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Autore: Horrorealumna    02/06/2014    5 recensioni
"Noi, quali le foglie che la stagione di primavera dai molti fiori genera non appena crescono ai raggi del sole, ad esse simili godiamo per il tempo di un cubito dei fiori di giovinezza, dagli dei non sapendo né il bene né il male; ma già ci stanno vicino le nere Parche, reggendo l’una il termine dell’odiosa vecchiaia, l’altra quello della morte: il frutto della giovinezza dura un attimo, quanto sulla terra si diffonde il sole. Ma quando il termine di questa stagione sarà passato oltre, allora l’esser morto è meglio della vita."
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Caesar Flickerman, Claudius Templesmith, Presidente Snow
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'You Better Watch Out'
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I Nostri 41esimi Hunger Games

 
 

La Gloria e il Sangue vanno a Braccetto

 

Hai bevuto come se il mondo stesse per finire,
Ma non è successo...
Hai ricevuto un occhio nero dal pugno del tuo migliore amico,
Chi l’avrebbe mai immaginato?
E’ chiaro che qualcuna debba andare,
Lo vogliamo, ma promettiamo, non siamo cattivi.
 
E un pianto si alza, ma loro perdono la testa per noi e il nostro Gioco,
Ma ora siamo nell’Arena e siamo venuti qui per sangue...

 


Rose non era altro che un guscio vuoto, una marionetta a cui sembravano esserne stati recisi i fili, i suoi occhi avevano finito di luccicare; eppure ancora una sottile fredda lacrima scendeva per la sua guancia, a rigarle e bagnarle il volto per l’ultima volta. La bocca era ancora socchiusa e le sue gote esangui furono sfiorate dall’innamorato, con un’ultima carezza e un bisbiglio d’amore perduto.
Il gruppo intero era scosso, messo in pericolo come non mai e quasi del tutto vulnerabili; e la notte era scesa, la luna era pallida e falsa, proprio come le stelle sembravano solo minuscoli punti, troppo lontani e disinteressati a ciò che accadeva a quei ragazzi.
- Belladonna... be-bella... – sussurrava ancora Nicholas, tremante di rabbia e frustrazione mentre teneva stretto, tra le forti ma fredde braccia, il corpo dell’amata. Attorno a lui, intanto, la situazione sembrava essersi scaldata: Eliza e Alexandra stavano raccattando nel minor tempo possibile tutto il necessario e qualche avanzo di cena da terra, mentre Chloe attendeva rannicchiata all’entrata della minuscola e gelida grotta. Quest’ultima di teneva la testa tra le mani, la pelle sudaticcia e gli occhi quasi fuori dalle orbite, iniettati di sangue e bagnati di lacrime bollenti, sussurrando il nome “Roseleen”, insieme a quello di un certo “Sam”, sua vecchia cotta. Probabilmente, anche lui, incollato ad uno schermo, come la sua famiglia, a pregare per il suo ritorno e la sua vittoria, aggrappato solo a mere immagini e al suono del suo affannoso respiro.
- Non abbiamo t-tempo! – sbottò piano Alex buttando nello zaino un ultimo pezzo di pane mezzo mangiucchiato trovato ai suoi piedi.
- Lo so. Ci prenderanno... – fece Elizaveta alzandosi di scatto e afferrando il braccio di Chloe, intimandola ad alzarsi e partire. L’altra, invece, si avvicinò cautamente a Nicholas e al corpo esanime dell’ex-alleata. Il suo sguardo vitreo e senza espressione era stato celato per sempre, da un’ultima carezza dell’amato, che non accennava a lasciarla andare.
- Io la porto con me – disse piano ad Alex, una volta vicina.
- Come? – disse lei stupita e incredula – Ma lei... è...
- SO CHE È MORTA! – urlò il ragazzo – Non posso lasciarla... a quei mostri!
Una vocina, flebile e debole, così diversa da quella del tributo, riecheggiò, quasi più terribile e letale del precedente grido.
- Eliza, credo di essere avvelenata... i-io...
Era stata la bionda Chloe a parlare: le sue labbra tremavano e aveva anche un  po’ di moccio che le colava giù dal naso. Allo stesso momento, un rumore improvviso di passi pesanti e veloci, fuori dalla grotta, colpì le orecchie di Eliza, che agilmente raccolse la loro misera arma, un semplice ma lungo coltello e lo puntò in direzione dell’oscurità notturna.
- Dobbiamo scappare! – urlò un ragazzo – Ora!
Al suono della voce familiare, la ragazza dell’Undici abbassò l’arma e tirò un sospiro di sollievo, mettendosi in spalla lo zainetto raccattato alla Cornucopia. Jay, suo amico ed alleato, che si era allontanato per controllare la situazione, la prese forte per mano e fece per scappare.
- Aspetta, Jay! – lo ammonì lei, liberandosi dalla presa e aiutando Chloe a mettersi in piedi – Va’ da Nicholas. Ha bisogno di una mano...
Alexandra guardò l’alleata con occhi sbarrati:
- Vuoi portarla con noi!? Vuoi portare Rosalie... ? – boccheggiò confusa.
- Avremmo fatto lo stesso per te... e voi tutti... – sussurrò Elizaveta indicando gli altri presenti – Sarà un suo problema ma, per il momento, pensiamo a farla riposare in pace.
Silenzio.
- E a scappare – borbottò Jay – Ci sono alle calcagna, i Favoriti ci hanno stanati.
- Devono solo provarci a prendere... – mormorò lei.
 
