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Autore: Yssis    01/07/2014    3 recensioni
Dall'Epilogo
-Ciao Yuuto. Com’è andata la giornata?-
-Tutto bene papà, grazie.-
“Pensa papà, se io non fossi tornato a casa oggi.
Avresti aspettato, cominciando ad agitarti, poi sarebbe arrivata la mamma e l’avresti accolta con un sorriso tirato, che non nasconde l’ansia.
Lei avrebbe subito chiesto di me; allora non avresti retto più e avresti detto che ero uscito per giocare con i ragazzi ma non ero rientrato all’orario stabilito, né avevo avvisato un possibile ritardo.
Allora avreste chiamato la polizia e sarebbero iniziate delle ricerche che non avrebbero portato a niente.
Io mi sarei dissolto nel nulla e non mi avresti più rivisto, mai più…
Però va
tutto bene papà, perché non è successo nulla e io sono qui, sono tornato a casa, adesso mi lavo e mi preparo per la serata.
La mamma ci racconterà del suo viaggio, e io parlerò della partita e della possibilità di iscrivermi al club di calcio anche alle scuole superiori.
Mangeremo tutti insieme, finirà anche l’estate ma io sono qui papà.
“Tutto bene, sono a casa. Grazie.”
Genere: Angst, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Jude/Yuuto, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo ; Va tutto bene

Kidou si destò, ma rimase con gli occhi chiusi. Non voleva svegliarsi di nuovo in un sogno; essere nuovamente intrappolato in un incubo.
Per questo stette fermo, a occhi chiusi, desto e improvvisamente terrorizzato dall’esser sveglio.
Aveva paura di che cosa avrebbe trovato, o meglio di come lui avrebbe reagito a qualsiasi cosa avesse percepito intorno a sé: non voleva sbagliare ancora.
Cercò di cacciare fuori da sé le angosce e provare a capire dove si trovava, se percepiva qualcun altro vicino al suo corpo.
La prima cosa che sentì, fu l’erba.
Percepì il verde, il verde fresco e luminoso dell’erba estiva.
Poi, il tepore.
Non era né caldo né sensazione di freddo: stava bene, un sottile strato di calore gli avvolgeva le membra immobili.
Poi, i suoni.
All’improvviso, come se il mondo gli fosse arrivato addosso in quel momento, ora avvertiva il frinire di cicale e grilli, l’oscillare delle chiome degli alberi, cinguettii in cielo.

Tutto era colorato, caldo e rumoroso intorno a lui. Yuuto sentì il bisogno di sorridere, e sulle sue labbra sbocciò lentamente un sorriso delicato, come un papavero umido di rugiada luccicante di lacrime nell’erba alta.
Il cuore batteva ad un ritmo nuovo, si sentiva tranquillo e bisognoso di alzarsi, e godere dello spettacolo della vita che brulicava intorno a lui.
Allora aprì gli occhi sul suo presente, raggiunto dopo tante tribolazioni, ma se li ustionò: troppa era la luce intorno a lui.
Poi la bruciò a sua volta con la luminosità del fuoco che scoppiettava nel suo sguardo; il viso tutto rosso, tanta la voglia di ridere.
Alzò gli occhi al cielo; era di varie sfumature di celeste, con qualche spennellata di nuvole qua e là, che sembrava panna a imbiancare il blu di quella giornata di fine estate.
Perché era quello che Kidou percepiva; estate.
Era tornata l’estate. Era tornato in estate!
Si toccò il viso, si guardò le mani; questo era lui, era ragazzo, e al suo fianco giaceva tranquillo il pallone, come se non si fosse mosso da lì fino a quel momento.
Kidou alla sua vista sorrise, e si chinò a prenderlo fra le braccia.
Lo tenne come si tiene un bambino, e per questo si diede quasi dello stupido. Poi sorrise.
All’improvviso aveva voglia di correre e abbracciare tutti, persino Fudou, persino un pallone.
Poi gli sorse un dubbio, anzi due. Per la prima volta, si chiese se tutto quello che aveva vissuto potesse essere stato solo un sogno.
Poi si allarmò: ma se si era addormentato, quanto tempo era rimasto lì? Magari avevano già cominciato a cercarlo… Le parole di quella vecchia stampa gli piovvero addosso, e fu percorso da un brivido. Con il cuore pesante e una strana angoscia ad agitarlo, percorse a passo lesto quel breve spiazzo alberato poi… Ecco il campo erboso.

