WARNING:In questo capitolo ci sono parole normalmente sconosciute nel mondo delle FF, che si incontrano spesso nell'Omegaverse.
Quindi ecco a voi un piccolo vocabolario del mondo Omega:
"Scenting": Uno dei passi fondamentali per instaurare un Legame fra un' Omega e un'Alpha Non Legati. L'Omega scopre il collo privo di segni verso l'Alpha mostrando il proprio interesse e dando così il proprio benestare all'Unione.
Nel caso di una coppia Legata, si usa il scenting quando una coppia è stata lontana molto tempo oppure a contatto con molti Alpha, o in casi estremi quando ci si ritrova in situazioni di pericolo o di stress.
"Frenesia": Legato in parte al "scenting". Quando una coppia di A/O si ritrova in una situazione come quella che stanno vivendo Sherlock e John, l'odore di Sherlock avrà soltanto un vago ricordo dell'odore del proprio Alpha; in questo caso, altri Alpha potrebbero cercare di fare le proprie avances all'Omega per allontanarla dall'Alpha.
Se in quelle occasioni l'Alpha è nei paraggi i propri istinti prendono il sopravvento, scatenando una "frenesia" che se non controllata in tempo lo potrebbe portare a sfidare gli "avversari" per dimostrare la propria superiorità ed i propri privilegi nei riguardi dell'Omega.
Detto questo, spero di esservi stata di aiuto e vi auguro buona lettura! A dopo...
“It's
a hard life
To be
true lovers together
To love
and live forever in each other’s hearts
It's a
long hard fight
To learn
to care for each other
To trust
in one another right from the start
When
you're in love”
L’anno
seguente la morte di Cynthia Watson fu il più difficile per
John.
Neanche
una settimana dall’episodio del salice piangente si svolsero i funerali a cui tutta la famiglia Holmes
partecipò in segno di rispetto e di affetto.
Prima
che la cerimonia iniziasse Sherlock aveva provato a sedersi accanto a John per
mostrargli il proprio sostegno, ma suo padre lo aveva ripreso e costretto a
sedersi due panche indietro, lasciando così John da solo con il suo
dolore.
Nelle
settimane e nei mesi successivi, la vita di Sherlock era ritornata sui soliti
binari fatta di noiose ed inutili lezioni durante la settimana e due
meravigliosi giorni in cui John arrivava al Manor per stare con lui.
L’Omega
però era sempre distante, quasi costantemente distratto e soggetto a cambiamenti
d’umore repentini che lo portavano a sfogare la propria rabbia sul primo oggetto
che gli capitava fra le mani e, una volta liberatosi dal livore, afflosciarsi
neanche un sacco vuoto sul pavimento, completamente privo di forze, gli occhi
blu oceano pieni di lacrime.
Sherlock
non era mai stato un ragazzo capace di empatia ed ora che a undici anni e mezzo
si ritrovava quasi quotidianamente a combattere con emozioni o comportamenti che
non riusciva a comprendere e che lo confondevano si rendeva conto di essere
completamente impreparato ad affrontare situazioni
simili.
Gli
avevano sempre insegnato a controllare le proprie emozioni, fin dalla tenera
età, rendendolo consapevole che queste potevano essere delle “armi” usate contro
di lui, e venire a contatto con la chiara sofferenza di John lo destabilizzava,
dimostrandogli per la prima volta quanto fosse incapace nel suo ruolo di
Alpha.
John
stava soffrendo. Possibile che lui, il suo Alpha, la prima persona a cui John si
rivolgeva per avere conforto, non era in grado di far nulla per alleviare quel
dolore?
Malgrado
le sue insicurezze però, John sembrava sereno ogni volta che erano insieme:
quella rabbia che lo accompagnava da mesi sembrava quietarsi portando il ragazzo
a rilassarsi completamente e a godere della compagnia del proprio Alpha, anche
soltanto restando in silenzio e osservandolo immerso nei propri esperimenti
spronandolo così ad esporgli i propri pensieri o considerazioni sull’esperimento
arrivando qualche volta a prendere appunti su un piccolo taccuino, o nei suoi
esercizi al violino, sereno come poche volte in quei lunghi
mesi.
Il
giorno del tredicesimo compleanno di John, il 31 Marzo, il giovane Omega,
contrariamente agli anni passati, aveva categoricamente vietato alla propria
famiglia e agli Holmes di organizzare una festa.
John
si sarebbe trovato al Manor durante il suo compleanno e Sherlock era deciso a
rispettare la sua volontà ma allo stesso tempo era incapace di mettere a tacere
la voce Alpha nel suo cervello che lo obbligava a fare qualcosa per rasserenare
John e per dimostrargli quanto fosse apprezzato.
Aveva
pensato a lungo ad un possibile espediente per “raggirare” John e raggiungere il
proprio obiettivo senza rischiare di incorrere nell’ira del ragazzo e alla fine
aveva trovato una soluzione.
L’unica
soluzione che lo avrebbe soddisfatto senza però venire incontro alla volontà di
John.
-Voglio
fare un esperimento-
Erano
nella sua camera da letto, la pioggia battente che scrosciava sui vetri delle
finestre ed impediva loro di avventurarsi in giardino.
John
fino a quel momento aveva concentrato la sua attenzione sul libro che aveva fra
le mani, lasciando spazio a Sherlock per i propri esercizi di musica, ma quando
sentì la voce del giovane e l’improvvisa interruzione della sinfonia alzò lo
sguardo sul volto dell’Alpha, aggrottando leggermente la
fronte.
-Ok.
Che tipo di esperimento?-gli domandò con cauta
curiosità.
Non
era certo la prima volta che Sherlock esclamava quella frase, e sicuramente non
era la prima occasione in cui un piano apparentemente semplice comportava
inaspettate sorprese o effetti collaterali.
Sherlock
ripose il proprio violino ed archetto nella custodia con cura per poi
avvicinarsi a John, lasciandosi cadere sul letto accanto al
ragazzo.
-Voglio
che tu mi baci-gli disse fissando il volto dell’Omega.
John
alzò le spalle, mettendo da parte il proprio libro.
-Va
bene. Avresti potuto semplicemente chiedere-commentò con voce serena, l’accenno
di un sorriso sulle labbra.
L’attimo
dopo si avvicinò a Sherlock, posando un bacio veloce sulla guancia destra del
ragazzo, allontanandosi l’istante successivo.
-Che
te ne pare?-gli domandò incontrando i suoi occhi.
Sherlock
alzò gli occhi al cielo, trattenendo a stento un sospiro
frustrato.
-Noioso.
Non è questo quello che ti ho chiesto-mugugnò.
La
fronte di John tornò a corrucciarsi ed il suo volto mostrò un’inaspettata
insicurezza alle parole dell’amico.
-Voglio
un bacio vero-gli spiegò Sherlock.
-Cosa?-esclamò
John incredulo, incapace di nascondere lo stupore che si dipinse chiaramente sul
suo volto.
Sherlock
incrociò le gambe sotto di sé, cercando di contenere in pochi gesti l’energia
nervosa che sembrava essersi impadronita di lui e tornò a fissare
l’Omega.
-Non
capisco perché ti stupisci tanto-disse con voce calma.
-Forse
perché è la prima volta che mi chiedi un bacio?-domandò a sua volta
John.
Questa
volta Sherlock lasciò andare il respiro frustrato che aveva trattenuto tanto a
lungo.
-Dovremmo
pur cominciare da qualche parte…-commentò il moro.
John
inarcò un sopracciglio.
-Stai
dicendo sul serio?-
-Certo
che sì! Non voglio arrivare al tuo primo Estro senza avere la più pallida idea
di cosa fare.
Il
bacio è il primo passo verso il processo che dovremmo affrontare insieme e
considerato che ci sono procedimenti più complicati di questo…-spiegò ampiamente
Sherlock.
John
annuì velocemente cercando di interrompere quel fiume di
parole.
-Penso
che possiamo saltarli per il momento, non credi anche tu?-gli disse, mentre un
lieve rossore si dipingeva sulle guance del biondo.
-Va
bene…Ma devi ammettere che la mia richiesta non è per niente assurda-ribatté
ancora Sherlock.
John
scosse la testa.
-No,
direi di no…Come hai detto anche tu, dovremo pur cominciare da qualche
parte-
Un
sorriso vittorioso apparve sulle labbra dell’Alpha.
Era
sempre sorprendente vedere come John decidesse di affidarsi a lui, come si
fidasse completamente di lui, anche se in passato aveva avuto delle
dimostrazioni che il più delle volte non era la scelta più
saggia.
-Eh
va bene-concesse alla fine John-Da dove cominciamo?-
-Ho
fatto qualche ricerca…-iniziò.
John
ridacchiò, coprendo subito la bocca con una mano quasi si
vergognasse.
-Scusa…Perché
non ne sono sorpreso?-lo punzecchiò.
Sherlock
lo fissò con per qualche istante pronto a ribattere prima di scuotere la testa e
sostenere lo sguardo del biondo in silenzio.
-Mi
lasceresti…-domandò.
Perché
accidenti si sentiva in imbarazzo ora?
Non
era mai in imbarazzo con John, neanche quando parlavano del loro futuro come
coppia! Quella era la prima volta in cui si sentiva a disagio con John e la cosa
non gli piaceva per niente.
Fortunatamente
John gli venne in soccorso, scoccandogli quel sorriso rassicurante ed affettuoso
e annuendo impercettibilmente.
Con
una lentezza che non gli si addiceva affatto Sherlock si avvicinò a John finché
i loro volto furono ad una minima distanza l’uno dall’altro e quando i loro
sguardi si incontrarono, annullò lo spazio fra di loro con un movimento veloce
facendo incontrare le loro labbra con un gesto impercettibile provocando uno
schiocco che risuonò nella stanza silenziosa.
Il
moro ritornò nella sua posizione originale, la distanza fra i loro corpi
nuovamente ristabilita, lo sguardo impegnato a carpire ogni più piccola ed
insignificante informazione.
-Come
è andata?-domandò qualche secondo dopo.
John
alzò le spalle.
-Come
se fosse stata mia zia a baciarmi-rispose timidamente il
ragazzo.
Questa
volta toccò all’Alpha aggrottare la fronte, sinceramente
confuso.
-Da
quando tua zia ti bacia sulle labbra?-gli chiese.
John
alzò gli occhi al cielo e scosse la testa.
-E’
un modo di dire Sherlock!
E’
stato un bacio molto gentile e breve…Non l’ho quasi sentito-commentò
considerando brevemente le proprie sensazioni.
Dalle
informazioni che aveva raccolto durante la sua ricerca, Sherlock era giunto alla
conclusione che l’unione delle labbra di due persone innamorate poteva essere
un’esperienza davvero piacevole, al punto da voler essere ripetuta più volte di
seguito.
Ma
se doveva essere sincero con sé stesso, Sherlock non aveva avuto il tempo di
raccogliere informazioni vista la brevità del gesto, e se avesse dovuto prendere
una decisione basandosi soltanto su quel test allora avrebbe cancellato i baci
dal suo Palazzo Mentale considerandoli irrilevanti.
-Mh…Forse
dovremmo provare di nuovo?-domandò incerto.
John
annuì.
-Forse
questa volta dovrebbe durare un po’ di più-propose John insicuro quasi quanto
lui.
Ancora
una volta la fronte di Sherlock si aggrottò, mostrando la propria
confusione.
-Quanto
dovrebbe essere lungo?-gli chiese, la curiosità scientifica che faceva capolino
nella sua voce.
John
si passò una mano alla base del collo e abbassò lo
sguardo.
-Non
lo so…Vuoi cronometrarlo?-
-Ottima
idea John!-esclamò entusiasta Sherlock.
-Stavo
scherzando Sherlock!-ribatté prontamente il biondo riportando lo sguardo
sull’amico.
L’Alpha
sbuffò, sinceramente seccato per aver perso un’opportunità così ricca di
dati.
-Va
bene…Allora diciamo 30 secondi.
E
cerca di seguire le mie labbra questa volta-aggiunse prima di avvicinarsi
nuovamente a John.
Il
biondo annuì.
Questa
volta si accorsero entrambi che il bacio era diverso: fu più lungo, forse anche
più dei 30 secondi che avevano stabilito, le labbra sottili di John si
incastrarono quasi perfettamente con quelle morbide e gonfie di Sherlock
seguendo i movimenti accennati e goffi dell’Alpha e quando finalmente si
separarono un sorriso imbarazzato apparve sulle labbra di
John.
-Questo
era decisamente un bacio vero-mormorò John, quasi avesse paura di farsi sentire
da qualcun altro oltre a Sherlock.
L’Alpha
sorrise sinceramente felice del risultato ottenuto.
-Sei
soddisfatto?-domandò John, un adorabile rossore sulle
guance.
-Non
lo so.
E’
stato meglio del primo, questo è certo, ma nelle mie ricerche ho letto che
qualche volta si usa anche la lingua-disse il moro.
-Per
cosa?-chiese leggermente confuso John.
-Una
persona spinge la lingua nella bocca dell’altro-spiegò brevemente
Sherlock.
