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Autore: MaryAlice94    30/06/2014    0 recensioni
Quando hai perso l’amore,quello che credevi vero e per sempre,quello dei romanzi,quello che superava le avversità,quello che ti rendeva “apparentemente” felice,non ti resta molto. . .rimani lì fermo e ti senti più solo che mai. Arrivi a un punto che non credi più a nulla,come se tutto fosse contro di te e quando un bel giorno lo stesso destino crudele che ti ha portato via tutto ti fa dono di qualcosa,lo rifiuti. Il per sempre non esiste,il vero amore non esiste,la felicità neppure. Però esiste la vita,quella che ti fa soffrire e gioire allo stesso tempo e magari soffri di più,ma quella è la vita. Non puoi tirarti indietro quando la vita e il destino ti mettono lo sgambetto e ti fanno cadere,tanto meno quando ti fanno conoscere il significato dell’ amore. Quel sentimento pieno di contrasti,che ti fa sentire davvero felice. Quella felicità che ti fa male al petto,che ti senti trascinare all’inferno. I sentimenti sono pieni di contrasti. La vita è piena di complicazioni. Il destino è un cacciatore che non manca mai la sua preda. Vivere è l’unico modo per vincere contro i tuoi carnefici.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6

Capitolo 6

Come quella volta...


Era presto. Decisamente troppo preso,ma dovevo far qualcosa. Sentivo la necessità di disegnare qualcosa e quando l’arte chiamava non bisognava farla aspettare. Erano all’incirca le otto quando giunto lì,al belvedere,mi ero seduto su una panchina e con il profumo di una primavera che tardava ad arrivare avevo iniziato a ritrarre il paesaggio che avevo di fronte. Sotto consiglio della mia psicologa avevo deciso di riprendere a disegnare. Non era stata una cattiva idea. L’arte era sempre stata una valvola di sfogo per me. Come quella volta. . .