Lavinia guardava le stelle con sguardo assonnato. E ciò non era assolutamente da lei, ma ascoltare i noiosissimi elogi alla guerra improvvisati da Diego l’annoiava tremendamente; sbadigliare le era diventato quasi doloroso: non vedeva l’ora di finirla e mettere qualcosa sotto i denti. Se solo Sophia non avesse appositamente nascosto tutte le riserve di cibo, lontano dalla bocca della Cornucopia...
La bionda del Distretto 1 aveva scelto, appositamente per lo scontro imminente, come lei, i migliori e più appuntiti pugnali; era stato quasi divertente scegliere quelli più belli e dal manico meglio intagliato, tanto che persino Lavinia ci aveva messo del suo, proponendo un bellissimo pugnale dal manico placcato d’oro e una lancia per Brandon. Le aveva ricordato un vecchio episodio della sua infanzia: doveva aver avuto più o meno due o tre anni, quando, un fresco pomeriggio d’autunno, sua sorella Perla l’aveva portata di nascosto in un bellissimo negozietto, gestito da un rinomato giocattolaio e venditore di bambole di porcellana, originario del Distretto 1; ricordò che si era divertita moltissimo, dato che in casa i giocattoli scarseggiavano – rimpiazzati da armi e robe simili – e le era davvero piaciuto poter, anche solo per qualche istante, scegliere il cappello più adatto al visino perfetto della bambola prescelta, il collarino con la pietra più luminosa, il vestito più elaborato e colorato, le scarpe più lucide e intonate con il pizzo dell’abitino... non era poi così diverso da quella situazione.
- Perla... – sussurrò tristemente Lavinia, continuando a fissare il cielo. Poi, improvvisamente, l’immagine di sua sorella si tramutò in quella dello sdolcinato Felix Anderson, tributo, come lei. Di come, il giorno delle interviste...
- Lavinia... ?
La tenera e calda voce di Brandon la riportò alla realtà, ridestandola dal sogno con estrema delicatezza e dolcezza. Si era, come lei, distante da Diego e Sophia, intanto indaffarati in qualche strategia d’accerchiamento, e sedeva accanto alla bambina, guardandola come un padre apprensivo farebbe con la propria figlioletta.
- Ti manca, eh? – le sussurrò.
- È così evidente? – biascicò Lavinia sostenendo il suo sguardo, illuminata dalla luce lunare.
- Solo un po’. Ma è evidente... – continuò lui - ... che sembri tenere anche a qualcun altro in questa Arena...
Lavinia sentì la propria temperatura corporea salire velocemente e senza alcun preavviso, lasciandola con le gote simili a due rosse ciliegie; con occhi socchiusi, mormorò al compagno:
- E anche se fosse... ? Mi lasceresti andare? Lo permetteresti?
Brandon sembrava dover ribattere qualcosa, ma al contempo nascondere altro. E forse, una parola di più avrebbe potuto tradirlo; il problema, probabilmente, non era che lo fosse venuto a sapere Lavinia... il problema era il pubblico. Ma, dopotutto, gli sarebbe davvero importato più di tanto... ?
- Non diventerei... una tua nemica... ? – mormorò cautamente Lavinia a Brandon, mentre questo distoglieva per un attimo gli occhi da lei, per rivolgerli all’orizzonte, verso altri ragazzi, altri tributi... – I-io sono o no una Favorita? Bran?
- Sei abbastanza grande... – sussurrò lui, con uno strano luccichio nello sguardo – Per capire chi sono i tuoi veri nemici.
La rossa ragazzina si mise velocemente in piedi. In mano un pugnale.
- Va’ – fece poi, Brandon – Corri, è il tuo momento.
Lavinia apriva inutilmente la bocca, senza emettere suoni. Confusa. Cosa voleva dire?
- Aspetta... aspetta ancora un po’...
 
