destinazione, eravamo
praticamente in
un paesino formato da delle casette prefabbricate.
Percy pagò l’autista che ci salutò con
la mano e se ne andò.
“Bene…
da qui continuiamo a piedi. Il Campo non è
lontano.” Disse Annabeth, incamminandosi a passo svelto,
guardandosi intorno.
“Forza,
ci siamo.” Mi incoraggiò il suo ragazzo,
sorridendomi allegro. Sembrava l’unico di buon umore.
Li
seguii in silenzio, continuando a tenere stretto il
pugnale, sapendo che, non avendo nemmeno idee certe di come poterlo
utilizzare,
ero il membro più indifeso del gruppo. Dovevo stare attenta
più degli altri.
Procedemmo
a piedi lungo una stradina sterrata in mezzo
alla campagna. L’erba mi solleticava le gambe, nonostante
avessi i jeans. Mi
sentivo stranamente stanca, ma non volevo certo, dare segni di
cedimento.
Procedemmo fino a che Percy non si bloccò.
“Pericolo!”
Avvertì, prima di gettarsi a terra.
Una
palla di fuoco passò a due centimetri dal mio naso,
lascia domi interdetta e anche parecchio spaventata. Caddi
all’indietro,
lanciando un urletto acuto, mentre Annabeth rotolava come una
soldatessa delle
forze speciali, evitando l’attacco.
“Lestrigoni!”
Urlò, alzando un attimo la testa,
indicando un punto alla nostra sinistra.
Mi
acquattai, cercando di imitarla, almeno in parte,
mentre voltavo la testa nella direzione indicata.
Quello che vidi mi fece attorcigliare le budella.
Un gruppo di cinque creature antropomorfe si stava avvicinando a noi.
Erano
tutti alti più di due metri e avevano la pelle grigiastra.
Gli occhi iniettati
di sangue ci osservavano crudeli e i denti aguzzi mi facevano venire la
pelle
d’oca. Erano tutti armati di enormi asce bipenni che
sembravano ansiose di
tagliarci qualche arto di troppo.
“Corriamo!
Il Campo non è lontano!” Urlò Percy,
mettendo le mani in tasca per poi estrarre la famosa penna-spada che
lui
chiamava Vortice.
Sia
io che Annabeth non necessitammo di altri
incoraggiamenti e partimmo a razzo.
Ora, però, devo fare una piccola parentesi: Percy ed
Annabeth, con tutte le
loro imprese, erano molto ben addestrati a correre. Insomma, scappavano
dai
giganti, da Idre e da chissà quali altri mostri. Insomma,
non c’era da
sorprendersi se mi distanziarono subito, dato che io, essendo appena
resuscitata da un giorno, non ero altrettanto veloce.
Mi
venne subito il fiatone e le gambe iniziarono a
dolermi per la corsa. Ignorai le loro proteste e tirai avanti, cercando
di
concentrarmi sulla respirazione. Dovevo ammettere che un branco di
giganti
cannibali alle costole era un buon incentivo a fare allenamento.
“Forza,
Bianca! Ci siamo, vieni!” Urlò Percy, che si
era fermato ad aspettarmi, ai piedi di una collinetta erbosa.
Tirai
avanti, fino a che non iniziò la salita. Ormai
ero stremata. Iniziai ad arrancare ed inciampare verso
l’alto, mentre Percy mi
stava a fianco, cercando di aiutarmi. Ancora una volta dovetti
ammettere che
era ben allenato. Ecco dove bruciava tutta la roba che divorava.
Annabeth era sparita. Pensai che ci avesse abbandonati
finché non la vidi
apparire alle spalle dei lestrigoni armata con una lunga spada che
sembrava
fatta di ossa. Nell’altra mano indossava una specie di
cappello con visiera
degli Yenkees.
I mostri furono così sorpresi della sua comparsa che lei
riuscì a infilzarne
uno, mandandolo in polvere.
Gli
altri si divisero. Uno si lanciò contro di lei,
cercando di colpirla, gli altri tornarono addosso a me e Percy.
“Corri!”
Urlò lui, tirandomi su a forza. “Vai e dai
l’allarme, noi riusciremo a resistere!”
Continuai
la mia scalata, spaventata. Il cuore
martellava così forte, nella cassa toracica, che temetti di
sentire le costole
incrinarsi. Arrancai ancora verso l’alto, respirando
rumorosamente, per la
fatica a l’angoscia. Sentivo alle mie spalle il clangore
delle armi dei miei
due amici contro quelle dei mostri. Pregai qualsiasi Dio fosse in
ascolto di
farli resistere fino a che non fossero arrivati chiunque dovesse
arrivare.