Si fermò all’ombra di un albero al limitare del boschetto, a guardare i suoi amici.
C’era Sakuma – riconobbe la chioma azzurra – che correva inseguito da Fudou – inconfondibile.
Intorno gli altri – Kazemaru, Gouenji, Endou, Fubuki, le ragazze… - che tifavano per l’uno o per l’altro.
Quanto gli erano mancati… Corse loro incontro, un sorriso sereno a celare la sua gioia.
-Minna! Sono qui.- Disse, e vide i suoi compagni voltarsi a guardarlo e sorridere.
-Eccoti! Adesso possiamo continuare… Appena questi due la piantano.- Avvertì ilarità, una punta di sarcasmo, ma soprattutto tranquillità nel sorriso e nelle parole di Mamoru.
E Kidou sorrise complice, poi con Gouenji ad aiutarlo separò i due indiavolati.
Il giovane regista avvertì un brivido di fianco a Shuuya, e per un attimo fu tentato di raccontare la sua avventura.
Poi la sua attenzione fu catturata da Akio, che con aria da sbruffone si passava una mano fra il ciuffo castano: -D’accordo, ora che hai recuperato il pallone che questo id-

-Fudou!? Non ricominciare… Altrimenti…!-
-Wow Jirou sto tremando di paura! Comunque, ora che abbiamo di nuovo il pallone… Giochiamo?-
Kidou lo guardò, intensamente, poi volse lo sguardo alla sua squadra.
Aveva il cuore pieno di parole ed espressioni, ma non ne articolò una; non era necessario.
Loro non avrebbero capito, inoltre non era ancora tempo. Il loro futuro era tutto da scrivere, inutile angosciarsi prima.
-Certo!- esclamò solo – Giochiamo a calcio!-
Un coro di esclamazioni gioiose accompagnò il suo calcio d’inizio: il gioco ricominciava.
Era tornato, era lì, ora, in quel momento, con i suoi amici.
Questa era la cosa più importante, e il tempo avrebbe fatto il suo dovere.

**

Sulla strada verso casa aveva insistito per accompagnare gli amici.
Ora era solo, e camminava.
Aveva il cuore leggero e tranquillo, la testa piena di pensieri sereni.
Era solo un ragazzo che tornava a casa dopo un pomeriggio passato con gli amici.
Le giornate erano ancora calde e lunghe, ma per quel giorno andava bene così.
Ora aveva bisogno di riposare: nel momento di salutare i ragazzi aveva stretto tutti, e nessuno aveva chiesto il perché. Solo Fudou gli aveva dato del “coccolone” – parola che dubitava esistesse, ma si era astenuto dal ribattere in quel momento – e poi aveva ricambiato l’abbraccio. Akio aveva tutt’ora uno strano modo per dimostrare che gli voleva bene, ma in fondo andava bene così: gli era mancato anche lui, sotto sotto.
Nel salutare sua sorella l’aveva baciata sulla fronte, dandole la buonanotte: Haruna gli aveva chiesto di stare da lei per cena, ma lui aveva declinato l’offerta con un sorriso: -Ho voglia di tornare a casa, facciamo un’altra volta. Buonanotte Haru-chan, ti voglio bene.-
Lei l’aveva guardato allontanarsi, poi aveva chiuso la porta.

 