Connie era scappata da Beatriz e dall’incosciente Joy, correndo giù per il pendio e mantenendosi sempre al limitare del bosco. Con la notte le sarebbe stato quasi impossibile orientarsi nella fitta vegetazione, dopotutto avrebbe preferito non rischiare di andare a sbattere contro qualche Favorito assetato di sangue. In più, era vulnerabile e davvero affamata: i pinoli le avevano fatto venire molta sete e la sua misera scorta d’acqua era già terminata da un pezzo; non c’era nessuno a proteggerla, e ciò la rendeva particolarmente nervosa e suscettibile. Ecco  il perché del sasso scagliato contro la ragazza dai capelli rosa del Distretto 9. Doveva pur difendersi e offendere il nemico, no?
Eppure, quei pensieri e ragionamenti, assunsero una piega più oscura e tetra con il calar delle tenebre.
E se non ce l’avesse fatta?
E se non avesse mai più avuto la chance di riabbracciare la sua sorellina e di riascoltare la rassicurante voce del fratello maggiore? E se non avesse mai più rivisto i brillanti occhi di quell’impertinente ragazzo del Distretto 4? Xaber. E se non fosse mai più riuscita a correre spensierata sotto il sole, a mangiare il suo piatto preferito, a ricantare una ninnananna... ?
Un sordo ruggito lontano e un eco lontano, di un terremoto già avvenuto... il panico prese controllo delle sue gambe e la spronò a scappare. Correre più veloce, come mai aveva fatto in vita sua. Per cosa... per dove... ancora da definire. Sta di fatto che, all’improvviso, un intenso dolore l’assalì e le avvolse il piede e il ginocchio sinistro; capì di aver urtato l’arto a qualcosa di duro, frastagliato e appuntito...
Non ebbe il tempo di invocare aiuto.
Un lampo rosso, suscitato dai suoi lunghi capelli le oscurò la vista, mentre precipitava nell’oscurità. Era caduta dentro qualcosa e continuava a precipitare, inesorabilmente, verso un inferno freddo e gelido come l’abbraccio della morte... anche ad occhi ben aperti, durante il rapido volo, tutto ciò che vedeva era offuscato dall’oscurità. Poteva essere... un pozzo?
Il cinguettio di qualche uccello notturno, lontano e flebile, fu l’ultima cosa che la ragazza udì... prima di cadere in acqua.
Sentì ogni pelo del corpo rizzarsi per la bassissima temperatura dell’acqua, sensazione provata dopo solo qualche secondo completamente immersa e senza ossigeno. Connie mosse le braccia, agitata e in preda ad un angoscioso senso di paura: non provenendo dal Distretto 4, non aveva idea di cosa stesse facendo, ma l’istinto le suggeriva di salire in superficie, ad ogni costo, prendere aria e riordinare i pensieri.
Annaspò tossendo l’acqua sporca che si ritrovò in bocca, una volta a galla, mentre strani flutti le colpivano gli occhi, facendoglieli bruciare; avrebbe, comunque, giurato di aver avvertito qualcosa solleticarle la gamba sommersa.
- Ah... ahh... – gemette la ragazza, notando poi un rivolo di sangue scenderle dal naso a causa, forse, della caduta precipitosa. Non c’erano appigli? Nessuno... oltre lei? Era sola... sola... e persa...
Cercò di alzare la testa, in cerca del buco da cui era cascata, ma il buio l’avvolgeva come un cupo e tetro mantello; bollenti lacrime cominciarono a scenderle sul viso, per poi cadere e perdersi nelle torbide acque contro cui Connie combatteva. I piedi, però, cominciavano a dolergli, pesanti come macigni...
Pesanti... ?
Il livello dell’acqua era salito... o era lei a precipitare verso il fondo?
- Cosa... ?
Aveva difficoltà persino a respirare... e in men che non si dica, la ragazza fu sott’acqua. Lottando contro il bruciore agli occhi e la sporcizia, la rossa spostò il suo sguardo ai suoi piedi e, per la sorpresa emise un urlo, tramutato in una marea di mute bollicine: attaccate ai suoi piedi, quasi abbracciate ai polpacci esili, c’erano due ragazze completamente svestite. Quella a destra aveva lunghissimi capelli biondi, mossi continuamente dai suoi movimenti e l’altra, a sinistra, li aveva ricci e tendenti ad un rosa sporco. Entrambe avevano lo sguardo vacuo ma divertito, le bocce piccole e ricurve in un sorrisino, le mani palmate... tagli all’altezza della gola... e...
Connie spalancò gli occhi, annegando verso il buio, attratta da quella bella visione e con una strana melodia nelle orecchie... dolce, soave... a dir poco, meravigliosa...
- Tu... non sei mia sorella... ?
 
