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Autore: AxXx    27/05/2014    4 recensioni
Sono passati molti mesi dalla guerra contro Gea. I sette eroi della profezia sono tornati tutti a casa e i due Campi sono riuniti sotto l'insegna della pace.
Tutto sembra tornato alla normalità, ma un fantasma del passato tornerà a spaventare i nostri eroi, rischiando di sconvolgere la pace appena ritrovata. L'ombra del più antico degli Dei si staglia minacciosa sui campi, scatenando una nuova guerra.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bianca di Angelo, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Bianca/Nico - Dolori di un passato lontano

 

 

 

[Pov Bianca]

“Buongiorno, Bianca.” Mi salutò Sally Jackson, mentre metteva in pancake sul tavolo insieme a diverse tazze di latte fumanti accompagnate da biscotti e brioche varie.
Sicuramente molte erano state messe a posta per i figlio, ma non mi lamentai affatto. La tavola era imbandita e il profumino era davvero delizioso. Mi faceva venire l’acquolina in bocca.

“Buongiorno, signora Jackson. Ha dormito bene?” Chiesi, educatamente, sedendomi a tavola, afferrando una tazza. Per poco non mi scottai. Dovevo assolutamente riprendermi e avere un minimo di vita normale.

“Io sono stata benissimo… tu, invece? Hai gli occhi rossi, non hai dormito?” Chiese, scrutandomi con attenzione.

Arrossii. Ero davvero così trasparente?

“Ho avuto un incubo.” Ammisi, quasi sussurrando. “Ma vorrei parlarne con suo figlio.”

Lei sembrò intuire qualcosa e non indagò. Si limitò ad annuire tornando alle sue faccende. Notai che stava preparando una specie di panna azzurra che spalmava sui biscotti. Mi chiesi come facesse a farla, quali fossero gli ingredienti e come fosse il sapore. Mentre mangiavo inzuppando piano i biscotti nel latte, entrarono anche Percy ed Annabeth. Si tenevano per mano e sembravano davvero una coppia delle favole. Dovevano averne passate tante per essere così legati.

“Buongiorno, Bianca. Come ti senti?” Mi chiese la figlia di Atena, sedendosi accanto a me, sorridendomi rassicurante.

“Abbastanza bene. Almeno rispetto a ieri, solo che… ho fatto un sogno strano.” Risposi, senza troppi preamboli. Non avevo motivi per nascondere loro la verità.

“Un sogno?” Chiese Percy rabbuiandosi di colpo. Sembrava preoccupato, come se avessi detto qualcosa di molto pericoloso.

“Sì… perché?”

“I sogni… non sono proprio i migliori amici dei semidei. Di solito non fanno altro che prevedere morti e mostrarci le parti peggiori del nostro futuro.” Spiegò il ragazzo sempre più accigliato. Doveva averne avuti tanti, perché il suo sguardo luminoso sembrò spegnersi.

“Non possiamo dirlo, Percy… che ne dici di raccontarci quello che hai visto?” Propose Annabeth, cercando di mantenere un tono leggero. Intuii, però, che anche lei era in ansia.

“D’accordo.” Dissi, cercando di non farmi contagiare dal loro pessimismo.

Gli raccontai, così, dell’antico palazzo greco, dell’uomo intrappolato sotto la strana colonna grigia che sembrava fatta di nuvole, della voce profonda e tonante che riverberava intorno a me e delle minacce sui ‘quattro’. Per tutto il tempo i due semidei mi guardarono preoccupati, accigliandosi più volte. Non riuscivo a capire cosa provassero, ma sembravano a disagio.

“Hai visto Atlante.” Spiegò, alla fine, Annabeth, dopo che ebbi finito il mio racconto.

“Chi?”

“Atlante… è un titano noto per essere fortissimo. Si schierò con Crono in entrambe le guerre dei Titani. Egli è maledetto ed è costretto a sostenere il Cielo… A meno che qualcuno non prenda volontariamente il suo posto.”

Mi accorsi che, mentre stava spiegando, sia lei che Percy si accarezzarono i capelli e notai quella che sembrava una ciocca bianca, tra i biondi capelli della semidea.

