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Autore: crazy640    27/05/2014    10 recensioni
C’era stato un tempo in cui un uomo dai capelli neri, completamente pazzo, lo faceva correre per le strade di Londra a qualsiasi ora del giorno e della notte a caccia di ladri e assassini, mettendolo nei guai con i suoi colleghi della clinica ed i suoi pazienti…e rendendolo incredibilmente felice.
Quando quel meraviglioso pazzo era uscito dalla sua vita con un gesto drammatico del suo lungo cappotto senza neanche guardarsi indietro, nella sua vita erano rimaste solo tre cose: il suo lavoro, Amelia e Matthew.
Ed erano state queste tre cose che gli avevano impedito di lasciarsi andare e crollare.
Da sei anni le sue giornate erano organizzate in modo quasi militare:ogni giorno la stessa tabella di marcia.Nessuno dall'esterno avrebbe mai immaginato che in quella macchina bene oliata ci fosse un importante pezzo mancante ed era passato talmente tanto tempo dall'ultima volta che qualcuno gli aveva fatto domande sulla sua Omega che se per caso si ritrovava ad affrontare quell'argomento con un estraneo, John si limitava a fare un’espressione triste e a scuotere la testa, mettendo a disagio il suo interlocutore.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: Mpreg
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I knew that when I held you, I wasn't lettin' go

 

 

WARNING:In questo capitolo ci sono parole normalmente sconosciute nel mondo delle FF, che si incontrano spesso nell'Omegaverse.

Quindi ecco a voi un  piccolo vocabolario del mondo Omega:

"Scenting": Uno dei passi fondamentali per instaurare un Legame fra un' Omega e un'Alpha Non Legati. L'Omega scopre il collo privo di segni verso l'Alpha mostrando il proprio interesse e dando così il proprio benestare all'Unione.

Nel caso di una coppia Legata, si usa il scenting quando una coppia è stata lontana molto tempo oppure a contatto con molti Alpha, o in casi estremi quando ci si ritrova in situazioni di pericolo o di stress.

"Frenesia": Legato in parte al "scenting". Quando una coppia di A/O si ritrova in una situazione come quella che stanno vivendo Sherlock e John, l'odore di Sherlock avrà soltanto un vago ricordo dell'odore del proprio Alpha; in questo caso, altri Alpha potrebbero cercare di fare le proprie avances all'Omega per allontanarla dall'Alpha.

Se in quelle occasioni l'Alpha è nei paraggi i propri istinti prendono il sopravvento, scatenando una "frenesia" che se non controllata in tempo lo potrebbe portare a sfidare gli "avversari" per dimostrare la propria superiorità ed i propri privilegi nei riguardi dell'Omega.

Detto questo, spero di esservi stata di aiuto e vi auguro buona lettura! A dopo...

 

 

“It's a hard life 
To be true lovers together 
To love and live forever in each other’s hearts 
It's a long hard fight 
To learn to care for each other 
To trust in one another right from the start 
When you're in love


L’anno seguente la morte di Cynthia Watson fu il più difficile per John.

Neanche una settimana dall’episodio del salice piangente si svolsero  i funerali a cui tutta la famiglia Holmes partecipò in segno di rispetto e di affetto.

Prima che la cerimonia iniziasse Sherlock aveva provato a sedersi accanto a John per mostrargli il proprio sostegno, ma suo padre lo aveva ripreso e costretto a sedersi due panche indietro, lasciando così John da solo con il suo dolore.

Nelle settimane e nei mesi successivi, la vita di Sherlock era ritornata sui soliti binari fatta di noiose ed inutili lezioni durante la settimana e due meravigliosi giorni in cui John arrivava al Manor per stare con lui.

L’Omega però era sempre distante, quasi costantemente distratto e soggetto a cambiamenti d’umore repentini che lo portavano a sfogare la propria rabbia sul primo oggetto che gli capitava fra le mani e, una volta liberatosi dal livore, afflosciarsi neanche un sacco vuoto sul pavimento, completamente privo di forze, gli occhi blu oceano pieni di lacrime.

Sherlock non era mai stato un ragazzo capace di empatia ed ora che a undici anni e mezzo si ritrovava quasi quotidianamente a combattere con emozioni o comportamenti che non riusciva a comprendere e che lo confondevano si rendeva conto di essere completamente impreparato ad affrontare situazioni simili.

Gli avevano sempre insegnato a controllare le proprie emozioni, fin dalla tenera età, rendendolo consapevole che queste potevano essere delle “armi” usate contro di lui, e venire a contatto con la chiara sofferenza di John lo destabilizzava, dimostrandogli per la prima volta quanto fosse incapace nel suo ruolo di Alpha.

John stava soffrendo. Possibile che lui, il suo Alpha, la prima persona a cui John si rivolgeva per avere conforto, non era in grado di far nulla per alleviare quel dolore?

Malgrado le sue insicurezze però, John sembrava sereno ogni volta che erano insieme: quella rabbia che lo accompagnava da mesi sembrava quietarsi portando il ragazzo a rilassarsi completamente e a godere della compagnia del proprio Alpha, anche soltanto restando in silenzio e osservandolo immerso nei propri esperimenti spronandolo così ad esporgli i propri pensieri o considerazioni sull’esperimento arrivando qualche volta a prendere appunti su un piccolo taccuino, o nei suoi esercizi al violino, sereno come poche volte in quei lunghi mesi.

Il giorno del tredicesimo compleanno di John, il 31 Marzo, il giovane Omega, contrariamente agli anni passati, aveva categoricamente vietato alla propria famiglia e agli Holmes di organizzare una festa.

John si sarebbe trovato al Manor durante il suo compleanno e Sherlock era deciso a rispettare la sua volontà ma allo stesso tempo era incapace di mettere a tacere la voce Alpha nel suo cervello che lo obbligava a fare qualcosa per rasserenare John e per dimostrargli quanto fosse apprezzato.

Aveva pensato a lungo ad un possibile espediente per “raggirare” John e raggiungere il proprio obiettivo senza rischiare di incorrere nell’ira del ragazzo e alla fine aveva trovato una soluzione.

L’unica soluzione che lo avrebbe soddisfatto senza però venire incontro alla volontà di John.

-Voglio fare un esperimento-

Erano nella sua camera da letto, la pioggia battente che scrosciava sui vetri delle finestre ed impediva loro di avventurarsi in giardino.

John fino a quel momento aveva concentrato la sua attenzione sul libro che aveva fra le mani, lasciando spazio a Sherlock per i propri esercizi di musica, ma quando sentì la voce del giovane e l’improvvisa interruzione della sinfonia alzò lo sguardo sul volto dell’Alpha, aggrottando leggermente la fronte.

-Ok. Che tipo di esperimento?-gli domandò con cauta curiosità.

Non era certo la prima volta che Sherlock esclamava quella frase, e sicuramente non era la prima occasione in cui un piano apparentemente semplice comportava inaspettate sorprese o effetti collaterali.

Sherlock ripose il proprio violino ed archetto nella custodia con cura per poi avvicinarsi a John, lasciandosi cadere sul letto accanto al ragazzo.

-Voglio che tu mi baci-gli disse fissando il volto dell’Omega.

John alzò le spalle, mettendo da parte il proprio libro.

-Va bene. Avresti potuto semplicemente chiedere-commentò con voce serena, l’accenno di un sorriso sulle labbra.

L’attimo dopo si avvicinò a Sherlock, posando un bacio veloce sulla guancia destra del ragazzo, allontanandosi l’istante successivo.

-Che te ne pare?-gli domandò incontrando i suoi occhi.

Sherlock alzò gli occhi al cielo, trattenendo a stento un sospiro frustrato.

-Noioso. Non è questo quello che ti ho chiesto-mugugnò.

La fronte di John tornò a corrucciarsi ed il suo volto mostrò un’inaspettata insicurezza alle parole dell’amico.

-Voglio un bacio vero-gli spiegò Sherlock.

-Cosa?-esclamò John incredulo, incapace di nascondere lo stupore che si dipinse chiaramente sul suo volto.

Sherlock incrociò le gambe sotto di sé, cercando di contenere in pochi gesti l’energia nervosa che sembrava essersi impadronita di lui e tornò a fissare l’Omega.

-Non capisco perché ti stupisci tanto-disse con voce calma.

-Forse perché è la prima volta che mi chiedi un bacio?-domandò a sua volta John.

Questa volta Sherlock lasciò andare il respiro frustrato che aveva trattenuto tanto a lungo.

-Dovremmo pur cominciare da qualche parte…-commentò il moro.

John inarcò un sopracciglio.

-Stai dicendo sul serio?-

-Certo che sì! Non voglio arrivare al tuo primo Estro senza avere la più pallida idea di cosa fare.

Il bacio è il primo passo verso il processo che dovremmo affrontare insieme e considerato che ci sono procedimenti più complicati di questo…-spiegò ampiamente Sherlock.

John annuì velocemente cercando di interrompere quel fiume di parole.

-Penso che possiamo saltarli per il momento, non credi anche tu?-gli disse, mentre un lieve rossore si dipingeva sulle guance del biondo.

-Va bene…Ma devi ammettere che la mia richiesta non è per niente assurda-ribatté ancora Sherlock.

John scosse la testa.

-No, direi di no…Come hai detto anche tu, dovremo pur cominciare da qualche parte-

Un sorriso vittorioso apparve sulle labbra dell’Alpha.

Era sempre sorprendente vedere come John decidesse di affidarsi a lui, come si fidasse completamente di lui, anche se in passato aveva avuto delle dimostrazioni che il più delle volte non era la scelta più saggia.

-Eh va bene-concesse alla fine John-Da dove cominciamo?-

-Ho fatto qualche ricerca…-iniziò.

John ridacchiò, coprendo subito la bocca con una mano quasi si vergognasse.

-Scusa…Perché non ne sono sorpreso?-lo punzecchiò.

Sherlock lo fissò con per qualche istante pronto a ribattere prima di scuotere la testa e sostenere lo sguardo del biondo in silenzio.

-Mi lasceresti…-domandò.

Perché accidenti si sentiva in imbarazzo ora?

Non era mai in imbarazzo con John, neanche quando parlavano del loro futuro come coppia! Quella era la prima volta in cui si sentiva a disagio con John e la cosa non gli piaceva per niente.

Fortunatamente John gli venne in soccorso, scoccandogli quel sorriso rassicurante ed affettuoso e annuendo impercettibilmente.

Con una lentezza che non gli si addiceva affatto Sherlock si avvicinò a John finché i loro volto furono ad una minima distanza l’uno dall’altro e quando i loro sguardi si incontrarono, annullò lo spazio fra di loro con un movimento veloce facendo incontrare le loro labbra con un gesto impercettibile provocando uno schiocco che risuonò nella stanza silenziosa.

Il moro ritornò nella sua posizione originale, la distanza fra i loro corpi nuovamente ristabilita, lo sguardo impegnato a carpire ogni più piccola ed insignificante informazione.

-Come è andata?-domandò qualche secondo dopo.

John alzò le spalle.

-Come se fosse stata mia zia a baciarmi-rispose timidamente il ragazzo.

Questa volta toccò all’Alpha aggrottare la fronte, sinceramente confuso.

-Da quando tua zia ti bacia sulle labbra?-gli chiese.

John alzò gli occhi al cielo e scosse la testa.

-E’ un modo di dire Sherlock!

E’ stato un bacio molto gentile e breve…Non l’ho quasi sentito-commentò considerando brevemente le proprie sensazioni.

Dalle informazioni che aveva raccolto durante la sua ricerca, Sherlock era giunto alla conclusione che l’unione delle labbra di due persone innamorate poteva essere un’esperienza davvero piacevole, al punto da voler essere ripetuta più volte di seguito.

Ma se doveva essere sincero con sé stesso, Sherlock non aveva avuto il tempo di raccogliere informazioni vista la brevità del gesto, e se avesse dovuto prendere una decisione basandosi soltanto su quel test allora avrebbe cancellato i baci dal suo Palazzo Mentale considerandoli irrilevanti.

-Mh…Forse dovremmo provare di nuovo?-domandò incerto.

John annuì.

-Forse questa volta dovrebbe durare un po’ di più-propose John insicuro quasi quanto lui.

Ancora una volta la fronte di Sherlock si aggrottò, mostrando la propria confusione.

-Quanto dovrebbe essere lungo?-gli chiese, la curiosità scientifica che faceva capolino nella sua voce.

John si passò una mano alla base del collo e abbassò lo sguardo.

-Non lo so…Vuoi cronometrarlo?-

-Ottima idea John!-esclamò entusiasta Sherlock.

-Stavo scherzando Sherlock!-ribatté prontamente il biondo riportando lo sguardo sull’amico.

L’Alpha sbuffò, sinceramente seccato per aver perso un’opportunità così ricca di dati.