-Poi
che succede?-
Sherlock
alzò le spalle.
-Non
ne ho idea.
La
mia ricerca non ha prodotto risposte utili al riguardo-commentò leggermente
seccato di non avere una risposta esaustiva.
John
ridacchiò leggermente, consapevole di quanto l’Alpha odiasse essere all’oscuro
di qualcosa.
-Sembra
un po’ violento…-commentò.
-Da
quanto ho letto alla gente piace-rispose sinceramente sorpreso
Sherlock.
John
annuì.
-Mh…Vogliamo
provare?-gli domandò incerto l’altro.
-A
te va?-
-In
nome della scienza, giusto?-gli ricordò con un sorriso
John.
Sherlock
annuì ricambiando il suo sorriso.
-Voglio
provare io questa volta-disse John sporgendosi verso
l’amico.
John
voltò leggermente il corpo verso quello di Sherlock in modo che i loro volti
fossero nuovamente uno di fronte all’altro e gli rivolse un sorriso timido,
mettendo in mostra tutta la sua inesperienza e la sua curiosità per
“l’esperimento”, per poi avvicinare i loro volti per la terza
volta.
Quando
fu ad una minima distanza dalla bocca di Sherlock si inumidì il labbro inferiore
con la punta della lingua, chiedendosi velocemente se Sherlock gli avrebbe
permesso di fare lo stesso con il suo perfetto labbro inferiore, ma prima che
potesse fare qualsiasi mossa, l’Alpha spalancò completamente la bocca, assumendo
così un’espressione buffa che inevitabilmente fece ridere
John.
Risentito
dalla risata mal trattenuta di John, Sherlock si tirò indietro, l’orgoglio
ferito per il gesto dell’amico.
-Non
dovresti ridere!-lo rimproverò con voce seria, sperando con tutto sé stesso che
i suoi sentimenti feriti non fossero chiari nelle sue
parole.
-Lo
so, mi dispiace…-disse John, accarezzandogli inaspettatamente una gamba-E’ solo
che avevi un’aria così buffa!-commentò, ridacchiando
nuovamente.
Sherlock
sbuffò e fece per alzarsi in piedi.
-Lasciamo
perdere!-
Le
mani di John gli afferrarono un polso l’istante prima che potesse allontanarsi,
convincendolo a sedersi un’altra volta.
-Aspetta,
mi dispiace. Davvero.
Fammi
provare un’altra volta-gli disse.
Ancora
una volta John si avvicinò all’Alpha, trattandolo quasi fosse un’animale
selvatico spaventato ed una volta a poca distanza prese il volto di Sherlock fra
le mani e gli sorrise rassicurante.
Remore
dell’errore precedente, Sherlock lasciò la bocca chiusa e restò in
attesa.
John
posò le labbra su quelle di Sherlock con delicatezza, accarezzandole più volte
quasi volesse chiedergli scusa con quel gesto per la poca delicatezza dimostrata
l’attimo prima; lasciandosi guidare dall’istinto fece scivolare la punta della
lingua sul labbro inferiore del moro convincendolo così a dischiudere
leggermente la bocca permettendogli
così di insinuare la lingua nella sua bocca dove toccò timidamente i
denti perfetti prima di incontrare la sua gemella.
Quando
finalmente si separarono, i volti di entrambi erano rossi per l’imbarazzo e,
consapevole che Sherlock avrebbe desiderato un po’ di privacy, John tornò a
ritirarsi nel proprio angolo, lo sguardo sul copriletto blu
notte.
-Come
è stato per te?-gli domandò.
-Bagnato-commentò
Sherlock prontamente, immerso nei propri pensieri-Ancora non capisco perché le
persone vorrebbero mettere la lingua nella bocca di un altro, ma non è stato
terribile…-aggiunse.
La
sua mente era in tumulto, cercando di catalogare le emozioni provate con
quell’ultimo bacio e chiedendosi cosa John stesse
provando.
-Personalmente
penso che il bacio migliore sia stato l’ultimo-commentò
John.
-Guarda
caso proprio quello in cui avevi tu il comando…-ribatté ironico Sherlock, senza
alcuna malizia.
John
accennò un sorriso, arrossendo ancora di più al ricordo delle sue
azioni.
Sherlock
sospirò.
Aveva
bisogno di tempo e di silenzio per riflettere su quello che era accaduto:
quell’esperimento doveva essere un regalo per John invece aveva avuto degli
effetti collaterali anche su di lui.
-Ho
molte informazioni da catalogare-esclamò ponendo così fine alla
conversazione.
John
annuì e riprese il proprio libro, dimenticato nell’istante in cui era iniziato
quel pazzo esperimento, sistemandosi comodamente con la schiena contro lo
schienale del letto.
L’attimo
dopo Sherlock gli era addosso: il corpo sistemato fra le sue gambe aperte e la
testa di riccioli neri sul torace, incastrandosi perfettamente per non dar
fastidio all’Omega; sistemò le dita delle mani giunte di fronte a sé, poco sotto
il mento e chiuse gli occhi pronto ad iniziare la sua analisi, quando le dita di
John affondarono fra i suoi capelli disordinati accarezzandoli quasi
inconsapevolmente.
Sherlock
accennò un sorriso e aprì gli occhi.
-John?-lo
chiamò.
-Mh?-
-Buon
compleanno-
Un
sorriso si affacciò lentamente sul volto di John ed in quel momento il ragazzo
si accorse che, nonostante tutto, era stato davvero un buon
compleanno.
____________________________
Greg
batté più volte le palpebre cercando di riconoscere l’ambiente che lo circondava
attraverso la nebbia del sonno e, non appena i suoi occhi assonnati si
focalizzarono sulla cosa più vicina a lui, un sorriso stanco distese le sue
labbra.
Ancora
addormentato accanto a lui, un braccio stretto attorno alla sua vita in un gesto
allo stesso tempo protettivo e possessivo, era disteso il suo Alpha con un’
espressione rilassata e beata che si concedeva soltanto poche volte e che
soltanto pochi eletti avevano l’onore di conoscere.
Greg
si mosse nel letto, trattenendo un lieve gemito quando i suoi muscoli
indolenziti gli ricordarono gli sforzi compiuti nei giorni precedenti, e si
sistemò più vicino a Mycroft, sistemando la testa sotto il mento
dell’uomo.
Nel
dormiveglia, l’Alpha modificò la propria posizione in modo che entrambi
potessero essere più comodi, sollevando il braccio lungo la schiena di Greg fino
a raggiungere la base del collo, dove affondò le dita nei corti capelli sale e
pepe del detective.
Presto
Mycroft si sarebbe svegliato, ma per il momento Greg era ben felice di lasciarlo
dormire ed osservarlo indisturbato, godendosi quella
vicinanza.
Il
suo Estro era ormai agli sgoccioli, in poche ore si sarebbe concluso e la loro
vita sarebbe tornata alla normalità fatta di segreti internazionali, una
famiglia ed un paese da governare ed i mille imprevisti che sempre
accompagnavano coloro che erano associati alla famiglia
Holmes.
Ma
per il momento, nella loro camera da letto, in una casa deserta di domestici e
personale di sicurezza(tenuto a distanza per evitare di essere contagiato dalla
frenesia ormonale della coppia), c’erano soltanto loro.
Due
uomini che malgrado le difficoltà e le diffidenze erano riusciti a trovare
l’unica persona al mondo senza la quale sarebbero stati
persi.
Non
era stato facile raggiungere quella “perfezione”.
C’era
voluto molto lavoro e molto impegno da parte di entrambi, e non erano certo
mancate liti, incomprensioni e periodi in cui avevano volontariamente preferito
evitare l’altro, ma alla fine erano riusciti a trovare un punto d’incontro su
cui costruire la loro storia.
Greg
sorrise ricordando la rabbia che lo aveva travolto quando suo padre lo aveva
informato dell’accordo stretto con Mr. Holmes e dell’immensa solitudine che lo
aveva colto quando era arrivato a Holmes Manor per la prima
volta.
Come
se non bastasse a prima vista il suo Alpha sembrava un ragazzo freddo e
distaccato che avrebbe preferito essere ovunque tranne che con
lui.
Ed
infatti alla prima occasione era scappato ad Cambridge…
Greg
sorrise lievemente ripensando a quei momenti e come erano state mal interpretate
le azioni di Mycroft.
-Riesco
a sentire i tuoi pensieri fin qui…-lo sorprese una voce arrocchita dal
sonno.
Greg
mosse leggermente la testa sulla spalla dell’Alpha e gli rivolse un
sorriso.
-Buongiorno
amore-lo salutò strofinando il naso nell’incavo fra la spalla ed il naso
lasciandosi avvolgere dall’odore dell’Alpha.
Sia
fasciato in completi a tre pezzi di alta sartoria che completamente nudo,
Mycroft Holmes possedeva sempre un aura di potere attorno alla sua persona, al
punto che Greg era certo che il suo compagno sarebbe stato capace di condurre un
meeting con le più alte cariche politiche anche in quel momento, nonostante il
torace nudo ben in mostra.
-Buongiorno
mio caro.
Come
ti senti?-domandò subito Mycroft, una leggera ansia nella
voce.
Greg
si premette se possibile ancora di più contro il proprio Alpha per trasmettergli
la propria tranquillità e la sicurezza che sentiva in sua
presenza.
Alla
fine di ogni Estro, quando i processi cognitivi ritornavano attivi e la parte
animale del loro cervello andava a nascondersi nei meandri più nascosti del loro
essere, ogni Alpha(almeno tutti quelli degni e rispettosi del proprio Omega), si
preoccupavano di non essere stati troppo impetuosi durante l’accoppiamento,
facendo inconsciamente del male all’Omega.
Era
perciò compito di ogni Omega rassicurare all’istante il proprio compagno e
tranquillizzarlo sugli eventi dell’Estro.
-Un
po’ dolorante, ma decisamente soddisfatto-commentò strappando una risatina al
proprio Alpha-Hai dormito bene?-gli domandò l’attimo dopo.
I
fratelli Holmes non erano mai stati capaci di prendersi cura di sé stessi,
spingendo il proprio corpo fino all’ultimo limite, rimandando i bisogni più
elementari a favore dei propri brillanti processi mentali, ma fortunatamente lui
e John erano entrati nella loro vita fin dalla tarda infanzia ed avevano
letteralmente tenuto in vita i due uomini(soprattutto nel caso di
Sherlock).
-Mh…Credo
di poter affermare in tutta sicurezza di aver dormito abbastanza per i prossimi
quattro mesi-rispose Mycroft con la sua peculiare ironia.
Greg
sogghignò.
-Sempre
felice di poter essere utile-commentò, intrecciando una gamba fra quelle
dell’Alpha-In ogni modo possibile- aggiunge inarcando le sopracciglia in modo
malizioso.
Mycroft
scosse la testa sul cuscino, scompigliando ancora di più i propri capelli
castano rossicci, cercando di nascondere il proprio sorriso
divertito.
-Sciocco…Vieni
qui, resta qui accanto a me ancora un po’-gli chiese, sistemando nuovamente il
braccio attorno alla schiena di Greg.
Per
alcuni istanti nella camera da letto ci fu il silenzio, mentre i due amanti si
godevano il semplice e raro piacere di essere insieme, senza imminenti impegni o
senza dover dividere la propria reciproca adorazione con
Martin.
Amavano
entrambi il loro primogenito, ma tutti e due sentivano il bisogno di riaffermare
il proprio legame, di ricordare a sé stessi e all’altro che erano soprattutto
una coppia prima di essere una famiglia.
Fu
proprio quella linea di pensiero che portò Greg a posare un piccolo bacio sul
collo del compagno, proprio sotto la ghiandola che secerneva l’odore peculiare
che da sempre associava a Mycroft.
-Quanto
credi che ci vorrà?-domandò Mycroft, accarezzandogli la schiena con punta delle
dita.
Greg
alzò le spalle.
-Se
tutto va bene il mio odore dovrebbe cambiare in un paio di settimane-gli disse
anche se l’Alpha conosceva benissimo la risposta-Probabilmente sarai tu il primo
ad accorgertene.
Voglio
dire, con Martin è stato così…-
-Gregory
calmati…-lo ammonì l’altro.
Greg
sospirò sentendo la frustrazione impadronirsi di sé e si mosse nell’abbraccio di
Mycroft per allontanarsi dall’Alpha e voltarsi sulla
schiena.
Quello
non era stato un Estro come gli altri.
Ironicamente
era stato il ritorno di Sherlock a fargli venire l’idea: malgrado i rapporti
conflittuali fra i due fratelli, nessuno poteva negare che entrambi avrebbero
fatto qualsiasi cosa per l’altro.
Inoltre
Martin adorava Matthew e Amelia al punto da essere quasi devastato quando i due
gemelli ritornavano a casa.
Così
Greg aveva esposto la sua idea a Mycroft ammettendo allo stesso tempo le proprie
paure e le sue insicurezze e alla fine la coppia aveva deciso di tentare: quella
stessa sera, Greg aveva smesso di prendere gli anticoncezionali e quando il suo
Estro era iniziato, oltre a goderne ogni istante come facevano sempre, un
obiettivo comune era ben chiaro nella mente di entrambi.
