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Autore: Dragon_Flame    13/06/2014    3 recensioni
Firenze, luglio 2013.
La vita di Lidia Draghi, adolescente alle prese con l'ultima estate prima degli esami e con la fine di una relazione sofferta, prende una svolta inaspettata nell'incontro con Ivan Castellucci, padre di Emma, che deve affrontare un difficile divorzio.
Una strana alchimia li lega e la certezza di aver trovato la propria metà si fa pian piano strada nei loro cuori. L'unico problema sta nella loro differenza d'età: vent'anni. Lidia ha diciott'anni, Ivan trentotto. Aggiungiamo poi una madre impicciona, un ex-ragazzo pedante, un fratello inopportuno e pseudo ninfomane, un'ex-moglie inacidita che cerca di strappare a Ivan la loro unica figlia e mixate il tutto.
Mille difficoltà ostacoleranno la relazione segreta fra i due protagonisti, ma il loro sentimento sarà più forte del destino che sembra contrario al loro amore?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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3.



Lidia era stata turbata parecchio da quel gesto. Ovviamente Ivan le aveva cinto le spalle con innocenza e solamente per attirare la sua attenzione, al fine di mostrarle  la strada per il reparto che cercava. Eppure quel contatto era stato inaspettato, strano, piacevole. L'uomo era stato delicato e gentile e lei aveva avvertito per un momento il cuore battere aritmicamente, lasciandola sorpresa e sconvolta, ma non negativamente.
Anche Aurelia aveva notato come lei fosse sovrappensiero, una volta che la ragazza era finalmente giunta nella sua camera per far visita all'amica infortunata. Perché pensava ancora a quel tocco casuale? E a Ivan? Non riusciva a comprendere il motivo. Si sentiva confusa e scombussolata.
Una volta uscita dalla stanza in cui Aurelia riposava dopo l'incidente, aveva evitato di incontrare nuovamente l'infermiere, sgattaiolando inosservata per un'uscita posteriore dell'edificio ospedaliero, senza farsi scorgere. Si sentiva un'ingrata: non l'aveva nemmeno ringraziato per averla guidata nella struttura, aiutandola a non perdersi.
Roberto le interessava sempre meno, ormai. Erano trascorsi più di dieci giorni da quando l'aveva mollato e, dopo l'iniziale momento di amarezza e risentimento, era scivolata in una sorta di apatia menefreghista nei confronti dell'ex, lasciando correre via il dispiacere e la delusione provati. Il giovane occupava a malapena l'ultimo dei suoi pensieri.
Era luglio, ormai, con la sua aria afosa e il bagliore del sole che infuocava la volta celeste. Le uscite con le amiche, le vivaci scampagnate al mare verso la - relativamente - vicina Livorno, i bei pomeriggi passati nel centro storico della meravigliosa città in cui viveva, Firenze, le riempivano le giornate, facendola sentire viva e vibrante di gioia, seppur a modo suo. Il dolore e la frustrazione del tradimento subito bruciavano ancora piuttosto ardenti, anche se Lidia, per sua natura, era una persona capace di cicatrizzare in fretta le sue ferite e che odiava compiangersi e mostrarsi vulnerabile. Fingeva di essere serena, perché non lo era pienamente: si mostrava tale solo per una mera questione d'orgoglio, però era pure cosciente del fatto che, prima o poi, per lei sarebbe tornata la felicità, quella vera, e quindi attendeva con pazienza la svolta positiva che le avrebbe rivoluzionato la vita.
Intanto, la castana aveva sviluppato una singolare, quanto ossessiva curiosità nei confronti del collega della madre. Non le riusciva di scacciarlo dalla mente: magari non ci pensava, però il ricordo di quello strano sussulto del cuore al semplice contatto del braccio di lui sulle sue spalle era sempre presente in un angolino della sua mente, pronto a fare capolino di quando in quando, senza mai abbandonarla completamente. Quasi inconsapevolmente, cominciò a porgere domande più o meno implicite sulla vita di Ivan, chiedendo a Sara, a Domenico e a chiunque altro lo conoscesse delle informazioni sull'infermiere. S'interessava di ogni minimo dettaglio della sua esistenza, a partire dalla famiglia, passando per il lavoro, gli interessi personali e finendo con i particolari più strani e intimi di cui venne a conoscenza. Prima a malapena sapeva che era un collega della madre, sposato e con una figlia. In brevissimo tempo, invece, era riuscita a scovare molte informazioni su di lui, perfino della crisi matrimoniale che stava attraversando con la moglie adultera e del fatto che non aveva voluto separarsi per non sconvolgere la serenità di sua figlia Emma, una bimbetta con una grande e oppressiva sensibilità che spesso aveva bisogno del supporto altrui. Lo giudicava nobile per quella scelta, perché sacrificava la sua felicità in nome della creatura che amava più di tutto e tutti al mondo, assolvendo completamente ai suoi doveri di padre.
Ormai era attratta da Ivan come una falena è attratta dal bagliore tremulo di una lampada nelle tenebre. E non riusciva ancora a comprendere perché.
***
 
