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Autore: Lore Torri    14/07/2014    2 recensioni
Noi lo chiamiamo Agennesis. È quando due mondi distanti, che non avrebbero mai dovuto venire in contatto, si toccano: è questo che avviene, una Non-Nascita. Può essere qualsiasi cosa che sia stata generata contro la volontà del Destino. E può distruggere o salvare, portare tenebra o luce, splendere o esplodere. L’Agennesis è l’errore del Destino, della Natura, dell’Universo.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ALETHEIA
 

 
“Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s'abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l'anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.”

 
[da “I Limoni”, E. Montale]








 







Cortegia, Grande Impero
Primo Giorno della Terza Prova
 
L’uomo, avvolto in un mantello, si avventurò silenzioso nella foresta. Dopo parecchio tempo di marcia, vide finalmente una tigre, una delle bestie che erano state inserite nell’Arena della Terza Prova per renderla più difficile agli sfidanti. Prima che la bestia potesse attaccarlo, l’uomo sovrappose le braccia davanti al petto in una croce, attivando l’Incantesimo di Incatenamento: quattro robuste catene apparvero dal nulla e strinsero la belva, immobilizzandola.
L’uomo si avvicinò, tranquillo: l’incantesimo era facile da spezzare, ma non certo per una bestia. Con precisione, passò la mano sul pelo della tigre, fino a percepire una certa energia, in un punto in corrispondenza del ventre. Quando osservò quel punto, notò che una runa nanica era incisa sulla pelle. L’uomo non era un grande esperto di rune, ma capì che si trattava di una Runa del Controllo ancora inattiva.
«Come pensavo...» mormorò.
Si buttò di lato, evitando di poco un coltello da lancio.
«Chi diavolo sei?» urlò alla figura che l’aveva assalito.
Non fece in tempo a rispondere: la tigre, il cui incantesimo doveva essere stato sciolto, lo attaccò alle spalle, mandandolo a terra. Nel frattempo, un secondo coltello lo colpiva con precisione alla testa.
«Buonanotte, ficcanaso» disse il Senziente, beffardo. Poi si volse e se ne andò, disattivando la runa della tigre, che cominciò a mangiare il corpo morto.
Quando il Senziente si fu allontanato, un corvo si alzò in volo da una delle piante, senza che nessuno lo notasse, ed uscì dall’Arena, diretto all’accampamento dell’Impero del Nord.
 