Joy aveva riaperto gli occhi, svegliata, forse, a causa di uno strano boato; in più, uno strano fastidioso ronzio invadeva la fresca e inquieta aria notturna, tanto che, solo per qualche secondo, pensò di essere tornata a casa, nel suo Distretto d’appartenenza, sotto qualche albero a godersi una sera estiva insieme ai suoi amici...
Il Distretto... gli amici...
Invece Beatriz era stata in disparte tutto il tempo, fino al calar delle tenebre, dopo la rocambolesca comparsa di Stevenson Connie e del suo patetico tentativo di ferirla. Aveva atteso, senza ben sapere il motivo, che Joy riaprisse gli occhi e tornasse in sé, ammazzando il tempo esaminando i fiori trovati vicino al laghetto, luogo del ritrovamento.
- C-cosa... mi è successo? – fece piano Joy mettendosi lentamente e cautamente a sedere sui sassolini, una mano immersa nell’acqua, un'altra con un fiore stretto saldamente tra le dita, e guardandosi attorno con circospezione.
Beatriz, zitta e senza troppi movimenti bruschi, con le mani strette a pugno pronta a difendersi da qualsiasi tentativo di offesa, le fu alle spalle, silenziosa, ma l’altra se ne accorse: Joy aveva un aspetto spettrale, quasi sinistro, così diverso da prima che svenisse a causa del morso al fiore rosso ma, perlomeno, respirava ancora e, a quanto pareva, regolarmente e senza fatica. I capelli corvini, ormai, non erano più in ordine e fili d’erba le “coronavano” il capo disordinatamente; l’immagine ricordava molto il copricapo che i suoi stilisti le diedero da indossare per la sfilata celebrativa di quella Edizione degli Hunger Games, insieme all’abito che la fece sembrare una ninfa dei boschi o qualche creatura incantata per favole di bambini.
- Dove mi trovo... ? – fece poi, guardandosi attorno, una mano sulla testa dolorante.
Poi, dopo qualche secondo di silenzioso smarrimento, la mora si mise in ginocchio, accarezzando con inanimata passione il fiore rosso, orecchie tese e ramoscelli sul capo; l’aria sembrò gelarsi, le tenebre calare più fitte, il respiro diventare sempre più irregolare. Ogni movimento avrebbe potuto tradirle.
Ci volle qualche minuto a Joy per capire che un’altra persona la stesse osservando svegliarsi. Il volto scattò, lo sguardo si infiammò e in un attimo la mora era sopra Beatriz, a serrarle la gola con le nude mani. Spinse forse le dita sulla pelle sudaticcia, a cercare il canale dell’aria, a sentire la debole trachea dell’altra schiacciarsi sotto la pressione eccessiva.
Spinse, lasciava la presa per qualche secondo e spingeva ancora più forte.
- Cosa vuoi!? – gridava Joy in preda al panico, spaventata ma arrabbiata allo stesso tempo; il fiore rosso giaceva al loro fianco, mentre la notte si riempiva degli inutili gemiti e dei colpi di tosse soffocati del tributo. L’aveva presa alla sprovvista, velocemente; non era riuscita neppure ad alzare le braccia per respingere quel doloroso “abbraccio”... e ora, la ragazza del Distretto 7, con saliva alla bocca, gli occhi iniettati di sangue e le guance così pallide da sembrare perennemente bagnate di luce lunare, stava privando il tributo femmina del Distretto 9 di vitale ossigeno.
Spinse e ancora, spinse più forte...
- Cosa vuoi da me!? Chi sei, eh?! Cosa volevi farmi?
Quelle domande fecero strabuzzare gli occhi di Beatriz...
- Non ti conosco! Chi sei?! Dimmi chi sei! E dove mi trovo! EH?!
Il cannone sparò, avvolto da un ultimo rantolo disperato e da una risposta mai pronunciata. “Siamo agli Hunger Games, tu sei un Tributo, sei qui con altri ragazzi... e solo uno di questi tornerà a casa... “.
Joy lasciò la presa solo dopo diversi istanti – e dopo aver anche sobbalzato per l’improvviso suono del cannone; poi, ricomposta e seduta sulle ginocchia, il fiore rosso sempre vicino, sussurrò alla luna:
- Ma... io chi sono?
 
