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Autore: Dk86    04/08/2008    8 recensioni
Avventura! Azione! Romanticismo! Nuovi incredibili personaggi! Palesi violazioni di copyright!
E da oggi, con ancora più massi rotolanti!
(avvertenza: non adatto ad un pubblico maturo)
Genere: Parodia, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Altro personaggio, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Benvenuti a "Tutto quello che volevate sapere su Harry Potter (e non avete mai osato chiedere)"! E' lo scrittore di questa storia che vi parla.
In due parole: qual è il senso della pagliacciata che segue? Nessuno, in effetti. Lo scopo è soltanto quello di ironizzare su quelle che sono le più comuni "stranezze" e "perversioni" del fandom potteriano.
Come potete notare dal titolo, si inizia con le Mary Sue, ma presto le tematiche si espanderanno... Non ho ancora deciso fino a che punto, e comunque tutto verrà fatto con intento puramente parodistico, ma per il momento metto un rating giallo, poi vedrò se eventualmente alzarlo ad arancione.
Non ho altro da aggiungere, perlomeno non senza il mio avvocato presente. Vi lascio alla storia, spero vi diverta leggerla come io mi sono divertito a scriverla (ovvero per niente)!
Ah, precisazione importantissima! Ringrazio e dedico questa storia all'utente Pendragon: senza di lei e la sua "Just a Mary Sue" questa storia non esisterebbe.
Perciò, prendetevela con lei.







CAPITOLO PRIMO - CHI BEN COMINCIA E' A META' DELL'OPERA



“Benvenuti ancora una volta ad Hogwarts, miei cari ragazzi”. Il discorso di introduzione di Albus Silente aveva avuto un attacco dei più classici, e…
“In effetti mi chiedo perché ogni tanto non introduca qualche variazione. Voglio dire, le capacità dialettiche del preside sono fuori discussione, quindi perché non ne approfitta?”, commentò Hermione, seduta al tavolo dei Grifondoro, incrociando le braccia al petto.
Ehm… sì, certo. Comunque sia, ricordando alla signorina Granger che possibilmente non dovrebbe intervenire durante la parte di storia dedicata alla narrazione ma limitarsi alla sua parte di dialogo…
“E perché non dovrei, sentiamo?”, strepitò la ragazza, con un tono di voce un po’ troppo alto “C’è forse una motivazione scritta da qualche parte ad impedirmelo, eh? Perché se è così gradirei vederla!”.
Ron ed Harry fissarono l’amica con occhi sgranati, cosa che più in generale fece anche il resto della sala, visto che Hermione si era messa a gridare durante il discorso di Silente contro qualcuno che apparentemente solo lei vedeva.
“Signorina Granger, si sente bene?”, domandò il preside, fissandola con sguardo poco convinto.
La Grifondoro si accorse che gli sguardi di più di quattrocento persone erano fissi su di lei e sembrò ritrovare un contegno, oltre ovviamente ad arrossire in maniera estremamente violenta.
“No, no… t-tutto benissimo…”, balbettò lei, prima di riaccomodarsi cercando in ogni modo di farsi piccola piccola.
Dopo l’importuna interruzione, il discorso del preside Silente poté…
“Dopo facciamo i conti”, mormorò Hermione in tono pieno di rancore.
D’accordo, quando avremo finito qui ci sarà tempo per sistemare questi problemi, ma ora è il caso che la vicenda prosegua…
“Bene, ragazzi”, riprese intanto Albus Silente, che aveva approfittato della pausa per pulire le lenti a mezzaluna dei suoi occhiali usando il tovagliolo di Vitious. “Abbiamo effettuato lo Smistamento e abbiamo consumato una cena deliziosa… Ahimé, e io che pensavo di mettermi a dieta proprio a cominciare da stasera! Minerva, secondo te quante calorie avrò ingerito?”.
Occhiataccia assassina da parte della McGranitt.
“Ma non è il momento di preoccuparsi della linea, questo!”, continuò il preside. “Devo invece introdurre alcune studentesse appena trasferitesi…”.
“Obiezione, Vostro Onore!”, una giovane donna con i capelli castani e una minigonna che non lasciava molto spazio all’immaginazione si alzò di scatto dal posto di fianco a Ginny. “Secondo il codice di Hogwarts eventuali studenti provenienti da altre scuole vanno presentati insieme ai nuovi iscritti del primo anno!”.