-Va bene…Allora diciamo 30 secondi.

E cerca di seguire le mie labbra questa volta-aggiunse prima di avvicinarsi nuovamente a John.

Il biondo annuì.

Questa volta si accorsero entrambi che il bacio era diverso: fu più lungo, forse anche più dei 30 secondi che avevano stabilito, le labbra sottili di John si incastrarono quasi perfettamente con quelle morbide e gonfie di Sherlock seguendo i movimenti accennati e goffi dell’Alpha e quando finalmente si separarono un sorriso imbarazzato apparve sulle labbra di John.

-Questo era decisamente un bacio vero-mormorò John, quasi avesse paura di farsi sentire da qualcun altro oltre a Sherlock.

L’Alpha sorrise sinceramente felice del risultato ottenuto.

-Sei soddisfatto?-domandò John, un adorabile rossore sulle guance.

-Non lo so.

E’ stato meglio del primo, questo è certo, ma nelle mie ricerche ho letto che qualche volta si usa anche la lingua-disse il moro.

-Per cosa?-chiese leggermente confuso John.

-Una persona spinge la lingua nella bocca dell’altro-spiegò brevemente Sherlock.

-Poi che succede?-

Sherlock alzò le spalle.

-Non ne ho idea.

La mia ricerca non ha prodotto risposte utili al riguardo-commentò leggermente seccato di non avere una risposta esaustiva.

John ridacchiò leggermente, consapevole di quanto l’Alpha odiasse essere all’oscuro di qualcosa.

-Sembra un po’ violento…-commentò.

-Da quanto ho letto alla gente piace-rispose sinceramente sorpreso Sherlock.

John annuì.

-Mh…Vogliamo provare?-gli domandò incerto l’altro.

-A te va?-

-In nome della scienza, giusto?-gli ricordò con un sorriso John.

Sherlock annuì ricambiando il suo sorriso.

-Voglio provare io questa volta-disse John sporgendosi verso l’amico.

John voltò leggermente il corpo verso quello di Sherlock in modo che i loro volti fossero nuovamente uno di fronte all’altro e gli rivolse un sorriso timido, mettendo in mostra tutta la sua inesperienza e la sua curiosità per “l’esperimento”, per poi avvicinare i loro volti per la terza volta.

Quando fu ad una minima distanza dalla bocca di Sherlock si inumidì il labbro inferiore con la punta della lingua, chiedendosi velocemente se Sherlock gli avrebbe permesso di fare lo stesso con il suo perfetto labbro inferiore, ma prima che potesse fare qualsiasi mossa, l’Alpha spalancò completamente la bocca, assumendo così un’espressione buffa che inevitabilmente fece ridere John.

Risentito dalla risata mal trattenuta di John, Sherlock si tirò indietro, l’orgoglio ferito per il gesto dell’amico.

-Non dovresti ridere!-lo rimproverò con voce seria, sperando con tutto sé stesso che i suoi sentimenti feriti non fossero chiari nelle sue parole.

-Lo so, mi dispiace…-disse John, accarezzandogli inaspettatamente una gamba-E’ solo che avevi un’aria così buffa!-commentò, ridacchiando nuovamente.

Sherlock sbuffò e fece per alzarsi in piedi.

-Lasciamo perdere!-

Le mani di John gli afferrarono un polso l’istante prima che potesse allontanarsi, convincendolo a sedersi un’altra volta.

-Aspetta, mi dispiace. Davvero.

Fammi provare un’altra volta-gli disse.

Ancora una volta John si avvicinò all’Alpha, trattandolo quasi fosse un’animale selvatico spaventato ed una volta a poca distanza prese il volto di Sherlock fra le mani e gli sorrise rassicurante.

Remore dell’errore precedente, Sherlock lasciò la bocca chiusa e restò in attesa.

John posò le labbra su quelle di Sherlock con delicatezza, accarezzandole più volte quasi volesse chiedergli scusa con quel gesto per la poca delicatezza dimostrata l’attimo prima; lasciandosi guidare dall’istinto fece scivolare la punta della lingua sul labbro inferiore del moro convincendolo così a dischiudere leggermente la bocca permettendogli  così di insinuare la lingua nella sua bocca dove toccò timidamente i denti perfetti prima di incontrare la sua gemella.

Quando finalmente si separarono, i volti di entrambi erano rossi per l’imbarazzo e, consapevole che Sherlock avrebbe desiderato un po’ di privacy, John tornò a ritirarsi nel proprio angolo, lo sguardo sul copriletto blu notte.

-Come è stato per te?-gli domandò.

-Bagnato-commentò Sherlock prontamente, immerso nei propri pensieri-Ancora non capisco perché le persone vorrebbero mettere la lingua nella bocca di un altro, ma non è stato terribile…-aggiunse.

La sua mente era in tumulto, cercando di catalogare le emozioni provate con quell’ultimo bacio e chiedendosi cosa John stesse provando.

-Personalmente penso che il bacio migliore sia stato l’ultimo-commentò John.

-Guarda caso proprio quello in cui avevi tu il comando…-ribatté ironico Sherlock, senza alcuna malizia.

John accennò un sorriso, arrossendo ancora di più al ricordo delle sue azioni.

Sherlock sospirò.

Aveva bisogno di tempo e di silenzio per riflettere su quello che era accaduto: quell’esperimento doveva essere un regalo per John invece aveva avuto degli effetti collaterali anche su di lui.

-Ho molte informazioni da catalogare-esclamò ponendo così fine alla conversazione.

John annuì e riprese il proprio libro, dimenticato nell’istante in cui era iniziato quel pazzo esperimento, sistemandosi comodamente con la schiena contro lo schienale del letto.

L’attimo dopo Sherlock gli era addosso: il corpo sistemato fra le sue gambe aperte e la testa di riccioli neri sul torace, incastrandosi perfettamente per non dar fastidio all’Omega; sistemò le dita delle mani giunte di fronte a sé, poco sotto il mento e chiuse gli occhi pronto ad iniziare la sua analisi, quando le dita di John affondarono fra i suoi capelli disordinati accarezzandoli quasi inconsapevolmente.

Sherlock accennò un sorriso e aprì gli occhi.

-John?-lo chiamò.

-Mh?-

-Buon compleanno-

Un sorriso si affacciò lentamente sul volto di John ed in quel momento il ragazzo si accorse che, nonostante tutto, era stato davvero un buon compleanno.

 

____________________________

 

 

Greg batté più volte le palpebre cercando di riconoscere l’ambiente che lo circondava attraverso la nebbia del sonno e, non appena i suoi occhi assonnati si focalizzarono sulla cosa più vicina a lui, un sorriso stanco distese le sue labbra.

Ancora addormentato accanto a lui, un braccio stretto attorno alla sua vita in un gesto allo stesso tempo protettivo e possessivo, era disteso il suo Alpha con un’ espressione rilassata e beata che si concedeva soltanto poche volte e che soltanto pochi eletti avevano l’onore di conoscere.

Greg si mosse nel letto, trattenendo un lieve gemito quando i suoi muscoli indolenziti gli ricordarono gli sforzi compiuti nei giorni precedenti, e si sistemò più vicino a Mycroft, sistemando la testa sotto il mento dell’uomo.

Nel dormiveglia, l’Alpha modificò la propria posizione in modo che entrambi potessero essere più comodi, sollevando il braccio lungo la schiena di Greg fino a raggiungere la base del collo, dove affondò le dita nei corti capelli sale e pepe del detective.

Presto Mycroft si sarebbe svegliato, ma per il momento Greg era ben felice di lasciarlo dormire ed osservarlo indisturbato, godendosi quella vicinanza.

Il suo Estro era ormai agli sgoccioli, in poche ore si sarebbe concluso e la loro vita sarebbe tornata alla normalità fatta di segreti internazionali, una famiglia ed un paese da governare ed i mille imprevisti che sempre accompagnavano coloro che erano associati alla famiglia Holmes.

Ma per il momento, nella loro camera da letto, in una casa deserta di domestici e personale di sicurezza(tenuto a distanza per evitare di essere contagiato dalla frenesia ormonale della coppia), c’erano soltanto loro.

Due uomini che malgrado le difficoltà e le diffidenze erano riusciti a trovare l’unica persona al mondo senza la quale sarebbero stati persi.

Non era stato facile raggiungere quella “perfezione”.

C’era voluto molto lavoro e molto impegno da parte di entrambi, e non erano certo mancate liti, incomprensioni e periodi in cui avevano volontariamente preferito evitare l’altro, ma alla fine erano riusciti a trovare un punto d’incontro su cui costruire la loro storia.

Greg sorrise ricordando la rabbia che lo aveva travolto quando suo padre lo aveva informato dell’accordo stretto con Mr. Holmes e dell’immensa solitudine che lo aveva colto quando era arrivato a Holmes Manor per la prima volta.

Come se non bastasse a prima vista il suo Alpha sembrava un ragazzo freddo e distaccato che avrebbe preferito essere ovunque tranne che con lui.

Ed infatti alla prima occasione era scappato ad Cambridge…

Greg sorrise lievemente ripensando a quei momenti e come erano state mal interpretate le azioni di Mycroft.

-Riesco a sentire i tuoi pensieri fin qui…-lo sorprese una voce arrocchita dal sonno.

Greg mosse leggermente la testa sulla spalla dell’Alpha e gli rivolse un sorriso.

-Buongiorno amore-lo salutò strofinando il naso nell’incavo fra la spalla ed il naso lasciandosi avvolgere dall’odore dell’Alpha.

Sia fasciato in completi a tre pezzi di alta sartoria che completamente nudo, Mycroft Holmes possedeva sempre un aura di potere attorno alla sua persona, al punto che Greg era certo che il suo compagno sarebbe stato capace di condurre un meeting con le più alte cariche politiche anche in quel momento, nonostante il torace nudo ben in mostra.

-Buongiorno mio caro.

Come ti senti?-domandò subito Mycroft, una leggera ansia nella voce.

Greg si premette se possibile ancora di più contro il proprio Alpha per trasmettergli la propria tranquillità e la sicurezza che sentiva in sua presenza.

Alla fine di ogni Estro, quando i processi cognitivi ritornavano attivi e la parte animale del loro cervello andava a nascondersi nei meandri più nascosti del loro essere, ogni Alpha(almeno tutti quelli degni e rispettosi del proprio Omega), si preoccupavano di non essere stati troppo impetuosi durante l’accoppiamento, facendo inconsciamente del male all’Omega.

Era perciò compito di ogni Omega rassicurare all’istante il proprio compagno e tranquillizzarlo sugli eventi dell’Estro.

-Un po’ dolorante, ma decisamente soddisfatto-commentò strappando una risatina al proprio Alpha-Hai dormito bene?-gli domandò l’attimo dopo.

I fratelli Holmes non erano mai stati capaci di prendersi cura di sé stessi, spingendo il proprio corpo fino all’ultimo limite, rimandando i bisogni più elementari a favore dei propri brillanti processi mentali, ma fortunatamente lui e John erano entrati nella loro vita fin dalla tarda infanzia ed avevano letteralmente tenuto in vita i due uomini(soprattutto nel caso di Sherlock).

-Mh…Credo di poter affermare in tutta sicurezza di aver dormito abbastanza per i prossimi quattro mesi-rispose Mycroft con la sua peculiare ironia.

Greg sogghignò.

-Sempre felice di poter essere utile-commentò, intrecciando una gamba fra quelle dell’Alpha-In ogni modo possibile- aggiunge inarcando le sopracciglia in modo malizioso.

Mycroft scosse la testa sul cuscino, scompigliando ancora di più i propri capelli castano rossicci, cercando di nascondere il proprio sorriso divertito.

-Sciocco…Vieni qui, resta qui accanto a me ancora un po’-gli chiese, sistemando nuovamente il braccio attorno alla schiena di Greg.

Per alcuni istanti nella camera da letto ci fu il silenzio, mentre i due amanti si godevano il semplice e raro piacere di essere insieme, senza imminenti impegni o senza dover dividere la propria reciproca adorazione con Martin.

Amavano entrambi il loro primogenito, ma tutti e due sentivano il bisogno di riaffermare il proprio legame, di ricordare a sé stessi e all’altro che erano soprattutto una coppia prima di essere una famiglia.

Fu proprio quella linea di pensiero che portò Greg a posare un piccolo bacio sul collo del compagno, proprio sotto la ghiandola che secerneva l’odore peculiare che da sempre associava a Mycroft.

-Quanto credi che ci vorrà?-domandò Mycroft, accarezzandogli la schiena con punta delle dita.

Greg alzò le spalle.

-Se tutto va bene il mio odore dovrebbe cambiare in un paio di settimane-gli disse anche se l’Alpha conosceva benissimo la risposta-Probabilmente sarai tu il primo ad accorgertene.