Avere
un figlio.
Ma
ora che gli ormoni dell’Estro avevano allentato la presa, Greg era nuovamente
assalito da quelle stesse paure e insicurezze.
-Voglio
solo essere sicuro che non perderemo di vista la realtà…-commentò osservando il
soffitto.
-Smettila
con queste sciocchezze-ribatté prontamente Mycroft, bisognoso di confortare il
proprio compagno, ma consapevole che al momento Gregory aveva bisogno di
spazio.
Con
un movimento veloce, Greg si girò su un fianco, voltandosi nuovamente verso
Mycroft, il peso del corpo su un gomito ed una mano a sostenere la
testa.
-No,
ascoltami un attimo…Dobbiamo considerare anche l’altra opzione-replicò a sua
volta Greg.
-Che
sarebbe?-
Greg
sospirò, la spensieratezza di pochi minuti prima completamente svanita dal suo
volto.
-Che
io sia troppo vecchio per avere altri figli-gli disse.
Mycroft
si lasciò andare ad un lungo sospiro frustrato, prima di passarsi una mano sul
volto.
-Oh
per favore…Ecco perché non volevo ascoltarti-
-E’
la verità Myc.
E’
difficile per un Omega oltre i quarant’anni restare incinto e, anche se ci
riesce, c’è un alto rischio di aborto spontaneo e di complicanze per il bambino-
elencò prontamente il Capo di Scotland Yard.
-Posso
ricordarti che abbiamo avuto una discussione simile prima che tu restassi
incinto di Martin?-gli fece notare l’Alpha, perfettamente calmo, quasi a voler
controbilanciare l’agitazione del compagno.
-Ed
ora sono più vecchio di quattro anni.
Alla
mia età molte Omega hanno dozzine di figli…-
-Dozzine?-disse
Mycroft incapace di trattenere un sorriso divertito.
-Non
prendermi in giro-lo ammonì Greg, il volto serio e la voce
perentoria.
Mycorft
scosse la testa e fece per muoversi nel letto per avvicinarsi a Greg cambiando
idea all’ultimo istante per poi allungare una mano verso il centro del letto, il
palmo rivolto verso l’alto in un gesto affettuoso e
rassicurante.
-Non
ti sto prendendo in giro amore mio…Capisco perfettamente le tue paure ma ho
deciso di non condividerle-gli disse con voce calma.
-Perché
no?-domandò l’Omega fissando la mano del compagno.
Mycroft
restò in silenzio finché Greg non alzò nuovamente lo sguardo per incontrare i
suoi occhi e gli rivolse un sorriso.
-Abbiamo
deciso insieme di aspettare prima di avere dei figli, così come abbiamo deciso
insieme di avere Martin-gli ricordò.
-Ma
cosa succederà se non dovessimo avere altri figli? Resterai deluso se Martin è
l’unico figlio che avremo?-gli domandò dando voce alla sua paura più
grande.
Greg
avrebbe potuto sopravvivere a qualsiasi cosa la vita gli avesse messo di fronte,
era certo di poter vivere serenamente il resto della sua vita anche senza altri
figli, ma aveva bisogno di sapere che Mycroft gli sarebbe rimasto
accanto.
Per
un’ Alpha avere un’Omega fertile ed incinta è sinonimo di potenza e di
orgoglio.
Una
dimostrazione della propria superiorità rispetto agli altri
Alpha.
Molti
Legami si erano infranti quando si era scoperto che l’Omega era sterile, ed era
ancora molto comune, malgrado il passare degli anni, la pratica di un contratto
prematrimoniale in cui la famiglia dell’Alpha richiedeva almeno un erede maschio
all’Omega.
Gregory
e Mycroft non avevano mai firmato un contratto prematrimoniale visto l’accordo
stipulato dai loro genitori, e malgrado avessero già un erede maschio per il
grande impero Holmes, l’Omega in Gregory aveva bisogno di sapere che non aveva
deluso il proprio Alpha.
Leggendo
chiaramente i pensieri nella mente del compagno, Mycroft prese il volto
dell’uomo fra le mani con estrema delicatezza e lo avvicinò al
suo.
-Come
puoi pensare una cosa simile?
Martin
è la seconda persona che amo di più al mondo, per cui darei la mia vita e se lui
sarà il nostro unico figlio allora cercheremo di dargli il
meglio.
Allo
stesso modo, se saremo fortunati da avere un altro figlio e questo dovesse avere
bisogno di cure o attenzioni particolari, allora noi due faremo del nostro
meglio per assisterlo e aiutarlo.
Farei
qualsiasi cosa per la mia famiglia- gli rispose Mycroft con voce pacata,
fissandolo il compagno con occhi seri.
Greg
ascoltò in silenzio le parole del suo Alpha, osservando attentamente i suoi
occhi azzurri e quando finalmente Mycroft concluse il suo discorso, un enorme
peso fu sollevato dalle sue spalle, permettendogli di lasciarsi andare fra le
braccia del proprio compagno e di nascondere il viso nell’incavo fra la spalla
ed il collo.
-Non
hai idea di quanto avessi bisogno di sentirtelo
dire…-mormorò.
Mycroft
rafforzò la stretta attorno alle spalle di Greg e senza sciogliere l’abbraccio
manovrò entrambi affinché fossero sdraiati nuovamente sul
letto.
-Perché
non pensiamo ad un argomento più piacevole?-gli domandò dopo qualche istante di
silenzio.
Il
volto di Greg riemerse dal suo nascondiglio e lo fissò con un’aria
interrogativa.
-Spero
che il bambino ti assomigli-disse il funzionario britannico accennando un
sorriso.
Greg
sorrise a sua volta e accarezzò il torace nudo dell’uomo, soffermandosi sulle
lentiggini che lo ricoprivano.
-A
me piacciono le tue lentiggini…Ad essere sincero sarei la persona più felice del
mondo se il bambino avesse la tua carnagione ed i tuoi capelli rossi-gli
confessò.
Mycroft
storse leggermente la bocca.
-Così
sarà costretto a passare il resto della vita a nascondersi dal
sole-commentò.
Greg
rise posando un bacio sulla spalla destra.
-Non
è vero! Ti ho visto prendere il sole qualche volta-gli
ricordò.
-Raramente
vorrai dire-ribatté subito l’altro.
-Va
bene…Che mi dici degli occhi?-
-Marrone
cioccolato-rispose prontamente il maggiore degli Holmes.
Proprio
come quelli di Gregory.
Greg
scosse leggermente la testa.
-Vedi
non andremo mai d’accordo, perché io penso che i tuoi occhi azzurri siano
bellissimi…Inoltre Martin ha i miei occhi, sarebbe giusto che il bambino avesse
i tuoi-
-Beh
visto che abbiamo deciso che il bambino sarà costretto a vivere con il mio
incarnato ed i miei capelli per il resto della vita, voglio avere l’ultima
parola sul colore degli occhi-s‘ impuntò Mycroft.
La
risata di Greg risuonò allegra nella stanza prima che l’uomo nascondesse il
volto contro la spalla dell’Alpha.
-La
sai che non funziona realmente così, vero?-lo punzecchiò ironico-Con la nostra
fortuna ci ritroveremo a combattere per i prossimi diciotto anni con una copia
di tuo fratello-
-Che
idea orribile! Uno non è abbastanza?- rabbrividì l’uomo provocando nuove risate
nel compagno.
Greg
si sporse verso il compagno e gli posò un piccolo bacio sulle labbra per fargli
tornare il sorriso.
-Vorresti
una femmina o un maschio?-gli domandò sistemandosi per metà sul corpo del
compagno, le gambe intrecciate a quelle di Mycroft ed i gomiti sistemati accanto
alle spalle ossute dell’Alpha.
-Sono
combattuto: mi piace l’idea di un altro maschio, in modo da poter creare
maggiore complicità anche con Martin, ma mi intriga l’idea di una
bambina-confessò Mycroft sincero.
Greg
annuì.
-Anche
io.
Voglio
dire, amo Martin con tutto me stesso, ma certe volte guardo John ed Amy e mi
rendo conto di come siano diverse le loro interazioni da quelle che io ho con
nostro figlio.
Sono
curioso…-ammise.
-Se
avremo un figlia ci sarà un’assurda quantità di oggetti rosa in giro per
casa-constatò Mycroft quasi sovrappensiero.
-Mh…E’
vero, ma siamo sopravvissuti a situazioni peggiori-gli fece notare Greg,
intrecciando le mani all’altezza del costato dell’Alpha e posandovi sopra il
mento in modo da poter osservare il suo volto.
-Se
è una femmina mi piacerebbe chiamarla Emma-aggiunse qualche attimo
dopo.
-Emma
Lestrade-Holmes... Mi piace-concordò Mycroft.
-Probabilmente
dovremmo chiamarla Violet visto che John e Sherlock non ci hanno
pensato.
Emma
Violet Lestrade-Holmes.
Proposte
al maschile?-gli domandò poi.
-Se
fosse un maschio mi piacerebbe chiamarlo Winston-rispose prontamente
Mycroft.
Greg
ridacchiò posandogli un nuovo bacio sul petto.
-Certe
volte sei terribilmente inglese…-lo prese bonariamente in
giro.
-Winston
Alistair Lestrade- Holmes-continuò Mycroft senza dar ascolto alle provocazioni
del compagno.
-Possiamo
fare Alistair Winston?-propose l’Omega.
Mycroft
sospirò con aria da martire.
-Eh
va bene-concesse.
Greg
si sollevò facendo forza sulle proprie braccia e si portò faccia a faccia con
l’Alpha posando un bacio sui zigomi sporgenti.
-Emma
e Winston…-disse accompagnando ogni parola con un bacio scendendo lentamente
verso le labbra sottili dell’uomo.
Mycroft
sorrise sotto le labbra dell’Omega prima di aumentare la stretta attorno alla
vita di Gregory e, con un movimento dei fianchi, capovolse le loro posizioni
portando Greg contro il materasso e sotto di sé.
Torreggiando
sul compagno Mycroft abbassò il volto mordicchiando il collo ed il mento
dell’uomo fino ad arrivare alle sua labbra.
-Credo
sia mio dovere come Alpha fare tutto il possibile perché il nostro obiettivo
venga raggiunto al primo tentativo…-mormorò premendo il bacino contro quello
dell’Omega, rendendolo partecipe della propria erezione che si andava
risvegliando velocemente.
Greg
sorrise malizioso, intrecciando le braccia attorno alle spalle
dell’Alpha.
-Un
lavoro così faticoso…-commentò prima di lasciarsi scappare un gemito di
piacere.
Mycroft
rialzò il volto dalla gola dell’uomo e lo fissò con occhi illuminati d’amore e
di passione.
-Fortunatamente
per te amore mio, hai a disposizione l’unica persona adatta per questo duro
lavoro…-
____________________________
John
era un padre molto presente.
Molti
Alpha preferivano delegare alla propria Omega il difficile compito della
crescita e dello sviluppo mentale ed emotivo dei figli limitandosi soltanto ad
impartire la disciplina, ma viste le circostanze avverse che si era trovato ad
affrontare fin da quando i gemelli erano neonati, John aveva si era
completamente occupato di ogni aspetto riguardante la vita dei propri
figli.
Era
stato accanto ai gemelli in ogni importante momento della loro crescita, dal
momento in cui avevano stati svezzati al primo dentino, al primo passo alla
prima parola, fino ad arrivare al primo giorno di scuola e alle molteplici
scoperte che i gemelli compivano ogni giorno grazie al contatto con un ambiente
ricco di conoscenza e all’ interazione con altri bambini della loro
età.
John
Watson era incredibilmente fiero dei propri figli e non perdeva occasione perché
loro lo sapessero.
Era
consapevole di essere considerato un’anomalia ed un esempio da imitare nella
loro società, ma personalmente non era interessato alla gloria senza senso che
sembrava derivare dall’aver fatto il proprio dovere di padre; tutto ciò di cui
aveva bisogno era la certezza che i suoi figli fossero felici e soddisfatti e che non avevano nulla da
rimproverargli.
Quando
Matthew aveva iniziato a suonare il pianoforte, John era in prima fila ad ogni
concerto per la scuola a cui il ragazzo partecipava, pronto a dimostrargli il
suo appoggio e a mostrare a tutti il suo orgoglio per quel bambino meraviglioso
e così pieno di talento che aveva contribuito soltanto in minima parte a
creare.
Così
come quando Amelia si era iscritta alla scuola di calcio, leggermente più a suo
agio in un ambiente sportivo, John non aveva perso nessuna partita importante,
pronto sempre a dare il proprio consiglio o la propria opinione a fine partita
se Amy glieli avesse chiesti.
Ecco
perché in un pomeriggio piovoso di fine ottobre si trovava nella palestra del
centro sociale del quartiere osservando attentamente la bambina intenta a
chiacchierare con le proprie amiche prima del
riscaldamento.
Quella
settimana era stata più pesante del solito, in quanto si era dovuto occupare
anche di Martin, permettendo così a Greg e Mycroft di godersi il proprio Estro
in piena tranquillità e senza pensieri.