Fren si addentrò nella foresta, seguito da Lilie e dalla squadra di Thanya. Alla fine, avevano deciso di non elaborare una tattica comune: avrebbero combattuto come nella Seconda Prova.
Ognuno di loro aveva uno zaino contenente il necessario per sopravvivere qualche giorno, ed avevano deciso, per il primo, di fermarsi a riposare, e cominciare a cercare altri sfidanti solo nel secondo.
Erano ormai avanzati da parecchio tempo, e la vegetazione era fittissima, quando una serie di sibili allarmò i cinque ragazzi, che schivarono per poco le frecce pioventi su di loro. Dagli alberi emersero tre ragazzi, completamente vestiti di rosso.
Gareth fissò uno dei tre e rimase a bocca aperta.
«Ehi, tu! Non eri in squadra con uno dei nostri?» domandò, ma, prima di chiudere bocca, una spada lo trapassò da parte a parte: dietro di lui, cinque altri ragazzi avevano raggiunto i loro compagni di squadra.
«Lo ero, sporchi traditori! Ma oggi siamo stati avvisati delle vostre ripugnanti azioni. Ora ce la pagherete cara!» urlò il ragazzo a cui Gareth si era rivolto.
«Di cosa diavolo sta parlando?» chiese Fren.
Non ci fu tempo di rispondere: tutti si erano gettati in armi nella mischia. Fren vide con la coda dell’occhio Lilie sfruttare la terra per abbattere uno degli avversari, e poi voltarsi per fronteggiarne altri due. Nel frattempo, Thanya stava piroettando, come in una danza mortale, nella mischia, colpendo ripetutamente alcuni ragazzi che riuscivano a malapena a difendersi.
Dalle uniformi, il ragazzo capì che gli assalitori erano dell’Impero del Nord.
Poi si accorse che uno dei tre che erano comparsi all’inizio si stava gettando su Thanya dall’alto, alle spalle, da dove lei non poteva notarlo.
Colpì forte con un piede a terra, sollevando una polvere con cui accecò il ragazzo che stava fronteggiando, poi si scagliò di corsa contro quello che si stava tuffando verso Thanya. Lo intercettò in volo, mandandolo lungo disteso a terra.
«Aiutaci, stupido! O quelli del Grande Impero ci...» prima che finisse la frase, il coltello di Jereth lo colpì. Lui, nel frattempo, era indietreggiato, dopo aver tirato fuori dalla mischia il corpo senza vita del fratello.
Lilie e Fren seguirono Thanya, che corse dietro il compagno di squadra.
Quando furono giunti dietro di lui, Jereth fece qualche passo avanti, sfidando con lo sguardo gli avversari, che erano ancora una decina.
Quello di loro che sembrava il capo, dal canto suo, avanzò a sua volta.
«Voi due, della Repubblica Asterigia» disse, facendo un cenno del capo a Fren e Lilie «da che parte state?»
Fu Fren a rispondere.
«Da quella della nostra squadra.»
Con la coda dell’occhio gli parve di vedere una lacrima scendere sul volto di Thanya.
«Allora morirete tutti!» urlò il capo degli avversari.
«Non credo proprio. Controllo!» urlò Jereth, sollevando la mano sinistra, sul dorso della quale si illuminò una runa. Istantaneamente, decine di bestie di tutti i tipi assalirono gli avversari alle spalle. Quelli provarono a difendersi, ma gli animali erano troppi: uno cadde, azzannato da lupi, un altro fu sommerso da insetti, un terzo sfigurato al volto da vari volatili... fino a quando anche l’ultimo non fu ridotto ad un cadavere irriconoscibile.
Quando lo scempio fu compiuto, la Runa sul dorso di Jereth si spense, e lui si voltò.
Due delle sottilissime lance di Thanya lo colpirono: una alla giugulare, l’altra in mezzo agli occhi. Jereth cadde a terra, riverso sulla schiena, incredulo.
Fren e Lilie si voltarono verso la compagna di squadra, ma lei si era rannicchiata a terra, ed era scoppiata in pianto.
 
«Ci hanno scoperti!»
L’uomo era entrato di corsa nella stanza di Latho, senza preavviso.
«Cosa stai dicendo?»
«L’uomo che quel Senziente ha ucciso stamattina non era solo. Un suo compagno ha avvisato tre squadre dell’Impero del Nord, ed ora loro stanno eliminando tutti i nostri alleati.»
«Grazie dell’informazione. Ora calmati e siediti.»
Era tipico di quel maestro analizzare con calma ogni situazione, indipendentemente dall’immediatezza con cui si presentava.
«Non abbiamo altra scelta» annunciò infine «Di’ a tutti di anticipare il piano. Manda messaggi ai Sicari, che vengano subito, ed al Comandante dell’Esercito, che si metta in marcia. Nel frattempo, però, manda qualcuno dei nostri uomini che cerchi di mettere a tacere i rivoltosi. Che tutti agiscano con la massima celerità» ordinò.
«Sì, signore» fece l’uomo, prima di voltarsi e scattare verso l’uscita.
Latho si girò e contemplò l’armatura appesa ad una parete.
 