Sorrise Yuuto, ora solo.
Haruna non l’avrebbe più preso in braccio, e questa era una consolazione e nel contempo un dispiacere.
Poi, passò davanti a una casa.
Ne aveva oltrepassate molte, eppure davanti a quella rallentò, fino a fermarsi completamente. Da dietro le lenti sbatteva lentamente gli occhi, come incantato.
Osservò le persiane abbassate, annegò nel silenzio che trasmetteva.
Sembrava disabitata, ma Yuuto sapeva che era solo apparenza. Ora lo sapeva.
Sorrise, mentre sentiva di nuovo l’adrenalina formicolare in tutto il corpo.
Si avvicinò al portone, stava per bussare ma poi si ritrasse. Aveva bisogno di una cosa.
Corse indietro ed entrò nel primo negozio che gli capitò sott’occhio: dopo qualche minuto era di nuovo davanti al pesante portone.
Prese coraggio e con una mano batté tre volte, senza fretta ma con decisione; nell’altra aveva un pallone da calcio morbido, grande come una pallina da biliardo.
Per qualche istante non sentì nulla.
Dopo un minuto di attesa stava per gettare la spugna e magari convincersi di aver sbagliato edificio, di essersi illuso di averlo riconosciuto.
Poi la porta si aprì, cigolando appena, e il cuore di Kidou fece un balzo fino in gola.
Non si trovò nessuno davanti, e quando abbassò lo sguardo si sentì scoppiare di euforia: un bambinetto di appena un anno con due occhioni neri scintillanti e qualche ciuffetto viola sulla testolina lo guardava sorridendo.
Kidou si chinò a prenderlo in braccio; non riusciva a non ridere.
-Ciao Hikaru-kun!- Il piccolo non si ritrasse, non un’increspatura del suo sorriso tradì la paura… Quindi le cose erano due.
O suo zio era stato talmente veloce ed efficace ad impartigli impersonalità, oppure Hikaru non era per niente spaventato dall’apparizione improvvisa di un ragazzo sconosciuto alla sua porta, a meno che non l’avesse scambiato per Fidio.
E sinceramente Yuuto non sapeva quale fra le opzioni fosse la più credibile.
Il bambino intanto si era già impossessato del suo regalo; sorrideva, lanciando sgrilletti di gioia, mentre si passava fra le mani il mini-pallone.
-Dov’è lo zio Hikaru?- si rivolse al piccolo, dandogli un buffetto sulle guance piene e rosee.
Hikaru battè le manine, e cominciò a correre per casa con quelle gambette traballanti.
Yuuto gli andava dietro, il mantello scivolava tranquillo alle sue spalle: da quando era tornato non aveva smesso un attimo di sorridere.
Hikaru lo guidò fin sopra le scale, e si fermò davanti alla camera da letto.
Il ragazzo riflettè che, seppur piccolo, camminava già tranquillo e svelto: aveva buone gambe, si vedeva che era abituato a correre.
Dal modo in cui lo guardava, Kidou comprese che voleva che aprisse la porta.
Sentì un improvviso un senso di smarrimento, quasi si pentì di essere arrivato fin lì: ma ora non poteva tornare indietro.
Aprì di un poco la porta, uno spiraglio di luce si infiltrò in quella camera buia che odorava di chiuso.
Tapparelle abbassate.
Un letto.
Una sedia a rotelle.
Lettere sul comodino.
Kidou chiuse la porta. Aveva il fiatone.
Si sedette per terra, gli occhi sul pavimento.
Si era infiltrato in casa di Kageyama per vedere cosa?
Cosa si aspettava di trovare?
L’euforia con cui era entrato si era dispersa di colpo; aveva il batticuore, e il fiato grosso.
Non aveva pensato, non aveva riflettuto quando aveva bussato a quel portone.
Nella sua mente c’era Kageyama con i capelli bianchi e un sorriso delicato, quelle braccia forti che l’avevano sempre preso in braccio e quella voce ancora più profonda e calda in cui aveva riposato e ripreso conoscenza.
Niente di tutto questo esisteva. Non ancora.
Kageyama era in quel letto in condizioni gravi, e c’erano le lettere dall’Italia e i passi svelti di Hikaru in casa, ora.
Lui no. Lui ora non doveva esserci. Era giusto così.
Kidou sapeva che Kageyama appena sarebbe stato meglio sarebbe tornato.
Da lui e dal calcio… Doveva solo aspettare.