“Quindi… era lui a parlare?” Chiesi.

“Non credo. Atlante è là sotto da molto…” Rispose Annabeth.

“Già… fu proprio durante quella missione che…” Aggiunse Percy, per poi interrompersi di botto, diventando rosso e abbassando lo sguardo.

“Sono morta.” Conclusi io per lui. Sapevo cosa stava per dire.

“Ecco, be’… sì.”

Sospirai, cercando di non pensare a me che venivo schiacciata da un gigantesco automa: “Ma se non era Atlanta…”

“Atlante.” Mi corresse subito, Annabeth.

“Sì, lui. Allora, se non è stato Atlante, chi parlava?” Chiesi.

“Non lo so.” Rispose, di nuovo, la figlia di Atena.

Mi accigliai, notando che era stata molto veloce a parlare, come se fosse la frase di un copione letto a posta per non dirmi la verità. Probabilmente sospettava chi ci fosse dietro, ma non me lo voleva dire. Forse non mi voleva turbare, dato che ero appena tornata in vita.

“Ad ogni modo, io sarò molto più tranquillo quando saremo arrivati tutti al Campo Mezzosangue.” Sentenziò Percy, stiracchiandosi. Mi accorsi solo in quel momento che i biscotti blu erano destinati a lui e che li aveva spazzolati tutti ad una velocità supersonica. Ma dove metteva tutta la roba che mangiava?

“Giusto. Dobbiamo informare Chirone.” Aggiunse Annabeth, decisa.

Dopo colazione i due semidei si misero degli zaini in spalla ed io mi rivestii, prendendo la mia borsa, che avevo appoggiato accanto al letto, insieme al pugnale. Uscimmo dall’appartamento con Sally che ci augurava buona fortuna e ci dirigemmo verso il pian terreno.

“Prenderemo un taxi per raggiungere le prossimità del campo, ma l’ultimo tratto ce lo faremo a piedi.” Ci raccomandò Annabeth come una perfetta stratega. “Tenete gli occhi aperti e non fermatevi davanti a nulla, i mostri sono astuti e non vedono l’ora di mangiarci.”
Annuii senza esitare. Dopo il minotauro mi sentivo pronta ad affrontare qualsiasi cosa.

Salimmo su una vettura gialla tutti e tre ed Annabeth disse all’autista di fermarsi a appena entrati a Long Island. Quello non fece domande e mise in moto. L’abitacolo puzzava di fumo e tabacco, tanto che dovetti trattenermi dallo starnutire. Sul cruscotto c’erano vari foglietti e carta di panini e hot dog ancora sporchi di ketchup.
Percy era seduto alla mia destra, tra me ed Annabeth. Io ero schiacciata contro il finestrino, ma non mi dispiaceva, mi dava un senso di libertà maggiore, anche se era solo una sensazione.
Continuavo a lanciare occhiate all’esterno cercando di individuare possibili mostri o pericoli. Sembrava tutto normale, ma qualcosa mi diceva che non sarebbe stato così facile. Istintivamente strinsi il pugnale che tenevo nella borsa a tracollo.
L’autista continuò a seguire la strada già trafficata che portava fuori da New York. A poco a poco il traffico si diradò e anche le case divennero più sporadiche, tanto che, quando arrivammo a destinazione, eravamo praticamente in un paesino formato da delle casette prefabbricate.
Percy pagò l’autista che ci salutò con la mano e se ne andò.

“Bene… da qui continuiamo a piedi. Il Campo non è lontano.” Disse Annabeth, incamminandosi a passo svelto, guardandosi intorno.

“Forza, ci siamo.” Mi incoraggiò il suo ragazzo, sorridendomi allegro. Sembrava l’unico di buon umore.

Li seguii in silenzio, continuando a tenere stretto il pugnale, sapendo che, non avendo nemmeno idee certe di come poterlo utilizzare, ero il membro più indifeso del gruppo. Dovevo stare attenta più degli altri.