“Obiezione respinta, avvocato McBeal: io sono il preside, quindi posso concedermi uno strappo alla regola se lo ritengo opportuno”, rispose Silente con un sorriso bonario.
“Chi è quella tizia?”, domandò Harry a Ron, accennando con il mento alla donna che si stava risedendo.
“E’ l’avvocatessa che Ginny ha assunto per proteggersi dalle accuse che le sono state rivolte di essere una… donna scarlatta. Millicent Bulstrode si è già beccata duemila Galeoni di ammenda per diffamazione, questa McBeal è una tipa tosta…”, rispose l’altro, che sembrava quanto mai concentrato sulla scarsità di indumenti che affliggeva la parte inferiore del corpo della donna.
“Signor Weasley, vuole per caso che la denunci per molestie sessuali?”, chiese quella, intercettando lo sguardo del ragazzo. Ron si affrettò a distogliere gli occhi.
“Scusa, ma… Queste accuse a Ginny dovrebbero averle fatte durante il nostro sesto anno, giusto? Dopo che ha mollato Michael Corner per mettersi con Dean e poi ha mollato Dean per mettersi con me, o qualcosa del genere, giusto?”.
“Sì, e allora?”.
“E allora questo significa che noi adesso stiamo frequentando il settimo anno, giusto?”.
“Sì, e allora?”.
“E allora questo vuol dire che Silente, dovrebbe essere, sai… morto”.
“Sì, e allora?”.
“E allora come diavolo fa in questo momento ad essere al tavolo degli insegnanti a fare il suo solito pallosissimo discorso di inizio anno?”.
“Harry, ti ho sentito”, intervenne Silente.
Ron allungò una fraterna pacca sulla spalla ad Harry, ma calcolò male la forza impressa e l’amico finì con la faccia dentro ad una porzione di budino di lamponi. “Non capisco perché ti fai tutti questi problemi!”, disse, mentre Harry si ripuliva la faccia dall’appiccicaticcio fluido rossastro con un lembo della tovaglia. “Siamo in una fanfiction demenziale: se inizi a preoccuparti di cose senza importanza come queste rischi di perderti i momenti in cui si deve ridere”.
“Trovo delizioso questo tipo di espediente metanarrativo”, confidò Draco senza un motivo apparente a Tiger e Goyle. I suoi sgherri, convinti che “espediente” e “metanarrativo” fossero i nomi di due dolci a base di pan di Spagna, annuirono con vigore alle sue parole.
“Comunque sia, sono lieto di presentarvi tre studentesse la cui presenza spero allieterà il nostro anno qui ad Hogwarts”. Silente, un po’ stufo dei continui contrattempi, aveva deciso che era meglio dare un taglio agli inutili preamboli ed arrivare subito al succo del discorso. “Ed ecco qui la prima di loro: date il benvenuto alla signorina Elizabeth Dakota Paris Buffy Summer Claire Brooke McMalahandersen!”.
Le grandi porte in fondo alla sala si spalancarono; nello stesso momento le luci si abbassarono parecchio e dei faretti luminosi puntarono in direzione della nuova arrivata. Questo ovviamente se nella Sala Grande di Hogwarts ci fossero stati dei riflettori.
Dato che però non c’erano, semplicemente le luci si abbassarono parecchio.
Comunque non c’era bisogno delle candele per vedere la nuova arrivata, dato che essa brillava al buio come se avesse ingoiato del plutonio. I suoi lineamenti erano talmente perfetti da sembrare il sogno proibito di qualunque chirurgo plastico, il suo incedere aveva un che di regale e i suoi lunghi capelli biondi erano così accuratamente acconciati da essere davvero noiosi da descrivere.
E puzzava parecchio di pesce. Nasello, con ogni probabilità.
La ragazza si avvicinò al tavolo dei professori, calamitando gli sguardi (e le narici) di tutti i presenti in sala; infine si fermò proprio di fronte a Silente, che con un gesto della bacchetta aveva riportato le luci ad un livello ottimale; l’inquietante luminescenza di Elizabeth Dakota eccetera eccetera era perciò scomparsa.