Markus sobbalzò al suono del cannone, ma non ci fece abbastanza caso. Era impegnato ad osservare due magnifici esemplari di leoni, accovacciati dormienti accanto ad un muro in mattoni. In realtà, si trattava di leonesse, dato che erano prive di pellicce o di qualsivoglia attributo maschile, e riposavano beate, mugolando o muovendo la zampa artigliata di tanto in tanto nel sonno.
Era seduto abbastanza distante dalle bestie, ma il loro odore era comunque forte e abbastanza pungente, sebbene le fiere sembrassero pulite; l’occhio destro non esisteva più, per colpa di Alexandra, ma ormai il dolore era passato con, a rimpiazzarlo, una strana sensazione di vuoto, di sangue... un mancanza che, forse, nemmeno il più bravo chirurgo della Capitale avrebbe potuto “colmare”... ma, mai dire mai.
Un fruscio di erba selvatica e qualche germoglio dormiente, provocato da una improvvisa folata di vento, arrivò alle sue orecchie... insieme ad uno strano rumore di passi pesanti, ma lontani, in direzione della foresta a nord. Probabilmente un animale... o un’altra specie di “preda”.
La testa gli doleva. In un primo momento incolpò l’orbita ricolma di liquido scarlatto, la guancia bagnata di sangue seccato e un labbro spaccato, ma dopo poco tempo intuì si trattasse di qualcosa di molto più serio. Un coro di voci acute, distorte, come quelle che un televisore rotto avrebbe fatto udire ai suoi spettatori, gli riempiva il cervello; non poteva trattarsi di un’allucinazione... ma attorno a lui, tutto taceva. Voci indistinte, insulsi gridolini e risatine ingenue, tutte femminili e puerili, lo tormentavano senza sosta, provocandogli frequenti ma brevi giramenti di testa; giurò, persino di riconoscere una ben più familiare e odiata vocina, un’insistente urletto degno di un’ochetta come lei; il culmine lo raggiunse quando un sottile e unico rivolo di sangue gli colò dal naso e scese veloce verso il mento.
- Dannazione! – imprecò il ragazzo, pulendosi con l’orlo della manica della giacca a vento – Di questo passo morirò dissanguato!
Chissà se i leoni, seppure nel sonno, fiutarono per un attimo l’odore acre del suo sangue...
 
- Spera che i gattini non ti abbiano visto...
Il sussurro accennato arrivò dalla bocca di un altro ragazzo che, silenzioso quanto la notte, fissava Markus del Distetto 7 pulirsi il sangue dal naso, allo stesso modo di un bambino che aspetta pazientemente che i genitori si allontanino dalla dispensa per sgraffignare dei dolciumi. Accucciato per terra, accanto ad un pozzo di pietra, all’apparenza innocuo, teneva sotto controllo il rivale, senza farsi notare e senza rumore. Aveva deciso di passare inosservato là la notte, riposare un po’ contro il muretto a secco di cui era pieno lo scenario a ovest, simile ad antiche rovine di città perdute.
Una delle leonesse mosse pigramente la zampa nel sonno e spalancò controvoglia le fauci, ad occhi chiusi, probabilmente sognando, e William finalmente decise di abbassare la testa e cercare la migliore posizione per riposare.
Il mattino, si augurò malinconicamente, sarebbe arrivato presto; dopotutto i cannoni avevano già sparato il loro funesto colpo e presto ognuno avrebbe deciso sul da farsi. Anche lui avrebbe fatto meglio a pensarci su... ma non aveva armi, né provviste... quanto altro tempo avrebbe dovuto passare rannicchiato a terra per resistere ai morsi incessanti della fame. Guardò speranzoso a nord, verso la coltre di arbusti e verdeggianti foglie, che probabilmente doveva nascondere pur qualcosa di commestibile!
Ci avrebbe pensato una volta riposato... era stata una dura giornata...
Si adagiò per terra, seduto, le ginocchia al petto, le mani incrociate al petto e chiuse dolcemente gli occhi, con l’immagine della falsa luna a bruciargli gli occhi e lasciargli quella fastidiosa ombra sulla retina di entrambi gli occhi.
- Notte... – si disse da solo, accoccolandosi ancora di più. Ma all’improvviso, quello che aveva tutta l’aria di sembrare un tremendo muggito bovino sconvolse l’aria e gli animi. Il suono era grave, prolungato e così intenso da fargli dolere i timpani e, come se non fosse bastato ad atterrire i presenti, un tremendo terremoto scosse il suolo, aggiungendo altri boati alla notte e incutendo ancora più paura.
 