«Chi è stato?» Sentivo urlare dal piano di sotto. «Daniel,non è vero?»
«Su tesoro,è stato un incidente.» Sentivo la voce dolce e comprensiva di mia madre calmare mio padre.
Mi coprivo fortemente le orecchie con le mani per non sentire le grida di mio padre. Avevo fatto cadere i colori acrilici sul tappeto buono e le macchie non sarebbero andate via. Mia madre cercava di calmare le acque,anche se,pure lei era abbastanza arrabbiata. Mi ero accovacciato e nascosto dentro la cabina armadio. Ero dispiaciuto. Me lo avevano detto un sacco di volte di star attento. Ma cosa potevo fare ora?
Sentii una porta che si apriva e poi si chiudeva e una voce squillante si avvicinava sempre più canticchiando una melodia che non conoscevo. Era così dolce,volevo quella voce solo per me.
«Daniel!» Esclamò Jey. «Che fai nascosto qua dentro?» Disse spalancando le ante del piccolo spazio angusto dove mi ero nascosto. Mi tirò fuori e mi abbracciò. La tempesta all’esterno si era calmata;in quel piccolo cerchio c’eravamo solo io e lei,la mia ancora di salvezza. I miei genitori non litigavano più e mi ero tranquillizzato abbastanza da scendere con lei a far merenda.
La cucina era peggio di un campo da battaglia,era sempre così quando la mamma era a casa. Mio padre probabilmente era uscito per far sbollire l’irritazione.
Dall’esterno,la nostra,poteva sembrare una famiglia normale,con i suoi alti e bassi,e così era.
Ci sedemmo sul divano,la macchia era ancora lì,sul tappeto. Jey la fissò per un minuto,poi mi guardò,sorrise e si stiracchiò sul divano stendendo le gambe sul tavolino di vetro di fronte a lei. Sgranocchiava pop corn facendo zapping alla tv. La quotidianità. Ecco cosa amavo. Anche se a volte fuori con gli altri potevo sembrare introverso,qui con lei potevo essere me stesso.
Dal bagno sbucò mia madre che vedendo Jey si affrettò e si avvicinò a noi.
«Allora?Come è andata?»
«Mmmm bene,credo.» Rispose Jey indifferente.
Era andata a un colloquio di lavoro.
«Credi?Jennifer Harrison da dove viene questo atteggiamento?» La riprese mia madre.
Intanto avevo iniziato a messaggiare con Eithan,che mi chiedeva di lei. La mamma continuava a riprenderla. All’epoca non mi resi conto che qualcosa non andava. Era già da un pò che era diversa,anche se con me non era cambiata. Oppure era quello che volevo credere a tutti i costi.
Ero una persona egoista non che ora mi prodighi nell’aiutare gli altri. Ma era mia sorella. Ed io pensavo solo alla mia felicità. Non mi sembrava sbagliato afferrare tutto ciò che poteva farmi star bene. Che gli altri fossero infelici non m’importava,erano come nuvole grigie in un giorno sereno,poco importanti se il sole era lì per fare il suo lavoro.
Ridacchiai tra me allo scambio di battute tra me e Eithan,lui mi trattava come se fossi il suo fratellino. Stavo bene. Avevo i miei soli a contrastare le nuvole di tempesta.
Stavamo prendendo in giro Jey,mia sorella nonchè la sua fidanzata dai tempi del liceo. Ero certo che un giorno mia sorella sarebbe arrivata come una tempesta dicendo che si sarebbe sposata. E sarei stato sinceramente felice per lei.
Mia madre era tornata alle sue occupazioni quotidiane.
Mi sentii spingere e caddi come un sacco di patate dal divano facendomi un gran male alla spalla sinistra;il cellulare era volato via e poco mancava perchè sbattessi la testa sul tavolino. Mi voltai scioccato verso l’autrice di quell’azione. Mia sorella mi guardava dritto negli occhi e sembrava furibonda. Prese il cellulare e lesse i messaggi.
«Che c’è?» Chiesi infastidito rimettendomi in piedi e massaggiandomi la spalla.
«Per te è divertente scherzare dell’infelicità altrui?Eh,Daniel?!»
«Eh?»
«Non fare il finto tonto!Sei un ragazzino viziato. É meschino da parte tua ridere di tua sorella!»
«S-stavo scherzando. . .» Mi sentivo male,lei non si era mai arrabbiata con me.
«Io non ci sarò per sempre,Daniel. Devi farti degli amici.» E uscì sbattendo la porta.
Cosa diavolo era successo?
Io avevo degli amici,ma con nessuno potevo essere realmente me stesso. Si che avevo degli amici Jey. . .Ma a nessuno importava davvero di me. . .Sarei potuto sparire che non avrebbero sentito la mia mancanza,per questo mi piaceva stare con te. . .Jey.
Avrei voluto dirle. Ma non lo feci.
Dalla cucina sbucò mia madre che sentendo chiasso si era preoccupata : «Cos’è successo,Dany?Dov’è andata tua sorella?»
Con gli occhi lucidi le passai davanti non rispondendole.
«Daniel!Allora?»
«Ma che ne so. Quella non sta bene.» Borbottai salendo le scale.
Oh,non avevo nemeno la minima idea di quanto quella frase ci andasse vicino.
Invece di andare in camera mia presi al volo l’album e una matita e salii sul terrazzo. Mi distesi e guardai il cielo che iniziava ad oscurarsi. La sera era alle porte. Il sole si preparava per far posto alla luna. Però era ancora presto. C’era ancora abbastanza luce da poter vedere e disegnare. Mentre disegnavo ogni tanto una lacrima scivolava via e cadeva rumorosamente sul foglio con un tonfo. Non capivo perchè si fosse arrabbiata tanto. Io e Eithan la prendavamo spesso in giro e  non si era mai offesa,o al massimo,faceva finta di prendersela.
Cosa voleva dire che non sarebbe stata sempre?Era mia sorella!
“Devi farti degli amici.” Che senso aveva farsi degli amici se poi ti tradivano e ti usavano a loro piacimento?!
Senza che me ne accorgessi avevo ritratto il paesaggio che avevo di fronte. Mi ero liberato della tristezza,sfogando la mia frustrazione su quel foglio bianco. Per la prima volta vedevo nuvole oscurare il sole. Erano nere e insidiose come il caos. Mi inquietavano. Il cielo,quello vero,quello del mondo in cui vivevo era sereno. Confuso. Ecco come mi sentivo. Era il presagio che qualcosa di non molto piacevole stava per accadere e io a quel tempo nemmeno me lo potevo immaginare.