Fortunatamente
però i bambini andavano perfettamente d’accordo e non c’erano stati
litigi.
L’unico
pensiero fastidioso che aveva accompagnato John per tutta la settimana era
dovuto all’incredibile somiglianza caratteriale di Martin con Sherlock: molte
volte, mentre erano seduti sul divano a guardare un film, il bambino si era
alzato all’ improvviso affermando di essere “annoiato”, proprio come lo zio
andando poi in giro per l’appartamento alla ricerca di qualcosa che attirasse la
sua attenzione; e forse era dovuto alla sua mente contorta, ma John era certo di
aver scorto il sorriso di Sherlock sul volto del bambino.
Dal
canto suo il consulente detective stava facendo del suo meglio per essere
presente anche nella sua assenza.
Da
quando si erano incontrati la settimana precedente per un caffè, Sherlock aveva
iniziato a tempestarlo di messaggi, proprio come faceva un tempo, tenendolo al
corrente di ciò che gli succedeva durante la giornata, ponendogli domande
mediche e informandosi sui gemelli.
Inizialmente
John aveva evitato di rispondere a quei messaggi, catalogandoli come un sintomo
della noia che affliggeva da sempre il detective, ma alla fine la curiosità
aveva avuto la meglio ed ora erano arrivati a scambiarsi una media di cinquanta
messaggi al giorno.
Specialmente
la sera, quando i bambini erano a letto.
Negli
ultimi giorni però era stata Amy a dargli un motivo per contattare Sherlock,
chiedendogli se le era permesso invitare il detective alla partita di calcio che
si sarebbe tenuta quel mercoledì.
L’Alpha
non aveva fatto promesse, ma si era impegnato a parlarne con Sherlock e quando
aveva affrontato il discorso con l’Omega tutto si era aspettato tranne un
immediata risposta positiva ed una promessa di essere lì.
Nonostante
Sherlock avesse confermato più volte la sua presenza, John non riusciva a
scrollarsi di dosso quell’incertezza che sempre accompagnava i suoi recenti
rapporti con Sherlock: il loro rapporto era ancora talmente fragile, ancora
ferito dalla lontananza e dagli errori del passato che l’Alpha aveva la
sensazione di camminare su una corda sospesa a mezz’aria, una mano tesa verso il
cornicione più vicino a lui dove ad attenderlo c’era Sherlock, incapace però di
fare un passo senza prima voltarsi indietro a controllare i progressi fatti fino
a quel momento.
-John!-
Una
voce lo allontanò dai propri pensieri portandolo a voltarsi verso destra dove
vide venirgli incontro Ellie, la madre della migliore amica di
Amy.
Un
sorriso amichevole apparve all’istante sul suo volto.
-Ehi!
Sei stata trascinata anche tu in questa follia?-le domandò scherzosamente quando
la donna gli fu accanto.
Ellie,
un’Omega di trent’anni ed un Legame con un’Alpha, sorrise
divertita.
John
conosceva la donna fin da quando Amy e Suzie, la figlia di Ellie, avevano
iniziato a frequentare la Abercrombe School, diventando in breve tempo grandi amiche e passando sempre più
tempo insieme.
Malgrado
la donna fosse un’Omega Legata(John aveva incontrato David, l’Alpha di Ellie in
un paio di occasioni, ma aveva capito fin dal principio che il loro rapporto non
sarebbe mai potuto progredire oltre la semplice conoscenza)e lui avesse a sua
volta un legame con Sherlock, fra di loro si era sviluppata un amicizia che,
però, non aveva mai superato i limiti del decoro.
-Il
giorno che convincerò David a prendere il mio posto e potrò restarmene a casa a
guardare Jeremy Kyle sarò una donna felice- rispose lei
scherzosamente.
John
ridacchiò.
L’Alpha
di Ellie era il classico Alpha che interveniva soltanto quando bisognava
“disciplinare” i propri figli o fare il proprio dovere durante l’Estro:
estremamente affettuoso con moglie e figli, ma totalmente concentrato sul suo
lavoro, perdendosi così gran parte della crescita dei ragazzi e della propria
vita coniugale.
-Il
giorno che succederà ti offrirò il caffè più costoso che Starbucks possa
offrire-la sfidò John.
Ellie
rise e gli posò una mano sull’avambraccio destro.
-Ah
proposito, stavo per dimenticarmene…Dobbiamo organizzare la fiera per il
raccolto alla scuola delle ragazze…-iniziò la donna.
John
aggrottò la fronte.
-Accidenti,
è già quel periodo dell’anno? Fra poco dovremmo cominciare a pensare alle
decorazioni e alla recita di Natale-commentò John sinceramente
sorpreso.
Ellie
annuì con un sorriso.
-Te
la sentiresti di darci una mano? Abbiamo organizzato una riunione del comitato
dei genitori fra dieci giorni e volevo sapere se potevo contare su di te-gli
chiese, gli occhi pieni di un’inaspettata luce speranzosa.
John
dischiuse le labbra per parlare, ma una figura fin troppo riconoscibile ai
margini della palestra attirò la sua attenzione.
Voltando
leggermente la testa verso sinistra, lo sguardo di John incontrò anche a
distanza gli occhi azzurro ghiaccio di Sherlock, facendo nascere un sorriso
sulle sue labbra.
Ancora
una volta quell’adorabile bastardo era riuscito a
sorprenderlo…
Fissando
l’Omega per qualche altro istante, dimenticandosi completamente della gente
intorno a sé e del luogo in cui si trovavano, John fece un passo in avanti
pronto ad avvicinarsi al detective per salutarlo, prima che la buon’educazione
facesse nuovamente capolino nella sua mente annebbiata dalla consapevolezza che
Sherlock era lì a pochi metri da lui e gli ricordasse la presenza di Ellie
accanto a sé.
-Conta
su di me…Fammi sapere dove e quando e ci sarò-le promise con un sorriso prima di
allontanarsi verso la zona della palestra dove si trovava
Sherlock.
Il
detective indossava il suo amato Belstaff nero, il colletto rialzato per
proteggersi dalla pioggia, da cui si intravedevano una camicia rosa pallido e un
completo di alta sartoria nero che si sposava perfettamente con la sua
carnagione ed i suoi riccioli neri.
-Ciao-lo
salutò una volta arrivato di fronte all’Omega.
Sherlock
lo salutò con l’accenno di un sorriso, gli occhi impegnati nel suo consueto
scrutinio per assimilare quante più informazioni possibili sul proprio
Compagno.
-Sei
venuto-disse John incapace di trattenersi.
Il
detective annuì.
-Ti
ho promesso che sarei venuto…Ed eccomi qui-commentò con voce calma e
profonda.
John
sorrise a sua volta.
-Amy
sarà molto felice di vederti-gli disse sincero.
-Soltanto
Amelia?-chiese curioso l’altro.
John
abbassò velocemente lo sguardo sulla punta delle proprie scarpe, consapevole di
quello che l’Omega gli stava chiedendo, incapace di nascondere il lieve rossore
che si propagò sulle sue guance in pochi attimi.
-Anche
a me fa piacere rivederti-confermò
affondando per la seconda volta lo sguardo in quello
dell’Omega.
Questa
volta il sorriso di Sherlock fu di pura soddisfazione, anticipando il piccolo
passo in avanti che l’uomo fece per avvicinarsi a John e sistemarsi al suo
fianco.
-Bene.
Anche io sono felice di essere qui.
Così
posso tenere d’occhio la situazione…-commentò muovendo velocemente lo sguardo
attorno alla palestra e soffermandosi su vari gruppi di
persone.
John
aggrottò la fronte e alzò la testa lo stretto indispensabile per riportare lo
sguardo sul volto di Sherlock.
-Quale
situazione?-gli domandò.
-Quell’Omega
con cui stavi parlando non riusciva a toglierti occhi e mani di dosso…-gli
spiegò il detective individuando Ellie fra la folla ed osservandola attentamente
come soltanto lui era capace.
-Ma
chi Ellie? No, è la mamma di Suzie, la migliore amica di
Amy.
Ok
è un’ Omega ma ha un Legame con un’Alpha e…-gli spiegò John scuotendo la
testa.
-E
quest’Alpha è spesso assente o poco presente a causa del suo lavoro e della sua
segretaria Beta su cui ha delle strane fantasie, quindi non mi sorprende che
quest’Omega abbia a sua volta delle mire su di te.
Un’Alpha
così affascinante, premuroso ed affettuoso con i propri figli…-replicò
altrettanto velocemente Sherlock, chiaramente soddisfatto dall’analisi compiuta
su Ellie.
Sicuramente
aver trovato una debolezza o
qualche segreto imbarazzante che avrebbe potuto sfruttare a suo vantaggio in un
eventuale “difesa” del proprio territorio.
Dal
canto suo John era sinceramente scettico: era possibile che tutte le attenzioni
che fino a quel momento aveva catalogato come gesti di amicizia erano invece dei
puri e semplici atti di corteggiamento, per quanto velati o
sottintesi?
E
perché dopo tanti anni e milioni di deduzioni restava ancora affascinato dal
lavoro veloce di quella fantastica mente?
-Sul
serio?-si ritrovò a chiedere quasi senza rendersene conto.
Sherlock
tornò ad incontrare il suo sguardo e gli sorrise.
-Questa
è una delle cose che ho sempre amato di te: non hai mai capito quanto sei
affascinante.
Mi
è stato sicuramente d’aiuto perché se ti fossi davvero reso pienamente conto del
tuo potenziale, probabilmente a quest’ora non saremo qui…
Ti
inviterà a prendere un caffè nei prossimi giorni, magari in un posto dove non
siete soliti andare, probabilmente inventandosi una scusa banale o facendo
appello all’amicizia delle bambine, in modo che possiate stare soli e lei possa
farti qualche avance più spinta senza essere scoperta- concluse il detective
ritornando sull’argomento principale.
John
evitò accuratamente di dirgli che aveva ricevuto già una simile proposta, e che
quella che fino a pochi minuti prima era una buona occasione per rendersi utile
e fare la propria parte per la scuola dei ragazzi, ora sembrava un appuntamento
al buio organizzato da amici fin troppo solerti.
-Credi
che dovrei andare da lei e presentarmi?-gli chiese Sherlock interrompendo i suoi
pensieri.
John
alzò le spalle.
-Cosa
vorresti dirle?-gli domandò a sua volta.
-La
verità naturalmente.
Che
sono il tuo Omega tornato a casa dopo un lungo periodo di lontananza dovuta al
lavoro…O qualcosa del genere.
Se
legge anche il segmento della cronaca oltre a quello dei gossip, probabilmente
avrà letto il mio nome sui giornali nelle settimane passate-commentò, lasciando
che una punta di acidità trasparisse nella sua voce.
John
ridacchiò divertito.
-Non
vedo l’ora di vedere la sua faccia…
L’attimo
dopo tutti i presenti nella palestra sapranno chi sei ed il tuo
nome-
Sherlock
si voltò leggermente verso l’Alpha, per un’istante completamente dimentico del
resto della folla attorno a loro.
-Ti
da fastidio?-gli domandò preoccupato.
Il
biondo scosse la testa.
-No,
certo che no.
D’altronde
è la verità: tu sei il mio Omega, ma non completamente…Almeno per il
momento-rispose sincero.
Sherlock
gli scoccò un ghigno malizioso.
-Dammi
solo un po’ di tempo…-commentò abbassando la propria voce di un’ottava,
rendendola così roca ed estremamente seducente.
Il
rossore che John era riuscito a nascondere solo pochi attimi prima tornò ad
impossessarsi delle sue guance, scendendo poi sul collo, costringendolo ad
allontanare lo sguardo da quello azzurro ghiaccio dell’altro e a cercare con lo
sguardo Amelia nel gruppo di giocatori impegnati nel
riscaldamento.
Nessuno
lo conosceva come Sherlock: l’Omega era al corrente di tutti i suoi punti di
forza e delle sue debolezze, e volendo sarebbe stato capace di distruggerlo o
renderlo la persona più felice del pianeta soltanto con un piccolo
gesto.
-Dov’è
Matthew?-domandò il detective ritornando su un argomento più
sicuro.
-E’
andato alla caffetteria con Martin per prendere degli
snack-
-Chi?-chiese
Sherlock aggrottando la fronte.
John
alzò gli occhi al cielo.
-Tuo
nipote! Il figlio di Mycroft e Greg-lo informò.
Possibile
che Sherlock non conoscesse neanche il nome del proprio nipote? Era consapevole
che Martin era nato durante il periodo di “non morte” di Sherlock, impedendogli
di conoscerlo o incontrarlo di persona, ma addirittura non sapere il suo
nome?
-Perché
è con te?-chiese ancora il moro.
Un
sorriso divertito incurvò le labbra di John.
-Capisco
che è passato molto tempo dall’ultima volta, ma hai davvero cancellato anche la
biologia primaria?-lo prese in giro l’attimo dopo.
Il
dottore vide chiaramente quando il significato delle sue parole attecchì nella
mente di Sherlock, provocando una reazione scioccata sul volto dell’uomo e
facendogli scuotere la testa più volte quasi volesse far uscire l’immagine
attraverso le orecchie.