Voglio dire, con Martin è stato così…-

-Gregory calmati…-lo ammonì l’altro.

Greg sospirò sentendo la frustrazione impadronirsi di sé e si mosse nell’abbraccio di Mycroft per allontanarsi dall’Alpha e voltarsi sulla schiena.

Quello non era stato un Estro come gli altri.

Ironicamente era stato il ritorno di Sherlock a fargli venire l’idea: malgrado i rapporti conflittuali fra i due fratelli, nessuno poteva negare che entrambi avrebbero fatto qualsiasi cosa per l’altro.

Inoltre Martin adorava Matthew e Amelia al punto da essere quasi devastato quando i due gemelli ritornavano a casa.

Così Greg aveva esposto la sua idea a Mycroft ammettendo allo stesso tempo le proprie paure e le sue insicurezze e alla fine la coppia aveva deciso di tentare: quella stessa sera, Greg aveva smesso di prendere gli anticoncezionali e quando il suo Estro era iniziato, oltre a goderne ogni istante come facevano sempre, un obiettivo comune era ben chiaro nella mente di entrambi.

Avere un figlio.

Ma ora che gli ormoni dell’Estro avevano allentato la presa, Greg era nuovamente assalito da quelle stesse paure e insicurezze.

-Voglio solo essere sicuro che non perderemo di vista la realtà…-commentò osservando il soffitto.

-Smettila con queste sciocchezze-ribatté prontamente Mycroft, bisognoso di confortare il proprio compagno, ma consapevole che al momento Gregory aveva bisogno di spazio.

Con un movimento veloce, Greg si girò su un fianco, voltandosi nuovamente verso Mycroft, il peso del corpo su un gomito ed una mano a sostenere la testa.

-No, ascoltami un attimo…Dobbiamo considerare anche l’altra opzione-replicò a sua volta Greg.

-Che sarebbe?-

Greg sospirò, la spensieratezza di pochi minuti prima completamente svanita dal suo volto.

-Che io sia troppo vecchio per avere altri figli-gli disse.

Mycroft si lasciò andare ad un lungo sospiro frustrato, prima di passarsi una mano sul volto.

-Oh per favore…Ecco perché non volevo ascoltarti-

-E’ la verità Myc.

E’ difficile per un Omega oltre i quarant’anni restare incinto e, anche se ci riesce, c’è un alto rischio di aborto spontaneo e di complicanze per il bambino- elencò prontamente il Capo di Scotland Yard.

-Posso ricordarti che abbiamo avuto una discussione simile prima che tu restassi incinto di Martin?-gli fece notare l’Alpha, perfettamente calmo, quasi a voler controbilanciare l’agitazione del compagno.

-Ed ora sono più vecchio di quattro anni.

Alla mia età molte Omega hanno dozzine di figli…-

-Dozzine?-disse Mycroft incapace di trattenere un sorriso divertito.

-Non prendermi in giro-lo ammonì Greg, il volto serio e la voce perentoria.

Mycorft scosse la testa e fece per muoversi nel letto per avvicinarsi a Greg cambiando idea all’ultimo istante per poi allungare una mano verso il centro del letto, il palmo rivolto verso l’alto in un gesto affettuoso e rassicurante.

-Non ti sto prendendo in giro amore mio…Capisco perfettamente le tue paure ma ho deciso di non condividerle-gli disse con voce calma.

-Perché no?-domandò l’Omega fissando la mano del compagno.

Mycroft restò in silenzio finché Greg non alzò nuovamente lo sguardo per incontrare i suoi occhi e gli rivolse un sorriso.

-Abbiamo deciso insieme di aspettare prima di avere dei figli, così come abbiamo deciso insieme di avere Martin-gli ricordò.

-Ma cosa succederà se non dovessimo avere altri figli? Resterai deluso se Martin è l’unico figlio che avremo?-gli domandò dando voce alla sua paura più grande.

Greg avrebbe potuto sopravvivere a qualsiasi cosa la vita gli avesse messo di fronte, era certo di poter vivere serenamente il resto della sua vita anche senza altri figli, ma aveva bisogno di sapere che Mycroft gli sarebbe rimasto accanto.

Per un’ Alpha avere un’Omega fertile ed incinta è sinonimo di potenza e di orgoglio.

Una dimostrazione della propria superiorità rispetto agli altri Alpha.

Molti Legami si erano infranti quando si era scoperto che l’Omega era sterile, ed era ancora molto comune, malgrado il passare degli anni, la pratica di un contratto prematrimoniale in cui la famiglia dell’Alpha richiedeva almeno un erede maschio all’Omega.

Gregory e Mycroft non avevano mai firmato un contratto prematrimoniale visto l’accordo stipulato dai loro genitori, e malgrado avessero già un erede maschio per il grande impero Holmes, l’Omega in Gregory aveva bisogno di sapere che non aveva deluso il proprio Alpha.

Leggendo chiaramente i pensieri nella mente del compagno, Mycroft prese il volto dell’uomo fra le mani con estrema delicatezza e lo avvicinò al suo.

-Come puoi pensare una cosa simile?

Martin è la seconda persona che amo di più al mondo, per cui darei la mia vita e se lui sarà il nostro unico figlio allora cercheremo di dargli il meglio.

Allo stesso modo, se saremo fortunati da avere un altro figlio e questo dovesse avere bisogno di cure o attenzioni particolari, allora noi due faremo del nostro meglio per assisterlo e aiutarlo.

Farei qualsiasi cosa per la mia famiglia- gli rispose Mycroft con voce pacata, fissandolo il compagno con occhi seri.

Greg ascoltò in silenzio le parole del suo Alpha, osservando attentamente i suoi occhi azzurri e quando finalmente Mycroft concluse il suo discorso, un enorme peso fu sollevato dalle sue spalle, permettendogli di lasciarsi andare fra le braccia del proprio compagno e di nascondere il viso nell’incavo fra la spalla ed il collo.

-Non hai idea di quanto avessi bisogno di sentirtelo dire…-mormorò.

Mycroft rafforzò la stretta attorno alle spalle di Greg e senza sciogliere l’abbraccio manovrò entrambi affinché fossero sdraiati nuovamente sul letto.

-Perché non pensiamo ad un argomento più piacevole?-gli domandò dopo qualche istante di silenzio.

Il volto di Greg riemerse dal suo nascondiglio e lo fissò con un’aria interrogativa.

-Spero che il bambino ti assomigli-disse il funzionario britannico accennando un sorriso.

Greg sorrise a sua volta e accarezzò il torace nudo dell’uomo, soffermandosi sulle lentiggini che lo ricoprivano.

-A me piacciono le tue lentiggini…Ad essere sincero sarei la persona più felice del mondo se il bambino avesse la tua carnagione ed i tuoi capelli rossi-gli confessò.

Mycroft storse leggermente la bocca.

-Così sarà costretto a passare il resto della vita a nascondersi dal sole-commentò.

Greg rise posando un bacio sulla spalla destra.

-Non è vero! Ti ho visto prendere il sole qualche volta-gli ricordò.

-Raramente vorrai dire-ribatté subito l’altro.

-Va bene…Che mi dici degli occhi?-

-Marrone cioccolato-rispose prontamente il maggiore degli Holmes.

Proprio come quelli di Gregory.

Greg scosse leggermente la testa.

-Vedi non andremo mai d’accordo, perché io penso che i tuoi occhi azzurri siano bellissimi…Inoltre Martin ha i miei occhi, sarebbe giusto che il bambino avesse i tuoi-

-Beh visto che abbiamo deciso che il bambino sarà costretto a vivere con il mio incarnato ed i miei capelli per il resto della vita, voglio avere l’ultima parola sul colore degli occhi-s‘ impuntò Mycroft.

La risata di Greg risuonò allegra nella stanza prima che l’uomo nascondesse il volto contro la spalla dell’Alpha.

-La sai che non funziona realmente così, vero?-lo punzecchiò ironico-Con la nostra fortuna ci ritroveremo a combattere per i prossimi diciotto anni con una copia di tuo fratello-

-Che idea orribile! Uno non è abbastanza?- rabbrividì l’uomo provocando nuove risate nel compagno.

Greg si sporse verso il compagno e gli posò un piccolo bacio sulle labbra per fargli tornare il sorriso.

-Vorresti una femmina o un maschio?-gli domandò sistemandosi per metà sul corpo del compagno, le gambe intrecciate a quelle di Mycroft ed i gomiti sistemati accanto alle spalle ossute dell’Alpha.

-Sono combattuto: mi piace l’idea di un altro maschio, in modo da poter creare maggiore complicità anche con Martin, ma mi intriga l’idea di una bambina-confessò Mycroft sincero.

Greg annuì.

-Anche io.

Voglio dire, amo Martin con tutto me stesso, ma certe volte guardo John ed Amy e mi rendo conto di come siano diverse le loro interazioni da quelle che io ho con nostro figlio.

Sono curioso…-ammise.

-Se avremo un figlia ci sarà un’assurda quantità di oggetti rosa in giro per casa-constatò Mycroft quasi sovrappensiero.

-Mh…E’ vero, ma siamo sopravvissuti a situazioni peggiori-gli fece notare Greg, intrecciando le mani all’altezza del costato dell’Alpha e posandovi sopra il mento in modo da poter osservare il suo volto.

-Se è una femmina mi piacerebbe chiamarla Emma-aggiunse qualche attimo dopo.

-Emma Lestrade-Holmes... Mi piace-concordò Mycroft.

-Probabilmente dovremmo chiamarla Violet visto che John e Sherlock non ci hanno pensato.

Emma Violet Lestrade-Holmes.

Proposte al maschile?-gli domandò poi.

-Se fosse un maschio mi piacerebbe chiamarlo Winston-rispose prontamente Mycroft.

Greg ridacchiò posandogli un nuovo bacio sul petto.

-Certe volte sei terribilmente inglese…-lo prese bonariamente in giro.

-Winston Alistair Lestrade- Holmes-continuò Mycroft senza dar ascolto alle provocazioni del compagno.

-Possiamo fare Alistair Winston?-propose l’Omega.

Mycroft sospirò con aria da martire.

-Eh va bene-concesse.

Greg si sollevò facendo forza sulle proprie braccia e si portò faccia a faccia con l’Alpha posando un bacio sui zigomi sporgenti.

-Emma e Winston…-disse accompagnando ogni parola con un bacio scendendo lentamente verso le labbra sottili dell’uomo.

Mycroft sorrise sotto le labbra dell’Omega prima di aumentare la stretta attorno alla vita di Gregory e, con un movimento dei fianchi, capovolse le loro posizioni portando Greg contro il materasso e sotto di sé.

Torreggiando sul compagno Mycroft abbassò il volto mordicchiando il collo ed il mento dell’uomo fino ad arrivare alle sua labbra.

-Credo sia mio dovere come Alpha fare tutto il possibile perché il nostro obiettivo venga raggiunto al primo tentativo…-mormorò premendo il bacino contro quello dell’Omega, rendendolo partecipe della propria erezione che si andava risvegliando velocemente.

Greg sorrise malizioso, intrecciando le braccia attorno alle spalle dell’Alpha.

-Un lavoro così faticoso…-commentò prima di lasciarsi scappare un gemito di piacere.

Mycroft rialzò il volto dalla gola dell’uomo e lo fissò con occhi illuminati d’amore e di passione.

-Fortunatamente per te amore mio, hai a disposizione l’unica persona adatta per questo duro lavoro…-

 

____________________________

 

John era un padre molto presente.

Molti Alpha preferivano delegare alla propria Omega il difficile compito della crescita e dello sviluppo mentale ed emotivo dei figli limitandosi soltanto ad impartire la disciplina, ma viste le circostanze avverse che si era trovato ad affrontare fin da quando i gemelli erano neonati, John aveva si era completamente occupato di ogni aspetto riguardante la vita dei propri figli.

Era stato accanto ai gemelli in ogni importante momento della loro crescita, dal momento in cui avevano stati svezzati al primo dentino, al primo passo alla prima parola, fino ad arrivare al primo giorno di scuola e alle molteplici scoperte che i gemelli compivano ogni giorno grazie al contatto con un ambiente ricco di conoscenza e all’ interazione con altri bambini della loro età.

John Watson era incredibilmente fiero dei propri figli e non perdeva occasione perché loro lo sapessero.

Era consapevole di essere considerato un’anomalia ed un esempio da imitare nella loro società, ma personalmente non era interessato alla gloria senza senso che sembrava derivare dall’aver fatto il proprio dovere di padre; tutto ciò di cui aveva bisogno era la certezza che i suoi figli fossero felici e soddisfatti  e che non avevano nulla da rimproverargli.

Quando Matthew aveva iniziato a suonare il pianoforte, John era in prima fila ad ogni concerto per la scuola a cui il ragazzo partecipava, pronto a dimostrargli il suo appoggio e a mostrare a tutti il suo orgoglio per quel bambino meraviglioso e così pieno di talento che aveva contribuito soltanto in minima parte a creare.

