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Autore: Liz_H    23/07/2014    3 recensioni
Harry ha perso Louis mesi fa. Il nuovo tour comincerà a breve e lui non ha idea di come dovrebbe comportarsi, sa solo che senza il suo Lou sta andando in pezzi. Deve riconquistarlo, ad ogni costo, altrimenti non è sicuro di poter continuare. Non senza di lui.
Dal testo:
”Louis è il mio respiro, Louis è la mia vita, il mio passato, presente e futuro; è entrato così a fondo nella mia anima che sarà impossibile per lui andarsene. Louis è nella mia pelle, nel mio cuore, nel mio cervello; Louis è la ragione per cui ogni giorno mi sveglio e decido di andare avanti, ed è solo per lui che affronto il mondo di crudeltà e dolore che il destino mi ha assegnato. Perché Louis è il mio amore e la mia sofferenza; Louis è nelle cose che vedo e nell'aria che respiro, nei miei tatuaggi, in ogni cosa che dico e in ogni cosa che faccio. Louis è entrato permanentemente nel mio corpo e nel mio spirito. Louis è Louis, ed è il mio tutto.”
[LARRY.]
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Questo è il CAPITOLO DICIOTTO. Per cominciare a leggere dal capitolo 1, cliccare sulle frecce ai lati del nome del capitolo, accanto alla sezione "CAPITOLI".

***
Don't let me go

4 marzo 2019

Apro gli occhi. Questa è la prima mattina da mesi che mi sveglio e non sento il respiro di Louis accanto a me. Con una stretta al cuore, mi ricordo il perché.

Cerco di rielaborare quello che è successo ieri sera, cerco di assorbire il tutto.

Ma poi il dolore si fa sentire. Forte, duro, senza pietà, si agita nel mio petto come qualcosa di vivo, come un essere deciso a sbranarmi da dentro con i suoi denti aguzzi. È un dolore puramente fisico, che mi fa piegare in due, che mi lascia senza fiato, boccheggiante.

Per dei secondi di genuino terrore la vista mi si oscura e mi premo una mano sul petto, cercando di riprendermi.

Ansimando, mi passo una mano tra i capelli appiccicati alla fronte sudata. Rimango seduto sul letto per un po', tentando di riportare il cuore a battere regolarmente. Non so per quanto resto così, ma finalmente mi riprendo, spaventato a morte da quello che è appena successo. Allora è vero che il dolore può uccidere… Non mi era mai capitato prima, non mi ero mai sentito così debole, così impotente riguardo al mio stesso corpo.

Sul telefono non ho chiamate perse; me lo aspettavo. Louis deve stare così male, deve sentirsi così in colpa che ha paura di chiamarmi. Ha paura che possa non perdonarlo più. E forse fa bene.

Sinceramente, non ho più la minima idea di cosa io debba fare. Anche se vorrei, non posso dirgli che lo capisco, che mi dispiace per come ho reagito, che non avrei dovuto andarmene e lasciarlo lì da solo. Non posso perché sarebbe troppo facile per lui; perché poi lo rifarebbe, e ancora e ancora, e io non potrei sopportarlo. Non posso sopportare che Louis si faccia male da solo, e non se ne renda nemmeno conto, usando come scusa il fatto che soffra troppo e che abbia bisogno di quelle droghe.

L'ho sopportato tempo fa, e una parte di me è morta in quel periodo. E adesso non posso farlo di nuovo, perché mi distruggerebbe completamente.

E pensare che tutto questo dolore, quest'intera situazione, sono causati da uno stupido contratto.

Da quando ho firmato per la prima volta quel pezzo di carta, mi sembra di vivere ogni giorno della mia vita con le mani legate insieme da corde troppo spesse e una benda legata sugli occhi, spinto sulla schiena da mani rudi che mi dicono dove devo andare, senza curarsi del fatto che potrei inciampare o farmi male in qualche modo. E sono anni che voglio cambiare questa situazione, ma non posso. E questo mi fa impazzire.

Mi preparo per uscire ed andare a prendere l'auto che mi porterà nel luogo dove si terrà il concerto di stasera – di nuovo alla Rod Laver Arena – quando mi rendo conto di non avere la minima voglia di farlo.