-Oh
John…Non avevo davvero bisogno di saperlo!
John rise e si portò più vicino
all’altro.
-Greg
mi ha chiamato e mi ha detto che presto sarà qui per prendere Martin perciò
cerca di essere gentile-si raccomandò.
Un’espressione
fintamente innocente apparve sul volto di Sherlock.
-Non
so davvero di cosa parli io sono sempre gentile-ribatté
l’Omega.
John
ridacchiò sinceramente divertito, lasciando poi cadere il silenzio fra di loro
per qualche istante, non sapendo bene come affrontare il nuovo argomento di
conversazione.
Doveva
fare un piccolo preambolo oppure essere diretto?
Probabilmente
conoscendo Sherlock, l’uomo sapeva già cosa gli girava per la testa quindi la
soluzione migliore era essere il più diretti possibile ed arrivare al
punto.
-Matty
mi ha detto del vostro “fortunato” incontro-gli disse lo sguardo sempre fisso
dinanzi a sé.
-Mh…Non
credo che Matthew la pensi allo stesso modo-commentò distrattamente
Sherlock.
Per
il detective era stato uno degli incontri più importanti della sua
vita.
Fino
ad una settimana prima, l’unica immagine che aveva di Matthew(escluse ovviamente
quelle rubate dai suoi appostamenti fuori la porta di Baker Street) era quella di un neonato di pochi mesi
il cui unico desiderio era mangiare e dormire.
Non
molto interessante ad essere onesti.
Ora
invece c’era questo fantastico ragazzo in età pre-adolescenziale, con le proprie
passioni, le proprie opinioni pronto ad essere plasmato grazie un gesto da parte
sua o di John.
Completamente
diverso da Amelia e, in un modo sconcertante, splendido alla stessa
maniera.
-No,
non direi-convenne John riportando lo sguardo sull’Omega- Non mi ha raccontato
molto, ha soltanto detto che vi siete incontrati all’obitorio del Bart’s e che
gli hai dato una mano con il suo progetto di Scienze-riassunse brevemente il
biondo.
-Era
davvero un ottimo progetto-commentò Sherlock ancora adesso, a distanza di una
settimana, sinceramente colpito che un bambino di nove anni avesse il permesso
di fare esperimenti così avanzati per la sua età.
John
restò in silenzio per qualche istante, annuendo
lentamente.
-Che
ne pensi?-gli domandò poi.
L’Alpha
sapeva di aver fatto del suo meglio per occuparsi dei gemelli, pensando
principalmente ai propri figli e ai loro bisogni prima che a sé stesso, ma non
poteva negare che era leggermente in ansia per il giudizio di Sherlock: in fondo
lui era il suo Omega, l’unico che avrebbe avuto il diritto di esprimere un
parere negativo e se Sherlock avesse trovato da ridire sull’educazione dei
gemelli, John avrebbe potuto soltanto ascoltare in silenzio ed accettare le
critiche.
Il
moro si voltò verso di lui, la fronte corrugata in un’espressione confusa,
pronto a ribattere che aveva già espresso la propria opinione sul progetto,
prima di capire il vero senso della domanda.
-Oh…Stai
parlando di Matthew.
Beh
posso dirti che è molto passionale, ha molte opinioni e sicuramente non ha paura
di esprimerle, e a mio giudizio è semplicemente fantastico-riassunse
brevemente.
Un’espressione
incredula trasfigurò il volto di John a quelle parole, lasciandolo incapace di
parlare per qualche istante.
-Sul…Sul
serio?-gli domandò dopo aver inghiottito il nodo che gli stringeva la
gola.
Il
moro annuì.
-Il
modo in cui mi ha affrontato e mi ha chiesto di stare lontano dalla vostra
famiglia, senza alcuna paura e con la piena sicurezza delle sue azioni,
sinceramente convinto delle sue idee…Semplicemente
fantastico.
Da
grande sarà un meraviglioso Alpha-commentò pienamente
convinto.
-Sherlock…-lo
riprese John, il cuore che batteva più velocemente per le parole che l’altro
aveva appena detto sul loro bambino.
-Lo
so, lo so…Credimi ho imparato fin troppo bene la lezione.
Quello
che voglio dire è che mi riconosco in Matthew: anche io avrei fatto la stessa
cosa se qualcuno fosse comparso all’improvviso, sconvolgendo gli equilibri
famigliari e minacciando la mia famiglia-continuò il moro.
John
incontrò i suoi occhi azzurro ghiaccio e per un’istante fu tentato di allungare
una mano e accarezzare quella di Sherlock più vicina a sé.
-Se
non ricordo male lo hai fatto…-gli disse invece.
Sherlock
annuì lentamente.
-Sono
entrambi meravigliosi John.
Hai
fatto un ottimo lavoro con loro…-
-Sherlock!-
La
voce squillante e decisamente infantile di Amelia interruppe la loro
conversazione portando entrambi gli adulti a voltarsi verso di
lei.
Un
istantaneo sorriso apparve sul volto di Sherlock prima che l’uomo si piegasse
sulle ginocchia per essere all’altezza della bambina.
-Ciao
Amelia-la salutò.
-Sei
venuto!-esclamò ancora Amy, incapace di nascondere la propria gioia nel vederlo
lì.
-Una
promessa è una promessa-commentò il moro.
-Mi
guarderai giocare?-gli domandò ancora la bambina eccitata.
Sherlock
annuì.
-Assolutamente.
Sarò il tuo primo fan!-la rassicurò Sherlock.
Amy
sorrise prima di lanciare un veloce sguardo a John, quasi si fosse resa conto
solo in quel momento della sua presenza.
-Fico!
Di solito i portieri non hanno fans…-disse poi riportando la propria totale
concentrazione su Sherlock.
Il
moro alzò le spalle.
-Allora
devi essere un portiere davvero in gamba Amelia Watson…-si limitò a commentare
il detective.
L’istante
dopo la bambina corrugò la fronte, abbandonando il sorriso che fino a quel
momento le aveva illuminato il volto.
-Ma
hai detto di non saperne molto di calcio…-gli fece notare
lei.
Sherlock
annuì.
-Vero.
Ma
sapendo che sarei venuto qui ho fatto una veloce ricerca sulle regole del
football e ho visto varie partite per prepararmi a quest’incontro-la rassicurò
l’uomo.
Il
sorriso tornò ad illuminare il volto della bambina prima che una voce alle sue
spalle attirasse la sua attenzione per un’istante.
-Devo
riprendere il riscaldamento-gli disse facendo un passo verso il campo prima di
fermarsi e cercare lo sguardo di Sherlock.
-Posso
dire ai miei amici che sei qui?-gli domandò timorosa.
Non
sapendo bene come rispondere, Sherlock si voltò a sua volta verso John che si
limitò ad alzare le spalle: prima o poi la verità sarebbe venuta fuori, quindi
perché non lasciare che fosse Amy ad annunciare a tutti il ritorno
dell’Omega?
-Non
vedo perché no-rispose Sherlock voltandosi nuovamente verso
Amelia.
La
bambina si lasciò andare ad un gesto di eccitazione, concedendosi un piccolo
salto, facendo sorridere i due adulti.
-Grande!
Non vedo l’ora di dirlo alla mia amica Suzie-commentò.
Anche
senza voltarsi Sherlock sentì chiaramente la battaglia che John compì su sé
stesso per non scoppiare a ridere in fronte alla loro bambina a quelle
parole.
L’attimo
dopo però il volto di Amy tornò ad annuvolarsi.
-Che
cosa c’è?-le domandò il moro pronto ad intervenire.
-Se
i miei amici non mi credono posso portarli da te e presentarteli?-gli domandò
improvvisamente timida.
Sherlock
decise in quell’istante che non amava vedere la propria figlia in
quell’atteggiamento così timoroso e titubante: i Watson erano pieni di coraggio
e sprezzanti del pericolo, capaci di sopravvivere alle peggiori avversità e
Sherlock promise a sé stesso che avrebbe fatto di tutto perché Amelia fosse
sempre sicura di sé e delle proprie capacità.
-Certo
che puoi-la rassicurò.
Amelia
gli scoccò un sorriso raggiante e corse nuovamente verso il gruppo di bambini al
centro del campo.
L’Omega
si voltò leggermente verso John ed i loro sguardi si incontrarono per un lungo
istante silenzioso, entrambi consapevoli della tensione elettrica che si era
creata fra di loro prima che John alzasse una mano per accarezzare
distrattamente la base del proprio collo.
-Sarà
meglio che vada a controllare che Matty e Martin non stiano combinando qualche
guaio-
Sherlock
annuì.
-A
dopo-lo salutò John avviandosi verso l’uscita della
palestra.
Sherlock
seguì con uno sguardo pieno di bramosia la schiena perfettamente eretta di John
che si allontanava con passi moderati, consapevole che sarebbe bastato un gesto,
un piccolissimo cenno da parte dell’Alpha per farlo correre al suo fianco e
Presentargli il collo privo da troppo tempo di marchi in modo che John potesse
riaffermare il suo possesso su di lui.
Il
detective prese un respiro profondo e cercò di controllare i propri istinti,
ripetendo a sé stesso che per ora la vicinanza era tutto ciò che poteva sperare,
che era fortunato e che presto le cose sarebbero
migliorate.
O
almeno così sperava.
__________________________________
Matthew
non era una persona sportiva.
Faceva
i propri esercizi di ginnastica durante l’ora obbligatoria a scuola, ma fin
dalla più tenera età aveva sempre preferito la propria mente al suo
corpo.
Non
riusciva davvero a capire cosa Amy ci trovasse di interessante o divertente
nell’ osservare per novanta minuti un gruppo di ragazzini scatenati che avevano
come unico obiettivo infilare una palla in una porta rettangolare di tela bianca
che lei doveva difendere.
Davvero
assurdo.
Ciò
che gli riusciva ancora più difficile da capire era l’oscura motivazione perché
suo padre lo “costringeva” ad assistere alle partire della sorella: non poteva
restare a casa con Mrs. Hudson e dedicarsi al proprio pianoforte? O ai propri
studi? O meglio ancora ai propri esperimenti?
Che
senso aveva perdere tempo prezioso con questi assurdi
passatempi?
Come
se non bastasse, a rovinare ancora di più il suo umore c’era la presenza
dell’Omega.
Matthew
aveva ascoltato distrattamente la conversazione fra suo padre ed Amy, in cui la
sorella gli aveva chiesto di invitare l’Omega alla prossima partita, ma aveva
sinceramente sperato che suo padre si dimenticasse di girare l’invito, o meglio
ancora che l’Omega decidesse di non presentarsi.
Ma
a quanto pare, quella non era la sua giornata fortunata.
Matthew
doveva ammettere che senza i consigli dell’uomo forse la sua ricerca non avrebbe
ottenuto l’ A+( voto più alto di tutta la classe), ma soltanto una semplice A,
ma questo non gli permetteva assolutamente di insinuarsi nella sua famiglia come
stava facendo.
Osservando
suo padre e l’Omega, ai due lati opposti della palestra, il bambino considerò
per l’ennesima volta che i due uomini erano troppo diversi, nell’aspetto, nel
comportamento, anche negli atteggiamenti.
Lo
si vedeva chiaramente dal modo in cui suo padre osservava la partita incapace di
restare fermo, completamente immerso nel gioco, pronto a controbattere le
decisioni dell’arbitro se le riteneva sbagliate, mentre l’Omega restava in un
angolo poco distante dalla porta di Amy, osservando immobile e in silenzio,
quasi un tutt’uno con le pareti di linoleum della
palestra.
Cosa
accidenti aveva spinto due persone così agli estremi a Legarsi per la
vita?
Durante
l’intervallo le squadre si rifugiarono nello spogliatoio e Matty fece per
avvicinarsi a suo padre, indeciso se chiedergli o meno se poteva tornare a casa
con lo zio Greg, quando questi avesse deciso di andarsene, ma qualcosa di
insolito attirò la sua attenzione.
Solitamente,
durante l’intervallo, suo padre ne approfittava per prendersi un caffè e
scambiare quattro chiacchiere con gli altri genitori, ma in quel momento era
immobile, tutti i muscoli in tensione, lo sguardo fisso verso la parte della
palestra dove si trovava l’Omega.
Seguendo lo sguardo di suo padre, Matty
cercò l’Omega e lo trovò immerso nel proprio cellulare, del tutto inconsapevole
degli Alpha( due uomini ed una donna) che gli gironzolavano attorno, cercando
chiaramente di capire se fosse Legato o meno a qualcuno, pronti a fare le
proprie avances per mostrarsi più valorosi degli altri
pretendenti.
Matty
tornò a guardare suo padre e lo vide aprire e chiudere più volte il pugno
destro, abbandonato lungo il fianco, un espressione rabbiosa sul volto, il
labbro superiore ritratto a mostrare i denti e si chiese cosa avrebbe potuto
fare per aiutarlo: doveva avvicinarsi? Doveva interrompere il gioco di sguardi e
distrarlo permettendogli così a rilassarsi?