Ormai
ero quasi in cima, quando inciampai malamente.
Una grossa mano mi stringeva la caviglia e le budella mi si
attorcigliarono dal
terrore, quando capii che ero stata catturata da uno di quei giganti
cannibali.
Urlai fortissimo, una serie di aiuti e preghiere che non capii bene
nemmeno io,
mentre il mostro mi schiacciava sotto il suo peso, estraendo un lungo
coltellaccio dalla cintura.
Sul suo volto deforme si disegnò un ghigno malefico, mentre
la lama si
avvicinava alla mia gola. Con le mani provai a fermarla, ma lui era
decisamente
più forte di me.
Sentii la fine avvicinarsi inesorabile.
“Ironico…” Pensai, cercando di
ricacciare le lacrime. “Sto per
morire dopo solo un giorno di rinascita.”
Silenziosa,
invocai una preghiera agli Dei, affinché,
almeno Annabeth e Percy, che si erano dimostrati così
gentili si salvassero.
Qualcuno urlò il mio nome e sentii dei passi.
Poi
accadde qualcosa di incredibile.
Il
mostro emise un grugnito dolorante. Il suo corpo si
dissolse e l’arma cadde a terra, mentre una figura si
stagliava su di me. Era
un ragazzo di circa quattordici anni .
Aveva capelli corvini ed il colorito mortalmente pallido. I suoi occhi
scuri mi
scrutavano come se fossi un fantasma.
“Aiuta…
gli altri.” Sussurrai, mentre sentivo le
palpebre farsi pesanti. Mi resi solo in quel momento che avevo sbattuto
la
testa e che stavo svenendo.
“Io…”
Iniziò lui, ma non riuscii a capire il resto,
perché, in poco tempo, i miei occhi si chiusero e caddi
nell’oblio.
[Pov
Nico.]
Quando
mi ero arrampicato oltre la collina, attirato
dall’incredibile rumore che intuivo, erano i mostri a
provocare mi aspettavo
una scena del genere, ma il mio sguardo fu subito attirato da una
ragazza a
terra, sovrastata da un gigantesco orco che sembrava avere tutta
l’intenzione
di farla fuori. Guardai in basso e vidi Annabeth e Percy che tenevano
testa ai
loro nemici, ma non sarebbero mai riusciti a salvare in tempo quella
ragazza.
Estrassi
la mia spada in Ferro Nero e mi avventai verso
il mostro che la teneva a terra, infilzandola alla schiena.
Fu
quando quello si disintegrò in polvere che riuscii a
scorgere lo chi aveva aggredito.
Il
mio cuore accelerò, mentre una valanga di emozioni
che avevo seppellito da tempo mi travolgeva. Non era possibile che
fosse
proprio lei, davanti a me. Aveva la stessa età che avrebbe
avuto se non si
fosse unita alle cacciatrici. Improvvisamente una fitta al petto mi
rese la
respirazione più difficile, quasi mi bruciassero i polmoni.
I miei occhi
pizzicarono, ma ricacciai indietro le lacrime. Avevo smesso di piangere
da
molto tempo, per lei.
Sentii
dei passi.
“Nico…?”
Era
Percy e mi guardava come se dovessi esplodere da un
momento all’altro. Cosa non del tutto falsa, dato che,
intorno a me, nel raggio
di un metro, l’erba era seccata. Le mie emozioni si stavano
spandendo creando
una specie di Aura Mortifera.
“Non
ora, Percy, dobbiamo portarla in infermeria!” Lo
bloccai, sul nascere, cercando di frenare una marea di possibili
insulti.
Perché?
Perché non mi avevano avvertito!? Perché mi
avevano escluso di nuovo? Perché hanno dubitato di nuovo di
me? Non avevo già
dimostrato di essermi pentito dei miei errori? Perché non mi
avevano avvertito
che mia sorella era rinata?
“Certo.”
Disse subito Annabeth, sollevando la ragazza
come se non pesasse niente.
Scendemmo
la collina e raggiungemmo la Casa Grande.
Passammo accanto a molti nostri amici che ci salutarono. Nessuno aveva
conosciuto Bianca così a lungo da riconoscerla alla prima
occhiata, ma le
lanciarono tutti occhiate curiose.