- Stanotte si uccide! – urlò compiaciuto Diego a Sophia, scendendo lungo il pendio, a caccia di Tributi. Come Favorito, non era questo il suo dovere, dopotutto? Più di ogni altra cosa, lui voleva tornare a casa, come vincitore. Ne andava del suo onore... della sua vita.
- Puoi dirlo forte! – rise la bionda Favorita seguendolo a ruota, con dietro i meno entusiasti Lavinia e Brandon; il più grande le stringeva delicatamente la mano disarmata.
Erano tutti pronti alla più emozionante caccia della loro vita: Diego armato di un lungo coltello e una piccola spada alla cintura, Sophia e Lavinia avevano entrambe un set di pugnali nascosti all’interno della giacca leggera, mentre Brandon stringeva il suo arco e la faretra piena di frecce piumate era allacciata alla sua spalla.
Lavinia, di tanto in tanto, mandava fugaci sguardi al proprio compagno, camminando lentamente al suo fianco. I capelli rossi, notò Brandon, erano legati in con un piccolo elastico bianco, dandole un’apparenza più matura e vissuta, eliminando l’assassina dolcezza dei suoi occhi da dodicenne.
L’improvviso terremoto spaventò, comunque tutti e quattro i predatori; la confusione, il boato proveniente dal sotto suolo e l’inaspettata perdita di equilibrio, per un attimo li rese vulnerabili quanto le loro prede. Diego e Sophia ebbero solo qualche secondo per mettere entrambe le mani davanti al viso, cadendo al suolo come pesi morti, ed evitare ferite di alcun genere; Brandon afferrò al volo il polso della bambina rossa, cercando di tenerla precariamente su due piedi e forzandosi di restare lucido, nonostante la pericolosa situazione. Neanche dopo pochi secondi, strattonò con potenza il suo braccio facendola ruzzolare rovinosamente per terra.
 
Mezzanotte era seduta tra le figure dormienti di Xaber e di Felix. Il piccolo biondino, alla sua sinistra, aveva il viso sudaticcio e la bocca semiaperta, immerso in un sonno privo di sogni, ma incredibilmente pacifico. Finalmente riposava a dovere. Xaber, invece, aveva avuto sogni parecchio tormentati dalla prolungata scossa del terreno e dalle presunte voci che arrivavano alle sue orecchie; si era addormentato molto tempo dopo l’amico e stringeva la lancia ricevuta tramite gli sponsor al petto, come una madre tiene il proprio bambino. Il lato negativo della cosa, comunque, era che la punta era indirizzata pericolosamente verso il collo della loro “baby-sitter”, che senza troppe pretese si era offerta di fare da cuscino per i due.
Ridacchiò leggermente alla loro vista, poi, cercò di prendere sonno e risvegliarsi il giorno dopo.
Era relativamente tranquilla: la sua testa volgeva verso l’imponente collina della Cornucopia, lontana ma torreggiante su tutto lo scenario, che risplendeva alla luce della luna. Erano preparati: avevano armi, provviste e un posto silenzioso e indiscreto dove potersi nascondere e poter dormire; avevano gli sponsor dalla loro parte  e, per di più, due divertenti compagni di avventura. O di morte.
Sapeva che presto, si sarebbero dovuti separare: ogni colpo di cannone le ricordava dov’erano realmente, cosa stavano facendo e, in particolare, che il mondo li stava a guardare. Guardare morire e uccidersi a vicenda... come gladiatori antichi, come lei aveva letto tempo fa in un libro di sua nonna.
- Dio... ci piacciono veri arcaici metodi di divertimento... ! – esclamò incredula della sua situazione. Tra tutte le ragazze possibili, era stata scelta lei.
Passò con delicatezza una mano sul mento, per poi scendere con calma sul collo e petto. Lì, le dita incrociarono la fredda sagoma del ciondolo a forma di chiave di violino, regalo dei suoi sedici anni, portato di nascosto nell’Arena e nascosto sotto gli indumenti. La luna vi era riflessa sopra e guardarlo le trasmetteva malinconia e tristezza.
Ripensò a casa, a sua madre, all’adorata nonna, alla Mietitura... a Ray e al suo doloroso addio, seguito da una dichiarazione d’amore in diretta, su tutte le televisioni della Nazione e la sua risposta.
Anch’io... “ aveva urlato alla stazione, rivolta a lui e in lacrime.
Ehi, Pipistrello!” le sembrò quasi di sentirlo là, con quel nomignolo spiritoso che le affidò da bambina “Tirati su e fammi sentire qualcosa al tuo pianoforte. Sai che adoro la tua musica...
Mezzanotte non trattenne più le lacrime, e fu felice di sapere che nessuno la stesse osservando in quel momento così imbarazzante; quando proruppero i singhiozzi, cercò di pacarli il più possibile, per non svegliare i due amici.
All’improvviso, uno strano vento gelido si alzò, proprio come durante l’ultimo recente terremoto, gelandole i lacrimoni sulle guance pallide mentre uno strano rumore di passi in corsa si faceva sempre più forte e udibile. Il panico si impossessò di lei e, abbandonata ogni sorta di delicatezza, si mise in piedi, puntando la cerbottana nel buio. Le erano rimasti solo due aghi velenosi, per il resto era vulnerabile.
Intanto...
- Nott! Avvertimi quando hai finito di ballare la macarena! – si lamentò Xaber ad occhi chiusi, non accortosi della situazione letale in cui si trovavano e accoccolandosi in posizione fetale sulla roccia su cui avevano precedentemente poggiato la schiena per sedersi. Invece, il meno preparato Felix cadde con un leggero tonfo per terra, di lato, con la guancia a sfiorare qualche ciuffo d’erba, ma ancora sorprendentemente addormentato.
Due figure si avvicinavano alla ragazza, e di corsa: doveva pensare in fretta.
- Mezzanotte! Mezzanotte! – una voce maschile la chiamò – Sveglia il biondo! Abbiamo poco tempo, ora!
Era la voce di Brandon Mayers, il Favorito del Distretto 2, suo salvatore al Bagno di Sangue. Ma come poteva essere possibile?
- Cosa... ?
 