Prima
che potesse intervenire però, suo padre si voltò e uscì a passi veloci dalla
palestra.
Confuso
e allo stesso tempo curioso di osservare i successivi sviluppi, Matty tornò a
fissare l’Omega: l’uomo aveva sollevato lo sguardo dal proprio telefono e aveva
cercato con lo sguardo suo padre, un’espressione a Matty sconosciuta sul
volto.
Cosa
stava pensando? Era offeso che l’attenzione di suo padre non fosse più
concentrata su di lui? Beh certamente poteva rifarsi con quella dei tre Alpha
che continuavano a girargli intorno, pensò malignamente.
L’Omega
si guardò intorno e fu come se soltanto allora si rendesse conto della presenza
degli altri Alpha attorno a sé: anche a quella distanza Matty riuscì chiaramente
a vedere la sua espressione seccata, prima che l’uomo riponesse il cellulare
nella tasca del cappotto e si avviasse a sua volta verso l’uscita, sparendo
pochi istanti dopo oltre la porta aperta.
Matthew
restò immobile, indeciso sul da farsi prima di muoversi velocemente a sua volta
verso l’uscita della palestra.
A
causa della sua frustrazione, suo padre emanava più feromoni del solito,
lasciando una chiara scia del proprio profumo, quindi per il ragazzo non fu
difficile seguire le sue tracce fino al piccolo sentiero che conduceva al
parcheggio, fermandosi allo spogliatoio del personale del centro
sociale.
Delle
voci giunsero fino a lui, costringendolo ad appiattirsi contro il muro per non
essere visto e, soltanto quando il suo respiro fu tornato normale, Matty si
sporse leggermente la testa oltre il muro: suo padre era a pochi metri di
distanza da lui, accovacciato sulle ginocchia, la schiena contro il muro ancora
leggermente umido di pioggia, una mano fra i capelli.
L’Omega
era a sua volta piegato sulle ginocchia, per poter essere al livello di suo
padre e lo osservava in silenzio.
-John…-disse
l’Omega con voce ferma e profonda.
A
quelle parole Matty, trattenne il respiro per non essere
scoperto.
-John
guardami…. Sono io, sono qui! Parlami!-continuò l’uomo dai capelli neri con lo
stesso tono di voce di poco prima.
Matty
osservò attentamente suo padre, notando per la prima volta il movimento veloce
delle sue labbra da cui non usciva nessun suono, gli occhi chiusi e le dita che
stringevano le ciocche bionde dei suoi capelli con forza.
Cosa
stava succedendo a suo padre? Non lo aveva mai visto così prima d’ora…Doveva
correre a chiedere aiuto?
Ma
se lo avesse fatto allora avrebbe dovuto ammettere che si trovava lì e che stava
spiando suo padre e l’Omega.
Perso
nei propri pensieri, Matthew non si rese conto immediatamente dell’istante in
cui suo padre riaprì gli occhi, puntandoli sull’Omega, interrompendo il
movimento frenetico delle proprie labbra, ma riportò la propria attenzione sui
due uomini quando sentì la voce di suo padre.
-Sherlock…-mormorò
l’Alpha in tono spezzato.
Un
sorriso rassicurante apparve sul volto del moro, prima che le sue dita lunghe e
pallide affondassero nelle ciocche bionde dell’Alpha, accarezzandole con estrema
dolcezza.
-Eccoti
qui…Ti avevo perso per qualche istante…-gli disse cercando di mantenere un tono
ironico.
Ciò
che accadde l’attimo dopo scioccò Matthew completamente: suo padre osservò per
un’istante l’Omega dinanzi a sé poi, con uno scatto improvviso, gli gettò le
braccia attorno alla vita nascondendo il volto nel torace
dell’uomo.
Per
un brevissimo istante sembrò che i due uomini dovessero cadere a terra per lo
spostamento d’equilibrio, ma l’Omega riuscì a sostenere entrambi, allacciando le
proprie braccia lunghe attorno alle spalle di suo padre e riportandoli in
posizione eretta.
-Troppi
Alpha?-gli sentì chiedere Matthew, osservandolo mentre affondava una mano fra i
corti capelli dell’Alpha e iniziava ad accarezzarli
lentamente.
Suo
padre restò in silenzio qualche secondo, strofinando più volte il viso contro il
torace dell’uomo.
Perché
si comportava così? Matty non aveva mai visto suo padre così vulnerabile! Che
accidenti gli aveva fatto l’Omega per ridurlo in quello
stato?
-Il
tuo odore…-rispose finalmente John- E’ talmente forte che riuscivo a sentirlo
anche se eri dall’altra parte della palestra e tutto quello che riuscivo a
pensare era che dovevo proteggerti, dovevo far sapere a tutti
che…-confessò.
-Cosa?-chiese
l’Omega con la stessa voce calma e profonda con cui aveva parlato finora, senza
smettere di accarezzare i capelli biondi dell’Alpha.
Finalmente
suo padre rialzò la testa, ritrovandosi faccia a faccia con l’Omega, senza però
fare il minimo accenno a sciogliere il loro abbraccio.
-Non
c’è più alcuna traccia del mio odore su di te-gli disse con voce quasi
addolorata.
-Questo
non cambia la realtà delle cose John…Sono ancora Tuo.
Soltanto
Tuo-lo rassicurò il moro posando la fronte contro quella
dell’Alpha.
Matthew
vide suo padre deglutire e chiudere gli occhi, chiaramente rassicurato a quelle
parole, le dita serrate contro i risvolti del cappotto
dell’Omega.
-Non
c’è più alcuna traccia del mio odore su di te…-ripeté, una nota sconsolata nella
voce.
Matty
prese un respiro profondo e osservò attentamente i due uomini: fin da che aveva
memoria, suo padre era stato la sua roccia, il porto sicuro contro tutte le
tempeste, pronto a rassicurarlo con un piccolo gesto o un
sorriso.
Ed
ora era lì, tremante ed insicuro nelle braccia di un uomo che più volte si era
dimostrato indegno del suo amore e della sua devozione.
Cosa
scattava nella mente di un uomo per ridurlo in quello
stato?
Era
davvero questo l’amore?
Continuando
a seguire l’interazione fra i due uomini, Matty vide l’Omega sollevare il volto
di suo padre con entrambe le mani e sorridergli.
-Allora
dobbiamo rimediare-gli sentì dire.
L’istante
dopo, una mano pallida dalle dita affusolate si insinuò nelle pieghe del
cappotto fino alla camicia e slacciò i primi due bottoni lasciando scoperto il
collo.
-C-
Cosa?-domandò suo padre prima di lanciare uno sguardo veloce al collo lungo e
altrettanto pallido e deglutire nervosamente.
-Mostra
a tutti che sono Tuo, che sono Legato, e che ho il migliore Alpha che potessi
mai desiderare-gli disse l’Omega.
-Sherlock…E’
passato troppo tempo…-rispose suo padre.
Perché
non rifiuta? Perché non si scioglie da quell’assurdo abbraccio e torna in
palestra?
Perché
accidenti è ancora qui?
-Mordimi.
Annusami. Ricoprimi con il tuo odore-continuò l’Omega imperterrito-So che
riuscirai a controllarti-lo rassicurò poi.
-Davvero?-gli
chiese ancora incerto suo padre.
-Assolutamente
certo-
-Come
fai ad esserne così sicuro?-sentì chiedere ancora a suo padre, una nota più
sicura nella voce.
-Quando
è stata l’ultima volta che hai perso il controllo?-gli domandò a sua volta
l’Omega.
Matty
osservò il lungo sguardo che i due uomini si scambiarono, assolutamente convinto
che suo padre si sarebbe tirato indietro da un momento all’altro, rifiutando
l’offerta e ritornando nella palestra, ma sorprendendolo ancora una volta,
l’Alpha compì un movimento veloce, cambiando le loro posizioni e portando
l’Omega con le spalle al muro per poi avvicinare il viso e strofinare la punta
del naso contro il collo e la guancia del moro.
Aveva
iniziato il processo di “scenting”!
Era incredibile che si fosse lasciato convincere da quell’orribile
Omega!
Continuando
a fissare la coppia, Matty vide il volto di suo padre scendere nuovamente verso
il collo lungo del moro, strofinarvi contro la punta del naso più volte,
respirando profondamente l’odore dell’Omega prima di affondare i denti nella
pelle priva di segni dell’altro.
Sotto
le attenzioni di suo padre l’Omega si sciolse completamente, avvolgendo le
braccia attorno alla vita dell’Alpha e reclinando la testa all’indietro contro
il muro leggermente umido, gli occhi socchiusi.
-Mi
sei mancato così tanto…-disse suo padre interrompendo il silenzio teso- Sono
ancora incazzato nero con te… anche se so che non dovrei-aggiunse
poi.
Un
gemito sommesso scappò dalle labbra dischiuse del moro prima che questi
rialzasse leggermente la testa, riportando lo sguardo ancora offuscato sulla
testa bionda di suo padre e deglutisse.
-Lo
so. Hai tutto il diritto di essere arrabbiato con me…-gli sentì
dire.
Almeno
riconosce le sue colpe, pensò Matty.
-Se
penso che ho rischiato di perderti per colpa di quello psicopatico-commentò
l’Alpha, muovendosi verso il lato sinistro del collo dell’Omega mostrando i vari
segni che la sua bocca aveva lasciato sulla pelle candida.
-John…-
A
sentire il suo nome, suo padre rialzò la testa ad incontrare lo sguardo
dell’Omega, un’ espressione seria sul volto.
-Non
ero lì Sherlock! Tu avevi bisogno di me ed io non c’ero.
Sono
il peggior Alpha che ti…-
Le
mani del moro scattarono all’istante per posarsi su entrambe le guance di suo
padre mentre un’espressione determinata cancellava l’aria beata che fino a quel
momento era presente sul viso dell’Omega.
-No!
Tu sei il miglior Alpha che potessi mai avere.
Mi
hai messo davanti ad una scelta ed hai rispettato la mia decisione, prendendoti
cura dei nostri figli per tutti questi anni in maniera
esemplare.
Un
altro Alpha mi avrebbe costretto a restare malgrado fosse consapevole che sarei
stato miserabile per il resto della mia vita-gli disse di nuovo con voce seria e
profonda.
Matty
osservò suo padre riflettere su quelle parole, prima di tornare a posare la
fronte sulla spalla dell’uomo rilassandosi nel suo
abbraccio.
-Ti
dirò tutto quello che vuoi sapere…Tutto quello che ho fatto in questi 8 anni e
non tralascerò nessun dettaglio-disse il moro.
-Me
lo prometti?-
Davvero
suo padre era interessato a sapere cosa era successo all’Omega in quegli anni?
Perché voleva saperlo quando era evidente che l’uomo aveva preferito andare in
giro per il mondo piuttosto che restare con la propria
famiglia?
Ancora
una volta gli sguardi dei due uomini tornarono ad incontrarsi e Matty vide il
breve cenno d’assenso che l’Omega rivolse a suo padre.
-Vieni
al mio appartamento domani e ti racconterò tutto-gli promise
Sherlock.
Quando
Matthew vide suo padre annuire prima di tornare a strofinare la guancia contro
quella dell’uomo, si sentì inspiegabilmente tradito.
Il
bambino aveva accettato di non poter contare su Amy in questa strana battaglia
in quanto la sorella sembrava inspiegabilmente affascinata dall’Omega, ma aveva
creduto fermamente di avere un alleato in suo padre; del resto l’Alpha sapeva
cosa poteva aspettarsi e di cosa era capace l’Omega e avrebbe sicuramente fatto
di tutto per evitare ogni contatto non necessario con
l’uomo.
-Non
sai quanto vorrei baciarti in questo momento…-la voce di suo padre lo riportò al
presente.
Un
sorriso divertito apparve sul volto dell’Omega.
-Che
cosa te lo impedisce?-gli chiese.
-Me
stesso. Se inizio a baciarti non riuscirò più a fermarmi…E’ passato troppo
tempo-gli confessò.
L’Omega
si lasciò andare ad una breve risata profonda che riuscì a strappare un sorriso
anche a suo padre.
-Allora
sarà meglio tornare dentro.
Voglio
mostrare a tutti i miei nuovi segni prima dell’inizio della partita-commentò il
moro in tono serio.
Questa
volta toccò a suo padre scoppiare in una risata piena e divertita che provocò
un’ennesima fitta di gelosia nel bambino.
L’Omega
aspettò che l’eco della risata si fosse completamente spento prima di sciogliere
il loro abbraccio e di chinare la testa in modo da poter posare un piccolo bacio
sulla guancia destra di suo padre.
-Non
hai idea di quanto mi sia mancata la tua risata…-gli disse in un
sussurro.
Incapace
di osservare quello spettacolo per un altro minuto, Matty voltò le spalle alla
coppia e si avviò velocemente alla palestra.
Era
scioccato e ferito da ciò che aveva visto ed era stato uno spettacolo talmente
inaspettato da fargli mettere in discussione le tue certezze: cosa sarebbe
successo ora?
Era
possibile che suo padre riallacciasse i rapporti con
l’Omega?