“La nostra Elizabeth Dakota Paris Buf…”, iniziò il preside, solo per essere interrotto nuovamente dalla nuova arrivata.
“La prego, mi chiami semplicemente Mary”, disse lei, con una voce che avrebbe fatto rodere il fegato ad uno stormo di usignoli. Due terzi dei cuori dei ragazzi in sala ormai portavano inciso in loro l’immagine dello stupendo volto di lei, ed erano in preda al più cieco degli amori.
Quattro quinti circa dei presenti invece tenevano in via precauzionale l’indice e il pollice stretti ai lati del naso.
“Mary? Ma non è un diminutivo di nessuno dei tuoi nomi, o sbaglio?”, domandò la McGranitt, che in maniera un po’ più diplomatica si era portata alle narici un fazzoletto intriso di essenza alla lavanda.
“Certo che no”, rispose l’altra in tono cortesemente altezzoso “Sta per ‘meravigliosa’, ovviamente”.
“Già, avrei dovuto immaginarlo”, replicò la vicepreside con l’aria di chi ha appena trovato un verme in una caldarrosta.
“Dunque, dovete sapere che la nostra Mary viene dalla scuola di magia Britney Spears di Hollywood Alta, dove ha studiato materie un po’ diverse da quelle che noi studiamo qui ad Hogwarts, fra cui Incantesimi Glamour, Trasfigurazione Fashion e Storia del Make-Up, quindi spero che la aiuterete ad ambientarsi qui nella nostra scuola!”, disse Silente, con l’aria di chi si sta convincendo con tutto se stesso di non possedere il senso dell’olfatto.
“Oh, non credo che ce ne sarà bisogno!”, replicò Mary, giuliva.
Il professor Piton aveva l’espressione di chi avrebbe fatto volentieri a meno della propria faccia.
“Inoltre Mary è per metà Veela e per metà Sirena”, il preside terminò così la presentazione della ragazza, che si stava già guardando intorno probabilmente alla ricerca di prede appetibili fra gli studenti maschili.
“Già, direi che è una cosa che si nota!”, esclamò Seamus Finnigan, facendosi sentire in tutta la sala.
Mary sembrò imbarazzata. “Oh, scusate tanto! Ogni tanto mi capita di distrarmi…”, disse a mo’ di scusa. Pochi istanti dopo, il suo odore da banco del pesce era diventato profumo di Elisir di Rocchetta Arancia e Biancospino.
“Bene, Mary, ora accomodati qui al tavolo per qualche istante, mentre introduco le altre studentesse!”, spiegò Silente, indicando con un gesto piuttosto eloquente lo scranno di Piton. Il quale cercò di provare una nuova tecnica omicida basata solamente sullo sguardo, senza però riuscire nel suo intento. La nuova arrivata si sedette al suo posto, non senza però aver scoccato un’occhiata di quella che assomigliava in maniera preoccupante ad approvazione in direzione dell’unticcio insegnante.
“La seconda nuova arrivata è una nostra conterranea, che purtroppo non ha mai potuto frequentare la scuola per problemi personali. Ella è infatti la figlia segreta di Voldemort”, mormorio di terrore in tutta la sala, “ma data la mia politica secondo cui nessuno può essere escluso dall’apprendimento, a patto che desideri impegnarsi”, mormorio di dubbio in tutta la sala, “e dato anche il cospicuo finanziamento fornitoci dal Ministero in quanto stiamo ospitando un’allieva potenzialmente pericolosa”, mormorio di aspettativa in tutta la sala, “quest’anno potremo organizzare un altro Ballo del Ceppo!”, mormorio di approvazione in tutta la sala. “E vi prometto che scorreranno fiumi di Whisky Incendiario Ogden Stravecchio!”. Schiarimento di gola da parte della McGranitt. “Ehm, volevo dire… ruscelli?”. Altro schiarimento di gola. “Beh, vedremo di organizzarci a riguardo più avanti. Ma ora ecco qui la signorina Riddle! Angela, per favore, vieni avanti!”.
Le porte della Sala Grande si aprirono. Anzi, si sarebbero aperte, ma erano già spalancate da prima, quando Mary era entrata, quindi non c’era affatto bisogno di farlo.
Ciononostante esse si aprirono lo stesso.