«Siete spacciati» disse Thanya, tra un singhiozzo e l’altro «Mi dispiace.»
Così dicendo, estrasse un coltello e se lo puntò alla gola. Quello di Fren cozzò contro il suo, facendoglielo cadere a terra.
«Non osare toglierti la vita! Spiegaci quello che sta succedendo.»
Thanya si controllò, frenando il pianto.
«L’Imperatore vuole dichiarare guerra agli elfi, a occidente, ed alla vostra Repubblica, ad oriente. Per assicurarsi di non incontrare grossi scogli, ha deciso di sfruttare il Torneo per sbarazzarsi di tutti i maghi delle altre nazioni.»
«Combatteremo.» disse Lilie.
Thanya scosse la testa.
«Domani all’alba giungeranno qui i Tre Sicari, massimi esponenti della Setta degli Assassini, e l’esercito imperiale. Hanno il controllo di tutti gli animali di questa Arena. Non avete nessuna speranza.»
«Cos’è la setta degli assassini?»
«Una potente organizzazione che elimina i nemici dello stato. Io ne faccio parte. Il mio maestro ne è a capo.»
I due ragazzi rimasero di stucco. Avevano ancora stampata in testa l’immagine dei ragazzi dell’Impero del Nord, che avevano chiamato Thanya ed i suoi compagni traditori. Probabilmente, quei ragazzi erano l’ultima speranza dei maghi che avevano preso parte al torneo. E loro li avevano uccisi tutti.
Lilie estrasse il coltello e lo puntò al cuore della ragazza.
«Dammi un buon motivo per non ucciderti.»
«Se lo avessi, non avrei provato a farlo io stessa.»
Fren si mise tra le due.
«Io ce l’ho.»
Le due ragazze lo fissarono, incredule e curiose.
«Forse ci ha traditi tutti, ma, rivelandocelo, ci ha anche salvati. Ed ora può aiutarci a fuggire.»
«D’accordo.»
In quel momento, si udì un boato, poi centinaia di animali, con la Runa del Controllo illuminata, uscirono allo scoperto, gettandosi all’inseguimento di ogni mago.
Thanya alzò il braccio, con la stessa runa illuminata, e le bestie passarono oltre.
«Non avete speranze di vincere. Possiamo provare a fuggire ed organizzare la difesa da un’altra nazione.»
«Ti seguiamo.»
«L’uscita è per di là.» disse la ragazza, tuffandosi tra gli alberi. Fren e Lilie la seguirono.
 
«Tu sai che quello che mi stai chiedendo è troppo grande persino per te, vero?» tuonò la voce roboante che proveniva dal baratro incolore.
«Sì, Supremo Signore. Ma è già avvenuta un’Agennesis naturale, e pensavo...»
«Gli errori della natura non sono mai casuali. I casi provocati dalle nostre azioni, invece, sono sempre imprevedibili ed incontrovertibili.»
«Credo che valga la pena di sfidare il destino, per questa faccenda.»
Questa volta, il silenzio rimase tesissimo. Dal baratro sterminato apparve un volto, centenario ed infantile, senza tempo, enorme e sconfinato, dagli occhi stupiti, ma che non potevano aspettarsi nulla di troppo grandioso, illuminati di una curiosità simile a quella che anima un uomo mentre osserva un bambino giocare all’aria aperta.
«Pensi davvero che quell’uomo possa arrivare a sfidarvi?» il tono era quasi divertito.
«Mio Supremo Signore, voi non avete nulla da temere. Tuttavia, ho ragione di credere che quell’uomo andrà ben oltre allo sfidare noi. Potrà forse avere una punizione per la sua tracotanza quando essa lo porterà a sfidare lo sconfinato potere dei Supremi, ma temo che ciò succederà dopo lunghe guerre, che metteranno in ginocchio tutte le razze mortali ed immortali.»
Il volto scomparve, ed il baratro tornò vuoto.
«Comprendo le tue paure, Purforo. Sei valoroso, ed il Custode che più volte ha salvato questa terra. Le tue scelte, che parevano avventate, si sono spesso rivelate vincenti. Non dovrai rispondere a me, né agli altri Supremi, dell’Agennesis. Tuttavia, i moniti sono preziosi per chiunque, se dettati da saggi pensieri. Ascolta: non dovrai temere chi sta sopra di te, ma ciò che tu stesso creerai.» Non appena la voce tacque, un fragore indescrivibile si scatenò, e Purforo ebbe la consapevolezza che il Supremo Signore se n’era andato. Non poté fare a meno che tirare un sospiro di sollievo, prima di alzare lo sguardo, gli occhi carichi di sfida.
 