Doveva
temere che l’uomo si schierasse, come aveva già fatto Amy, con quell’orribile
Omega?
E
in quel caso lui cosa avrebbe fatto?
Avrebbe
permesso che accadesse oppure avrebbe cercato di
impedirlo?
_____________________________
Se
in passato John Watson si era trovato a dover fare i conti con un’Omega
incredibilmente anticonvenzionale di un metro e novanta, capace di spendere
giornate intere sdraiato sul divano in contemplazione del soffitto ed immerso
nei propri pensieri, pronto a sparare al muro del soggiorno al primo accenno di
noia, ora doveva fare i conti con la versione in
miniatura.
Un
metro e dieci dai capelli neri che, contrariamente al proprio padre, preferiva
sfogare la propria rabbia sui tasti bianchi e neri del
pianoforte.
John
aveva capito all’istante che Matty era di pessimo umore, fin da quando era
terminata la partita di calcio di Amy, ma aveva sinceramente sperato che il
ritorno a casa avrebbe mitigato l’umore nero del bambino.
Quella
partita era stata davvero particolare: l’arrivo inaspettato di Sherlock, la
scoperta, grazie alle brillanti deduzioni del detective, che Ellie era attratta
da lui, e soprattutto quello che era successo durante l’intervallo con
Sherlock.
Anche
adesso, a qualche ora di distanza e con la mente più serena, John non sapeva
trovare una risposta alla sensazione che lo aveva colpito pochi istanti prima di
scappare fuori dalla palestra; ricordava benissimo di come si fosse sentito
mancare l’aria, di come riuscisse chiaramente a distinguere l’odore di Sherlock
nel miasma di odori presenti nella palestra affollata e poi ricordava
l’inaspettato senso di possesso che lo aveva colpito neanche un pugno allo
stomaco quando aveva notato le attenzioni dei tre Alpha attorno a
Sherlock.
Era
stato sul punto di fare una scenata, ritrovando solo all’ultimo momento il
controllo sui propri istinti prima di uscire velocemente dalla
palestra.
L’arrivo
di Sherlock in quel vialetto seminascosto era stata una sorpresa ed una
benedizione: John ora si rendeva perfettamente conto di essere quasi caduto in
una “frenesia” dovuta alla sovra stimolazione e senza l’aiuto dell’Omega non
aveva la minima idea di cosa sarebbe potuto succedere.
Sherlock
invece gli aveva parlato con tranquillità, facendogli riprendere il controllo di
sé stesso e lo aveva aiutato a capire quello di cui aveva
bisogno.
Certo,
ora che la parte razionale del suo cervello era di nuovo perfettamente
funzionante, John era decisamente imbarazzato per i segni che aveva lasciato in
bella mostra sul collo perfetto di Sherlock, ma in quel momento la parte animale
di sé aveva il controllo e tutto quello a cui pensava era lasciare il maggior
numero segni possibili del suo possesso sull’uomo.
I
due uomini si erano separati poco dopo la fine della partita, giusto il tempo
necessario perché Amy salutasse Sherlock e gli strappasse una nuova promessa di
rivedersi.
Matthew
dal canto suo aveva evitato l’Omega, restando tutto il tempo con Greg e Martin,
finché non era venuto il momento di avviarsi verso casa ed anche durante il
breve viaggio in taxi era stato incredibilmente silenzioso, proiettando
nell’abitacolo il proprio malumore.
Una
volta giunti nell’appartamento di Baker Street, Amy era corsa nella propria
camera per prepararsi per la notte e Matty si era seduto al pianoforte,
sollevando l’alzatina che copriva i tasti bianchi e neri dello
strumento.
Pochi
istanti e nel salotto erano risuonate le note di una sonata di
Beethoven.
Nonostante
fossero passati anni da quando Sherlock aveva cercato di farlo avvicinare ed
appassionare alla musica classica, John era ancora ben lontano dall’essere un
esperto; aveva delle sonate e dei compositori che conosceva meglio di altri, ma
sicuramente non sarebbe stato capace di riconoscerli alla prima
nota.
Con
Matthew però, era più semplice: la sua musica e la scelta dei compositori era
legata all’umore del ragazzo nel momento in cui si sedeva di fronte al
pianoforte.
Se
era allegro allora avrebbe suonato Gershwin o si sarebbe avventurato in un
genere più insolito come le colonne sonore e se invece era malinconico la sua
prima scelta era sempre Chopin ed i suoi “Notturni”.
Ma
quando era arrabbiato, come in quel caso, c’era un solo autore che lo avrebbe
potuto aiutare a sfogare la propria rabbia e frustrazione:
Beethoven.
Forse
era il compositore che John riconosceva più facilmente negli ultimi
anni.
Quando
le note potenti e veloci iniziarono a diffondersi per la stanza, John lanciò uno
sguardo preoccupato al bambino prima di ritirarsi in cucina per accendere il
bollitore.
Per
i quaranta minuti seguenti non ci fu nessun’ interruzione, una sonata era
seguita all’istante dall’altra, impedendo così all’adulto di intromettersi e di
chiedere al bambino cosa lo avesse reso così furioso, ma negli ultimi dieci
minuti la musica era diventata più forte del solito, portando John a
preoccuparsi che il suono della musica potesse infastidire Mrs.
Hudson.
-Matty…-richiamò
il proprio figlio, sperando che questo capisse il motivo del suo richiamo e
diminuisse il volume.
Al
contrario, Matty prese a pigiare sui tasti con ulteriore veemenza aumentando
così di quasi un’ottava il volume già eccessivo.
-MATTHEW!-esclamò
John, costretto ad alzare la voce per farsi sentire sopra il volume dello
strumento.
La
musica s’interruppe all’improvviso, riportandogli alla mente le tante volte in
cui Sherlock sollevava l’archetto dal proprio violino a metà di una sonata prima
di voltarsi ed incontrare il suo sguardo.
Anche
Matty si voltò leggermente sullo sgabello, permettendogli così di vedere il suo
volto e quando John incontrò i suoi occhi di ghiaccio si sorprese della rabbia
che vi lesse dentro.
Che
accidenti era successo in quelle poche ore per far infuriare a tal punto il
ragazzo?
-COSA
C’è? Che vuoi?-gli domandò Matty con voce seccata e
scortese.
-Potresti
abbassare il volume, per favore?-gli domandò John, evitando di rimarcare il tono
del bambino, convinto che fosse dovuto alla concentrazione
persa.
-In
caso non lo avessi notato non c’è un bottone che posso spingere per abbassare o
alzare il volume-ribatté acido il bambino.
-Bada
a come parli Matthew-lo rimproverò John.
Matty
chiuse con impazienza l’alzatina che ricopriva i tasti e schizzò in piedi,
aggirando il pianoforte per trovarsi di fronte a John, gli occhi ancora pieni di
rabbia.
-Verrà
a vivere con noi adesso?-gli domandò a denti stretti.
John
aggrottò leggermente la fronte.
-Chi?-non
poté evitare di chiedergli.
-Lo
sai benissimo chi! Quell’Omega-rispose sprezzante il
bambino.
John
si passò la punta della lingua sul labbro inferiore e annuì lentamente, dandosi
dello stupido per non aver capito prima cosa avesse provocato la rabbia di suo
figlio.
-Matty
lo so che per te è difficile, ma Sherlock è sempre tuo padre…-iniziò con
cautela.
-LUI
NON è MIO PADRE!!-gridò il bambino scandendo con chiarezza ogni parola e dando
voce a tutta la rabbia che lo animava.
Un’
espressione seria apparve sul volto di John dinanzi a quello scatto di
rabbia.
-Se
vuoi avere questa conversazione con me ti consiglio di controllare il tono della
tua voce, altrimenti puoi andare nella tua stanza giovanotto-lo avvertì con
quella che Sherlock aveva sempre chiamato la voce del “Capitano
Watson”.
Matthew
sbuffò seccato.
-Ti
stai già schierando dalla sua parte-commentò amareggiato.
John
scosse la testa, facendo un passo verso il bambino.
-Come
puoi credere che sarei capace di schierarmi con l’uno o con l’altro? Lui è il
mio Omega e tu sei mio figlio…E’ semplicemente impossibile!-gli disse
sincero.
-Un
Omega indegno che ci ha lasciato ed è sparito per anni senza mai preoccuparsi di
darti alcun’informazione…-
-Matt
non dovresti davvero giudicare senza prima conoscere tutti i fatti-lo ammonì
John.
-Ah
davvero?-gli domandò il bambino, un velo d’ironia nella voce- Allora spiegami
perché sei ricoperto del suo odore-lo esortò poi.
L’istante
dopo il bambino scosse la testa, interrompendo sul nascere qualsiasi risposta di
John.
-Anzi
lascia perdere. Ti ho visto-gli disse in tono accusatorio.
John
aggrottò la fronte, leggermente confuso.
Era
possibile che Matty avesse assistito al suo breve interludio con
Sherlock?
-Che
cosa hai visto?-gli domandò.
-Ti
ho visto con l’Omega fuori dalla palestra-rispose prontamente il
bambino.
La
fronte di John si corrugò ancora di più.
Era
sinceramente imbarazzato che Matthew lo avesse visto così vulnerabile, ma
un’altra parte di sé era infastidita in quanto si rendeva conto che non era
successo per caso: Matty li aveva seguiti di proposito, aveva spiato un momento
chiaramente privato ed ora se ne stava servendo per accusarlo di un crimine che
non aveva commesso.
-Mi
stavi spiando?-gli domandò, la voce più ferma a mostrare la propria
disapprovazione.
-Stavo
cercando di proteggerti!-ribatté prontamente il bambino, iniziando a camminare
avanti ed indietro nervosamente- Quell’Omega è pericoloso e farebbe di tutto per
mettersi fra di noi-aggiunse.
-Che
cosa? Andiamo Matty questo è assurdo…-commentò John
incredulo.
All’ennesima
replica del padre, Matthew si lasciò andare ad un ringhio frustrato per poi
incontrare gli occhi dell’adulto.
-Possibile
che tu sia così cieco?-gli domandò alzando nuovamente la
voce.
John
restò in silenzio, ogni muscolo del proprio corpo a mostrare la propria
disapprovazione per le parole ed il comportamento del bambino.
-Ti
ha permesso di morderlo ed annusarlo perché così sarete più vicini e rafforzerà
i tuoi istinti verso di lui…Fa tutto parte di un piano!
Prima
che tu possa fare qualcosa per impedirlo, inizierà il suo Estro e allora i tuoi
istinti ti costringeranno ad aiutarlo, dandogli la scusa che sta aspettando da
settimane per trasferirsi in casa nostra e ripiombare nelle nostre
vite.
Fa
tutto parte di un piano e prima che tu te ne renda conto sarà troppo tardi per
liberarsi di lui.
Accidenti!
E’ soltanto biologia…Possibile che non riesci a controllarti?-gli domandò con
voce quasi tagliente.
John
restò in silenzio finché non fu sicuro che Matty avesse concluso, le braccia
incrociate all’altezza del petto, lo sguardo fisso sul volto del bambino, ancora
incredulo per le cose che Matthew gli aveva appena vomitato
addosso.
Si
schiarì la gola e alzò leggermente la testa, assumendo una posizione quasi
militare.
-In
questo momento ti stai comportando e stai parlando esattamente come la persona
che dici di odiare così tanto-iniziò.
Matty
fece per ribattere, offeso dall’insinuazione, ma John lo bloccò con uno sguardo
severo, convincendo il bambino a restare in silenzio.
-Se
durante questi anni avessi trovato un’altra Omega lui probabilmente avrebbe
detto le stesse cose che hai appena detto tu.
Hai
ragione, Sherlock è un uomo pericoloso.
Lo
è sempre stato, fin dal primo giorno che ci siamo incontrati, ma invece di
scappare lontano, mi sono ritrovato a corrergli dietro oppure al suo fianco
perché lui ha questa straordinaria capacità, proprio come te e tua sorella, di
rendere ogni singolo giorno della mia vita unico e
speciale.
Ma
hai anche torto-aggiunse, cancellando il lieve sorriso compiaciuto che era nato
sulle labbra di Matthew all’inizio del suo discorso.
-Sherlock
sa perfettamente che la mia priorità al momento siete tu ed Amy, non importa
quali siano i miei sentimenti verso di lui, e mi ha promesso che non interferirà
nel nostro rapporto perché è consapevole che sarebbe il modo più efficace e
veloce per rovinare tutto.
Ha
permesso che lo annusassi e lo mordessi perché stavo per scivolare in una
“frenesia”: sapevo che il mio Omega era nelle vicinanze, ma non riuscivo a
scovare nessuna traccia del mio odore su di lui ed avevo paura che potesse
essere oggetto delle attenzioni degli altri Alpha, come in effetti è
accaduto.
Ero
sul punto di fare una scenata, ma Sherlock è riuscito a calmarmi e a farmi
tornare in me, permettendomi di riaffermare il mio possesso su di
lui.
Lo
ha fatto per me. Per la mia salute. Non per rendere più forte il nostro Legame o
la sua morsa su di me.
