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Autore: Brokenhearted Bitch    12/07/2014    0 recensioni
''Secondo la legge di gravitazione universale tutti i corpi celesti hanno una forza con la quale si attraggono reciprocamente, e questo non avviene solo tra corpi della stessa grandezza. Anche un corpo più piccolo e uno più grande possono attrarsi a vicenda.''
E' questo quello che dice la materia preferita di Annika Brant, semplice studentessa di 17 anni. Ma Annie, la scuola, non la sopporta, non ne può più. Vorrebbe scappare, vorrebbe viaggiare e inseguire i suoi sogni. Nemmeno la passione per la fisica basta per avere una sufficienza, il problema sta nei calcoli matematici. Ma quando un professore della sua scuola, Anthony Rope, si offre di darle ripetizioni, qualcosa nella vita di Annie comincia a prendere forma. Un sentimento forte, un'attrazione magnetica che finisce per coinvolgere entrambi, uomo e adolescente.
E la legge di gravitazione assume un significato più profondo, dietro al quale si cela una metafora capace di descrivere alla perfezione quello che per molti è un amore impossibile e proibito.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Da quanto tempo sei qui?

Chris ha 17 anni, la mia stessa età... tuttavia frequenta un corso diverso poichè l'anno precedente è stato rimandato. Quando l'ho conosciuto, l'estate prima che iniziassimo la scuola superiore, era alto quanto me. Anzi, credo addirittura meno di me. Be'.. adesso lo guardo dal basso. E intendo anche metaforicamente. Lui ormai ha conquistato i piani alti della nostra gerarchia studentesca. Nel senso che è diventato così eclettico e popolare che almeno i tre quarti della scuola sa chi è. Partendo dal presupposto che Chris è stato sempre consapevole del suo fascino magnetico e della sua affabilità, sin dai tempi in cui non avevo bisogno di alzare troppo lo sguardo per guardarlo in faccia, il passo verso la cima della piramide non è stato lungo. E quando ha capito che non bastava l'essere belloccio e attacar bottone con chiunque gli passasse davanti, ha cominciato a frequentare vari corsi extrascolastici e studiare per avere una media più alta. Si sa poi come funziona la scalata del successo: la bellezza e l'intelligenza portano alla popolarità e quindi, alla sicurezza di sè, che nella sua forma più avanzata e controproducente (più per quanti gli stanno attorno che per lui stesso) si tramuta in arroganza e superiorità.
Ma Chris è anche il mio migliore amico. E diventare amici, in modo incondizionato, è stata una delle mie grandi battaglie. Dopo tanto tempo, dopo una lunga spirale di sofferenza e desideri mai del tutto realizzati, abbiamo raggiunto l'equilibrio. O almeno, così sembra. Fatto sta, che ho imparato ad accettare molte cose di lui per le quali prima andavo fuori di testa. Non cose: atteggiamenti infantili, incomprensioni, silenzi e.... la scia di ragazze col batticuore e gli occhi che brillano, che lui definisce ''Conoscenti'', o nel peggiore dei casi ''Amiche''. E la triste verità è che per tanto tempo anch'io ho fatto parte del club. Club per modo di dire ovviamente, visto che tante ragazze competono per la stessa persona. Quindi non pensate a un crocchio di ragazzine con i nastri rosa tra i capelli (Lo Sleepover Club) ma piuttosto a un ring dove omoni muscolosi dalle facce cattive smaniano dal prendersi a botte (Il Fight Club). Ma col tempo, la gelosia ha ceduto il posto all'indifferenza e l'indifferenza, prima dovuta all'odio e alla disperata decisione di dimenticarlo, poi dovuta proprio all'assenza di sentimenti nei suoi confronti, mi ha permesso di perdonarlo e ricominciare da capo. Perdonarlo perchè dopotutto, lui è stato il primo ragazzo a vedermi quando per il resto del mondo ero invisibile, a dare una pennellata di colore nella mia vita grigia e opaca. Mi ha fatta sentire importante, desiderabile e come una calamita mi ha trascinata fuori dal mio mondo distrutto e mi ha portata all'aria fresca, verso nuovi posti, nuove avventure. Chris è entrato nella mia vita nel momento in cui avevo disperatamente bisogno di qualcuno e da allora ci è sempre stato... fino adesso.