 

Si riscosse dai suoi pensieri, ritrovandosi Hikaru accovacciato al suo fianco.
Faceva rimbalzare il pallone che gli aveva regalato; le labbra umide di bollicine di saliva.
Yuuto sorrise, e nei suoi occhi si riflettè il giovane che aveva spinto per baciare Rushe, chiusi nella stanza di sopra, Hikaru Kageyama che giocava a calcio nella Raimon Eleven e chiamava Endou “allenatore”.
Sorrise, intenerito, e prese in braccio il piccolo: -Hikaru-chan, devo tornare a casa.-
Si accorse di aver detto una cosa piuttosto stupida, ma non gli era uscito niente di meglio.
-Un giorno- continuò mentre scendevano le scale – Ci rivedremo piccolo. Tu verrai a giocare alla Raimon e io sarò lì, te lo prometto. Giocheremo insieme a calcio.-
Hikaru battè di nuovo le mani, poi gli si strinse al petto.
Lo abbracciò come abbracciano i bambini, senza dire nulla, senza un vero motivo – oh, in verità un motivo c’è, è solo che sono ancora troppo piccoli per spiegarlo. O forse siamo noi troppo grandi per capirlo davvero. – e Kidou gli baciò la fronte. Aveva gli occhi lucidi.
-Abbi cura di tuo zio, mi raccomando. Ora ha tanto bisogno di te.-
Poi il ragazzo lo riposò per terra e aprì la porta d’ingresso.
Il piccolo lo guardò confuso, gli abbracciò le gambe.
-Kiduu…!- sussurrò.
Il ragazzo si fermò.
-T-Tu sai il m-mio… Tu sai chi sono?-
Hikaru alzò lo sguardo; era particolarmente luminoso, sembrava quasi piangere, ma annuì.
Yuuto allora si chinò, sorridendo intenerito: -Ora non posso restare qui.- un singhiozzo trattenuto a stento – Mi dispiace… Ma ti prometto che ci rivedremo.- il bimbo sorrise.
Kidou lo abbracciò ancora, qualcosa gli impediva di separarsi da quel frugoletto: -Ti voglio bene piccolo. Arigatou…-

 

Hikaru tenne la porta aperta mentre Yuuto si allontanava.
-Ciao ciau Kiouu!-
Il ragazzo si volse, e lo salutò con la mano; il bambino disse qualcosa che Yuuto non udì, poi chiuse la porta.
Mentre camminava spedito verso casa, Kidou pensò che forse aveva parlato a Hikaru con troppa serietà. Eppure… Eppure quel bambino dava l’impressione di aver capito perfettamente.
“Forse lui ricorda” si ritrovò a pensare, e poi sorrise. “Forse anche Kageyama ricorda, e nel sonno in cui l’ho colto riposare forse ha creduto di sognare di avermi sentito aprire la porta. Forse mi sentito davvero, ma una volta sveglio si convincerà che era tutto un sogno.”
Kidou svoltò e questa volta era davanti a casa sua.
Con la coda dell’occhio vide una macchina fermarsi davanti al portone di casa Kageyama, ma ormai era dentro il suo cancello.
… E alla fine, il sogno quale sarebbe stato?

**

-Papà! Sono a casa!-
-Ciao Yuuto. Com’è andata la giornata?-
Il ragazzo osservò il padre adottivo apparire all’ingresso per salutarlo e corse ad abbracciarlo.
-Tutto bene papà, grazie.-
L’uomo subito non disse nulla, limitandosi a ricambiare l’abbraccio.
-Sono contento. Ora va a cambiarti, oggi arriva la mamma lo sai.-
-A proposito di questo, ho pensato che forse alla mamma farà più piacere mangiare in casa, invece che fuori. Sai, ha mangiato in hotel e ristoranti molto in questo periodo, mentre era in trasferta per lavoro. Penso che la cosa che le farebbe più piacere sia mangiare a casa con noi, in tranquillità. Cosa ne pensi?-
Il ragazzo guardava il padre che sorrise di rimando: - Penso che sia un’idea fantastica.-
-D’accordo allora, vado a prepararmi, non posso accogliere la mamma conciato così!- E corse di sopra, in camera sua.
“Tu sei sempre conciato così…!” sorrise l’uomo ma evitò di dirlo ad alta voce: il ragazzo era già di sopra.

 

Yuuto si chiuse la porta della sua camera alle spalle, tirando un sospiro di sollievo.
Si prese un secondo per guardare la sua stanza, le sue cose, poi chiuse le tende e iniziò a svestirsi per la doccia.
“Ciao Yuuto. Com’è andata la giornata?”
“Tutto bene papà, grazie.”