Eliza e Jay erano in testa al gruppo, si facevano spazio in corsa nella foresta di pini e altre conifere, aprendosi velocemente la strada con le nude mani. Lei si era, poi, parecchio fatta male nello spostare un ramo caduto che ostruiva il passaggio, graffiandosi il palmo della mano sinistra, niente di grave, in ogni caso; dietro di lei, Alexandra e Chloe saltellavano, di tanto in tanto, per evitare di inciampare su massi occasionalmente sparsi su radure o per scansare radici d’alberi emerse in superficie.
Dietro tutti loro, Nicholas correva veloce, seppure con in braccio la esanime Rosalie, con la testa che ciondolava da un lato all’altro per lo sforzo.
Era stata una sua idea, se ne sarebbe preso le responsabilità.
Appena il gruppo udì il terremoto e lo strano muggito, furono travolti dall’agitazione e nella fretta di scappare e mettersi al riparo lasciarono anche un po’ di provviste nella grotta. Alcuni alberi erano crollati, impedendo ai ragazzi di ricorrere a migliori vie di fuga e ogni punto di riferimento con buio era andato perso. Erano semplici prede, in balia della natura e del nemico.
E mentre l’oscurità li inghiottiva, la risata di Diego echeggiò tra gli alberi, costringendoli alla ritirata rocambolesca fuori dalla vegetazione fitta; quella sarebbe stata la loro tomba, se il buon senso non li avesse fatti correre via.
Ora, i biondi Favoriti erano alle loro calcagna, armati e parecchio arrabbiati, assetati del loro sangue e desiderosi di vendetta; Sophia sfrecciava agile e veloce davanti a Diego, che era appesantito dalle numerose armi e non aveva il fisico snello della compagna.
Avevano adocchiato il più lento, Nick, e li pedinavano con ostinata insistenza.
- Lancia un pugnale, prendine uno, Sophia! – urlò rabbioso Diego a lei, facendo riferimento alla sua scorta di coltelli. Lei fece come le era stato suggerito: ne lanciò, uno... due... tre... nel buio, fino a quando il quarto, lanciato lontano, sembrò fare centro, perché un urletto spaventato femminile si levò nella fuga.
Era stata Alexandra a gridare di dolore, un pugnale conficcato nel suo polpaccio sinistro.
La ferita sanguinava copiosamente e correre era diventato sempre più difficile... gridò, per attirare l’attenzione degli alleati e ottenere appoggio, ma in quel momento la cosa sembrava impossibile; in più, come se bastasse, nella testa della bionda del Distretto 4, delle strane voci femminile gridavano e si lamentavano con suoni terribili. Era troppo da sopportare e quando ci furono solo pochi metri a separarla dai Favoriti, tutto sembrò spacciato.
La vista era sfocata... tutto vorticava attorno a lei e il dolore diventava sempre più intenso... quando una forte mano le prese improvvisamente il braccio, trascinandola con velocità...
Alexandra sapeva di poter resistere alla ferita, non era la prima volta che le capitava di star male, ma in quel momento non riusciva a non pensare alle lame delle spade di Diego ad infilzarle l’addome...
Non fu certa di capire cosa le stesse succedendo... ma riuscì, a occhi chiusi, dopo interminabili minuti di panico, a sentire persone parlottare in agitazione.
- Scendiamo, ti dico!
- E’ un pozzo, dove condurrà!?
- Potrebbe essere una trappola!
- Non si vede il fondo...
Poi tutto diventò nero e Alexandra perse i sensi, abbandonando le membra pesanti e ferite.
 