Così come quando Amelia si era iscritta alla scuola di calcio, leggermente più a suo agio in un ambiente sportivo, John non aveva perso nessuna partita importante, pronto sempre a dare il proprio consiglio o la propria opinione a fine partita se Amy glieli avesse chiesti.

Ecco perché in un pomeriggio piovoso di fine ottobre si trovava nella palestra del centro sociale del quartiere osservando attentamente la bambina intenta a chiacchierare con le proprie amiche prima del riscaldamento.

Quella settimana era stata più pesante del solito, in quanto si era dovuto occupare anche di Martin, permettendo così a Greg e Mycroft di godersi il proprio Estro in piena tranquillità e senza pensieri.

Fortunatamente però i bambini andavano perfettamente d’accordo e non c’erano stati litigi.

L’unico pensiero fastidioso che aveva accompagnato John per tutta la settimana era dovuto all’incredibile somiglianza caratteriale di Martin con Sherlock: molte volte, mentre erano seduti sul divano a guardare un film, il bambino si era alzato all’ improvviso affermando di essere “annoiato”, proprio come lo zio andando poi in giro per l’appartamento alla ricerca di qualcosa che attirasse la sua attenzione; e forse era dovuto alla sua mente contorta, ma John era certo di aver scorto il sorriso di Sherlock sul volto del bambino.

Dal canto suo il consulente detective stava facendo del suo meglio per essere presente anche nella sua assenza.

Da quando si erano incontrati la settimana precedente per un caffè, Sherlock aveva iniziato a tempestarlo di messaggi, proprio come faceva un tempo, tenendolo al corrente di ciò che gli succedeva durante la giornata, ponendogli domande mediche e informandosi sui gemelli.

Inizialmente John aveva evitato di rispondere a quei messaggi, catalogandoli come un sintomo della noia che affliggeva da sempre il detective, ma alla fine la curiosità aveva avuto la meglio ed ora erano arrivati a scambiarsi una media di cinquanta messaggi al giorno.

Specialmente la sera, quando i bambini erano a letto.

Negli ultimi giorni però era stata Amy a dargli un motivo per contattare Sherlock, chiedendogli se le era permesso invitare il detective alla partita di calcio che si sarebbe tenuta quel mercoledì.

L’Alpha non aveva fatto promesse, ma si era impegnato a parlarne con Sherlock e quando aveva affrontato il discorso con l’Omega tutto si era aspettato tranne un immediata risposta positiva ed una promessa di essere lì.

Nonostante Sherlock avesse confermato più volte la sua presenza, John non riusciva a scrollarsi di dosso quell’incertezza che sempre accompagnava i suoi recenti rapporti con Sherlock: il loro rapporto era ancora talmente fragile, ancora ferito dalla lontananza e dagli errori del passato che l’Alpha aveva la sensazione di camminare su una corda sospesa a mezz’aria, una mano tesa verso il cornicione più vicino a lui dove ad attenderlo c’era Sherlock, incapace però di fare un passo senza prima voltarsi indietro a controllare i progressi fatti fino a quel momento.

-John!-

Una voce lo allontanò dai propri pensieri portandolo a voltarsi verso destra dove vide venirgli incontro Ellie, la madre della migliore amica di Amy.

Un sorriso amichevole apparve all’istante sul suo volto.

-Ehi! Sei stata trascinata anche tu in questa follia?-le domandò scherzosamente quando la donna gli fu accanto.

Ellie, un’Omega di trent’anni ed un Legame con un’Alpha, sorrise divertita.

John conosceva la donna fin da quando Amy e Suzie, la figlia di Ellie, avevano iniziato a frequentare la Abercrombe School, diventando in breve tempo  grandi amiche e passando sempre più tempo insieme.

Malgrado la donna fosse un’Omega Legata(John aveva incontrato David, l’Alpha di Ellie in un paio di occasioni, ma aveva capito fin dal principio che il loro rapporto non sarebbe mai potuto progredire oltre la semplice conoscenza)e lui avesse a sua volta un legame con Sherlock, fra di loro si era sviluppata un amicizia che, però, non aveva mai superato i limiti del decoro.

-Il giorno che convincerò David a prendere il mio posto e potrò restarmene a casa a guardare Jeremy Kyle sarò una donna felice- rispose lei scherzosamente.

John ridacchiò.

L’Alpha di Ellie era il classico Alpha che interveniva soltanto quando bisognava “disciplinare” i propri figli o fare il proprio dovere durante l’Estro: estremamente affettuoso con moglie e figli, ma totalmente concentrato sul suo lavoro, perdendosi così gran parte della crescita dei ragazzi e della propria vita coniugale.

-Il giorno che succederà ti offrirò il caffè più costoso che Starbucks possa offrire-la sfidò John.

Ellie rise e gli posò una mano sull’avambraccio destro.

-Ah proposito, stavo per dimenticarmene…Dobbiamo organizzare la fiera per il raccolto alla scuola delle ragazze…-iniziò la donna.

John aggrottò la fronte.

-Accidenti, è già quel periodo dell’anno? Fra poco dovremmo cominciare a pensare alle decorazioni e alla recita di Natale-commentò John sinceramente sorpreso.

Ellie annuì con un sorriso.

-Te la sentiresti di darci una mano? Abbiamo organizzato una riunione del comitato dei genitori fra dieci giorni e volevo sapere se potevo contare su di te-gli chiese, gli occhi pieni di un’inaspettata luce speranzosa.

John dischiuse le labbra per parlare, ma una figura fin troppo riconoscibile ai margini della palestra attirò la sua attenzione.

Voltando leggermente la testa verso sinistra, lo sguardo di John incontrò anche a distanza gli occhi azzurro ghiaccio di Sherlock, facendo nascere un sorriso sulle sue labbra.

Ancora una volta quell’adorabile bastardo era riuscito a sorprenderlo…

Fissando l’Omega per qualche altro istante, dimenticandosi completamente della gente intorno a sé e del luogo in cui si trovavano, John fece un passo in avanti pronto ad avvicinarsi al detective per salutarlo, prima che la buon’educazione facesse nuovamente capolino nella sua mente annebbiata dalla consapevolezza che Sherlock era lì a pochi metri da lui e gli ricordasse la presenza di Ellie accanto a sé.

-Conta su di me…Fammi sapere dove e quando e ci sarò-le promise con un sorriso prima di allontanarsi verso la zona della palestra dove si trovava Sherlock.

Il detective indossava il suo amato Belstaff nero, il colletto rialzato per proteggersi dalla pioggia, da cui si intravedevano una camicia rosa pallido e un completo di alta sartoria nero che si sposava perfettamente con la sua carnagione ed i suoi riccioli neri.

-Ciao-lo salutò una volta arrivato di fronte all’Omega.

Sherlock lo salutò con l’accenno di un sorriso, gli occhi impegnati nel suo consueto scrutinio per assimilare quante più informazioni possibili sul proprio Compagno.

-Sei venuto-disse John incapace di trattenersi.

Il detective annuì.

-Ti ho promesso che sarei venuto…Ed eccomi qui-commentò con voce calma e profonda.

John sorrise a sua volta.

-Amy sarà molto felice di vederti-gli disse sincero.

-Soltanto Amelia?-chiese curioso l’altro.

John abbassò velocemente lo sguardo sulla punta delle proprie scarpe, consapevole di quello che l’Omega gli stava chiedendo, incapace di nascondere il lieve rossore che si propagò sulle sue guance in pochi attimi.

-Anche a me fa  piacere rivederti-confermò affondando per la seconda volta lo sguardo in quello dell’Omega.

Questa volta il sorriso di Sherlock fu di pura soddisfazione, anticipando il piccolo passo in avanti che l’uomo fece per avvicinarsi a John e sistemarsi al suo fianco.

-Bene. Anche io sono felice di essere qui.

Così posso tenere d’occhio la situazione…-commentò muovendo velocemente lo sguardo attorno alla palestra e soffermandosi su vari gruppi di persone.

John aggrottò la fronte e alzò la testa lo stretto indispensabile per riportare lo sguardo sul volto di Sherlock.

-Quale situazione?-gli domandò.

-Quell’Omega con cui stavi parlando non riusciva a toglierti occhi e mani di dosso…-gli spiegò il detective individuando Ellie fra la folla ed osservandola attentamente come soltanto lui era capace.

-Ma chi Ellie? No, è la mamma di Suzie, la migliore amica di Amy.

Ok è un’ Omega ma ha un Legame con un’Alpha e…-gli spiegò John scuotendo la testa.

-E quest’Alpha è spesso assente o poco presente a causa del suo lavoro e della sua segretaria Beta su cui ha delle strane fantasie, quindi non mi sorprende che quest’Omega abbia a sua volta delle mire su di te.

Un’Alpha così affascinante, premuroso ed affettuoso con i propri figli…-replicò altrettanto velocemente Sherlock, chiaramente soddisfatto dall’analisi compiuta su Ellie.

Sicuramente aver  trovato una debolezza o qualche segreto imbarazzante che avrebbe potuto sfruttare a suo vantaggio in un eventuale “difesa” del proprio territorio.

Dal canto suo John era sinceramente scettico: era possibile che tutte le attenzioni che fino a quel momento aveva catalogato come gesti di amicizia erano invece dei puri e semplici atti di corteggiamento, per quanto velati o sottintesi?

E perché dopo tanti anni e milioni di deduzioni restava ancora affascinato dal lavoro veloce di quella fantastica mente?

-Sul serio?-si ritrovò a chiedere quasi senza rendersene conto.

Sherlock tornò ad incontrare il suo sguardo e gli sorrise.

-Questa è una delle cose che ho sempre amato di te: non hai mai capito quanto sei affascinante.

Mi è stato sicuramente d’aiuto perché se ti fossi davvero reso pienamente conto del tuo potenziale, probabilmente a quest’ora non saremo qui…

Ti inviterà a prendere un caffè nei prossimi giorni, magari in un posto dove non siete soliti andare, probabilmente inventandosi una scusa banale o facendo appello all’amicizia delle bambine, in modo che possiate stare soli e lei possa farti qualche avance più spinta senza essere scoperta- concluse il detective ritornando sull’argomento principale.

John evitò accuratamente di dirgli che aveva ricevuto già una simile proposta, e che quella che fino a pochi minuti prima era una buona occasione per rendersi utile e fare la propria parte per la scuola dei ragazzi, ora sembrava un appuntamento al buio organizzato da amici fin troppo solerti.

-Credi che dovrei andare da lei e presentarmi?-gli chiese Sherlock interrompendo i suoi pensieri.

John alzò le spalle.

-Cosa vorresti dirle?-gli domandò a sua volta.

-La verità naturalmente.

Che sono il tuo Omega tornato a casa dopo un lungo periodo di lontananza dovuta al lavoro…O qualcosa del genere.

Se legge anche il segmento della cronaca oltre a quello dei gossip, probabilmente avrà letto il mio nome sui giornali nelle settimane passate-commentò, lasciando che una punta di acidità trasparisse nella sua voce.

John ridacchiò divertito.

-Non vedo l’ora di vedere la sua faccia…

L’attimo dopo tutti i presenti nella palestra sapranno chi sei ed il tuo nome-

Sherlock si voltò leggermente verso l’Alpha, per un’istante completamente dimentico del resto della folla attorno a loro.

-Ti da fastidio?-gli domandò preoccupato.

Il biondo scosse la testa.

-No, certo che no.

D’altronde è la verità: tu sei il mio Omega, ma non completamente…Almeno per il momento-rispose sincero.

Sherlock gli scoccò un ghigno malizioso.

-Dammi solo un po’ di tempo…-commentò abbassando la propria voce di un’ottava, rendendola così roca ed estremamente seducente.

Il rossore che John era riuscito a nascondere solo pochi attimi prima tornò ad impossessarsi delle sue guance, scendendo poi sul collo, costringendolo ad allontanare lo sguardo da quello azzurro ghiaccio dell’altro e a cercare con lo sguardo Amelia nel gruppo di giocatori impegnati nel riscaldamento.

Nessuno lo conosceva come Sherlock: l’Omega era al corrente di tutti i suoi punti di forza e delle sue debolezze, e volendo sarebbe stato capace di distruggerlo o renderlo la persona più felice del pianeta soltanto con un piccolo gesto.

-Dov’è Matthew?-domandò il detective ritornando su un argomento più sicuro.

-E’ andato alla caffetteria con Martin per prendere degli snack-

-Chi?-chiese Sherlock aggrottando la fronte.

John alzò gli occhi al cielo.

-Tuo nipote! Il figlio di Mycroft e Greg-lo informò.