La ragazza che fece il suo ingresso nella sala era alta, pallida, con sottili occhi rossi e lunghi capelli neri; in pratica era ciò che Voldemort sarebbe stato se fosse diventato una diciassettenne dal fascino ambiguo e con una seconda di reggiseno.
Mentre la ragazza percorreva il corridoio costituito dalle tavolate di Corvonero e Grifondoro, Harry provò una fitta; non alla cicatrice, però… Circa una novantina di centimetri più in basso.
Mentre uno scandalizzato professor Vitious veniva privato della sua sedia per fare posto ad Angela, il preside riprese a parlare. “Ecco, Angela… non sembri essere una tipa di molte parole, vero?”.
La ragazza lo fissò alzando un lungo sopracciglio, sottile e perfettamente disegnato.
“D’accordo, direi che è tutto chiaro”, convenne Silente, non si sa bene a che cosa. Angela, da par suo, si voltò verso la tavolata dei Grifondoro puntando il suo sguardo vermiglio dritto su Harry, che avvertì un’altra fitta. Era una sensazione che non aveva mai provato prima, così intensa, così…
“E ora, ultima ma non meno importante, ecco a voi l’ultima nuova studentessa, che invece proviene dall’Italia! Nonostante ciò ha chiare origini inglesi, come dimostra il fatto che essa è la gemella perduta di Harry Potter…”.
“Eh?” Harry era sì distratto, ma non tanto da lasciarsi sfuggire le parole “gemella” e “Potter” usate nella stessa frase. Un mormorio di dubbio… no, un momento, è un tipo di mormorio che abbiamo già usato… diciamo un mormorio di curiosità malcelata si diffuse in tutta la sala. Il Grifondoro si alzò in piedi, le braccia tese lungo il corpo, i pugni chiusi. “Io avrei una gemella? E perché nessuno mi ha mai detto nulla?”, chiese, la voce che gli vibrava di rabbia. Perlomeno, finché Angela non lo fissò di nuovo e l’ennesima fitta al basso ventre non lo costrinse a sedersi.
“Nonché…”, Silente, in vena di rivelazioni scioccanti, non si era nemmeno accorto del fatto che Harry gli avesse urlato contro, “… la zia di Draco Malfoy!”.
Questa volta ad alzarsi in piedi fu il Serpeverde. “Che? Io sarei nipote di quella piattola di Potter?”, domandò, scandalizzato. Pansy pensò bene di fingere di svenire per completare il quadretto.
“No, solo lei è tua zia. Harry no”, spiegò il preside, come se la cosa fosse di per sé ovvia.
“Ma questo non è possibile”, commentò Hermione al tavolo dei Grifondoro. “Se loro sono gemelli, e lei è zia di Malfoy, allora anche Harry deve esserlo!”.
Ron emise un colpo di tosse che suonava molto come “fanfiction demenziale”.
“Oh, Ron, non puoi giustificare tutto con quello!”, ribatté l’amica. “Io propenderei piuttosto per ‘incapacità autoriale’!”.
“Vuole che gli facciamo causa?”, domandò la sempre zelante McBeal. “Potrei riuscire a scucirgli tanto di quel denaro da fargli provare un brivido di terrore ogni volta che vedrà una penna a sfera o la tastiera di un computer per tutto il resto della sua vita”.
“Nah, non vorrei arrivare a tanto”, spiegò Hermione, scuotendo la testa. “Prima vediamo come si evolve la situazione”.
Proprio in quell'attimo, come se fosse balzata fuori dalla più vicina caraffa di Succo di Zucca, una ragazza saltò addosso ad Harry, con un sorriso che avrebbe fatto fulminare per l'invidia qualsiasi lampadina. Si trattava di una versione femminile e molto più carina del suo gemello: niente capelli disordinati, ma anzi lisci e perfettamente curati, niente ginocchiette ossute, niente faccia da cretino, niente denti sporgenti...
"Ehi!" intervenne Harry in tono offeso "Passino le ginocchiette ossute e magari anche la faccia da cretino, ma i denti sporgenti sono una prerogativa di Hermione, non mia!".
"Erano, prego" lo corresse gelida l'amica "Ti pregherei vivamente di rileggere il quarto libro, nel caso non te lo ricordassi più".
