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Autore: DeerWs    02/07/2014    2 recensioni
Una Renesmee diversa da quelle fin'ora immaginate. Una Renesmee\Jacob particolare.
Il mio nome è Renesmee Cullen.
Ho otto anni, ma solo anagraficamente. Il mio corpo ne dimostra al contrario dieci in più. Sono la figlia di Edward Cullen e Bella Swan. Mia madre mi ha partorita prima della sua trasformazione, il che fa di me una mezza vampira. Dai vampiri ho preso la bellezza,la forza, la velocità. Dagli umani il sonno, il calore, un cuore che batte. Mangio senza differenza cibo umano e selvaggina, posso fare a meno sia dell’uno che dell’altro.
Se si dovesse fare una scala delle stranezze, in parole povere io mi troverei in cima alla lista. Perché?
Perché sono un’ibrida. Né umana, né vampira. Una cosetta che cresce troppo in fretta e che ha caratteristiche di due razze opposte e contrarie. Sono, in conclusione, un dilemma.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Renesmee Cullen | Coppie: Jacob/Renesmee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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Il mio nome è Renesmee Cullen.
Ho otto anni, ma solo anagraficamente. Il mio corpo ne dimostra al contrario dieci in più. Sono la figlia di Edward Cullen e Bella Swan. Mia madre mi ha partorita prima della sua trasformazione, il che fa di me una mezza vampira. Dai vampiri ho preso la bellezza,la forza, la velocità. Dagli umani il sonno, il calore, un cuore che batte. Mangio senza differenza cibo umano e selvaggina, posso fare a meno sia dell’uno che dell’altro.
Se si dovesse fare una scala delle stranezze, in parole povere io mi troverei in cima alla lista. Perché?
Perché sono un’ibrida. Né umana, né vampira. Una cosetta che cresce troppo in fretta e che ha caratteristiche di due razze opposte e contrarie. Sono, in conclusione, un dilemma.
Un dilemma che ha attirato l’attenzione dei Volturi, alla mia nascita, e che continua ad essere frutto di profonda meditazione dai vampiri e soprattutto da Carlisle, quello che io chiamo nonno. Dalla mia nascita sono stata costantemente oggetto di studi, di ricerche, di incredulità. E ho vissuto i miei otto anni di vita in una campana di vetro, fuori dal mondo e fuori dalla città di Forks, che sebbene io abbia vissuto ogni giorno e che conosco a menadito, non sa della mia esistenza, nascosta fra gli alberi nella foresta.
Vivo oppressa dalla protezione di mio padre e di mia madre, fisicamente miei coetanei, dalla supervisione dei miei zii e dei miei nonni, dall’ombra costante che è per me Jacob Black.
Non si può dire che la mia vita sia una vita, non si può dire che nella mia anormalità abbia in qualche modo trovato un equilibrio. Perché, come vi ho già detto prima, io sono in conclusione, un dilemma.
 
 
 