- Da quanto tempo tu sei qui, piuttosto - gli rispondo. Sono un po' infastidita e imbarazzata dal pensiero che lui avesse assistito a una me che prendeva a pugni un oggetto inerme. Ma dura poco, perchè poi mi ricordo che tutto lo stress che avevo da scaricare era dovuto anche per colpa sua. - Sai è strano che tu sia qui, pensavo avessi deciso di dimenticarmi. - Chris ricambia il mio atteggiamento di sfida con una faccia stranita, che poco dopo si rilassa in un sorriso - Dai, prendi la tua roba.. andiamo a fare un giro - esordisce come se nulla fosse, lanciando un'occhiata verso l'uscita. - Ah ah ah sicuuro. Col cavolo che esco con zero gradi e un coglione che non si è fatto sentire per tutte le vacanze di Natale! - L'ultima parola mi esce con un volume della voce più basso, per essermi ricordata (forse un po' in ritardo) che siamo a scuola e non in un posto sperduto. Attirare l'attenzione di qualcun'altro è un'idea che mi secca ancora di più. Meno male che ero venuta lì per stare in pace e da sola!

- Grida pure, ormai non c'è più nessuno, sono tutti a casa davanti al loro piatto caldo di pasta - lo dice con quel tono di voce che mi dà tanto fastidio, il tono di chi non gliene importa poi così tanto della tua reazione.

- Tu non hai fame, quindi? Sto ancora cercando di capire perchè sei qua..

- Ok, scusa se non mi sono fatto sentire... - dice tenendo gli occhi verde acqua incollati al pavimento.

Rimaniamo un po' in silenzio e io non so come rispondere. Di colpo, le mie mani diventano un soggetto interessante, mentre assorbo le scuse del mio migliore amico studiandomi le nocche un po' arrossate e le unghie mangiate. - Ti ho mandato un messaggio... con scritto che ero ridotta come uno straccio... e tu hai risposto solo ''Avrai mangiato roba pesante, ah ah ah'' - è difficile non tradire l'amara ironia nella mia voce - tu non sei di quelli che fanno parte della categoria ''A Natale sono tutti più buoni'', eh?

- Andiamo, era per scherzare..

- Scherzare?! Mi hai compleatamente messa da parte! E adesso vieni qui fingendo che sia tutto a posto? - ormai me ne frego della voce troppo alta. Sono stanca e arrabbiata. Voglio che sappia come mi sento.

Chris mi prende per le spalle - Chissene fotte, Annika, adesso le vacanze sono finite e io sono qua.. noi siamo qua, quindi vestiti e andiamo a mangiare insieme, prima che perda l'ultimo autobus! - la sua voce mi riempie la testa e mi rimbomba dentro, rimbomba sulle pareti della palestra vuota ed enorme. Ringhiando, gli dò uno spintone sul petto con i palmi delle mani, come un istinto a liberarmi dalla sua presa - Vienimi a cercare quando vorrai scusarti sinceramente.

In questo momento non so più cosa pensare. Ho le guance roventi per lo sforzo fisico e la rabbia, e sto fissando Chris, che è già girato dall’altra parte, rifiutandosi ancora di guardarmi negli occhi. Peccato. Perché vorrei che invece mi guardasse in faccia eccome e che leggesse negli occhi quello che ho passato durante queste fottute vacanze. E quello che mi è successo stamattina, e l’anno scorso, e tutta la vita. Vorrei che Chris si sforzasse di capirmi, di capire quello che provo, perché è quello che io ho imparato a far sempre con lui, a mie spese. Almeno io cerco di capire il motivo dei suoi comportamenti perennemente ambigui. Ma capirci l’un l’altra è qualcosa in cui non siamo mai stati bravi. Pazienza.