Possibile che Sherlock non conoscesse neanche il nome del proprio nipote? Era consapevole che Martin era nato durante il periodo di “non morte” di Sherlock, impedendogli di conoscerlo o incontrarlo di persona, ma addirittura non sapere il suo nome?

-Perché è con te?-chiese ancora il moro.

Un sorriso divertito incurvò le labbra di John.

-Capisco che è passato molto tempo dall’ultima volta, ma hai davvero cancellato anche la biologia primaria?-lo prese in giro l’attimo dopo.

Il dottore vide chiaramente quando il significato delle sue parole attecchì nella mente di Sherlock, provocando una reazione scioccata sul volto dell’uomo e facendogli scuotere la testa più volte quasi volesse far uscire l’immagine attraverso le orecchie.

-Oh John…Non avevo davvero bisogno di saperlo!

 John rise e si portò più vicino all’altro.

-Greg mi ha chiamato e mi ha detto che presto sarà qui per prendere Martin perciò cerca di essere gentile-si raccomandò.

Un’espressione fintamente innocente apparve sul volto di Sherlock.

-Non so davvero di cosa parli io sono sempre gentile-ribatté l’Omega.

John ridacchiò sinceramente divertito, lasciando poi cadere il silenzio fra di loro per qualche istante, non sapendo bene come affrontare il nuovo argomento di conversazione.

Doveva fare un piccolo preambolo oppure essere diretto?

Probabilmente conoscendo Sherlock, l’uomo sapeva già cosa gli girava per la testa quindi la soluzione migliore era essere il più diretti possibile ed arrivare al punto.

-Matty mi ha detto del vostro “fortunato” incontro-gli disse lo sguardo sempre fisso dinanzi a sé.

-Mh…Non credo che Matthew la pensi allo stesso modo-commentò distrattamente Sherlock.

Per il detective era stato uno degli incontri più importanti della sua vita.

Fino ad una settimana prima, l’unica immagine che aveva di Matthew(escluse ovviamente quelle rubate dai suoi appostamenti fuori la porta di Baker Street)  era quella di un neonato di pochi mesi il cui unico desiderio era mangiare e dormire.

Non molto interessante ad essere onesti.

Ora invece c’era questo fantastico ragazzo in età pre-adolescenziale, con le proprie passioni, le proprie opinioni pronto ad essere plasmato grazie un gesto da parte sua o di John.

Completamente diverso da Amelia e, in un modo sconcertante, splendido alla stessa maniera.

-No, non direi-convenne John riportando lo sguardo sull’Omega- Non mi ha raccontato molto, ha soltanto detto che vi siete incontrati all’obitorio del Bart’s e che gli hai dato una mano con il suo progetto di Scienze-riassunse brevemente il biondo.

-Era davvero un ottimo progetto-commentò Sherlock ancora adesso, a distanza di una settimana, sinceramente colpito che un bambino di nove anni avesse il permesso di fare esperimenti così avanzati per la sua età.

John restò in silenzio per qualche istante, annuendo lentamente.

-Che ne pensi?-gli domandò poi.

L’Alpha sapeva di aver fatto del suo meglio per occuparsi dei gemelli, pensando principalmente ai propri figli e ai loro bisogni prima che a sé stesso, ma non poteva negare che era leggermente in ansia per il giudizio di Sherlock: in fondo lui era il suo Omega, l’unico che avrebbe avuto il diritto di esprimere un parere negativo e se Sherlock avesse trovato da ridire sull’educazione dei gemelli, John avrebbe potuto soltanto ascoltare in silenzio ed accettare le critiche.

Il moro si voltò verso di lui, la fronte corrugata in un’espressione confusa, pronto a ribattere che aveva già espresso la propria opinione sul progetto, prima di capire il vero senso della domanda.

-Oh…Stai parlando di Matthew.

Beh posso dirti che è molto passionale, ha molte opinioni e sicuramente non ha paura di esprimerle, e a mio giudizio è semplicemente fantastico-riassunse brevemente.

Un’espressione incredula trasfigurò il volto di John a quelle parole, lasciandolo incapace di parlare per qualche istante.

-Sul…Sul serio?-gli domandò dopo aver inghiottito il nodo che gli stringeva la gola.

Il moro annuì.

-Il modo in cui mi ha affrontato e mi ha chiesto di stare lontano dalla vostra famiglia, senza alcuna paura e con la piena sicurezza delle sue azioni, sinceramente convinto delle sue idee…Semplicemente fantastico.

Da grande sarà un meraviglioso Alpha-commentò pienamente convinto.

-Sherlock…-lo riprese John, il cuore che batteva più velocemente per le parole che l’altro aveva appena detto sul loro bambino.

-Lo so, lo so…Credimi ho imparato fin troppo bene la lezione.

Quello che voglio dire è che mi riconosco in Matthew: anche io avrei fatto la stessa cosa se qualcuno fosse comparso all’improvviso, sconvolgendo gli equilibri famigliari e minacciando la mia famiglia-continuò il moro.

John incontrò i suoi occhi azzurro ghiaccio e per un’istante fu tentato di allungare una mano e accarezzare quella di Sherlock più vicina a sé.

-Se non ricordo male lo hai fatto…-gli disse invece.

Sherlock annuì lentamente.

-Sono entrambi meravigliosi John.

Hai fatto un ottimo lavoro con loro…-

-Sherlock!-

La voce squillante e decisamente infantile di Amelia interruppe la loro conversazione portando entrambi gli adulti a voltarsi verso di lei.

Un istantaneo sorriso apparve sul volto di Sherlock prima che l’uomo si piegasse sulle ginocchia per essere all’altezza della bambina.

-Ciao Amelia-la salutò.

-Sei venuto!-esclamò ancora Amy, incapace di nascondere la propria gioia nel vederlo lì.

-Una promessa è una promessa-commentò il moro.

-Mi guarderai giocare?-gli domandò ancora la bambina eccitata.

Sherlock annuì.

-Assolutamente. Sarò il tuo primo fan!-la rassicurò Sherlock.

Amy sorrise prima di lanciare un veloce sguardo a John, quasi si fosse resa conto solo in quel momento della sua presenza.

-Fico! Di solito i portieri non hanno fans…-disse poi riportando la propria totale concentrazione su Sherlock.

Il moro alzò le spalle.

-Allora devi essere un portiere davvero in gamba Amelia Watson…-si limitò a commentare il detective.

L’istante dopo la bambina corrugò la fronte, abbandonando il sorriso che fino a quel momento le aveva illuminato il volto.

-Ma hai detto di non saperne molto di calcio…-gli fece notare lei.

Sherlock annuì.

-Vero.

Ma sapendo che sarei venuto qui ho fatto una veloce ricerca sulle regole del football e ho visto varie partite per prepararmi a quest’incontro-la rassicurò l’uomo.

Il sorriso tornò ad illuminare il volto della bambina prima che una voce alle sue spalle attirasse la sua attenzione per un’istante.

-Devo riprendere il riscaldamento-gli disse facendo un passo verso il campo prima di fermarsi e cercare lo sguardo di Sherlock.

-Posso dire ai miei amici che sei qui?-gli domandò timorosa.

Non sapendo bene come rispondere, Sherlock si voltò a sua volta verso John che si limitò ad alzare le spalle: prima o poi la verità sarebbe venuta fuori, quindi perché non lasciare che fosse Amy ad annunciare a tutti il ritorno dell’Omega?

-Non vedo perché no-rispose Sherlock voltandosi nuovamente verso Amelia.

La bambina si lasciò andare ad un gesto di eccitazione, concedendosi un piccolo salto, facendo sorridere i due adulti.

-Grande! Non vedo l’ora di dirlo alla mia amica Suzie-commentò.

Anche senza voltarsi Sherlock sentì chiaramente la battaglia che John compì su sé stesso per non scoppiare a ridere in fronte alla loro bambina a quelle parole.

L’attimo dopo però il volto di Amy tornò ad annuvolarsi.

-Che cosa c’è?-le domandò il moro pronto ad intervenire.

-Se i miei amici non mi credono posso portarli da te e presentarteli?-gli domandò improvvisamente timida.

Sherlock decise in quell’istante che non amava vedere la propria figlia in quell’atteggiamento così timoroso e titubante: i Watson erano pieni di coraggio e sprezzanti del pericolo, capaci di sopravvivere alle peggiori avversità e Sherlock promise a sé stesso che avrebbe fatto di tutto perché Amelia fosse sempre sicura di sé e delle proprie capacità.

-Certo che puoi-la rassicurò.

Amelia gli scoccò un sorriso raggiante e corse nuovamente verso il gruppo di bambini al centro del campo.

L’Omega si voltò leggermente verso John ed i loro sguardi si incontrarono per un lungo istante silenzioso, entrambi consapevoli della tensione elettrica che si era creata fra di loro prima che John alzasse una mano per accarezzare distrattamente la base del proprio collo.

-Sarà meglio che vada a controllare che Matty e Martin non stiano combinando qualche guaio-

Sherlock annuì.

-A dopo-lo salutò John avviandosi verso l’uscita della palestra.

Sherlock seguì con uno sguardo pieno di bramosia la schiena perfettamente eretta di John che si allontanava con passi moderati, consapevole che sarebbe bastato un gesto, un piccolissimo cenno da parte dell’Alpha per farlo correre al suo fianco e Presentargli il collo privo da troppo tempo di marchi in modo che John potesse riaffermare il suo possesso su di lui.

Il detective prese un respiro profondo e cercò di controllare i propri istinti, ripetendo a sé stesso che per ora la vicinanza era tutto ciò che poteva sperare, che era fortunato e che presto le cose sarebbero migliorate.

O almeno così sperava.

 

__________________________________

 

Matthew non era una persona sportiva.

Faceva i propri esercizi di ginnastica durante l’ora obbligatoria a scuola, ma fin dalla più tenera età aveva sempre preferito la propria mente al suo corpo.

Non riusciva davvero a capire cosa Amy ci trovasse di interessante o divertente nell’ osservare per novanta minuti un gruppo di ragazzini scatenati che avevano come unico obiettivo infilare una palla in una porta rettangolare di tela bianca che lei doveva difendere.

Davvero assurdo.

Ciò che gli riusciva ancora più difficile da capire era l’oscura motivazione perché suo padre lo “costringeva” ad assistere alle partire della sorella: non poteva restare a casa con Mrs. Hudson e dedicarsi al proprio pianoforte? O ai propri studi? O meglio ancora ai propri esperimenti?

Che senso aveva perdere tempo prezioso con questi assurdi passatempi?

Come se non bastasse, a rovinare ancora di più il suo umore c’era la presenza dell’Omega.

Matthew aveva ascoltato distrattamente la conversazione fra suo padre ed Amy, in cui la sorella gli aveva chiesto di invitare l’Omega alla prossima partita, ma aveva sinceramente sperato che suo padre si dimenticasse di girare l’invito, o meglio ancora che l’Omega decidesse di non presentarsi.

Ma a quanto pare, quella non era la sua giornata fortunata.

Matthew doveva ammettere che senza i consigli dell’uomo forse la sua ricerca non avrebbe ottenuto l’ A+( voto più alto di tutta la classe), ma soltanto una semplice A, ma questo non gli permetteva assolutamente di insinuarsi nella sua famiglia come stava facendo.

Osservando suo padre e l’Omega, ai due lati opposti della palestra, il bambino considerò per l’ennesima volta che i due uomini erano troppo diversi, nell’aspetto, nel comportamento, anche negli atteggiamenti.

Lo si vedeva chiaramente dal modo in cui suo padre osservava la partita incapace di restare fermo, completamente immerso nel gioco, pronto a controbattere le decisioni dell’arbitro se le riteneva sbagliate, mentre l’Omega restava in un angolo poco distante dalla porta di Amy, osservando immobile e in silenzio, quasi un tutt’uno con le pareti di linoleum della palestra.

Cosa accidenti aveva spinto due persone così agli estremi a Legarsi per la vita?

Durante l’intervallo le squadre si rifugiarono nello spogliatoio e Matty fece per avvicinarsi a suo padre, indeciso se chiedergli o meno se poteva tornare a casa con lo zio Greg, quando questi avesse deciso di andarsene, ma qualcosa di insolito attirò la sua attenzione.

Solitamente, durante l’intervallo, suo padre ne approfittava per prendersi un caffè e scambiare quattro chiacchiere con gli altri genitori, ma in quel momento era immobile, tutti i muscoli in tensione, lo sguardo fisso verso la parte della palestra dove si trovava l’Omega.

 Seguendo lo sguardo di suo padre, Matty cercò l’Omega e lo trovò immerso nel proprio cellulare, del tutto inconsapevole degli Alpha( due uomini ed una donna) che gli gironzolavano attorno, cercando chiaramente di capire se fosse Legato o meno a qualcuno, pronti a fare le proprie avances per mostrarsi più valorosi degli altri pretendenti.