"E non basterebbe guardarti in faccia, scusa?" domandò Ron perplesso.
Hermione ci pensò su per un attimo. "Sì, mi sembra un'opzione piuttosto sensata" convenne alla fine.
Comunque, tornando alla nuova arrivata… Beh, era una ragazza meravigliosa, esattamente come le altre due. E la cosa in effetti non colpiva particolarmente, considerando che pochi minuti prima nella sala aveva già fatto il suo ingresso una coppia di bellezze.
Indubbiamente, se la gemella di Harry avesse avuto qualche neo, o un dente un po’ storto, o si fosse mangiata le unghie sarebbe stata più interessante; ma era praticamente perfetta quanto Mary ed Angela.
Noiosa, in qualche modo.
“Io non sarò bellissima, ma almeno ho un mio fascino e sono interessante” disse Pansy Parkinson, nonostante nessuno le avesse chiesto nulla e fosse almeno in linea teorica svenuta.
“Oh, Harry, sono strafelicissima di vederti!” berciava intanto la nuova arrivata, attaccata al collo del gemello come un koala su un albero di eucalipto “I miei genitori adottivi italiani sono le persone più buone del mondo, ma sapevo che il mio posto sarebbe stato accanto a te! Ovviamente saremo nella stessa casa, e faremo tutto quanto insieme!”.
“Ti conviene lasciarlo, credo che stia diventando cianotico” osservò con noncuranza Ginny, che stava giocherellando con uno stuzzicadenti senza prestare particolare attenzione a ciò che le stava attorno.
Nel frattempo dal tavolo dei Corvonero si era alzata una ragazza bionda, con occhi grigi sporgenti e una collana di tappi di Burrobirra appesi al collo. Particolari questi che non erano visibili, dato che erano coperti da un grosso lenzuolo con due piccoli buchi rotondi ritagliati alla bell'e meglio.
“Anche voi sentite quella voce?”, domandò Luna in tono spettrale - come d’altronde le si conveniva, essendo appunto vestita da spettro - avvicinandosi ad Harry ed Hermione.
“Sì”, rispose Hermione, facendo spallucce. "E' quell'incapace dell'autore che ci siamo beccati questa volta. Io l'avevo detto a Joanne: ‘Metti il veto sulle fanfiction, che se no poi mi ritrovo, chessò? Ad un'orgia nella Sala Comune dei Serpeverde senza nemmeno sapere come ci sono finita’. Ma pensi che quella donna mi dia retta? E quindi guarda un po' come ci siamo ridotti!".
“Io quelle voci non le sento”, fece presente Neville un po' timidamente, come se avesse paura di disturbare.
Luna gli si avvicinò, ondeggiando il lenzuolo. “Certo, Neville, perché questa è magiaaaaaa...”, e cominciò a descrivere con le mani ampi cerchi intorno al volto del ragazzo, accompagnando il tutto con borbottii agghiaccianti di vario genere.
“Già, ehm… Luna?”, disse lui, guardandosi intorno come in cerca di conferme. “Non so se te lo ricordi, ma qui siamo tutti maghi o streghe”.
“Tranne Gazza”, aggiunse Ernie, un secondo prima di essere colpito alla fronte da una paletta per la polvere in acciaio cromato del peso di diciassette chili e seicento grammi, lanciata da non si sa bene chi.
“Oh, mio Dio!”. Lo strillo spaccatimpani di Pansy Parkinson risuonò nella sala. “Un assassinio!”. Poi la ragazza svenne.
“Ma tu mica eri già svenuta?” si informò Blaise Zabini, seduto accanto a lei.
La ragazza aprì un occhio. “Ma quella era una finta. Stavolta è vero”.
“Oh”.
Improvvisamente la Sala si riempì di una canzone rock anni ’70 uscita da chissà dove mentre Silente, accompagnato dalla McGranitt, da Piton e da Vitious, si avvicinava al corpo di Ernie riverso sul tavolo reggendo un enorme borsone molto simile a quello di Mary Poppins. “Questo è un classico caso di omicidio preterintenzionale”, affermò il preside, chinandosi sullo sventurato Tassorosso… che aprì gli occhi ed emise un mugolio di dolore.