Procedemmo a piedi lungo una stradina sterrata in mezzo alla campagna. L’erba mi solleticava le gambe, nonostante avessi i jeans. Mi sentivo stranamente stanca, ma non volevo certo, dare segni di cedimento. Procedemmo fino a che Percy non si bloccò.

“Pericolo!” Avvertì, prima di gettarsi a terra.

Una palla di fuoco passò a due centimetri dal mio naso, lascia domi interdetta e anche parecchio spaventata. Caddi all’indietro, lanciando un urletto acuto, mentre Annabeth rotolava come una soldatessa delle forze speciali, evitando l’attacco.

“Lestrigoni!” Urlò, alzando un attimo la testa, indicando un punto alla nostra sinistra.

Mi acquattai, cercando di imitarla, almeno in parte, mentre voltavo la testa nella direzione indicata.
Quello che vidi mi fece attorcigliare le budella.
Un gruppo di cinque creature antropomorfe si stava avvicinando a noi. Erano tutti alti più di due metri e avevano la pelle grigiastra. Gli occhi iniettati di sangue ci osservavano crudeli e i denti aguzzi mi facevano venire la pelle d’oca. Erano tutti armati di enormi asce bipenni che sembravano ansiose di tagliarci qualche arto di troppo.

“Corriamo! Il Campo non è lontano!” Urlò Percy, mettendo le mani in tasca per poi estrarre la famosa penna-spada che lui chiamava Vortice.

Sia io che Annabeth non necessitammo di altri incoraggiamenti e partimmo a razzo.
Ora, però, devo fare una piccola parentesi: Percy ed Annabeth, con tutte le loro imprese, erano molto ben addestrati a correre. Insomma, scappavano dai giganti, da Idre e da chissà quali altri mostri. Insomma, non c’era da sorprendersi se mi distanziarono subito, dato che io, essendo appena resuscitata da un giorno, non ero altrettanto veloce.

Mi venne subito il fiatone e le gambe iniziarono a dolermi per la corsa. Ignorai le loro proteste e tirai avanti, cercando di concentrarmi sulla respirazione. Dovevo ammettere che un branco di giganti cannibali alle costole era un buon incentivo a fare allenamento.

“Forza, Bianca! Ci siamo, vieni!” Urlò Percy, che si era fermato ad aspettarmi, ai piedi di una collinetta erbosa.

Tirai avanti, fino a che non iniziò la salita. Ormai ero stremata. Iniziai ad arrancare ed inciampare verso l’alto, mentre Percy mi stava a fianco, cercando di aiutarmi. Ancora una volta dovetti ammettere che era ben allenato. Ecco dove bruciava tutta la roba che divorava.
Annabeth era sparita. Pensai che ci avesse abbandonati finché non la vidi apparire alle spalle dei lestrigoni armata con una lunga spada che sembrava fatta di ossa. Nell’altra mano indossava una specie di cappello con visiera degli Yenkees.
I mostri furono così sorpresi della sua comparsa che lei riuscì a infilzarne uno, mandandolo in polvere.

Gli altri si divisero. Uno si lanciò contro di lei, cercando di colpirla, gli altri tornarono addosso a me e Percy.

“Corri!” Urlò lui, tirandomi su a forza. “Vai e dai l’allarme, noi riusciremo a resistere!”

Continuai la mia scalata, spaventata. Il cuore martellava così forte, nella cassa toracica, che temetti di sentire le costole incrinarsi. Arrancai ancora verso l’alto, respirando rumorosamente, per la fatica a l’angoscia. Sentivo alle mie spalle il clangore delle armi dei miei due amici contro quelle dei mostri. Pregai qualsiasi Dio fosse in ascolto di farli resistere fino a che non fossero arrivati chiunque dovesse arrivare.