E’ proprio nel momento in cui Chris comincia a far rimbalzare pigramente una palla da basket, e io sono ancora in piedi a fissarlo esausta per aver gridato fino adesso, che una terza voce si materializza da qualche parte. Una voce che non riconosco, ma che mi fa subito capire di dover dare delle spiegazioni, una voce autoritaria. -Si può sapere chi diamine grida qua dentro?

Quando mi volto, vedo alla mia destra un uomo che avanza a passi moderati verso di noi. Dall’aspetto che ha sembra un professore della nostra scuola, ma non sono sicura di averlo mai visto. Ma non è lo stesso per Chris, che con la faccia di un bambino che ha appena rovesciato il suo bicchiere di latte davanti alla mamma, sussurra un ‘Cazzo!’, e subito dopo comincia a balbettare – P…Professore, scusi.. non sapevo fosse da queste parti…

-Nellwood, a dire il vero mi chiedevo che ci facessi tu da queste parti. Sono le due del pomeriggio passate e te ne stai ancora qui in palestra.. – il professore guarda anche me stavolta, come se se ne accorgesse per la prima volta da quando è entrato, e mi fissa per qualche secondo, con un’espressione strana, come se stesse cercando di capire qualcosa, per poi correggersi - ..ve ne state qui in palestra.

- Scusi ancora, io e lei.. stavamo.. discutendo - ovviamente il professore deve averlo già capito e anche Chris lo sa, ma è ancora lì a buttare giù qualche parola e biascicare qualche scusa. Scusa Annika, scusi professore.. da quante altre persone dovrà farsi scusare prima di arrivare a domani? Che idiota.

Chris ormai capisce che rimanere lì gli reca solo guai, così si affretta a recuperare il suo zaino blu e verde abbandonato sulla panchina, prima che il professore gli appioppi qualche bella punizione. - Nellwood? -Chris si gira esasperato. Adesso lo porta in presidenza, penso. Comincio a sentirmi in colpa...

- Domani ricordati di dire ai tuoi compagni di classe che martedì prossimo interrogo sull'ultimo capitolo di fisica. - lo congeda il professore con un sorriso malizioso, come a dire ''Puoi andare, ti ho fatto venire un accidenti, vero? Che ti aspettavi, eh?'' . - Senz'altro. Arrivederci, professor Rope. - risponde sommesso Chris. Dopodichè esce dalla palestra, senza degnarmi di un saluto, di uno sguardo, come se fossi diventata invisibile. Appena distolgo gli occhi dalla chioma bionda che si allonatana, vengo improvvisamente colta da una vampata di imbarazzo.. Devo andarmene anch'io. Ci manca solo che mi metto contro un professore che non è nemmeno un mio professore. - Scusi, ha ragione.. io... sono rimasta qui perchè.. ho perso l'autobus... - non so come mi viene questa bugia gigantesca, ma ad ogni modo mi affretto verso la panchina per rimettermi la felpa nera col cappuccio, quella che uso più spesso e non tanto perchè mi piace ma perchè è comoda e semplice. E' così. A scuola, soprattutto d'inverno indosso sempre vestiti neutri, sempre i soliti: felpe con cerniera e cappuccio, veloci da mettere e togliere, se ho freddo le chiudo, se ho caldo le tengo aperte, jeans o leggins scuri a tinta unita. A differenza di tutte le mie compagne di scuola, che spavalde e cool come sanno di essere loro sfilano per i corridoi come se stessi sfogliando le pagine di una rivista di moda: capi colorati, attillati, accessori enormi e scintillanti, leggins con motivi floereali e assurdi. Ci sono due motivi se il mio outfit giornaliero invece è così lugubre: il guardaroba invernale anno dopo anno si è ridotto paurosamente, tra vestiti diventati troppo piccoli o stretti e altri ormai troppo vecchi e io non impazzisco per lo shopping. Non che lo trovi noioso, anzi, ma so che se vedo troppe cose che mi piacciono allora comincio a spendere e spandere, e al quel punto entrerei nel panico se dovessi trovarmi al verde. Mi dà fastidio il solo pensiero di aver bisogno di soldi in qualunque momento e ficcare il naso nel salvadanaio miseramente vuoto. Se invece mi rendo conto che lo shopping non è un pretesto per divertirsi e ammazzare il tempo, bensì una necessità (come in questo caso) dico a me stessa che il primo weekend che mi capita andrò assolutamente a fare spese, costi quel che costi, prima che finisca per andare a scuola in mutande. Alla fine, però, annullo o rimando, per un motivo o per l'altro. A volte non c'è nemmeno un motivo. E questo è solo uno dei tanti esempi che fanno di me una ragazza pigra e inconcludente. La seconda ragione è che sono piuttosto insicura, e per una persona insicura non c'è niente di più rassicurante che passare il più inosservata possibile. Un abbigliamento neutro e modesto è quello che fa al caso mio.