-Buongiorno, Nessie. –
Sento sul viso la mano fredda della mamma e sorrido.
-Buongiorno. – apro gli occhi e il suo bellissimo viso mi accoglie. Sbadiglio, devono essere le otto o le nove di mattina, a giudicare dalla posizione della luce del sole che entra dalla finestra. Me lo ha insegnato Jacob, a decifrare l’orario dalla posizione della luce, anni fa.
-Dormito bene? – la mamma si alza e apre ancora di più le tende della stanza, inondando la stanza di luce.
-Si, tutto bene. – Mi metto a sedere, passandomi una mano sul viso ancora addormentato.
-Niente sogni? –
-Niente sogni. – rispondo, lasciando un bacio sulla guancia contratta della mamma.
A volte è strano, pensare alla mamma come ad una mamma normale, come a quelle delle serie tv e dei film che divoro, nel salotto di casa. Le mamme dei film sono donne, magari in sovrappeso, sempre isteriche e indaffarate. Mia madre ha la mia età. E’ di una bellezza sconvolgente, è spiritosa, sa sempre cosa dire. E mio padre! Se non fosse papà, me ne sarei già innamorata. Ma questi due ragazzi sono i miei genitori biologici, il mio sangue, sebbene nelle mie vene scorra solo quello della mamma, e lei ora non ne ha nemmeno più. E nell’irrealtà della mia vita, loro sono un punto fermo.
-‘Giorno tesoro. – Papà mi lancia uno sguardo caldo, seduto sul divano a leggere il giornale.
-Leggi? Da quando? – mi siedo vicino a lui e sbircio al di sopra della carta.
-Da oggi, problemi? – mi tira un buffetto sulla guancia e sorride.
Mangio un paio di frittelle, la mia passione, e bevo un po' di caffè. Mi cambio, infilandomi le prime cose che trovo nell’armadio, e mi fisso allo specchio.
Il mese scorso ho tagliato i capelli. Sola, a casa Cullen, chiusa a chiave nel bagno che chiunque dei miei parenti avrebbe benissimo potuto sfondare, ho tagliato con le forbici da cucina tutti i boccoli ramati che mi arrivavano alle spalle. Tutti, ad uno ad uno, provando una strana sensazione di potere e ammirazione. Ho tagliato tutto fino alle orecchie, e mi sarei spinta oltre se zia Alice non fosse piombata nel bagno attirata dal rumore delle forbici, che doveva essere quasi chiassoso per le sue orecchie da vampira. E quante storie per quei capelli, lei e zia Rose! Avevo liquidato la questione con un’alzata di spalle, perché i capelli sono davvero la mia ultima preoccupazione, e loro si erano disperate per le ciocche morte sul pavimento.
Fissandomi davanti allo specchio vedo una ragazza di diciotto anni, fisicamente perfetta grazie ai miei geni paterni, rossa in viso e con gli occhi vivi grazie a quelli materni. Scosto un ricciolo cadutomi davanti agli occhi e esco dalla stanza, intenzionata a fare una passeggiata per il bosco.
-Dove vai? – mi chiama la voce irritata di mio padre, dal salotto.
Sbuffo. –A fare una passeggiata, nel bosco. –
Lui alza un sopracciglio, scettico. – Con Jacob? –
Alzo gli occhi al cielo. –No, papà. Da sola. –
-Non pensi che sia trop.. –
-Vai, Nessie. – interviene mia madre, lanciando uno sguardo a papà. –Ma non fare tardi e sta’ attenta. –
Papà tace, guardando la mamma, e io esco, salutandoli con la mano.
 