Ivan si risistemò dopo il turno, cambiandosi d'abito nel locale adibito a spogliatoio per gli infermieri del reparto in cui lavorava. Si stava preparando per tornare a casa, dove l'aspettava una tranquilla serata senza la moglie, che quel giorno svolgeva un turno di notte presso l'abitazione nella quale prestava servizio come colf e partiva da casa appena prima del rietro del marito a casa, in modo da non lasciar sola Emma troppo a lungo.
L'uomo sospirò sollevato, ben contento di non dover trascorrere la serata con Alessia, verso la quale il disprezzo e il rancore crescevano costantemente di giorno in giorno. Non l'amava più. Il tradimento era stato un colpo troppo forte per il suo sentimento amoroso. Si era accorto con una bizzarra consapevolezza che il suo era stato solo un innamoramento, un'infatuazione rafforzata dal matrimonio e dalla nascita della bambina, ma nulla più. Non era amore vero, quello.
Tentando di pensare a qualcosa di positivo per evitare che le emozioni negative che provava lo travolgessero - come spesso capitava -, il bruno focalizzò la propria attenzione sulla festa di compleanno di Marco, il secondogenito di Giorgio e Maria, che compiva otto anni il lunedì seguente. Essendo il migliore amico di Emma, l'avevano ovviamente invitata al party insieme ai genitori di tutti i loro compagni di scuola non andati in vacanza.
Era venuto a sapere da Sara che ci sarebbero stati anche lei col marito Domenico e le figlie Lidia ed Eva, in quanto amici intimi della famiglia del bambino.
Sicuramente, Lidia sarebbe venuta per far compagnia all'amica Celia, sorella maggiore del festeggiato che era costretta ad essere presente alla festa del fratellino e che certamente si sarebbe annoiata a trascorrere tutta sola un pomeriggio tra adulti con figli e bambini che giocavano.
In un certo senso, Ivan era impaziente che arrivasse lunedì. Aveva l'opportunità di rivedere la figlia della collega. La giovane e bella ragazza era diventata un pensiero fisso nella sua mente durante quegli ultimi giorni, il tutto a causa di quel contatto. Lidia aveva avuto una reazione stranissima e lui non ne capiva il motivo. D'altra parte, non comprendeva nemmeno perché lui stesso si fosse sentito tanto turbato nel cingerle le spalle con il braccio. Era nella più totale confusione.