Dopo parecchio tempo che correvano, evitando orde di animali assassini e sentendo urla e rumori spaventosi da ogni direzione, finalmente i tre ragazzi giunsero in vista dell’uscita. Sbarrata.
«Ben arrivata, sporca traditrice.» disse l’uomo che aveva svegliato Walion solo due giorni prima.
Thanya scagliò quattro delle sue sottili lame, ma lui si spostò con una velocità sovrumana, afferrandole tra le dita e lasciandole cadere a terra, senza nemmeno graffiarsi.
Rise forte.
«Ho seguito personalmente la maggior parte dei tuoi allenamenti. Conosco perfettamente come combatti. Contro di me non hai speranze.»
Thanya si gettò in avanti ancora prima che finisse di parlare, ma finì a terra ancor prima di accorgersi che il suo avversario era dietro di lei, e non davanti. Lui alzò la lama di una spada, ma quando l’abbatté al suolo, essa si incastrò in un tronco che si era sollevato in difesa della ragazza, al comando di Lilie.
«Non avete speranze, idioti!» urlò l’uomo, alzando la mano destra. All’interno, l’aria stava cominciando a vorticare su se stessa.
Fren avvertì una scarica di adrenalina e cominciò a correre. Quando l’uomo lanciò la sfera che ormai si era compattata, lui si abbassò, ma non appena fu in piedi quello gli stava di fronte, e lo colpì con una serie di pugni al petto ed al volto, lasciandolo senza fiato.
Con la coda dell’occhio, vide che Lilie era stata colpita in pieno, ed ora era a terra, priva di sensi.
Si abbassò appena in tempo perché la spada dell’uomo non lo colpisse al cuore, ma alla spalla; ciononostante, il dolore esplose come un incendio all’interno dei suoi nervi.
Thanya cercò di alzarsi, ma l’uomo le inchiodò le mani a terra lanciando due coltelli, e rise alle perforanti urla della ragazza.
Fren riuscì a malapena ad alzarsi in piedi, la spalla che bruciava di dolore. Le sue due compagne erano completamente fuori combattimento, ed al nemico non avevano inferto neanche un graffio. La situazione si faceva nera.
«Giusto perché sappiate chi è stato ad uccidervi», disse l’uomo, «sappiate che avete avuto l’onore di perire per mano del Primo Sicario, illustre membro della Setta degli Assassini. Il mio nome è Anemo. Ed ora, buon viaggio per l’Aldilà.»
Fu mentre la lama si avvicinava a velocità vorticosa al petto di Fren, questa volta troppo veloce perché se ne potesse deviare la traiettoria, che il ragazzo sentì uno strano calore pervadere le sue membra, un calore che era certo di aver vissuto prima.
 
Aster, Repubblica Astercense
Sei anni prima del Torneo
 
Fren era inginocchiato a terra, il volto da dodicenne tumefatto, il corpo graffiato e gonfio in più punti. Davanti a lui ridevano quattro ragazzini, che lo avevano fermato mentre tornava a casa cercando di derubarlo. Il ragazzo si era battuto come una furia, e dei quattro bulli tre erano molto malridotti, mentre il quarto aveva ricevuto solo qualche botta; ma, da solo contro quattro, ormai era talmente dolorante da non riuscire a muoversi.
Uno dei bulli aveva afferrato un’asse di legno, da cui sporgevano alcuni chiodi dall’aria pericolosa, e l’aveva sollevata sopra la testa.
Quando aveva vibrato il colpo, Fren non aveva potuto fare a meno di pensare che quello sarebbe stato il suo ultimo respiro, e che avrebbe dovuto sfruttarlo al meglio: ma quello che sentì fu solo odore di bruciato.
Quando alzò gli occhi, una parete di fuoco si era alzata tra lui ed i quattro ragazzi, mandando in fumo l’arma di fortuna che quel ragazzo aveva recuperato da terra. Attraverso le fiamme, Fren vide i rapinatori fuggire, scottati da non poche lingue di fuoco.
Mentre tutto si faceva nero e perdeva i sensi, quando con la coda dell’occhio ebbe scorto un uomo, che avrebbe in seguito conosciuto come Walion, arrivare in suo soccorso, allora aveva visto brillare tra le fiamme il volto di un uccello, ed i suoi occhi si erano puntati in quelli della creatura.
Quello che sentì, fu un calore poderoso, che lo pervase e gli diede energia.
 