Matty tornò a guardare suo padre e lo vide aprire e chiudere più volte il pugno destro, abbandonato lungo il fianco, un espressione rabbiosa sul volto, il labbro superiore ritratto a mostrare i denti e si chiese cosa avrebbe potuto fare per aiutarlo: doveva avvicinarsi? Doveva interrompere il gioco di sguardi e distrarlo permettendogli così a rilassarsi?

Prima che potesse intervenire però, suo padre si voltò e uscì a passi veloci dalla palestra.

Confuso e allo stesso tempo curioso di osservare i successivi sviluppi, Matty tornò a fissare l’Omega: l’uomo aveva sollevato lo sguardo dal proprio telefono e aveva cercato con lo sguardo suo padre, un’espressione a Matty sconosciuta sul volto.

Cosa stava pensando? Era offeso che l’attenzione di suo padre non fosse più concentrata su di lui? Beh certamente poteva rifarsi con quella dei tre Alpha che continuavano a girargli intorno, pensò malignamente.

L’Omega si guardò intorno e fu come se soltanto allora si rendesse conto della presenza degli altri Alpha attorno a sé: anche a quella distanza Matty riuscì chiaramente a vedere la sua espressione seccata, prima che l’uomo riponesse il cellulare nella tasca del cappotto e si avviasse a sua volta verso l’uscita, sparendo pochi istanti dopo oltre la porta aperta.

Matthew restò immobile, indeciso sul da farsi prima di muoversi velocemente a sua volta verso l’uscita della palestra.

A causa della sua frustrazione, suo padre emanava più feromoni del solito, lasciando una chiara scia del proprio profumo, quindi per il ragazzo non fu difficile seguire le sue tracce fino al piccolo sentiero che conduceva al parcheggio, fermandosi allo spogliatoio del personale del centro sociale.

Delle voci giunsero fino a lui, costringendolo ad appiattirsi contro il muro per non essere visto e, soltanto quando il suo respiro fu tornato normale, Matty si sporse leggermente la testa oltre il muro: suo padre era a pochi metri di distanza da lui, accovacciato sulle ginocchia, la schiena contro il muro ancora leggermente umido di pioggia, una mano fra i capelli.

L’Omega era a sua volta piegato sulle ginocchia, per poter essere al livello di suo padre e lo osservava in silenzio.

-John…-disse l’Omega con voce ferma e profonda.

A quelle parole Matty, trattenne il respiro per non essere scoperto.

-John guardami…. Sono io, sono qui! Parlami!-continuò l’uomo dai capelli neri con lo stesso tono di voce di poco prima.

Matty osservò attentamente suo padre, notando per la prima volta il movimento veloce delle sue labbra da cui non usciva nessun suono, gli occhi chiusi e le dita che stringevano le ciocche bionde dei suoi capelli con forza.

Cosa stava succedendo a suo padre? Non lo aveva mai visto così prima d’ora…Doveva correre a chiedere aiuto?

Ma se lo avesse fatto allora avrebbe dovuto ammettere che si trovava lì e che stava spiando suo padre e l’Omega.

Perso nei propri pensieri, Matthew non si rese conto immediatamente dell’istante in cui suo padre riaprì gli occhi, puntandoli sull’Omega, interrompendo il movimento frenetico delle proprie labbra, ma riportò la propria attenzione sui due uomini quando sentì la voce di suo padre.

-Sherlock…-mormorò l’Alpha in tono spezzato.

Un sorriso rassicurante apparve sul volto del moro, prima che le sue dita lunghe e pallide affondassero nelle ciocche bionde dell’Alpha, accarezzandole con estrema dolcezza.

-Eccoti qui…Ti avevo perso per qualche istante…-gli disse cercando di mantenere un tono ironico.

Ciò che accadde l’attimo dopo scioccò Matthew completamente: suo padre osservò per un’istante l’Omega dinanzi a sé poi, con uno scatto improvviso, gli gettò le braccia attorno alla vita nascondendo il volto nel torace dell’uomo.

Per un brevissimo istante sembrò che i due uomini dovessero cadere a terra per lo spostamento d’equilibrio, ma l’Omega riuscì a sostenere entrambi, allacciando le proprie braccia lunghe attorno alle spalle di suo padre e riportandoli in posizione eretta.

-Troppi Alpha?-gli sentì chiedere Matthew, osservandolo mentre affondava una mano fra i corti capelli dell’Alpha e iniziava ad accarezzarli lentamente.

Suo padre restò in silenzio qualche secondo, strofinando più volte il viso contro il torace dell’uomo.

Perché si comportava così? Matty non aveva mai visto suo padre così vulnerabile! Che accidenti gli aveva fatto l’Omega per ridurlo in quello stato?

-Il tuo odore…-rispose finalmente John- E’ talmente forte che riuscivo a sentirlo anche se eri dall’altra parte della palestra e tutto quello che riuscivo a pensare era che dovevo proteggerti, dovevo far sapere a tutti che…-confessò.

-Cosa?-chiese l’Omega con la stessa voce calma e profonda con cui aveva parlato finora, senza smettere di accarezzare i capelli biondi dell’Alpha.

Finalmente suo padre rialzò la testa, ritrovandosi faccia a faccia con l’Omega, senza però fare il minimo accenno a sciogliere il loro abbraccio.

-Non c’è più alcuna traccia del mio odore su di te-gli disse con voce quasi addolorata.

-Questo non cambia la realtà delle cose John…Sono ancora Tuo.

Soltanto Tuo-lo rassicurò il moro posando la fronte contro quella dell’Alpha.

Matthew vide suo padre deglutire e chiudere gli occhi, chiaramente rassicurato a quelle parole, le dita serrate contro i risvolti del cappotto dell’Omega.

-Non c’è più alcuna traccia del mio odore su di te…-ripeté, una nota sconsolata nella voce.

Matty prese un respiro profondo e osservò attentamente i due uomini: fin da che aveva memoria, suo padre era stato la sua roccia, il porto sicuro contro tutte le tempeste, pronto a rassicurarlo con un piccolo gesto o un sorriso.

Ed ora era lì, tremante ed insicuro nelle braccia di un uomo che più volte si era dimostrato indegno del suo amore e della sua devozione.

Cosa scattava nella mente di un uomo per ridurlo in quello stato?

Era davvero questo l’amore?

Continuando a seguire l’interazione fra i due uomini, Matty vide l’Omega sollevare il volto di suo padre con entrambe le mani e sorridergli.

-Allora dobbiamo rimediare-gli sentì dire.

L’istante dopo, una mano pallida dalle dita affusolate si insinuò nelle pieghe del cappotto fino alla camicia e slacciò i primi due bottoni lasciando scoperto il collo.

-C- Cosa?-domandò suo padre prima di lanciare uno sguardo veloce al collo lungo e altrettanto pallido e deglutire nervosamente.

-Mostra a tutti che sono Tuo, che sono Legato, e che ho il migliore Alpha che potessi mai desiderare-gli disse l’Omega.

-Sherlock…E’ passato troppo tempo…-rispose suo padre.

Perché non rifiuta? Perché non si scioglie da quell’assurdo abbraccio e torna in palestra?

Perché accidenti è ancora qui?

-Mordimi. Annusami. Ricoprimi con il tuo odore-continuò l’Omega imperterrito-So che riuscirai a controllarti-lo rassicurò poi.

-Davvero?-gli chiese ancora incerto suo padre.

-Assolutamente certo-

-Come fai ad esserne così sicuro?-sentì chiedere ancora a suo padre, una nota più sicura nella voce.

-Quando è stata l’ultima volta che hai perso il controllo?-gli domandò a sua volta l’Omega.

Matty osservò il lungo sguardo che i due uomini si scambiarono, assolutamente convinto che suo padre si sarebbe tirato indietro da un momento all’altro, rifiutando l’offerta e ritornando nella palestra, ma sorprendendolo ancora una volta, l’Alpha compì un movimento veloce, cambiando le loro posizioni e portando l’Omega con le spalle al muro per poi avvicinare il viso e strofinare la punta del naso contro il collo e la guancia del moro.

Aveva iniziato il processo di “scenting”! Era incredibile che si fosse lasciato convincere da quell’orribile Omega!

Continuando a fissare la coppia, Matty vide il volto di suo padre scendere nuovamente verso il collo lungo del moro, strofinarvi contro la punta del naso più volte, respirando profondamente l’odore dell’Omega prima di affondare i denti nella pelle priva di segni dell’altro.

Sotto le attenzioni di suo padre l’Omega si sciolse completamente, avvolgendo le braccia attorno alla vita dell’Alpha e reclinando la testa all’indietro contro il muro leggermente umido, gli occhi socchiusi.

-Mi sei mancato così tanto…-disse suo padre interrompendo il silenzio teso- Sono ancora incazzato nero con te… anche se so che non dovrei-aggiunse poi.

Un gemito sommesso scappò dalle labbra dischiuse del moro prima che questi rialzasse leggermente la testa, riportando lo sguardo ancora offuscato sulla testa bionda di suo padre e deglutisse.

-Lo so. Hai tutto il diritto di essere arrabbiato con me…-gli sentì dire.

Almeno riconosce le sue colpe, pensò Matty.

-Se penso che ho rischiato di perderti per colpa di quello psicopatico-commentò l’Alpha, muovendosi verso il lato sinistro del collo dell’Omega mostrando i vari segni che la sua bocca aveva lasciato sulla pelle candida.

-John…-

A sentire il suo nome, suo padre rialzò la testa ad incontrare lo sguardo dell’Omega, un’ espressione seria sul volto.

-Non ero lì Sherlock! Tu avevi bisogno di me ed io non c’ero.

Sono il peggior Alpha che ti…-

Le mani del moro scattarono all’istante per posarsi su entrambe le guance di suo padre mentre un’espressione determinata cancellava l’aria beata che fino a quel momento era presente sul viso dell’Omega.

-No! Tu sei il miglior Alpha che potessi mai avere.

Mi hai messo davanti ad una scelta ed hai rispettato la mia decisione, prendendoti cura dei nostri figli per tutti questi anni in maniera esemplare.

Un altro Alpha mi avrebbe costretto a restare malgrado fosse consapevole che sarei stato miserabile per il resto della mia vita-gli disse di nuovo con voce seria e profonda.

Matty osservò suo padre riflettere su quelle parole, prima di tornare a posare la fronte sulla spalla dell’uomo rilassandosi nel suo abbraccio.

-Ti dirò tutto quello che vuoi sapere…Tutto quello che ho fatto in questi 8 anni e non tralascerò nessun dettaglio-disse il moro.

-Me lo prometti?-

Davvero suo padre era interessato a sapere cosa era successo all’Omega in quegli anni? Perché voleva saperlo quando era evidente che l’uomo aveva preferito andare in giro per il mondo piuttosto che restare con la propria famiglia?

Ancora una volta gli sguardi dei due uomini tornarono ad incontrarsi e Matty vide il breve cenno d’assenso che l’Omega rivolse a suo padre.

-Vieni al mio appartamento domani e ti racconterò tutto-gli promise Sherlock.

Quando Matthew vide suo padre annuire prima di tornare a strofinare la guancia contro quella dell’uomo, si sentì inspiegabilmente tradito.

Il bambino aveva accettato di non poter contare su Amy in questa strana battaglia in quanto la sorella sembrava inspiegabilmente affascinata dall’Omega, ma aveva creduto fermamente di avere un alleato in suo padre; del resto l’Alpha sapeva cosa poteva aspettarsi e di cosa era capace l’Omega e avrebbe sicuramente fatto di tutto per evitare ogni contatto non necessario con l’uomo.

-Non sai quanto vorrei baciarti in questo momento…-la voce di suo padre lo riportò al presente.

Un sorriso divertito apparve sul volto dell’Omega.

-Che cosa te lo impedisce?-gli chiese.

-Me stesso. Se inizio a baciarti non riuscirò più a fermarmi…E’ passato troppo tempo-gli confessò.

L’Omega si lasciò andare ad una breve risata profonda che riuscì a strappare un sorriso anche a suo padre.

-Allora sarà meglio tornare dentro.

Voglio mostrare a tutti i miei nuovi segni prima dell’inizio della partita-commentò il moro in tono serio.

Questa volta toccò a suo padre scoppiare in una risata piena e divertita che provocò un’ennesima fitta di gelosia nel bambino.

L’Omega aspettò che l’eco della risata si fosse completamente spento prima di sciogliere il loro abbraccio e di chinare la testa in modo da poter posare un piccolo bacio sulla guancia destra di suo padre.

-Non hai idea di quanto mi sia mancata la tua risata…-gli disse in un sussurro.

Incapace di osservare quello spettacolo per un altro minuto, Matty voltò le spalle alla coppia e si avviò velocemente alla palestra.