“Dobbiamo recuperare le prove prima che scompaiano”, continuò Silente, mentre tutti lo fissavano con aria perplessa (o quasi tutti: l’avvocatessa McBeal prendeva appunti, Pansy era ancora svenuta e Gazza stranamente non era presente); consegnò la borsa alla McGranitt e le disse: “Catherine, prendi il coso che rileva le impronte digitali”.
“Catherine?”. La professoressa McGranitt aggrottò la fronte. “Coso?”. La professoressa McGranitt aggrottò ancora di più la fronte. “Impronte digitali?”. La fronte della professoressa McGranitt era aggrottata in un modo che andava contro qualsiasi legge fisica, logica e fisionomica.
“Warrick, hai portato le bustine trasparenti?”, domandò Silente, come se la vicepreside non avesse aperto bocca, meno che mai aggrottato la fronte.
“No, le ha Pomona, come al solito”, squittì l’insegnante di Incantesimi. Al tavolo dei professori, la Sprite stava sventolando nella loro direzione dei sacchetti di plastica a chiusura ermetica contenenti della polverina bianca alquanto sospetta.
“Oh, molto buono a sapersi!”, osservò Albus, mentre Ernie, borbottando uno “sto bene, sto bene…” si rimetteva seduto al suo posto massaggiandosi la fronte segnata da una vistosa ecchimosi.
“Professor Silente, con tutto il rispetto…”, il tono di voce di Severus Piton era al di là della scocciatura.
L’adorabile vecchietto si voltò verso di lui, sorridendo. Dietro di lui, la McGranitt sembrava avere qualche problema a disinarcare le sopracciglia. “Qualcosa non va, Sara?”.
Piton fece un’espressione che solitamente riservava a pochi eletti all’interno della scuola, ovvero al novanta percento circa dei suoi studenti. “S-sara?”, borbottò, la furia mal trattenuta. “Oh, questo è davvero troppo!”. Con larghi passi ed opportuni svolazzamenti di mantello nero si avvicinò al tavolo Grifondoro, e per la precisione alla zona in cui si trovava Harry; il quale ebbe una fitta per il terrore, anche se alla narice destra e non alla cicatrice.
Dopo aver scostato in malo modo Luna – la quale si guardò intorno perplessa e borbottò: “Strano, mi sarebbe dovuto passare attraverso… Mi sa che anche questo lenzuolo è difettoso, proprio come gli altri…” – il professore di Pozioni prese una delle mani di Harry (inalberando un’espressione di disgusto evidente) e una delle mani della sua gemella, le accostò e chiese al ragazzo: “La vuoi?”.
“No!”, esclamò inorridito Harry.
“Lo vuoi?”, domandò Piton alla ragazza, come se il suo studente meno preferito non avesse affatto aperto bocca. “Sì!”, gridò lei in tono di giubilo. Un coretto composto da Lavanda Brown e dalle gemelle Patil intonò un Alleluia dietro i due.
“Allora vi dichiaro fratello e sorella, e tanti saluti a tutti!”, borbottò Piton, voltandosi in uno svolazzo di mantello e dirigendosi fuori dalla Sala Grande. Alcuni Tassorosso, in seguito interrogati a riguardo, giurarono di averlo sentito borbottare: “Anche perché s’è fatta una certa e sennò mi perdo gli episodi di Grey’s Anatomy…”.
“Harry, credo che adesso dovresti lanciare il bouquet…”, suggerì Ron, annuendo con aria convinta.
“Ma quale bouquet?”, domandò Harry disperato. Si accorse di stringere ancora la mano della sua gemella e si affrettò a lasciarla, come se avesse accarezzato un lumacone particolarmente bavoso. “E… Luna, ma che accidenti credi di fare con quelli?”.
La ragazza, ancora avvolta nel suo lenzuolo da fantasma, reggeva sottobraccio due grossi cocomeri. “So che in occasioni come queste di solito si tira il riso, ma purtroppo al momento non ne ho… Che dici, potrebbero andare bene lo stesso?”.
“Sentite, ragazzi, apprezzo i vostri sforzi, ma davvero, non è…”, iniziò Harry, ma il suo sguardo venne di nuovo calamitato da quello scarlatto di Angela, che era ancora seduta nella stessa identica posizione da che si era accomodata, e si limitava a dardeggiare la sala con i suoi occhi infuocati. Il ragazzo si portò una mano all’inguine, reprimendo a fatica un gemito.