Se Louis può saltare le prove, perché io no? Subito dopo aver pensato questa frase mi rimprovero mentalmente, dandomi del bambino. Ma non ho intenzione di vedere nessuno, non oggi.

Perché quando guardo nello specchio del bagno, vedo una persona che non conosco. Una persona che riesco a stento a credere di essere io, che l'Harry sedicenne si sarebbe spaventato a riconoscere.

Delle profonde occhiaie cerchiano gli occhi del ragazzo nel riflesso. Le sue labbra sono piegate all'ingiù, un accenno di barba scurisce la mascella serrata.

Ma ciò che si nota di più sono gli occhi. Verdi, cupi, devastati, oppressi da una sofferenza che sembra eterna. Come un campo di battaglia ormai raso al suolo, dove le tracce del dolore subìto rimarranno per sempre.

Quegli occhi mi spaventano, un momento prima di ricordarmi che sono i miei. Come ho potuto ridurmi in questo stato? Come ho fatto? Sono un relitto, me ne rendo conto ogni giorno e non faccio comunque nulla di significativo per cambiarlo. Mi limito ad accettare il dolore a braccia aperte, sapendo che rimarrò senza fiato quando mi raggiungerà.

D'un tratto sento l'urgenza di uscire da qui; mi sento soffocare. Non conosco Melbourne, e non so dove andare, ma quando mi trovo per strada, con gli occhiali da sole e il cappello a coprirmi il viso per non farmi riconoscere, mi rendo conto di non avere bisogno di una meta. Posso semplicemente vagare per le strade di questa città sconosciuta, esattamente come vago nei meandri della mia vita, senza un punto fisso, senza sapere niente, i fili dei burattinai che mi tengono in pugno a muovermi contro la mia volontà. Una vita in cui, fino a ieri, l'unica certezza era Louis. Ma ora non ne sono più tanto convinto.

Non so come, finisco in un bar. Non ho fatto caso a dove stessi andando, e sono quasi sicuro di essermi perso. Ordino qualcosa da bere, senza farci molto caso, e mi siedo ad un tavolino in un angolo, il cappello calato il più possibile. Spero con tutto il cuore che nessuno mi riconosca, perché crollerei. E poi, non ho nemmeno le guardie del corpo con me – pensano che stia ancora in albergo – perciò se dovessi fuggire dalle fan scatenate sarebbe molto più difficile, anche perché ora come ora non sento la forza per fare nulla, figuriamoci correre via.

Voglio solo diventare un tutt'uno con la sedia, sprofondare nel legno. Forse lì troverei pace. Forse lì non sentirei più tutto questo dolore.

Delle note familiari arrivano al mio orecchio e io mi guardo intorno, cercando di capire da dove provenisse il suono.

Your hand fits in mine like it's made just for me.

Non ci posso credere. Le note di una canzone del 2012, che daranno al massimo un paio di volte l'anno, escono dalle casse della televisione sospesa nel locale proprio mentre io sono qui. E poi, quella canzone. Sarebbe stato più logico farne sentire una nuova… perché proprio quella?

Una rabbia cieca contro il dj del canale musicale mi investe mentre i ricordi fluiscono in me come acido, riaprendo tutte le ferite che sto disperatamente cercando di cicatrizzare, anche se, già dall'inizio, sapevo che non ci sarei mai riuscito. E la conferma di quest'affermazione è che basta una stupida canzone a farmi sentire così terribilmente male.

Poi non vedo più niente, solo il passato.

 

Take Me Home Tour.

18 giugno 2013.

Nationwide Arena. Columbus, Ohio, USA.

Little Things.

Era da un po' di tempo che volevo farglielo capire. Be', erano quasi tre anni. Ma tra gli alti e bassi che avevamo avuto, tra la gelosia per altri ragazzi che ci provavano con me o con Louis, le ragazze assegnateci dalla Modest, le fan che ci chiamavano "Larry Stylinson", ogni mossa della nostra vita perfettamente controllata… be', era stato difficile. Nessuno di noi voleva esporsi troppo per poi rimanere scottato.