Era scioccato e ferito da ciò che aveva visto ed era stato uno spettacolo talmente inaspettato da fargli mettere in discussione le tue certezze: cosa sarebbe successo ora?

Era possibile che suo padre riallacciasse i rapporti con l’Omega?

Doveva temere che l’uomo si schierasse, come aveva già fatto Amy, con quell’orribile Omega?

E in quel caso lui cosa avrebbe fatto?

Avrebbe permesso che accadesse oppure avrebbe cercato di impedirlo?

 

_____________________________

 

Se in passato John Watson si era trovato a dover fare i conti con un’Omega incredibilmente anticonvenzionale di un metro e novanta, capace di spendere giornate intere sdraiato sul divano in contemplazione del soffitto ed immerso nei propri pensieri, pronto a sparare al muro del soggiorno al primo accenno di noia, ora doveva fare i conti con la versione in miniatura.

Un metro e dieci dai capelli neri che, contrariamente al proprio padre, preferiva sfogare la propria rabbia sui tasti bianchi e neri del pianoforte.

John aveva capito all’istante che Matty era di pessimo umore, fin da quando era terminata la partita di calcio di Amy, ma aveva sinceramente sperato che il ritorno a casa avrebbe mitigato l’umore nero del bambino.

Quella partita era stata davvero particolare: l’arrivo inaspettato di Sherlock, la scoperta, grazie alle brillanti deduzioni del detective, che Ellie era attratta da lui, e soprattutto quello che era successo durante l’intervallo con Sherlock.

Anche adesso, a qualche ora di distanza e con la mente più serena, John non sapeva trovare una risposta alla sensazione che lo aveva colpito pochi istanti prima di scappare fuori dalla palestra; ricordava benissimo di come si fosse sentito mancare l’aria, di come riuscisse chiaramente a distinguere l’odore di Sherlock nel miasma di odori presenti nella palestra affollata e poi ricordava l’inaspettato senso di possesso che lo aveva colpito neanche un pugno allo stomaco quando aveva notato le attenzioni dei tre Alpha attorno a Sherlock.

Era stato sul punto di fare una scenata, ritrovando solo all’ultimo momento il controllo sui propri istinti prima di uscire velocemente dalla palestra.

L’arrivo di Sherlock in quel vialetto seminascosto era stata una sorpresa ed una benedizione: John ora si rendeva perfettamente conto di essere quasi caduto in una “frenesia” dovuta alla sovra stimolazione e senza l’aiuto dell’Omega non aveva la minima idea di cosa sarebbe potuto succedere.

Sherlock invece gli aveva parlato con tranquillità, facendogli riprendere il controllo di sé stesso e lo aveva aiutato a capire quello di cui aveva bisogno.

Certo, ora che la parte razionale del suo cervello era di nuovo perfettamente funzionante, John era decisamente imbarazzato per i segni che aveva lasciato in bella mostra sul collo perfetto di Sherlock, ma in quel momento la parte animale di sé aveva il controllo e tutto quello a cui pensava era lasciare il maggior numero segni possibili del suo possesso sull’uomo.

I due uomini si erano separati poco dopo la fine della partita, giusto il tempo necessario perché Amy salutasse Sherlock e gli strappasse una nuova promessa di rivedersi.

Matthew dal canto suo aveva evitato l’Omega, restando tutto il tempo con Greg e Martin, finché non era venuto il momento di avviarsi verso casa ed anche durante il breve viaggio in taxi era stato incredibilmente silenzioso, proiettando nell’abitacolo il proprio malumore.

Una volta giunti nell’appartamento di Baker Street, Amy era corsa nella propria camera per prepararsi per la notte e Matty si era seduto al pianoforte, sollevando l’alzatina che copriva i tasti bianchi e neri dello strumento.

Pochi istanti e nel salotto erano risuonate le note di una sonata di Beethoven.

Nonostante fossero passati anni da quando Sherlock aveva cercato di farlo avvicinare ed appassionare alla musica classica, John era ancora ben lontano dall’essere un esperto; aveva delle sonate e dei compositori che conosceva meglio di altri, ma sicuramente non sarebbe stato capace di riconoscerli alla prima nota.

Con Matthew però, era più semplice: la sua musica e la scelta dei compositori era legata all’umore del ragazzo nel momento in cui si sedeva di fronte al pianoforte.

Se era allegro allora avrebbe suonato Gershwin o si sarebbe avventurato in un genere più insolito come le colonne sonore e se invece era malinconico la sua prima scelta era sempre Chopin ed i suoi “Notturni”.

Ma quando era arrabbiato, come in quel caso, c’era un solo autore che lo avrebbe potuto aiutare a sfogare la propria rabbia e frustrazione: Beethoven.

Forse era il compositore che John riconosceva più facilmente negli ultimi anni.

Quando le note potenti e veloci iniziarono a diffondersi per la stanza, John lanciò uno sguardo preoccupato al bambino prima di ritirarsi in cucina per accendere il bollitore.

Per i quaranta minuti seguenti non ci fu nessun’ interruzione, una sonata era seguita all’istante dall’altra, impedendo così all’adulto di intromettersi e di chiedere al bambino cosa lo avesse reso così furioso, ma negli ultimi dieci minuti la musica era diventata più forte del solito, portando John a preoccuparsi che il suono della musica potesse infastidire Mrs. Hudson.

-Matty…-richiamò il proprio figlio, sperando che questo capisse il motivo del suo richiamo e diminuisse il volume.

Al contrario, Matty prese a pigiare sui tasti con ulteriore veemenza aumentando così di quasi un’ottava il volume già eccessivo.

-MATTHEW!-esclamò John, costretto ad alzare la voce per farsi sentire sopra il volume dello strumento.

La musica s’interruppe all’improvviso, riportandogli alla mente le tante volte in cui Sherlock sollevava l’archetto dal proprio violino a metà di una sonata prima di voltarsi ed incontrare il suo sguardo.

Anche Matty si voltò leggermente sullo sgabello, permettendogli così di vedere il suo volto e quando John incontrò i suoi occhi di ghiaccio si sorprese della rabbia che vi lesse dentro.

Che accidenti era successo in quelle poche ore per far infuriare a tal punto il ragazzo?

-COSA C’è? Che vuoi?-gli domandò Matty con voce seccata e scortese.

-Potresti abbassare il volume, per favore?-gli domandò John, evitando di rimarcare il tono del bambino, convinto che fosse dovuto alla concentrazione persa.

-In caso non lo avessi notato non c’è un bottone che posso spingere per abbassare o alzare il volume-ribatté acido il bambino.

-Bada a come parli Matthew-lo rimproverò John.

Matty chiuse con impazienza l’alzatina che ricopriva i tasti e schizzò in piedi, aggirando il pianoforte per trovarsi di fronte a John, gli occhi ancora pieni di rabbia.

-Verrà a vivere con noi adesso?-gli domandò a denti stretti.

John aggrottò leggermente la fronte.

-Chi?-non poté evitare di chiedergli.

-Lo sai benissimo chi! Quell’Omega-rispose sprezzante il bambino.

John si passò la punta della lingua sul labbro inferiore e annuì lentamente, dandosi dello stupido per non aver capito prima cosa avesse provocato la rabbia di suo figlio.

-Matty lo so che per te è difficile, ma Sherlock è sempre tuo padre…-iniziò con cautela.

-LUI NON è MIO PADRE!!-gridò il bambino scandendo con chiarezza ogni parola e dando voce a tutta la rabbia che lo animava.

Un’ espressione seria apparve sul volto di John dinanzi a quello scatto di rabbia.

-Se vuoi avere questa conversazione con me ti consiglio di controllare il tono della tua voce, altrimenti puoi andare nella tua stanza giovanotto-lo avvertì con quella che Sherlock aveva sempre chiamato la voce del “Capitano Watson”.

Matthew sbuffò seccato.

-Ti stai già schierando dalla sua parte-commentò amareggiato.

John scosse la testa, facendo un passo verso il bambino.

-Come puoi credere che sarei capace di schierarmi con l’uno o con l’altro? Lui è il mio Omega e tu sei mio figlio…E’ semplicemente impossibile!-gli disse sincero.

-Un Omega indegno che ci ha lasciato ed è sparito per anni senza mai preoccuparsi di darti alcun’informazione…-

-Matt non dovresti davvero giudicare senza prima conoscere tutti i fatti-lo ammonì John.

-Ah davvero?-gli domandò il bambino, un velo d’ironia nella voce- Allora spiegami perché sei ricoperto del suo odore-lo esortò poi.

L’istante dopo il bambino scosse la testa, interrompendo sul nascere qualsiasi risposta di John.

-Anzi lascia perdere. Ti ho visto-gli disse in tono accusatorio.

John aggrottò la fronte, leggermente confuso.

Era possibile che Matty avesse assistito al suo breve interludio con Sherlock?

-Che cosa hai visto?-gli domandò.

-Ti ho visto con l’Omega fuori dalla palestra-rispose prontamente il bambino.

La fronte di John si corrugò ancora di più.

Era sinceramente imbarazzato che Matthew lo avesse visto così vulnerabile, ma un’altra parte di sé era infastidita in quanto si rendeva conto che non era successo per caso: Matty li aveva seguiti di proposito, aveva spiato un momento chiaramente privato ed ora se ne stava servendo per accusarlo di un crimine che non aveva commesso.

-Mi stavi spiando?-gli domandò, la voce più ferma a mostrare la propria disapprovazione.

-Stavo cercando di proteggerti!-ribatté prontamente il bambino, iniziando a camminare avanti ed indietro nervosamente- Quell’Omega è pericoloso e farebbe di tutto per mettersi fra di noi-aggiunse.

-Che cosa? Andiamo Matty questo è assurdo…-commentò John incredulo.

All’ennesima replica del padre, Matthew si lasciò andare ad un ringhio frustrato per poi incontrare gli occhi dell’adulto.

-Possibile che tu sia così cieco?-gli domandò alzando nuovamente la voce.

John restò in silenzio, ogni muscolo del proprio corpo a mostrare la propria disapprovazione per le parole ed il comportamento del bambino.

-Ti ha permesso di morderlo ed annusarlo perché così sarete più vicini e rafforzerà i tuoi istinti verso di lui…Fa tutto parte di un piano!

Prima che tu possa fare qualcosa per impedirlo, inizierà il suo Estro e allora i tuoi istinti ti costringeranno ad aiutarlo, dandogli la scusa che sta aspettando da settimane per trasferirsi in casa nostra e ripiombare nelle nostre vite.

Fa tutto parte di un piano e prima che tu te ne renda conto sarà troppo tardi per liberarsi di lui.

Accidenti! E’ soltanto biologia…Possibile che non riesci a controllarti?-gli domandò con voce quasi tagliente.

John restò in silenzio finché non fu sicuro che Matty avesse concluso, le braccia incrociate all’altezza del petto, lo sguardo fisso sul volto del bambino, ancora incredulo per le cose che Matthew gli aveva appena vomitato addosso.

Si schiarì la gola e alzò leggermente la testa, assumendo una posizione quasi militare.

-In questo momento ti stai comportando e stai parlando esattamente come la persona che dici di odiare così tanto-iniziò.

Matty fece per ribattere, offeso dall’insinuazione, ma John lo bloccò con uno sguardo severo, convincendo il bambino a restare in silenzio.

-Se durante questi anni avessi trovato un’altra Omega lui probabilmente avrebbe detto le stesse cose che hai appena detto tu.

Hai ragione, Sherlock è un uomo pericoloso.

Lo è sempre stato, fin dal primo giorno che ci siamo incontrati, ma invece di scappare lontano, mi sono ritrovato a corrergli dietro oppure al suo fianco perché lui ha questa straordinaria capacità, proprio come te e tua sorella, di rendere ogni singolo giorno della mia vita unico e speciale.

Ma hai anche torto-aggiunse, cancellando il lieve sorriso compiaciuto che era nato sulle labbra di Matthew all’inizio del suo discorso.

-Sherlock sa perfettamente che la mia priorità al momento siete tu ed Amy, non importa quali siano i miei sentimenti verso di lui, e mi ha promesso che non interferirà nel nostro rapporto perché è consapevole che sarebbe il modo più efficace e veloce per rovinare tutto.

Ha permesso che lo annusassi e lo mordessi perché stavo per scivolare in una “frenesia”: sapevo che il mio Omega era nelle vicinanze, ma non riuscivo a scovare nessuna traccia del mio odore su di lui ed avevo paura che potesse essere oggetto delle attenzioni degli altri Alpha, come in effetti è accaduto.

Ero sul punto di fare una scenata, ma Sherlock è riuscito a calmarmi e a farmi tornare in me, permettendomi di riaffermare il mio possesso su di lui.

Lo ha fatto per me. Per la mia salute. Non per rendere più forte il nostro Legame o la sua morsa su di me.