“Ma che fai?”, esclamò inorridita Hermione, scostandosi dall’amico. “Harry, ma ti sembrano il luogo ed il momento per fare certe sconcezze?”.
“N-non è colpa mia…”, tentò di spiegare lui, emettendo poi un altro mugolio. “Non… Non riesco a trattenermi…”. Le sopracciglia di Angela si sollevarono in maniera impercettibile, e la sensazione aumentò d’intensità. “Ahh… Ahhh…”.
“Potter, insomma!”, intervenne scandalizzata la McGranitt, ripensando che ai tempi della sua giovinezza – quando le cinture di castità erano di gran moda presso i giovani – cose simili non sarebbero mai potute accadere.
“Davvero, non… Non ci posso fare niente…”. Harry aveva le lacrime agli occhi. Sentendo il proprio corpo farsi sempre più rigido e debole, scivolò giù dalla panca e rotolò sul pavimento, fra lo sgomento generale. Gli occhi di Angela erano sempre fissi su di lui, ed il ragazzo non poté più trattenersi, quando la sensazione dentro di lui esplose. “CHE DOLORE PAZZESCOOOOO!”, gridò, mentre tremende fitte gli martoriavano il basso ventre.
“Ah”, borbottò Hermione, fissando il suo migliore amico agonizzare sul pavimento in pietra della Sala Grande. “Quindi non è quello che pensavamo…”.
“Peccato”, disse la McBeal con aria afflitta. “Stava per scattare una denuncia per atti osceni in luogo pubblico…”.
“Su, su, non faccia così, non sempre la vita va come vogliamo...”, tentò di consolarla Neville, dandole delle amichevoli bottarelle sulla schiena.
“ E io sarei svenuta inutilmente un’altra volta?”, chiese la voce di Pansy Parkinson da sotto una panca.
“Ehm… Sentite, ragazzi?”, fece eco Ron, guardandosi intorno. “Sono io l’unico a pensare che dovremmo fare qualcosa per lui, invece che starcene qui a parlare?”.
Nella Sala Grande si diffuse un’altra volta della musica, stavolta un motivo carico di tensione. Silente, vestito con un camice verde, spingeva una barella uscita fuori da chissà dove. “Forza, dottoressa Lewis, si muova a caricare il paziente in barella! Questo è un classico caso di appendicite preterintenzionale, dobbiamo intervenire finché siamo ancora in tempo!”, disse lui in tono imperioso rivolto alla McGranitt.
Questa volta l’insegnante di Trasfigurazione non obiettò alla bizzarria del suo superiore. Balbettò un: “S-sì…” poco convinto ed agitò la sua bacchetta, facendo veleggiare Harry a mezz’aria e posandolo poi con maestria sul lettino mobile.
“Bene, e ora si parte!”, annunciò il preside con tono giulivo. “Si tenga forte, signor paziente!”. E detto ciò, Silente iniziò a correre spingendo il lettino con una vitalità invidiabile per un centocinquantenne teoricamente pure morto.
“Preside, rallenti!”, esclamò la McGranitt, lanciandosi al suo inseguimento. “Non le fa bene tutto quello sforzo, alla sua età!”.
“Ehi, il regolamento di Hogwarts vieta di correre a quel modo all’interno dell’edificio scolastico!”, protestò la McBeal, nonostante anche lei fosse scattata in piedi e si stesse esibendo in una serie di falcate degne di un centometrista, nonostante i tacchi e la minigonna. “E poi ce l’ha la patente per quella barella?”.
“Aspettami, fratellino mio adorato!”, la sorella di Harry si era alzata in piedi di scatto, ed ora stava tallonando l’avvocatessa. “Saremo uniti anche nella morte!”.
“Ehi, io sono ancora vivo…”, si poté udire a malapena una voce alzarsi dalla barella, mentre varcava le grandi porte che davano sulla Sala d’ingresso di Hogwarts.
Con l’uscita del gruppetto, sui presenti calò qualche attimo di silenzio. Al tavolo dei Grifondoro, i ragazzi si guardarono negli occhi gli uni con gli altri.
“Che dite, andiamo a dormire?”, propose Neville alla fine.
  
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