Quando ho finito di allacciarmi la felpa, il professore si avvicina lentamente, con le mani nelle tasche dei pantaloni e mi guarda sottecchi con la testa leggermente abbassata - Sicura di stare bene?

- Come, scusi?

- Ti sei fatta male?

All'inizio non capisco. Poi sorrido timidamente per la sua apprensione - Oh, no. Chris non mi ha messo le mani addosso.. abbiamo solo avuto una discussione.

- Sì questo lo so... Io parlavo di quel che ti è successo stamattina. - il suo sguardo si posa su una parte del mio corpo. Lo seguo finchè non scopro di avere un ematoma al ginocchio destro, appena dove finisce la stoffa dei pantaloncini da ginnastica. Emetto un verso di stupore. Chiaro. Il dolore l'avevo avvertito subito, nell'istante in cui avevo lasciato cadere la bici per lo spavento e questa mi aveva preso contro al ginocchio, ma prima il danno non era reso visibile dai jeans pesanti che avevo indossato per tutta la mattinata. Sfioro il livido blu e mi chiedo come abbia fatto a non accorgermene prima. Nemmeno Chris ci ha fatto caso.

Infine realizzo due cose: 1. Il professore ha assistito all'incidente che ho avuto sulle strisce pedonali; 2. Se è così mi sono aggiudicata un'altra bella figura di merda, perchè vorrebbe dire che lui sa che sono venuta a scuola in bici, mentre un attimo fa gli ho detto che ho perso l'autobus. Mi mordo un labbro - L'altra macchina ferma alle strisce era sua?

Annuisce - Ero uscito a soccorrerti ma sei corsa via.. almeno mi hai fatto intendere che non ti eri fatta nulla di grave..

- Sì, sono dovuta scappare perchè rischiavo di entrare in ritardo

- Se hai bisogno parlo io con il tuo professore o la tua professoressa che hai avuto alla prima ora, così ti risparmio qualche punizione che non meriti, immagino non ti abbiano creduta..

- Grazie - dico sistemandomi dietro l'orecchio una ciocca di capelli sfuggita alla coda - ma non ce n'è bisogno.. la prof è arrivata dopo di me.

- Meglio così - sorride il professore - l'importante è che tu stia bene

- Grazie per la considerazione, professor... - ho già dimenticato come l'ha chiamato Chris.