Il nostro Legame è sopravvissuto a 8 anni di separazione, durante tre dei quali ho davvero pensato che fosse morto.

Credi sul serio che si servirebbe di questi trucchetti per tenermi Legato a sé?-gli domandò John.

-Lui sa che hai considerato l’idea di rompere il vostro Legame….-gli fece notare Matty.

John scosse la testa.

-Tesoro ti voglio bene, ed ho promesso di rispondere a tutte le tue domande, ma ci sono questioni troppo personali che non ti riguardano e che sinceramente sono difficili da capire anche per me…

Però posso rispondere ad un’altra questione-disse l’Alpha cambiando argomento- Onestamente non so nulla sull’Estro di Sherlock, è passato troppo tempo, non so neanche se stia prendendo dei soppressori, ma so che se dovesse andare in Estro io gli sarò accanto.

Questo però non significa che Sherlock avrebbe il “via libera” per ritornare qui: ne abbiamo parlato e lui sa che può tornare a casa soltanto quando sia tu che tua sorella sarete a vostro agio in sua presenza.

E non lo faccio soltanto per far star zitta la mia natura.

Il mio rapporto con Sherlock è…E’ molto più complesso Matty: sono trent’anni di vita in comune, di amicizia, di segreti e scoperte, di lacrime e risate, di litigi furiosi e porte sbattute, di abbracci e baci.

Sherlock è la persona più importante della mia vita, e non perché la mia natura mi dice che è il mio compagno ideale, ma perché è sempre stato presente nei momenti più significativi della mia vita, non importa se belli o brutti, e malgrado le apparenze è il migliore Omega che potessi desiderare.

Non sai quanto darei perché tu potessi rendertene conto…-concluse con una nota triste nella voce altrimenti ferma.

Matty abbassò la testa, incapace di sostenere ulteriormente lo sguardo del padre.

-Finirà per farti del male…-mormorò.

John annuì.

-Sicuramente.

Ma anche io gli farò del male; litigheremo e uno di noi se ne andrà sbattendo la porta, ma alla fine finiremo per fare la pace…Abbiamo sempre fatto questo balletto e probabilmente continueremo a farlo finché saremo troppo vecchi per urlarci contro.

E’ così che funziona in una coppia-commentò.

-Non mi fido di lui…-ribatté ancora Matty rialzando lo sguardo sul volto dell’adulto.

La rabbia che fino a quel momento aveva animato il bambino era finalmente scomparsa, ma al suo posto era comparsa un’insicurezza insolita per Matty che strinse il cuore di John.

Seguendo il proprio istinto annullò la distanza fra di loro ed avvolse le braccia attorno al bambino, premendolo contro di sé, respirando a pieni polmoni l’odore peculiare di Matthew e sorridendo sollevato quando sentì le braccia esili e lunghe del ragazzo stringersi attorno alla sua vita.

-Lo so tesoro…Ma ti prego, dagli una chance-gli disse con voce calma e rassicurante.

Matty si allontanò di un passo in modo da poter incontrare i suoi occhi e lo fissò con uno sguardo risoluto.

-No.

Mi avevi promesso che non avremmo più parlato di quest’argomento-gli ricordò.

John sorrise.

-Sei stato tu ad iniziare questa conversazione figliolo.

E’ vero, ho promesso che non ti farò pressioni, ma non puoi certo aspettarti che resti in un angolo senza fare nulla-gli disse.

Matty sospirò chiaramente frustrato e John gli accarezzò i riccioli disordinati, riflettendo in silenzio per qualche istante.

-Immagina per un istante se la situazione fosse stata diversa, se io fossi stato al posto di Sherlock, cercando ogni scusa per avvicinarmi a te e ad Amy dopo tutti questi anni-gli disse.

Matthew scosse la testa.

-Tu non ti saresti mai comportato come lui-replicò con ferma convinzione, rifiutando l’idea categoricamente.

John sorrise triste.

-La vita alle volte è imprevedibile amore mio.

Tu avresti avuto un ottimo rapporto con Sherlock, di questo ne sono certo…Ma mi avresti permesso di conoscerti? Sapendo quello che sai ora, sul rapporto che abbiamo io e te e conoscendo quello a cui avresti rinunciato?-gli domandò, invitandolo a riflettere.

Matty fissò a lungo il suo sguardo prima di scuotere la testa.

-Non lo so…Probabilmente no-ammise alla fine.

John annuì.

-Così non sapresti mai cosa hai perso-gli disse abbassandosi sulle ginocchia per essere alla stessa altezza del bambino.

-Ecco perché insisto nel dirti che devi dargli una possibilità: non hai idea di quanto sei importante per me e quanto io ti amo, quanto sia importante per me la nostra relazione padre e figlio, ma sono consapevole che alle volte ti deludo perché non riesco a tenere il passo con la tua meravigliosa intelligenza…-gli disse sincero.

Matthew scosse la testa con veemenza.

-Tu non mi deludi mai!-replicò con fermezza.

John sorrise e fece scivolare la mano che fino a quel momento era fra i folti capelli neri fino alla guancia destra.

-La mia mente non è veloce come la vostra tesoro, è qualcosa che ho accettato molto tempo fa…Io sono il “conduttore di luce” e lui il genio.

Ma la mente di Sherlock è attenta e acuta come la vostra e potrebbe aiutarti a scoprire delle capacità nascoste che ancora non sai di possedere.

Ecco perché ti chiedo di nuovo di riflettere a lungo prima di decidere di negargli la possibilità di conoscerti-gli disse serio.

Matty annuì lentamente rifugiandosi nuovamente nelle braccia di suo padre, posando la testa sulla spalla destra, le parole che l’adulto gli aveva appena dentro che si rincorrevano freneticamente nella sua mente.

-Ho bisogno di riflettere…Posso andare in camera mia?-gli domandò con un filo di voce.

John annuì e lo osservò avviarsi a passi veloci verso la scala che lo avrebbe condotto nella propria stanza prima di rialzarsi e strofinarsi una mano sul volto.

Improvvisamente si sentì esausto.

Quella giornata era stato un susseguirsi di emozioni e anche lui come Matty aveva bisogno di riflettere a lungo sul da farsi.

Aveva decisamente bisogno di qualcosa di più forte del tea per arrivare alla fine di quella giornata.

 

_________________________________

 

 

Nonostante non volesse ammetterlo neanche a sé stesso, Sherlock Holmes era deluso.

Aveva sinceramente sperato che John mantenesse la sua promessa e si presentasse nel suo appartamento di Montague Street.

Dopo una notte insonne passata a ripensare a quello che era successo fra di loro, accarezzando inconsciamente con la punta delle dita i segni viola che John gli aveva lasciato sul collo, il detective aveva calcolato che l’ arrivo di John era quasi certo per quella mattina, mentre i gemelli erano a scuola; ma mentre le ore passavano lente e non c’era alcun segno dell’uomo le sue convinzione erano venute meno portandolo a chiedersi se avesse male interpretato quel breve momento di intimità.

O, peggio, se John avesse deciso di cancellarlo dalla propria mente considerandolo un errore.

Incapace di sfogare la propria frustrazione come avrebbe voluto, Sherlock torturò il proprio violino ottenendo dallo strumento dei suoni sgraziati e senza alcun senso, cercando di tenere impegnata la propria mente e non ritornare con il pensiero a quei brevi istanti in cui John era stato incredibilmente vicino, senza le barriere che aveva inevitabilmente alzato fin dal suo ritorno, permettendogli di scorgere i suoi veri sentimenti.

Il messaggio era arrivato durante la “tortura” del violino e Sherlock, avendo abbandonato il proprio cellulare sul tavolo della cucina nel tentativo di controllarsi e non tempestare John di messaggi e telefonate, lo lesse soltanto quindici minuti dopo.

Baker Street. Se ti è possibile, vieni subito. –JW

Due minuti il primo era arrivato un secondo messaggio.

Se non ti è possibile, vieni subito –JW

Sherlock aveva recuperato soltanto il proprio cappotto ed era corso fuori dalla porta dell’appartamento, senza controllare di avere con sé le chiavi di casa o il portafogli.

L’attimo dopo era in strada, un taxi nero fermo dinanzi a lui, in attesa di farlo salire.

-Baker Street. Cinque sterline di mancia se arrivi lì il prima possibile- gli promise dopo essersi accertato della presenza del portafogli nella tasca interna del Belstaff.

In meno di dieci minuti era arrivato a destinazione e, dopo aver lanciato una manciata di banconote al taxista si diresse a passi veloci verso la porta nera del palazzo e, senza perdere tempo a suonare il campanello, estrasse da una delle tasche il kit da scassinatore ed aprì la porta in pochi secondi.

-John?-chiamò chiudendosi la porta alle spalle iniziando a salire le scale velocemente.

Quando arrivò in cima, di fronte alla porta dell’appartamento B, la spalancò senza la minima esitazione, ed entrò nell’appartamento fronteggiando il salotto e facendo girare il cappotto aperto attorno a sé con la velocità dei propri movimenti.

La scena che lo accolse lo lasciò di stucco: perfettamente rilassato, John Watson era seduto comodamente nella propria poltrona con un giornale fra le mani ed una tazza di tea sistemata sul tavolino poco distante.

Sentendolo il trambusto provocato dal suo arrivo alzò lo sguardo dal quotidiano e nel momento in cui i loro sguardi si incontrarono, un sorriso distese le sue labbra.

-Ciao Sherlock.

Ti andrebbe una tazza di tea?-

 

Salve a tutti!!!! E ben ritrovati! Come state?

Spero siate rimasti soddisfatti dal capitolo, malgrado la sua lunghezza di cui mi scuso ancora una volta, ma come al solito quando inizio a scrivere ho il capitolo bene in mente e rendere il capitolo più breve significherebbe spezzarlo a metà e fargli perdere di significato.

Spero sinceramente che il piccolo vocabolario all'inizio vi sia stato d'aiuto, in caso contrario, non esitate a chiedere!

Ed ora direte voi...Ma non è ciò che è successo alla fine?

No! Tranquilli...Anche se può sembrare che abbia dimenticato un pezzo, il capitolo è finito, con un piccolo cliff-hanger lo ammetto, ma potete considerarlo finito.

Nel prossimo riprenderemo esattamente da questo istante e spiegherò cosa è passato per la mente di John per spingerlo a mandare qui messaggi.

Ringrazio tutti coloro che leggeranno e recensiranno questo capitolo e chiedo scusa per eventuali errori di battitura e/o ortografia.

Il titolo del capitolo è una frase presa da "Runaways" dei The Killers e la frase in corsivo è tratta da "It's a hard life" dei Queen.

Ed ora i ringraziamenti:Nidia1956(Grazie per i complimenti!! E benvenuta!),Music_lou(Grazie per i complimenti!Comehai già notato qualcosa di non detto c'è, ma si scoprirà più avanti...Anche io adoro i flash-back del passato, è forse l'unico modo che ho per mostrare il vero legame che c'è fra i Johnlock riuscendo ad amalgamare momenti tristi, come nello scorso capitolo e momenti divertenti come in questo; d'altronde sarebbe stato impossibile raccontare 30 anni di vita insieme in un solo capitolo XD),Damon_Soul93(Spero di non averti fatto aspettare parecchio,ma con un'altra FF in dirittura d'arrivo è una situazione un pò caotica... XD Grazie dei complimenti!!!Come è stato messo in evidenza da questo capitolo, i sentimenti di John sono in conflitto: non soltanto x via dei figli, maanche perchè lui è pieno di rabbia sia verso Sherlock che verso sè stesso x non essere stato accanto a Sherlock quando il detective ha avuto a che fare con Moriarty...Per scoprire il motivo per cui Sherlock ha lasciato la famiglia quando i gemelli erano ancora neonati bisognerà aspettare ancora un pò, ma prometto che spiegherò tutto e se sarò abbastanza brava vi lascerò a bocca aperta...Finger crossed),Luuuuuula(Grazie per i complimenti! Nella mia mente Amelia è una versione in miniatura di John, quindi è ovvio che Sherlock straveda per lei, anzi sarebbe strano il contrario...Pensando a Matty e Sherlock invece mi viene in mente il classico "Scontro fra Titani" XD Sono entrambi testardi e cocciuti, caparbi quanto basta per ottenere sempre quello che vogliono, ma in questo caso tutti e due vogliono avere la meglio sul povero John che si trova nel mezzo...Povero! :( Venendo a noi: come hai detto tu, c'è l'avviso per Mpreg e posso già dirti che come è successo nell'altra FF ci saranno scene Slash...Ciò che non posso dirti è se l' Mpreg dell'avviso è o meno quella dei gemelli...).

Bene per il momento è tutto, io vi saluto e vi do appuntamento al prox capitolo...

"Under Pressure"

Baci,Eva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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