Ecco lo stesso tipo di cielo. Come quella volta il cielo era scuro e impenetrabile. Cambiava il paesaggio ma ciò che lo sovrastava era sempre lo stesso identico caos di confusione e inquietudine.
«Salve.»
Mi girai e la vidi. Non mi sorprendeva più incontrarla casualmente nei posti più impensabili. Tant’è che la salutai quasi aspettassi il suo arrivo. : «Ciao.» Dovevo stare attento,però. Mi ritrovavo sempre di più a desiderare di nuovo la luce ogni volta che trascorrevo pochi minuti con lei. E non era ciò che mi meritavo.
«Posso sedermi?» Mi domandò.
«Certo.»
«Dipingi?» mi chiese incuriosita sbirciando il disegno. Le nostre spalle si sfioravano e una fitta al petto proprio lì dove dovrebbe essere il cuore mi percosse. Mi allontanai istintivamente di qualche centimetro.
«Si,di tanto in tanto.» Risposi. «Sei mattiniera?» Le chiesi subito dopo.
Mi guardò con occhi perplessi. «Sono quasi le undici.» Mi disse sorridendo tornando a guardare il paesaggio di colline. Cautamente mise fra noi altra distanza,come se si fosse accorta di essere vicina a una mina inesplosa che da un momento all’altro si sarebbe innescata.
«Ah. . .Davvero?Come passa il tempo.» Dissi più a me stesso che a lei. Immerso nelle profondità dei ricordi mi ero perso nel tempo. Ogni tanto mi capitava ed era un modo come un altro -anche se sbagliato- di farmi passare le giornate in cui non sapevo che fare.
«Comunque è bello. Il tu disegno,intendo.»
«Ah. . .Grazie.» Non rispecchiava ciò che stava all’esterno,ma ciò che c’era all’interno,chissà se riusciva a percepirlo.
Passarono alcuni minuti e nessuno di noi parlò. Un silenzio decisamente imbarazzante. Stanco di quella paralisi,azzardai : «Sai come mi chiamo,però io non so il tuo di nome.» Ricordai l’ultima volta che mi aveva salutato chiamandomi per nome.
Si guardava intorno timidamente. Era davvero dolce la sua timidezza,che appariva nei momenti meno adatti,per lei.
«Mi chiamo Charlotte.» Disse infine.
Il mondo si fece buio. Le fondamenta che con tanta fatica avevo costruito cedettero. Tutto crollò. Quel nome era la mia rovina,lo sapevo. Volevo andare via,ma ero incatenato lì,senza via di scampo.
«Ma sbaglio o quella tua amica ti chiamava Angy?» Chiesi quasi tremante.
«Angela è il mio secondo nome,mi chiama così perchè sa che non mi piace.» Sospirò.
«Ah. . .» Volevo scomparire. Possibile che il destino fosse tanto crudele?
«C-ci vieni spesso qui?» Ma cosa stavo facendo?Invece di andar via facevo conversazione. . .
«Diciamo. . .mi piace venire qui.»
«Capisco.» Coincidenza?Destino? No. La vita era crudele. Ecco cos’era.
  
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