- Anthony Rope - si presenta stringendomi la mano e ritrendola, per essersi accorto della mia espressione sorpresa mentre guardo le nostre mani unirsi - Oh, - ride imbarazzato - ti ho salutata come se fossi una collega, perdona l'imbranataggine. - Viene da ridere anche a me e alziamo lo sguardo contemporaneamente. Guardandolo meglio, mi rendo conto che probabilmente l'ho già visto prima d'ora. Forse ha cominciato a insegnare solo quest'anno nella mia scuola. E non mi meraviglio nemmeno che l'abbiano assegnato al corso di Chris, quello incentrato principalmente sulle materie tecnico-scientifiche, piuttosto che al mio. Forse non tutti ci fanno caso, ma al corso di materie letterarie-umanistiche insegnano prevalentemente professoresse, mentre sono pochi gli insegnanti uomini, e quei pochi che ci sono sono vecchi e mezzi pazzi. Quelli a posto con la testa, giovani e belli non sono un nostro privilegio. Il professor Rope non sembra uno di quei nuovi professori laureati di fresco che si vedono perlopiù nei film americani. Ad occhio e croce potrebbe avere sulla quarantina. Che sappia insegnare bene non lo so ancora ma di certo non è uno squilibrato. E.. beh, devo ammettere che è un uomo di bell'aspetto. Niente di straordinario, ma ha un certo fascino. Ha occhi color cioccolato con delle piccole rughe intorno che ne addolciscono la forma e i capelli, leggermente lunghi e castano scuro con dei piccoli riflessi argentati, incorniciano la pelle olivastra del viso con delle onde. Forse una decina di centimetri più alto di me, penso. E una corporatura equilibrata.

- Annika Brant - mi presento a mia volta - Adesso vado, arrivederci e grazie ancora!

Mentre mi volto in direzione dello spogliatoio, dove ho lasciato cappotto e zaino, ringrazio il destino di avermi fatto incontrare per una volta un insegnante tutt'altro che stronzo. Dev'essere proprio questo pensiero a bloccare le mie gambe proprio sulla soglia della palestra. Prima che mi chieda se non sia una domanda spropositata, mi rivolgo ancora una volta a lui - Senta.. lei insegna fisica, giusto?

- Sì, al corso tecnico-scientifico - fa lui smettendosi di aggiustarsi un polsino della giacca scura e sorridendo.

- Le è.. mai capitato di avere studenti che amano la sua materia ma non riescono in ogni modo ad avere buoni risultati?

- Certo che sì. Insegno da quindici anni, è una cosa normale.. di solito cerco di aiutarli come posso e con pazienza. Il fatto che una buona dose di interesse ci sia è già un ottimo traguardo, poi ovviamente non tutti hanno le stesse capacità intellettive.

- Volere non è sempre potere... - dico affranta, come se stessi ragionando ad alta voce. Segue una pausa.

- E' un peccato rassegnarsi davanti a una cosa cui si è appassionati.

- Questo è vero. Ma una E barra F è come un calcio nello stinco - ironizzo a testa bassa, puntellando il piede sul suolo di gomma verde della palestra.

Il professor Rope si infila una mano in tasca e riflette pensieroso - Posso trovare qualche pomeriggio libero da dedicarti in modo che tu possa esercitarti con il mio aiuto.

- Ripetizioni? - riassumo la sua sua frase in un'unica parola.

- Preferisco il termine ''Tutoraggio''.. ne dà un'idea più seria - sorride lui compiaciuto.

Non so cosa rispondere. Cerco di improvvisare mentalmente una lista di pro e contro, come faccio ogni volta che devo prendere una decisione. Mi conviene davvero? Servirebbe a qualcosa o rimarrei la solita schiappa perdendo solo del tempo? Devo fidarmi? Dopotutto è una persona che ho appena conosciuto, un uomo. E chi pagherebbe le lezioni? Penso a tutte le volte che mia madre si lamenta quando prendo un votaccio e comincia a dire ''Studia di più che non ho voglia di svuotare il portafoglio per pagarti ripetizioni.'' Opto per una ritirata neutra - Posso farglielo sapere in questi giorni? Ci penso su o magari ne parlo con i miei..

- Nessun problema, quando hai bisogno mi farò trovare.

  
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