Ormai ero quasi in cima, quando inciampai malamente. Una grossa mano mi stringeva la caviglia e le budella mi si attorcigliarono dal terrore, quando capii che ero stata catturata da uno di quei giganti cannibali.
Urlai fortissimo, una serie di aiuti e preghiere che non capii bene nemmeno io, mentre il mostro mi schiacciava sotto il suo peso, estraendo un lungo coltellaccio dalla cintura.
Sul suo volto deforme si disegnò un ghigno malefico, mentre la lama si avvicinava alla mia gola. Con le mani provai a fermarla, ma lui era decisamente più forte di me.
Sentii la fine avvicinarsi inesorabile.
“Ironico…”
Pensai, cercando di ricacciare le lacrime. “Sto per morire dopo solo un giorno di rinascita.”

Silenziosa, invocai una preghiera agli Dei, affinché, almeno Annabeth e Percy, che si erano dimostrati così gentili si salvassero. Qualcuno urlò il mio nome e sentii dei passi.

Poi accadde qualcosa di incredibile.

Il mostro emise un grugnito dolorante. Il suo corpo si dissolse e l’arma cadde a terra, mentre una figura si stagliava su di me.  Era un ragazzo di circa quattordici anni . Aveva capelli corvini ed il colorito mortalmente pallido. I suoi occhi scuri mi scrutavano come se fossi un fantasma.

“Aiuta… gli altri.” Sussurrai, mentre sentivo le palpebre farsi pesanti. Mi resi solo in quel momento che avevo sbattuto la testa e che stavo svenendo.

“Io…” Iniziò lui, ma non riuscii a capire il resto, perché, in poco tempo, i miei occhi si chiusero e caddi nell’oblio.

 

 

 

 

[Pov Nico.]

Quando mi ero arrampicato oltre la collina, attirato dall’incredibile rumore che intuivo, erano i mostri a provocare mi aspettavo una scena del genere, ma il mio sguardo fu subito attirato da una ragazza a terra, sovrastata da un gigantesco orco che sembrava avere tutta l’intenzione di farla fuori. Guardai in basso e vidi Annabeth e Percy che tenevano testa ai loro nemici, ma non sarebbero mai riusciti a salvare in tempo quella ragazza.

Estrassi la mia spada in Ferro Nero e mi avventai verso il mostro che la teneva a terra, infilzandola alla schiena.

Fu quando quello si disintegrò in polvere che riuscii a scorgere lo chi aveva aggredito.

Il mio cuore accelerò, mentre una valanga di emozioni che avevo seppellito da tempo mi travolgeva. Non era possibile che fosse proprio lei, davanti a me. Aveva la stessa età che avrebbe avuto se non si fosse unita alle cacciatrici. Improvvisamente una fitta al petto mi rese la respirazione più difficile, quasi mi bruciassero i polmoni. I miei occhi pizzicarono, ma ricacciai indietro le lacrime. Avevo smesso di piangere da molto tempo, per lei.

Sentii dei passi.

“Nico…?”

Era Percy e mi guardava come se dovessi esplodere da un momento all’altro. Cosa non del tutto falsa, dato che, intorno a me, nel raggio di un metro, l’erba era seccata. Le mie emozioni si stavano spandendo creando una specie di Aura Mortifera.

“Non ora, Percy, dobbiamo portarla in infermeria!” Lo bloccai, sul nascere, cercando di frenare una marea di possibili insulti.

Perché? Perché non mi avevano avvertito!? Perché mi avevano escluso di nuovo? Perché hanno dubitato di nuovo di me? Non avevo già dimostrato di essermi pentito dei miei errori? Perché non mi avevano avvertito che mia sorella era rinata?

“Certo.” Disse subito Annabeth, sollevando la ragazza come se non pesasse niente.

Scendemmo la collina e raggiungemmo la Casa Grande. Passammo accanto a molti nostri amici che ci salutarono. Nessuno aveva conosciuto Bianca così a lungo da riconoscerla alla prima occhiata, ma le lanciarono tutti occhiate curiose.

Io ero semplicemente infuriato con qualunque essere divino che mi avesse fatto quello scherzo. Cosa volevano? Era la regina degli spettri che mi aveva mandato un fantasma per vendicarsi di quando eravamo riusciti a fregarla? Oppure era qualche altra divinità che mi aveva fatto credere che Bianca fosse rinata per poi rapirla?