Ma, proprio quella sera, mi decisi che era passato troppo tempo. Che avrei dovuto farlo prima.

Quasi non riuscivo a respirare per l'ansia, mancavano pochi minuti a Little Things. Ero assolutamente certo di quanto stavo per fare. Era tempo che provavo quel sentimento, l'avevo riconosciuto e l'avevo accolto. Ma, soprattutto, avevo capito che era profondo, e radicato, e che probabilmente non avrei potuto amare mai nessun altro in tutta la mia vita più di quanto amassi Louis Tomlinson.

Ma avevo paura ad aprirmi così tanto. E realizzai che anche lui ne aveva, che avrei dovuto fare io quel passo importante per primo.

E se Louis non mi amava come io amavo lui, se lui non fosse riuscito a dirmi: «Anche io sono innamorato di te», non mi sarebbe importato. Perché tutto quello che volevo fargli sapere era come mi sentissi. Avevo questo assurdo bisogno di dirglielo.

E alla fine, lo feci. O meglio, lo cantai.

All'inizio della frase non ebbi il coraggio di guardare Louis, che se ne stava così sereno seduto sul palco, che di certo non si aspettava quello che stavo per fare.

«And I'm in love with Lou» intonai, un po' insicuro. Mi girai verso di lui sorridendo, anche se ero convinto di non aver detto bene il suo nome, ero convinto che non avrebbe capito ciò che avevo appena detto.

Invece, lui alzò la testa di scatto e si voltò verso di me, intercettando il mio sguardo. La bocca socchiusa per la sorpresa. Gli occhi sgranati che mi chiedevano se fossi serio. Il mio sorriso e il mio sguardo pieno d'amore, rivolto esclusivamente a lui, che glielo confermavano. Tutto questo in quella che mi parve una frazione di secondo.

«And all his little things.» Stavolta marcai bene le parole, pronunciai chiaramente "his", per non lasciare dubbi. Gli occhi di Louis si spalancarono ancora di più. Le fan impazzirono, strillando sempre più forte.

E fu allora che mi resi conto di sentirmi nudo, nudo di fronte a Niall, Liam, Zayn. Al pubblico presente a quel concerto. Al mondo intero.

Ma di loro quasi non mi importava. Perché mi sentivo terribilmente vulnerabile di fronte a Louis, al suo sguardo incredulo. E per la prima volta in quella sera ebbi paura di quello che avrebbe potuto replicare più tardi, di quello che avrebbe potuto rispondermi. Sempre se avesse deciso di farlo.

Ma tutti i miei dubbi vennero spazzati via quando, prima di tornare all'hotel, lui si avvicinò e mi sussurrò all'orecchio: «Ti amo anch'io, stupido.»

E fui la persona più felice del mondo.

 

Mi accorgo di essere piegato in due sul tavolo, le lacrime bollenti che mi bagnano le guance, un dolore insopportabile al centro del petto.

«Signore? Si sente bene?» Il barista, preoccupato, mi si avvicina. Prima che possa fare un altro passo, con tutta la mia forza di volontà mi raddrizzo e borbotto un «sto bene, grazie». Mi alzo in fretta, rischiando di far ribaltare la sedia, ed esco di corsa dal locale.

Sono sconvolto. Perché ho appena realizzato una cosa. Qualcosa che non mi piace, che mi fa sentire infinitamente debole, e incompleto, e triste, e vuoto. Ma non solo. No, perché so che, anche se non c'è, lui è con me. Dentro di me. Sempre.

*

«Liam?» quasi urlo al telefono. «Liam, ci sei?»

«Sì, sì, scusa. Sono dovuto uscire per sentire qualcosa.» La voce gentile di Liam riesce a raggiungermi. «Si può sapere dove diavolo sei? Siamo in tre a fare le prove. Almeno Louis avverte, tu nemmeno quello.»

«Mi dispiace» soffio, sincero. «Volevo sapere…»

«Louis è in hotel» mi interrompe. «Pensavo lo sapessi.»