-Tutto bene…- ripeté, mentre faceva scaldare l’acqua per il bagno.
Tutto bene…
Pensa papà, se io non fossi tornato a casa oggi.
Avresti aspettato, cominciando ad agitarti, poi sarebbe arrivata la mamma e l’avresti accolta con un sorriso tirato, che non nasconde l’ansia.
Lei avrebbe subito chiesto di me; allora non avresti retto più e avresti detto che ero uscito per giocare con i ragazzi ma non ero rientrato all’orario stabilito, né avevo avvisato un possibile ritardo.
Allora avreste chiamato la polizia e sarebbero iniziate delle ricerche che non avrebbero portato a niente.
Io mi sarei dissolto nel nulla e non mi avresti più rivisto, mai più…
Però va
tutto bene papà, perché non è successo nulla e io sono qui, sono tornato a casa, adesso mi lavo e mi preparo per la serata.
La mamma ci racconterà del suo viaggio, e io parlerò della partita e della possibilità di iscrivermi al club di calcio anche alle scuole superiori.
Mangeremo tutti insieme, finirà anche l’estate ma io sono qui papà.

“Tutto bene, sono a casa. Grazie.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

**

In un altro luogo, in un altro tempo…

 

-Hai visto? Ha pure detto “grazie”!! Siamo stati bravi vero? Siamo stati super! Anzi, IPER-BRAVISSIMISSIMI!
-Tutto quello che vuoi, ma ora smettila di strillare.-

 

La ragazza si tolse il cappello che teneva nascosti i capelli castani, che dolcemente ricaddero sulle spalle. Poi si levò anche la camicia nera che portava, e due ali lucenti illuminarono la stanza avvolta nella penombra.
Il giovane uomo al suo fianco sbuffò, infastidito.
-Sai Gouenji-kun, sei davvero stressato di recente! Cos’è, adesso sei in imbarazzo perché mi sto togliendo questa divisa assurda?! Guarda che è soffocante! Se proprio devi obbligare i tuoi uomini a vestirsi con un’uniforme, dovresti trovare qualcosa di più fresco e leggero, perché con questo addosso io non resisto più!
-Nessuno ti ha mai chiesto di indossarlo, quello.- rispose seccato l’uomo, lasciandosi cadere seduto sul trono alle sue spalle.
-Avresti proprio bisogno di una vacanza…- continuava intanto la fatina, imperterrita. – Magari potrei… Con la mia magia…!- E gli sventolò scherzosamente la mano piena di polvere luminosa davanti al viso.
-NON MI TOCCARE CON QUELLA ROBA!- Si ritrasse subito il Grande Imperatore, leggermente impallidito. –Ne ho già avuto in fin troppa.-
-Eeeehhh… Ti ricordi? Che bei tempi, quelli. Quando eravate ancora piccoli ed indifesi…- blaterava la fatina, stropicciandosi le ali brillanti. -Non ce l’avrei mai fatta senza il tuo aiuto Gouenji-kun. Grazie mille!-
-Ah, e per cosa?! Per aver fatto passare a Kidou un’esperienza traumatica?! Mi sembrava che fosse già abbastanza maturo di suo, senza doverlo obbligare anche in quel mondo distorto…-
-Era un mondo distorto ma tenero tenero…-
-Tenero nella tua concezione distorta di tenero! Mi hai obbligato a ridurlo in fin di vita! Questo tu lo chiami “tenero”?
Q  - si alzò in piedi l’uomo vestito di rosso.
-Beh, però poi l’abbiamo liberato!- Sorrise la fatina, tutta gongolante.
-E ci mancava solo che lo lasciassi lì!-
-Dai Gouenji-kun, non scaldarti. – la fatina gli si avvicinò con un sorriso, poggiandogli una mano sulla spalla. Gouenji la scosse subito, allontanandosi. - E’ finito tutto per il meglio, è questa la cosa positiva!-continuò ancora la giovane, sorridendo.
-Finchè tu sei qui non è finito un bel niente. Pussa via, fatina ficcanaso!-
-Oh, così mi offendi… -
-Questo è un problema solo tuo, vecchia mia… A proposito, e l’altra che fine ha fatto? Non eravate due?-
-Sssh! – l’essere fatato si portò una dito sulle labbra, mimando il silenzio - Non ho detto niente alla mia compare, era uno sfizio che volevo togliermi da sola.-
-Sadica e pure esibizionista. Ma guarda te che razza di fata sei!-
-Devo scappare tesoruccio, vedi di fare il bravo! Grazie per avermi appoggiata in questa parapiglia, è stato uno spasso ma ora devo tornare!
-Va’ va’, che finisce che fai qualche altro disastro… E attenta ad aprire il portale giusto!-
-Suvvia Gouenji… - sospirò la fatina mentre con uno schiocco di dita si trovava di fronte uno specchio luminoso – Pensi che non sappia ancora come si apre un portale? Ormai sono esperta, io!-