 
Dai vampiri ho preso la velocità, e posso correre per ore intere senza sentire il minimo sforzo. Mi fiondo come un lampo nel bosco, sfidando il vento e persino la luce. Mi piace correre, e sentire di essere invisibile per la vita che scorre intorno a me: posso passare vicino agli animali senza che loro se ne accorgano, posso saltare le montagne, scalare le vallate, nascondermi fra gli alberi come le scimmie. Io e Jacob ci divertivamo un mondo, quando ero bambina, a saltare sugli alberi e a fare i versi delle scimmie, ma poi arrivava sempre una chiamata e Jacob era costretto ad andare via, lacerando i suoi vestiti da umano per il sentiero. Stringo i denti, mentre corro verso La Push.
Non saprei definire il mio rapporto con Jacob Black: fin dalla mia nascita, che ricordo nitidamente e senza sforzo, ho sempre avuto il sentore della sua presenza, dietro alle mie spalle. Jacob è la mia ombra: anche quando penso di essere sola, c’è sempre qualcosa che mi ricorda lui o che mi fa avvertire la sua presenza, e più di una volta avevo avuto ragione e lui era entrato di soppiatto nella mia stanza, per raccontarmi una fiaba. Ma questo era accaduto nel passato, un passato in cui ero ancora una bambina e lui un ragazzo,alto e bellissimo. Ora è cambiato tutto. Sono cresciuta, sebbene lui sia rimasto sempre lo stesso. Jacob è diventato un amico, non più un compagno di giochi, un confidente. Una spalla su cui piangere.
Arrivo a La Push cinque minuti dopo essere partita da casa. Comincio a camminare, mentre per la strada incontro la gente del posto, la mia seconda famiglia. I licantropi sono gli unici amici che ho. Escludendo la mia famiglia, sono le uniche persone che mi è concesso frequentare. Potrebbe sembrare strano, data la memorabile ostilità tra la mia specie e la loro, ma io ero stata sempre accolta a La Push, sebbene il mio colorito pallido e la forza non siano caratteristici del genere umano. Come la sete di sangue.
Ricordo che una volta, per un mio compleanno, Jacob aveva organizzato una mega caccia al regalo: Avevano partecipato tutti, i licantropi e i Cullen, e avevamo corso per il bosco secondo l’ingegnoso piano di Jacob che alla fine aveva portato al mio regalo. Ci poteva stare, ogni tanto, un contatto fra di loro: ma lupi e vampiri non sarebbero mai diventati amici, me tapino, e a me bastava poter passare del tempo a La Push senza essere troppo controllata dai miei. Il che era davvero difficile.
-Ciao, Billy. – arrivo davanti a casa Blake e trovo Billy, seduto sulla sua sedia a rotelle in veranda.
-Ciao Nessie. – mi tende una mano e la bacia. – Jacob è in garage. –
Sorrido e annuisco, dirigendomi a passo spedito sul retro.
-Ehi, Jake. – Jacob è piegato su una delle sue tante moto, sudato quasi quanto dopo una trasformazione impegnativa. Alza lo sguardo e mi sorride.
-Nessie. – Si alza e si asciuga il sudore dalla fronte. – Ne è passato di tempo. –
Mi appoggio allo stipite della porta, alzando le spalle. – Un paio di giorni. –
Lui annuisce. – Già. Come stai? –
Acchiappo una ciocca di capelli e la ributto dietro all’orecchio. – Regolare. –
Lui ride e non risponde, riprendendo il suo lavoro.
-A te?-
-Adesso bene. Potevi farmela una telefonata, comunque.- gli tiro una sberla sulla nuca. Ho pur sempre la forza di un vampiro.
-Una telefonata? Da quando esistono i telefoni a Forks? E comunque neanche tu ti sei fatto vedere.  –
-Pensavo volessi un po' di privacy.- alza le mani e in segno di resa. – Scusa. –
-Con un padre come il mio è impossibile avere privacy. –
Sospiro, e lui ride di nuovo. Indica la moto. –Ti piace?-
Mi avvicino. Non me ne intendo molto di moto, ma devo ammettere che Jacob è davvero un asso: il fiammante modello rosso che sta aggiustando è davvero uno schianto.
--E’ magnifica. – Lui alza le spalle. –E’ per te. –
Spalanco gli occhi. –Per me?-
Jacob annuisce. – Per il tuo compleanno.-
Abbasso lo sguardo e sorrido. – Già... otto anni. Di solito ai bambini di otto anni si regala la bicicletta senza rotelle. –
Jacob sbuffa e riprende a lavorare. – Quando fai così sembri davvero una bambina di otto anni. –
Ha ragione. Sono un’idiota frustrata. – Scusami, Jake. E’ solo che.. – mi siedo al suo fianco, per terra, e sospiro. Lui lascia la chiave inglese e mi guarda di sottecchi. – Dimmi. –
-E’ solo che non ce la faccio più. Mi sembra di soffocare.. – seppur sia abbastanza orgogliosa, non riesco a non essere sincera, soprattutto con Jake. – Non vedo altro futuro per me, se non quello delle mura di casa mia. Ed è così strano, ci sono tante cose che non ho mai fatto e vorrei fare, e tante altre che non potrà mai fare. Vorrei una vita normale.. –
Ecco, l’ho detto. Jake mi guarda. –Non avevo idea che pensassi questo.. io.. –
Mi pare che nello sguardo di Jacob ci sia una punta di.. pena? O forse colpevolezza? Si sente in colpa, per me. Come sempre.
-Non è colpa tua, Jake. Riguarda solo me. – mi alzo, scuotendo i capelli.
-Nessie, ascolta.. – Alzo una mano, già pentita per avergli detto quelle cose.
-No, lascia stare. Scusa se te l’ho detto, sono solo un po' nervosa. – Lui rimane a bocca aperta.
-Ora vado. Magari ci vediamo dopo. – Mi avvio alla porta ma lui mi raggiunge e mi blocca un braccio.
-Nessie. – mi giro. –Sei cresciuta. –
Sorride. Io guardo la sua bocca aprirsi e vengo presa da un moto d’ira. – Come?-
-Sei cresciuta. – ripete, sorridendo ancora. –Finalmente. –
Lo guardo e sono tentata nel tirare uno schiaffo sul suo faccino da lupo. –Vaffanculo, Jacob. –
Gli pesto un piede e comincio a correre prima che possa riacchiapparmi.

 

***

Ok, non scrivo da tanto su EFP, e ora me ne esco con questa JacobRenesmee, prima storia Twilight che scrivo. Siate clementi, se vorrete rencesire, mi farebbe piacere :)

  
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