Dall’altra mi sentii invaso da una sensazione di nostalgia e felicità. Bianca, la mia sorellona, che desideravo ardentemente riavere indietro, era tornata. Magari mi avrebbe potuto accettare ciò che ero. Avrebbe potuto ascoltarmi, proprio come Hazel.

Hazel.

Mi sentii in colpa, per gli Dei.

Sarebbe venuto sicuramente a saperlo ed io non potevo nemmeno immaginare come si sarebbe sentita. Poveretta, avrebbe pensato di essere solo uno scarto e che non l’avrei più considerata.  Cavolo, che situazione. Non volevo lasciare Bianca, non di nuovo, ma anche Hazel era mia sorella. In infermeria, ovviamente, non ci fecero troppe domande: Da quando Calypso era arrivata al campo il servizio medico era molto migliorato.
Fu quando arrivò Chirone che le cose si complicarono: il centauro lanciò immediatamente un occhiata sorpresa a Bianca e poi a me.

“Dobbiamo parlare.” Furono le due sole parole che disse.

Lo seguii come un automa privo di volontà. Ero terribilmente devastato, da ciò che avevo scoperto. Mille pensieri mi affollavano la mente. Osservai Percy. Quante volte lo avevo incolpato della morte di Bianca. Ora che me la riportavo non sapevo se ringraziarlo o prenderlo a calci fino a fargli perdere la voce e la sensibilità al fondoschiena.

Ovviamente anche lui e Annabeth furono presenti.

“Nico… forse tu dovresti…” Provò, subito Chirone, muovendo nervosamente la coda.

“Potrebbe trattarsi di mia sorella! Intendo Rimanere!” Sbottai irritato. Ne avevo abbastanza di essere trattato come un cucciolo di cervo indifeso. Ero un semidio, avevo affrontato da solo il Tartaro e avevo anche trasportato l’Atena Parthenos dall’Europa all’America.

“Sì…. Hai ragione, Nico, scusami. Solo che non volevo metterti sotto pressione.” Si scusò il vecchio centauro, annuendo comprensivo.

Sospirai, capivo i suoi timori, ma ormai il grosso era fatto. Il mio cervello era letteralmente imploso ed ero talmente sommerso dai pensieri che mi sembrava di avere un frullatore nella scatola cranica. Continuavo a chiedermi chi avesse fatto sparire Bianca, come e soprattutto perché. Era per colpire me? Probabile. Ma perché dopo tutto questo tempo? Quando ero tornato negli inferi per farla rivivere intuii che lei aveva scelto la rinascita. Dopotutto non c’erano altri motivi per pensarla diversamente. Non avevo pensato che qualcuno avrebbe cercato di rapire un anima dell’Elisio, per questo avevo creduto che lei fosse rinata. A quanto pare dovevo ricredermi.

“Allora, Percy. Annabeth. Raccontatemi tutto dei minimi dettagli. Come l’avete trovata?” Chiese Chirone, strappandomi dai miei pensieri.

“Per la verità… è stata lei a trovare me.” Iniziò il figlio di Poseidone. “Lei mi ha raccontato di essersi svegliata a Central Park, ieri mattina, senza ricordare nulla. Guidata da sensazioni, nemmeno voci, è arrivata davanti alla mia scuola e mi ha salv… ehm… aiutato contro il Minotauro. Per sicurezza l’ho portata a casa mia.”

“Sì, ho cercato un po’ ovunque, ma, sinceramente, Chirone, non mi spiego la sua resurrezione. Se fosse rinata sarebbe dovuta rinascere come neonata. Invece ha scordato tutto, ma è rinata con la sua età attuale. Inoltre sembra provare sensazione, ogni volta che vede o parla con qualcuno di familiare.” Concluse Annabeth, rivolta al centauro.

“Mmmmmh… strano… ha detto altro?” Si interessò Chirone, lisciandosi la barba.

“Sì… ha parlato di un sogno.” Disse Percy.

Dopo che ebbe detto tutto ciò che Bianca aveva detto, cadde un profondo silenzio.

“Atlante?” Chiesi, subito, ripensando all’impresa in cui era morta.

Rabbrividii.