Io
ero semplicemente infuriato con qualunque essere
divino che mi avesse fatto quello scherzo. Cosa volevano? Era la regina
degli
spettri che mi aveva mandato un fantasma per vendicarsi di quando
eravamo
riusciti a fregarla? Oppure era qualche altra divinità che
mi aveva fatto
credere che Bianca fosse rinata per poi rapirla?
Dall’altra
mi sentii invaso da una sensazione di
nostalgia e felicità. Bianca, la mia sorellona, che
desideravo ardentemente
riavere indietro, era tornata. Magari mi avrebbe potuto accettare
ciò che ero.
Avrebbe potuto ascoltarmi, proprio come Hazel.
Hazel.
Mi
sentii in colpa, per gli Dei.
Sarebbe
venuto sicuramente a saperlo ed io non potevo
nemmeno immaginare come si sarebbe sentita. Poveretta, avrebbe pensato
di
essere solo uno scarto e che non l’avrei più
considerata. Cavolo,
che situazione. Non volevo lasciare
Bianca, non di nuovo, ma anche Hazel era mia sorella. In infermeria,
ovviamente, non ci fecero troppe domande: Da quando Calypso era
arrivata al campo il servizio medico era molto migliorato.
Fu quando arrivò Chirone che le cose si complicarono: il
centauro lanciò
immediatamente un occhiata sorpresa a Bianca e poi a me.
“Dobbiamo
parlare.” Furono le due sole parole che
disse.
Lo
seguii come un automa privo di volontà. Ero
terribilmente devastato, da ciò che avevo scoperto. Mille
pensieri mi
affollavano la mente. Osservai Percy. Quante volte lo avevo incolpato
della
morte di Bianca. Ora che me la riportavo non sapevo se ringraziarlo o
prenderlo
a calci fino a fargli perdere la voce e la sensibilità al
fondoschiena.
Ovviamente
anche lui e Annabeth furono presenti.
“Nico…
forse tu dovresti…” Provò, subito
Chirone,
muovendo nervosamente la coda.
“Potrebbe
trattarsi di mia sorella! Intendo Rimanere!”
Sbottai irritato. Ne avevo abbastanza di essere trattato come un
cucciolo di
cervo indifeso. Ero un semidio, avevo affrontato da solo il Tartaro e
avevo
anche trasportato l’Atena Parthenos dall’Europa
all’America.
“Sì….
Hai ragione, Nico, scusami. Solo che non volevo
metterti sotto pressione.” Si scusò il vecchio
centauro, annuendo comprensivo.
Sospirai,
capivo i suoi timori, ma ormai il grosso era
fatto. Il mio cervello era letteralmente imploso ed ero talmente
sommerso dai
pensieri che mi sembrava di avere un frullatore nella scatola cranica.
Continuavo a chiedermi chi avesse fatto sparire Bianca, come e
soprattutto
perché. Era per colpire me? Probabile. Ma perché
dopo tutto questo tempo?
Quando ero tornato negli inferi per farla rivivere intuii che lei aveva
scelto
la rinascita. Dopotutto non c’erano altri motivi per pensarla
diversamente. Non
avevo pensato che qualcuno avrebbe cercato di rapire un anima
dell’Elisio, per
questo avevo creduto che lei fosse rinata. A quanto pare dovevo
ricredermi.
“Allora,
Percy. Annabeth. Raccontatemi tutto dei minimi
dettagli. Come l’avete trovata?” Chiese Chirone,
strappandomi dai miei
pensieri.
“Per
la verità… è stata lei a trovare
me.” Iniziò il
figlio di Poseidone. “Lei mi ha raccontato di essersi
svegliata a Central Park,
ieri mattina, senza ricordare nulla. Guidata da sensazioni, nemmeno
voci, è
arrivata davanti alla mia scuola e mi ha salv…
ehm… aiutato contro il
Minotauro. Per sicurezza l’ho portata a casa mia.”
“Sì,
ho cercato un po’ ovunque, ma, sinceramente,
Chirone, non mi spiego la sua resurrezione. Se fosse rinata sarebbe
dovuta
rinascere come neonata. Invece ha scordato tutto, ma è
rinata con la sua età
attuale. Inoltre sembra provare sensazione, ogni volta che vede o parla
con
qualcuno di familiare.” Concluse Annabeth, rivolta al
centauro.
“Mmmmmh…
strano… ha detto altro?” Si interessò
Chirone,
lisciandosi la barba.
“Sì…
ha parlato di un sogno.” Disse Percy.