Il
nostro Legame è sopravvissuto a 8 anni di separazione, durante tre dei quali ho
davvero pensato che fosse morto.
Credi
sul serio che si servirebbe di questi trucchetti per tenermi Legato a sé?-gli
domandò John.
-Lui
sa che hai considerato l’idea di rompere il vostro Legame….-gli fece notare
Matty.
John
scosse la testa.
-Tesoro
ti voglio bene, ed ho promesso di rispondere a tutte le tue domande, ma ci sono
questioni troppo personali che non ti riguardano e che sinceramente sono
difficili da capire anche per me…
Però
posso rispondere ad un’altra questione-disse l’Alpha cambiando argomento-
Onestamente non so nulla sull’Estro di Sherlock, è passato troppo tempo, non so
neanche se stia prendendo dei soppressori, ma so che se dovesse andare in Estro
io gli sarò accanto.
Questo
però non significa che Sherlock avrebbe il “via libera” per ritornare qui: ne
abbiamo parlato e lui sa che può tornare a casa soltanto quando sia tu che tua
sorella sarete a vostro agio in sua presenza.
E
non lo faccio soltanto per far star zitta la mia natura.
Il
mio rapporto con Sherlock è…E’ molto più complesso Matty: sono trent’anni di
vita in comune, di amicizia, di segreti e scoperte, di lacrime e risate, di
litigi furiosi e porte sbattute, di abbracci e baci.
Sherlock
è la persona più importante della mia vita, e non perché la mia natura mi dice
che è il mio compagno ideale, ma perché è sempre stato presente nei momenti più
significativi della mia vita, non importa se belli o brutti, e malgrado le
apparenze è il migliore Omega che potessi desiderare.
Non
sai quanto darei perché tu potessi rendertene conto…-concluse con una nota
triste nella voce altrimenti ferma.
Matty
abbassò la testa, incapace di sostenere ulteriormente lo sguardo del
padre.
-Finirà
per farti del male…-mormorò.
John
annuì.
-Sicuramente.
Ma
anche io gli farò del male; litigheremo e uno di noi se ne andrà sbattendo la
porta, ma alla fine finiremo per fare la pace…Abbiamo sempre fatto questo
balletto e probabilmente continueremo a farlo finché saremo troppo vecchi per
urlarci contro.
E’
così che funziona in una coppia-commentò.
-Non
mi fido di lui…-ribatté ancora Matty rialzando lo sguardo sul volto
dell’adulto.
La
rabbia che fino a quel momento aveva animato il bambino era finalmente
scomparsa, ma al suo posto era comparsa un’insicurezza insolita per Matty che
strinse il cuore di John.
Seguendo
il proprio istinto annullò la distanza fra di loro ed avvolse le braccia attorno
al bambino, premendolo contro di sé, respirando a pieni polmoni l’odore
peculiare di Matthew e sorridendo sollevato quando sentì le braccia esili e
lunghe del ragazzo stringersi attorno alla sua vita.
-Lo
so tesoro…Ma ti prego, dagli una chance-gli disse con voce calma e
rassicurante.
Matty
si allontanò di un passo in modo da poter incontrare i suoi occhi e lo fissò con
uno sguardo risoluto.
-No.
Mi
avevi promesso che non avremmo più parlato di quest’argomento-gli
ricordò.
John
sorrise.
-Sei
stato tu ad iniziare questa conversazione figliolo.
E’
vero, ho promesso che non ti farò pressioni, ma non puoi certo aspettarti che
resti in un angolo senza fare nulla-gli disse.
Matty
sospirò chiaramente frustrato e John gli accarezzò i riccioli disordinati,
riflettendo in silenzio per qualche istante.
-Immagina
per un istante se la situazione fosse stata diversa, se io fossi stato al posto
di Sherlock, cercando ogni scusa per avvicinarmi a te e ad Amy dopo tutti questi
anni-gli disse.
Matthew
scosse la testa.
-Tu
non ti saresti mai comportato come lui-replicò con ferma convinzione, rifiutando
l’idea categoricamente.
John
sorrise triste.
-La
vita alle volte è imprevedibile amore mio.
Tu
avresti avuto un ottimo rapporto con Sherlock, di questo ne sono certo…Ma mi
avresti permesso di conoscerti? Sapendo quello che sai ora, sul rapporto che
abbiamo io e te e conoscendo quello a cui avresti rinunciato?-gli domandò,
invitandolo a riflettere.
Matty
fissò a lungo il suo sguardo prima di scuotere la testa.
-Non
lo so…Probabilmente no-ammise alla fine.
John
annuì.
-Così
non sapresti mai cosa hai perso-gli disse abbassandosi sulle ginocchia per
essere alla stessa altezza del bambino.
-Ecco
perché insisto nel dirti che devi dargli una possibilità: non hai idea di quanto
sei importante per me e quanto io ti amo, quanto sia importante per me la nostra
relazione padre e figlio, ma sono consapevole che alle volte ti deludo perché
non riesco a tenere il passo con la tua meravigliosa intelligenza…-gli disse
sincero.
Matthew
scosse la testa con veemenza.
-Tu
non mi deludi mai!-replicò con fermezza.
John
sorrise e fece scivolare la mano che fino a quel momento era fra i folti capelli
neri fino alla guancia destra.
-La
mia mente non è veloce come la vostra tesoro, è qualcosa che ho accettato molto
tempo fa…Io sono il “conduttore di luce” e lui il genio.
Ma
la mente di Sherlock è attenta e acuta come la vostra e potrebbe aiutarti a
scoprire delle capacità nascoste che ancora non sai di
possedere.
Ecco
perché ti chiedo di nuovo di riflettere a lungo prima di decidere di negargli la
possibilità di conoscerti-gli disse serio.
Matty
annuì lentamente rifugiandosi nuovamente nelle braccia di suo padre, posando la
testa sulla spalla destra, le parole che l’adulto gli aveva appena dentro che si
rincorrevano freneticamente nella sua mente.
-Ho
bisogno di riflettere…Posso andare in camera mia?-gli domandò con un filo di
voce.
John
annuì e lo osservò avviarsi a passi veloci verso la scala che lo avrebbe
condotto nella propria stanza prima di rialzarsi e strofinarsi una mano sul
volto.
Improvvisamente
si sentì esausto.
Quella
giornata era stato un susseguirsi di emozioni e anche lui come Matty aveva
bisogno di riflettere a lungo sul da farsi.
Aveva
decisamente bisogno di qualcosa di più forte del tea per arrivare alla fine di
quella giornata.
_________________________________
Nonostante
non volesse ammetterlo neanche a sé stesso, Sherlock Holmes era
deluso.
Aveva
sinceramente sperato che John mantenesse la sua promessa e si presentasse nel
suo appartamento di Montague Street.
Dopo
una notte insonne passata a ripensare a quello che era successo fra di loro,
accarezzando inconsciamente con la punta delle dita i segni viola che John gli
aveva lasciato sul collo, il detective aveva calcolato che l’ arrivo di John era
quasi certo per quella mattina, mentre i gemelli erano a scuola; ma mentre le
ore passavano lente e non c’era alcun segno dell’uomo le sue convinzione erano
venute meno portandolo a chiedersi se avesse male interpretato quel breve
momento di intimità.
O,
peggio, se John avesse deciso di cancellarlo dalla propria mente considerandolo
un errore.
Incapace
di sfogare la propria frustrazione come avrebbe voluto, Sherlock torturò il
proprio violino ottenendo dallo strumento dei suoni sgraziati e senza alcun
senso, cercando di tenere impegnata la propria mente e non ritornare con il
pensiero a quei brevi istanti in cui John era stato incredibilmente vicino,
senza le barriere che aveva inevitabilmente alzato fin dal suo ritorno,
permettendogli di scorgere i suoi veri sentimenti.
Il
messaggio era arrivato durante la “tortura” del violino e Sherlock, avendo
abbandonato il proprio cellulare sul tavolo della cucina nel tentativo di
controllarsi e non tempestare John di messaggi e telefonate, lo lesse soltanto
quindici minuti dopo.
Baker
Street. Se ti è possibile, vieni subito. –JW
Due
minuti il primo era arrivato un secondo messaggio.
Se
non ti è possibile, vieni subito –JW
Sherlock
aveva recuperato soltanto il proprio cappotto ed era corso fuori dalla porta
dell’appartamento, senza controllare di avere con sé le chiavi di casa o il
portafogli.
L’attimo
dopo era in strada, un taxi nero fermo dinanzi a lui, in attesa di farlo
salire.
-Baker
Street. Cinque sterline di mancia se arrivi lì il prima possibile- gli promise
dopo essersi accertato della presenza del portafogli nella tasca interna del
Belstaff.
In
meno di dieci minuti era arrivato a destinazione e, dopo aver lanciato una
manciata di banconote al taxista si diresse a passi veloci verso la porta nera
del palazzo e, senza perdere tempo a suonare il campanello, estrasse da una
delle tasche il kit da scassinatore ed aprì la porta in pochi
secondi.
-John?-chiamò
chiudendosi la porta alle spalle iniziando a salire le scale
velocemente.
Quando
arrivò in cima, di fronte alla porta dell’appartamento B, la spalancò senza la
minima esitazione, ed entrò nell’appartamento fronteggiando il salotto e facendo
girare il cappotto aperto attorno a sé con la velocità dei propri
movimenti.
La
scena che lo accolse lo lasciò di stucco: perfettamente rilassato, John Watson
era seduto comodamente nella propria poltrona con un giornale fra le mani ed una
tazza di tea sistemata sul tavolino poco distante.
Sentendolo
il trambusto provocato dal suo arrivo alzò lo sguardo dal quotidiano e nel
momento in cui i loro sguardi si incontrarono, un sorriso distese le sue
labbra.
-Ciao
Sherlock.
Ti andrebbe una tazza di tea?-
Salve a tutti!!!! E ben ritrovati! Come state?
Spero siate rimasti soddisfatti dal capitolo, malgrado la sua lunghezza di cui mi scuso ancora una volta, ma come al solito quando inizio a scrivere ho il capitolo bene in mente e rendere il capitolo più breve significherebbe spezzarlo a metà e fargli perdere di significato.
Spero sinceramente che il piccolo vocabolario all'inizio vi sia stato d'aiuto, in caso contrario, non esitate a chiedere!
Ed ora direte voi...Ma non è ciò che è successo alla fine?
No! Tranquilli...Anche se può sembrare che abbia dimenticato un pezzo, il capitolo è finito, con un piccolo cliff-hanger lo ammetto, ma potete considerarlo finito.
Nel prossimo riprenderemo esattamente da questo istante e spiegherò cosa è passato per la mente di John per spingerlo a mandare qui messaggi.
Ringrazio tutti coloro che leggeranno e recensiranno questo capitolo e chiedo scusa per eventuali errori di battitura e/o ortografia.
Il titolo del capitolo è una frase presa da "Runaways" dei The Killers e la frase in corsivo è tratta da "It's a hard life" dei Queen.
Ed ora i ringraziamenti:Nidia1956(Grazie per i complimenti!! E benvenuta!),Music_lou(Grazie per i complimenti!Comehai già notato qualcosa di non detto c'è, ma si scoprirà più avanti...Anche io adoro i flash-back del passato, è forse l'unico modo che ho per mostrare il vero legame che c'è fra i Johnlock riuscendo ad amalgamare momenti tristi, come nello scorso capitolo e momenti divertenti come in questo; d'altronde sarebbe stato impossibile raccontare 30 anni di vita insieme in un solo capitolo XD),Damon_Soul93(Spero di non averti fatto aspettare parecchio,ma con un'altra FF in dirittura d'arrivo è una situazione un pò caotica... XD Grazie dei complimenti!!!Come è stato messo in evidenza da questo capitolo, i sentimenti di John sono in conflitto: non soltanto x via dei figli, maanche perchè lui è pieno di rabbia sia verso Sherlock che verso sè stesso x non essere stato accanto a Sherlock quando il detective ha avuto a che fare con Moriarty...Per scoprire il motivo per cui Sherlock ha lasciato la famiglia quando i gemelli erano ancora neonati bisognerà aspettare ancora un pò, ma prometto che spiegherò tutto e se sarò abbastanza brava vi lascerò a bocca aperta...Finger crossed),Luuuuuula(Grazie per i complimenti! Nella mia mente Amelia è una versione in miniatura di John, quindi è ovvio che Sherlock straveda per lei, anzi sarebbe strano il contrario...Pensando a Matty e Sherlock invece mi viene in mente il classico "Scontro fra Titani" XD Sono entrambi testardi e cocciuti, caparbi quanto basta per ottenere sempre quello che vogliono, ma in questo caso tutti e due vogliono avere la meglio sul povero John che si trova nel mezzo...Povero! :( Venendo a noi: come hai detto tu, c'è l'avviso per Mpreg e posso già dirti che come è successo nell'altra FF ci saranno scene Slash...Ciò che non posso dirti è se l' Mpreg dell'avviso è o meno quella dei gemelli...).
Bene per il momento è tutto, io vi saluto e vi do appuntamento al prox capitolo...
"Under Pressure"
Baci,Eva.
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