Mi sentivo come se avessi avuto un Deja Vu.

“Atlante è intrappolato sotto la volta celeste.” Ricordò Annabeth, carezzandosi la ciocca grigia che andava via via svanendo. “Non credo abbia così tanto potere da portare in vita Bianca.”

“però qualcuno l’ha riportata in vita. Sicuramente qualcuno di molto potente e che può passare inosservato, se vuole. Qualcuno che si nasconde sul Monte Otri.” Replicò Percy, accigliato.

“Una cosa per volta.” Li bloccai, prima che iniziassero a sproloquiare su presunti piani di battaglia creati a posta contro pazzi Dei del cielo. “La cosa più importante è: quando si sarà ripresa, cosa facciamo? Tutti sanno la sua storia, e saranno diffidenti.”

Tutti e tre mi guardarono.
“Nico ha ragione…” Concesse Chirone. “Quindi… cosa conti di fare?”

“Teoricamente Bianca andrebbe ospitata nella Casa Undici, in attesa che il proprio genitore divino la riconosca.” Fece notare Annabeth, senza troppa convinzione.

“No.” La bloccai, senza esitare. “Nella Casa di Ermes sarebbe sotto pressione. Troppa gente. Mi offro io, per ospitarla nella Casa di Ade.”

“Non sappiamo nemmeno se è davvero tua sorella.” Mi ricordò Chirone, accigliato. Evidentemente temeva che una scelta del genere potesse essere avventata. Ma ormai avevo preso la mia decisione.

“Ma ci somiglia… e se lo fosse davvero? Ade non la riconoscerebbe, perché sarebbe come sbandierare davanti a tutti gli Dei che fa favoritismi ai suoi figli resuscitati. Già Zeus non è stato proprio felicissimo della resurrezione di Hazel. Ma ci è passato sopra, dato che aveva salvato l’Olimpo. Se dovesse accadere di nuovo si scatenerebbe il putiferio!” Ribattei, fermo nelle mie posizioni. In realtà speravo che la mia vicinanza le riportasse alla mente dei ricordi o delle sensazione. Così avrei avuto la certezza che fosse mia sorella.

“Nico ha ragione… le antiche leggi sono chiare: nemmeno lui può riportare in vita i morti. Sarebbe una violazione terribile e, anche se Ade non c’entra nulla, dubito che vorrebbe mettere in pericolo i suoi figli.” Mi appoggiò Percy, dopo un attimo. Per gli Dei, ecco uno di quei momenti in cui il suo altruismo mi faceva venire voglia di abbracciarlo.
Trattenni un sorriso, rendendomi conto che non potevo farlo: lui era di Annabeth.

“D’accordo. Nico, puoi portarla alla tua Casa, anche se non è stata ufficialmente riconosciuta.” Concesse, infine, Chirone.

 

 

 

 

 

 

 

 

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[Angolo Autore]

Allora, gente… questo capitolo è stato un parto, per il semplice motivo che il POV di Nico non era per nulla semplice e temo di aver sgarrato alla grande. Il fatto è che non sono certo di aver descritto bene le sue emozioni. Volevo che fosse un POV molto confuso e agitato, proprio come lo è lui. Ricordare che lui teneva molto a Bianca, ma anche che è molto confuso dal fatto che, in primis, lui la credeva “Rinata.” Poi lui ha fatto rivivere Hazel, quindi ci sarà sicuramente attrito tra i sentimenti che prova per le due sorelle. Infine da notare che Bianca non è certa di essere proprio la STESSA Bianca di Angelo. Quindi Nico stesso è molto confuso.

Spero di essere riuscito a descrivere bene i suoi sentimenti. Dato che sono una ciofeca terribile -_-

Ad ogni modo, vorrei ringraziare tutti coloro che hanno recensito il precedente capitolo.
Graeca sempre cara e sempre bella ;)
_Littles_ Ma che belle recensioni che mi mandi :D
Farkas Auuuuuuuuuuuu! Anche a te, e grazie ancora ^_^
Silvia_Fangirl, grazie per continuare a seguire e recensire.
J

 

  
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