Dopo
che ebbe detto tutto ciò che Bianca aveva detto,
cadde un profondo silenzio.
“Atlante?”
Chiesi, subito, ripensando all’impresa in
cui era morta.
Rabbrividii.
Mi
sentivo come se avessi avuto un Deja Vu.
“Atlante
è intrappolato sotto la volta celeste.”
Ricordò Annabeth, carezzandosi la ciocca grigia che andava
via via svanendo.
“Non credo abbia così tanto potere da portare in
vita Bianca.”
“però
qualcuno l’ha riportata in vita. Sicuramente
qualcuno di molto potente e che può passare inosservato, se
vuole. Qualcuno che
si nasconde sul Monte Otri.” Replicò Percy,
accigliato.
“Una
cosa per volta.” Li bloccai, prima che iniziassero
a sproloquiare su presunti piani di battaglia creati a posta contro
pazzi Dei
del cielo. “La cosa più importante è:
quando si sarà ripresa, cosa facciamo?
Tutti sanno la sua storia, e saranno diffidenti.”
Tutti
e tre mi guardarono.
“Nico ha ragione…” Concesse Chirone.
“Quindi… cosa conti di fare?”
“Teoricamente
Bianca andrebbe ospitata nella Casa
Undici, in attesa che il proprio genitore divino la
riconosca.” Fece notare
Annabeth, senza troppa convinzione.
“No.”
La bloccai, senza esitare. “Nella Casa di Ermes
sarebbe sotto pressione. Troppa gente. Mi offro io, per ospitarla nella
Casa di
Ade.”
“Non
sappiamo nemmeno se è davvero
tua sorella.” Mi ricordò Chirone, accigliato.
Evidentemente temeva che una scelta del genere potesse essere
avventata. Ma
ormai avevo preso la mia decisione.
“Ma
ci somiglia… e se lo fosse davvero? Ade non la
riconoscerebbe, perché sarebbe come sbandierare davanti a
tutti gli Dei che fa
favoritismi ai suoi figli resuscitati. Già Zeus non
è stato proprio felicissimo
della resurrezione di Hazel. Ma ci è passato sopra, dato che
aveva salvato
l’Olimpo. Se dovesse accadere di nuovo si scatenerebbe il
putiferio!” Ribattei,
fermo nelle mie posizioni. In realtà speravo che la mia
vicinanza le riportasse
alla mente dei ricordi o delle sensazione. Così avrei avuto
la certezza che
fosse mia sorella.
“Nico
ha ragione… le antiche leggi sono chiare: nemmeno
lui può riportare in vita i morti. Sarebbe una violazione
terribile e, anche se
Ade non c’entra nulla, dubito che vorrebbe mettere in
pericolo i suoi figli.”
Mi appoggiò Percy, dopo un attimo. Per gli Dei, ecco uno di
quei momenti in cui
il suo altruismo mi faceva venire voglia di abbracciarlo.
Trattenni un sorriso, rendendomi conto che non potevo farlo: lui era di
Annabeth.
“D’accordo.
Nico, puoi portarla alla tua Casa, anche se non è stata
ufficialmente riconosciuta.”
Concesse, infine, Chirone.
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
[Angolo Autore]
Allora,
gente… questo capitolo è stato un parto, per
il semplice motivo che il POV di Nico non era per nulla semplice e temo
di aver
sgarrato alla grande. Il fatto è che non sono certo di aver
descritto bene le
sue emozioni. Volevo che fosse un POV molto confuso e agitato, proprio
come lo
è lui. Ricordare che lui teneva molto a Bianca, ma anche che
è molto confuso
dal fatto che, in primis, lui la credeva “Rinata.”
Poi lui ha fatto rivivere
Hazel, quindi ci sarà sicuramente attrito tra i sentimenti
che prova per le due
sorelle. Infine da notare che Bianca non è certa di essere
proprio la STESSA
Bianca di Angelo. Quindi Nico stesso è molto confuso.
Spero
di essere riuscito a descrivere bene i suoi
sentimenti. Dato che sono una ciofeca terribile -_-
Ad
ogni modo, vorrei ringraziare tutti coloro che
hanno recensito il precedente capitolo.
Graeca sempre cara e sempre bella ;)
_Littles_ Ma che belle recensioni che mi mandi :D
Farkas Auuuuuuuuuuuu! Anche a te, e grazie ancora ^_^
Silvia_Fangirl, grazie per continuare a seguire e recensire. J