Cortegia, Grande Impero
Giorno dell’attacco
 
Questa volta però ci fu qualcosa di diverso. Il calore pervase Fren, sì, ma lo fece in modo violento, facendogli sentire il sangue scorrere nelle vene come lava, mentre si alzava in piedi: la lama che avrebbe dovuto colpirlo ora era ridotta ad una pozza di metallo fuso ai piedi di Anemo, che era rimasto basito da quanto era successo almeno quanto il ragazzo.
Fren ne approfittò senza esitazione. Non si era mai sentito così pieno di energia: gli bastò alzare le mani perché getti di fuoco si scatenassero dai palmi in direzione dell’uomo, costringendolo ad usare non poco le sue abilità magiche per rimanere illeso.
Bastarono pochi secondi, però, perché entrambi si rendessero conto che la situazione era rimasta quella di prima: anche con tutta quell’energia a disposizione, il Sicario era perfettamente in grado di difendersi, e, molto probabilmente, di trovare un buon modo per sconfiggere ugualmente il ragazzo.
Mentre entrambi i contendenti spremevano le meningi al massimo delle forze, in cerca del modo migliore per sfruttare i vantaggi di cui disponevano, un tremendo ruggito fece tremare la terra.
Gli occhi dei due andarono al cielo, dove una gigantesca creatura stava volteggiando, pronta a precipitare nel punto esatto dove si trovavano.
Mentre la fissavano, la creatura aprì i suoi giganteschi occhi azzurri come il cielo, fissandoli in quelli molto più piccoli di Anemo. Lui venne scosso da tremiti di paura.
In preda al panico, l’uomo si voltò e fuggì nel bosco.
Fren pensò che fosse meglio seguirne l’esempio, così si gettò a terra per caricarsi in spalla le due ragazze. Mentre sollevava Lilie, però, il drago atterrò.
Era una magnifica e possente macchina da guerra: l’intero corpo era di grosse dimensioni, tanto che occupava lo spazio di una radura. Dalla coda, talmente robusta e grande che avrebbe potuto demolire il muro di un castello in un colpo solo, fino alla testa, sinuosa e piatta, il corpo si estendeva elegantemente, in una struttura aerodinamica e distruttiva. Tutto il corpo era coperto di scaglie che brillavano come fiamme.
Fren preparò nella mano una frecciata di fuoco, pronto a lanciarla contro la creatura, ma poi i suoi occhi si fissarono in quelli del drago.
Quello che ebbero non poteva essere considerato un dialogo, né il drago di fatto parlò al ragazzo. Tuttavia, gli trasmise le sue emozioni, i suoi desideri, in modo che lui potesse capirlo.
Come se quello che il drago gli aveva detto fosse una verità assoluta, cominciò a caricargli le ragazze sul dorso, assicurandole con qualche corda che trovò al di sotto dell’ala.
Quando ebbe finito, si issò anche lui sul dorso del drago, e, mentre nella radura cominciavano a farsi vivi alcuni uomini, troppo spaventati o sorpresi per fare alcunché, la creatura spalancò le sue enormi ali ed, in men che non si dica, tra gli sguardi attoniti di tutti, i ragazzi erano volati via.
   
 
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