 

L’uomo guardò la giovane con le ali luminose sparire all’interno del portale magico, che si spense in un attimo alle sue spalle. Poi alzò un sopracciglio, lasciandosi cadere di nuovo a sedere.
-Speriamo bene…! Non vorrei che si ritrovasse nel Giurassico. E conoscendola ne è in grado… Oh beh, comunque non è un problema mio.
A quanto pare si è tutto risolto per il meglio.
E per questa volta è andata così.-

 *Angolino finale*

Tadààà! 
Ahahah, chi se l’aspettava la fatina Sissy nel finale?
Mi sono dovuta inventare qualcosa di carino per spiegare una volta per tutte chi era quel tizio vestito di un colore “intenso” che ha ridotto Kidou in quello stato pietoso che abbiamo visto per tutta la long ^^
Dietro c’era Ishido Shuuji, il Grande Imperatore… Ma impazzito non è, era stato contattato da moi (?), ovvero la fatina che avete visto dulcis in fundo, e grazie a questa strana alleanza e alla magia di Sissy è nato il mondo distorto dove Kidou ha vissuto per qualche tempo ^^
Come finale mi sembrava potesse funzionare, poi ditemi voi.
Come epilogo comunque ho mosso Yuuto che riprende il suo presente in mano e decide di continuare.
Ho affrontato all’incirca tutti i personaggi con cui ha avuto a che fare: prima i compagni, poi la sorellina, suo padre… Mi sembrava sbagliato non citarlo nemmeno, quell’uomo.
Insomma, Yuuto per tutta la long non l’ha manco nominato e quando me ne sono accorta me ne sono dispiaciuta. E’ pur sempre suo padre uwu Quindi ho voluto fare la scena finale con lui <3
Ah, poi ovviamente non poteva mancare la visita in casa Kageyama.
Come la prima volta, è stato Hikaru ad aprire e poi… Poi abbiamo visto tutti, Kidou si è reso conto che è ancora troppo presto, quando Kageyama si rimetterà come lui ricorda potranno di nuovo vedersi. Adesso sta male e ha bisogno di altre attenzioni. <3
Per chi potesse sorgere un dubbio… Allora, ho messo Kageyama in casa anche in queste condizioni gravi perché, fingendosi morto, non penso abbia potuto stare in ospedale a lungo; doveva nascondersi da qualche parte.
L’ho portato nella sua vecchia casa in Giappone dove è assistito dalla sorella – citata già all’inizio della long dallo stesso Reiji – che è madre di Hikaru. Ovviamente il piccolo non è in casa da solo - perché seppur ci sia anche Reiji, sinceramente non so tra il bambino di un anno e il convalescente quale abbia più bisogno di attenzioni uwu
Come Yuuto ha ben notato appena lui si è allontanato è arrivata una macchina, dove presumibilmente c’erano i genitori di Hikaru. ^^
Kidou è stato semplicemente molto fortunato a beccare un momento dove Hikaru era solo con lo zio; i genitori si saranno allontanati per breve tempo magari per comprare qualcosa uwu – le mie spiegazioni molto accurate, oh yeah! (?) *^*

Bene, della fatina ho già parlato quindi penso di poter salutare.
Ringrazio moltissimo le persone che hanno preferito/seguito e ricordato questa shot <3
Le persone che hanno letto in silenzio e i miei recensori di fiducia (?) <3
E’ stata un’avventura emozionante e sono contenta di averla vissuta insieme a tutti voi!
Con quest’ultimo bacio vi saluto! A risentirci bellezze~

Sissy <3

 

  
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