 
***
 
Sulla via di casa, quando Ivan era in auto, la macchina si arrestò improvvisamente. Tentò di farla ripartire più volta, ma fu tutto inutile. Stava solo perdendo tempo a rianimare una carcassa. Maledì a voce alta il motore di quella vecchia Punto bianca, rivolgendole tutti gli epiteti ingiuriosi che richiamava alla mente.
Ora come poteva fare? Certamente Alessia non poteva certo venire a prenderlo per dargli uno strappo fino a casa, perché era già a lavorare. Sua madre Miriana non aveva la patente e suo marito Giovanni non poteva guidare perché recentemente aveva avuto un ictus e aveva rischiato di fare un incidente, lasciandoci quasi le penne. Suo fratellastro Gianluca, nato dal secondo matrimonio di Miriana, non era in città in quel periodo, essendo partito per una vacanza in Spagna con gli amici dell'università. Chi poteva chiamare per farsi portare a casa il prima possibile?
Solo un collega, non c'erano altre soluzioni.
Senza pensarci troppo, l'uomo prese il cellulare e digitò il numero di colei che sapeva lo avrebbe sicuramente aiutato.
Dopo tre squilli, Sara rispose al telefono. Lei quel giorno non era andata al lavoro, in quanto aveva il riposo. Si augurò che non fosse impegnata, perché altrimenti si sarebbe dovuto fare a piedi cinque chilometri, per giunta alle nove di sera, e doveva tornare a casa il prima possibile, dato che Emma era sola.
"Sara, sono a piedi... la macchina non ha retto" spiegò Ivan alla collega, crucciato, dopo il saluto iniziale.
"Che ti dicevo? 'Cambia quel catorcio, perché prima o poi ti lascerà per strada!'... e tu che fai? Non ascolti nemmeno!" esclamò ironica la donna, scoppiando a ridere divertita.
Anche il moro rise, appuntandosi mentalmente di chiamare il carro attrezzi per far rimuovere di lì la vettura, insolitamente tranquilla e poco trafficata per essere così poco distante dal centro storico di Firenze.
"Mi potresti venire a prendere? Dai, altrimenti Emma rimane a casa da sola per chissà quanto! Sono lontano da casa, e di molto! E in più sono anche in ritardo..."
"Sono desolata, Ivan, ma credo proprio di non poterti fare questo favore... Sono a casa, adesso, e ho proprio tanto da fare. Non ce la faccio a venire a prenderti... Neanche Domenico c'è, è a una cena di lavoro e non so quando torna... A proposito, dove ti trovi, precisamente?"
"Per farti un'idea, mi sono fermato poco prima di Piazza del Duomo. Sono vicino alla Cattedrale" precisò l'uomo, rodendosi il fegato per uscire da quella situazione snervante.
"Aspetta un attimo, Ivan! Lidia ha preso la patente a maggio... posso mandare lei. Non credo che abbia nulla di importante da fare in questo momento, per cui può senz'altro farti questo favore qua. L'unica cosa che devi fare è darle le indicazioni per arrivare fino a casa tua; lei non conosce la strada" propose improvvisamente Sara, lasciando l'infermiere di stucco.
Lidia... aveva l'occasione di rivederla, magari pure di parlarci un po' assieme, solo per la curiosità di conoscerla meglio. Non gli dispiaceva per nulla quella possibilità, perciò accettò di buon grado.
Udì Sara chiamare a gran voce la figlia maggiore, chiedendole poi di farle un favore. Si susseguì uno breve scambio di battute sottovoce, del quale Ivan comprese solo poche parole frammentate.
Da quanto era riuscito ad afferrare, la giovane sembrava riluttante, tuttavia bastò un'insistenza della madre a costringerla ad accettare l'incarico.
Sara quindi disse all'uomo che Lidia gli avrebbe dato un passaggio di lì a poco, poi si fece comunicare la posizione esatta dell'infermiere.
"Possiamo vederci direttamente davanti alla Cattedrale di Santa Maria dei Fiori" suggerì il bruno.
"D'accordo. Dirò a Lidia che lo attendi lì. Tu aspettala all'entrata" propose la collega.
Ivan non trovò nulla da ridire e, scusandosi più volte per il disturbo e l'incomodo provocato a lei e alla figlia, ringraziò la donna per quella sua cortesia. Detto ciò, riattaccò. Quindi si diresse a piedi verso il Duomo, distante circa un centinaio di metri da lì, e si sedette sui gradini più bassi dell'edificio sacro, attendendo l'arrivo della ragazza.
Era impaziente. Voleva assolutamente rivederla, maari pure chiederle il motivo del bizzarro comportamenti, subito dopo un contatto, all'ospedale, qualche giorno prima. Un po' si sentiva in colpa, perché aveva colto l'occasione per soddisfare una curiosità che il suo raziocinio definiva sciocca e immotivata. Si sentiva un po' un approfittatore.
Poco dopo, un'elegante Lancia Musa nera s'accostò al marciapiede adiacente alla strada che costeggiava il fianco destro del Duomo. Ivan riconobbe subito l'auto dell'infermiera sua collega e si diresse verso la vettura, il cui finestrino anteriore sinistro era abbassato.
Lidia era seduta al posto del conducente e lo stava fissando. L'uomo guardò la ragazza, che indossava una leggera camicetta azzurra a maniche corte e un paio di calzoncini al ginocchio in denim. Pensò che fosse molto carina con indosso quegli abiti che facevano risaltare il colore vivo delle sue iridi.
Ivan avvertiva i suoi occhi azzurri, splendidi e sinceri come frammenti di cielo estivo, che lo osservavano, quasi contemplando la sua alta figura atletica e longilinea, soffermandosi poi sulle sue iridi color nocciola, pungenti es espressive, che ricambiavano l'occhiata senza battere ciglio.
L'espressione seria della ragazza infine si distese e lei sorrise timidamente.
"Buonasera, Ivan" lo salutò con un fil di voce.
"Buonasera anche a te, Lidia" rispose l'uomo al saluto, ricambiando il sorriso.
La castana gli fece un cenno con la testa, invitandolo a salire.
"Prego, entra... ti porto a casa" gli disse.
Il moro si rese conto solo ora di essere stato lì per parecchi secondi a fissarla con insistenza. Gli venne l'impulso di ridere per quella piccola figuraccia, ma si trattenne.
Dirigendosi verso la portiera anteriore del passeggero, salì nella macchina e si allacciò la cintura, ringraziando Lidia per essere venuto a prenderlo e per il passaggio a casa che gli stava dando, mentre la ragazza accoglieva i ringraziamenti e le goffe scuse per il disturbo arrecatole dall'uomo con un lieve tentennamento del capo.
La Lancia ripartì, immersa nel più imbarazzato silenzio, perché entrambi non sapevano cosa dirsi.

 
***

N.d.A.
Salve a tutti!
Sono contenta di aver postato anche questo capitolo, perché la rete Wind non faceva ^^' alla fine però ci sono riuscita. Non che importi a chicchesia leggerlo, ma per mia soddisfazione personale.
Comunque, noto che nessuno recensisce. Fa così tanto schifo la storia? Spero di no. Mi dispiacerebbe un sacco.
Spero che qualcuno apprezzi questo capitolo.
Bon, termino qui. A presto!


Flame
  
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