- Pensaci... con me sarai al sicuro – disse piano Lavinia a Felix, ormai sveglio – Voglio... tenerti accanto a me. Non avrai nulla da temere...
- E dov’è la fregatura? – azzardò Xaber, che era stato zitto fino ad allora.
- Non sto parlando con te! – lo fulminò la bambina – Ho rischiato tutto per venirvi a trovare e dirvi questa cosa; non potete rifiutare... è una scelta tua, però, Andersen.
Mezzanotte non poteva crederci: Lavinia si stava offrendo di allearsi con Felix... e quindi, seppur indirettamente con lei e con Xaber... a patto che il biondino la seguisse nella schiera dei Favoriti.
- Io – disse forte Brandon – Mi fido ciecamente di Lavinia. Sono pronto anche io ad affrontarne le conseguenze. Mezzanotte...
Il Favorito fece cadere a terra il proprio arco e la faretra con un gesto secco ma liberatorio al tempo stesso, guardando i presenti dritti negli occhi e respirando pesantemente. Per un secondo, il suo occhio cadde sul ciondolo di Mezzanotte; poi, guardata la luna, abbassò nuovamente lo sguardo, come in attesa di qualche parola.
- Io... – balbettò Felix, combattuto.
- Non ti preoccupare... non lascerò che ti facciano del male... è il nostro patto, quei due non lo sapranno mai – disse velocemente Lavinia, avvicinandosi a lui e scuotendo i capelli rossi.
- Io starò con voi e non dovrete temere la mia compagna in nessun modo – continuò fermamente Bran, rivolto a Xaber e Nott, sfiorando dolcemente la mano di lei – E vi proteggerò.
Felix si guardò intorno.
Incontrò lo sguardo di Xaber e poi quello di Mezzanotte, che gli disse accennando un doloroso sorriso, tormentata dal pensiero, forse, di non riuscire mai più a vederlo:
- Fai quello che ritieni più giusto... e quello che ti suggerisce il cuore...
Fu un leggero spifferò d’aria a rispondere, segno che l’alba era finalmente vicina.
Poi...




- Accetto.
 
 

 

 

 

Potrai anche provare a prenderci,
Ma noi siamo i Gladiatori.
Tutti sembrano istigatori
Ma in realtà sono salvatori...
Gloria e Sangue vanno a braccetto,
Ecco perché lo specifichiamo:
Puoi anche provare a prenderci,
Ma la vittoria è contagiosa.


 


Angolo Autrice:
E così si conclude, decisamente, il mio nuovo capitolo preferito.
Mi sono divertita tanto a descrivere queste situazioni adrenaliniche, visto che non sono proprio il mio genere ma che comunque mi piacciono tanto. Ma, soprattutto, ho sofferto tantissimo ad estrarre i morti di questo capitolo. Il titolo rimanda ad una canzone a tema “Hunger Games”, probabilmente i più appassionati l’avranno riconosciuta, insieme alle parole della strofa e del ritornello, abbastanza adatte in questa occasione :3 Sparse per il capitolo vi sono continui rimandi al lyric della canzone, sareste capaci di trovarli tutti?
Eh, bhè, non mi dilungo troppo, altrimenti potrò sembrare troppo entusiasta per un capitolo con ben due morti e... parecchi misteri svelati.
Mi dispiace alle mentori, davvero, ma purtroppo il Gioco è così e la fortuna non è stata a vostro favore (o meglio, i bigliettini non lo sono stati).
Al prossimo capitolo e ai tributi per Connie e Triz.
Alla prossima :D

PS: Auguri a Tu-Sai-Chi :P

 


 

   
 
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