«Non…» Devo prendere un respiro profondo per riuscire a continuare. «Non mi parla molto, ultimamente.»

«Oh.» Sento dal suo tono di voce che si sta trattenendo dal chiedermi cosa ci sia che non va. Non me lo domanda perché sa che, come sempre, gli risponderei: «Tutto non va.»

«Stasera riesci a venire un paio d'ore prima del concerto?» dice invece.

Esito prima di rispondere. «Certo» sussurro. «Ci vediamo dopo.»

«Harry» esclama prima che io chiuda la chiamata.

«Sì?»

Sospira profondamente. «Mi dispiace. Per tutto.»

«Non è colpa tua.»

«No» conviene lui. «Ma capisco come ti senti. Sono praticamente nella tua stessa situazione. E mi dispiace che tu debba sopportare tutto questo da anni. Io non ce l'avrei mai fatta.»

Le sue parole mi scaldano il cuore. Sono contento e allo stesso tempo terribilmente dispiaciuto che anche lui sia costretto a nascondere il suo amore per qualcuno. Contento perché può capirmi. So che è una felicità egoistica, ma non riesco a soffocarla.

E sono dispiaciuto perché queste cose non dovrebbero succedere, mai, e a nessuno. Perché quando sei innamorato di qualcuno, vuoi urlarlo al mondo. E se non lo puoi fare, se ti viene impedito, come minimo ci si sente male, addolorati, e arrabbiati. Come massimo, si rischia il suicidio, penso con una dolorosa fitta al cuore.

«Grazie, Leeyum» mormoro prima di riattaccare.

*

Con tutto il coraggio che riesco a racimolare, picchietto con le nocche sulla porta della camera di Louis, forse troppo piano. Non apro con la chiave che ho anch'io perché ho paura di trovarlo a fare qualcosa che mi farebbe troppo male vedere. L'immagine di Louis chino sul lavandino, gli occhi rossi e gonfi di lacrime, la mortale polverina bianca sparsa sul piano, mi si presenta bruscamente nella mia testa. Cerco di scacciarla, ma non riesco non tremare.

Aspetto qualche secondo, ma non apre nessuno. Così busso con più energia, cercando di capire da dove arrivi tutta quella forza.

Sento dei passi strascicati dall'altra parte della porta, e il mio cuore salta un battito. O due. O tre.

La porta si apre lentamente. Gli occhi di Louis si sgranano esattamente nel modo in cui si spalancarono quasi sette anni fa, durante Little Things, in Ohio.

Boccheggia, senza emettere alcun suono, senza trovare le parole che vorrebbe rivolgermi.

Ma non c'è bisogno che parli. Leggo tutto nei suoi occhi. Tutta la disperazione che prova, accompagnata  dall'immenso dispiacere, dal dolore… e dall'amore. Quell'amore che sovrasta tutto, che spazza via ogni cosa, che mi investe con tutta la sua potenza.

Anche io rimango senza parole. E restiamo così per secondi, o forse minuti. Che a me sembrano ore, giorni, anni.

«Harry» riesce a mormorare alla fine. Quasi mi spavento; il suo sussurro mi sembra un grido. Un grido di dolore, di sofferenza. Il grido di chi ha bisogno di aiuto, di chi sta cadendo e ha bisogno di una mano che glielo impedisca.

E io gliela porgo. Perché se lui cadesse, cadrei anch'io. «Louis…»

Si fa da parte per lasciarmi entrare nella camera. Ora è pulita, ordinata. Il letto rifatto, il pavimento immacolato, le valigie chiuse anche se partiremo tra una settimana.

Mi siedo sul letto, lui chiude la porta e si avvicina lentamente, come se fossi un animale pericoloso che potrebbe attaccarlo da un momento all'altro. Alla fine, si appoggia sul bordo del letto, non troppo lontano né troppo vicino.

Fissiamo il pavimento davanti a noi per un po', cercando di trovare il coraggio di parlare.

Alla fine, spezzo il silenzio. «Come stai?» chiedo con voce tremante.

Lui si volta verso di me, sorpreso. Tra tutte le cose che avrei potuto dirgli, di certo non si aspettava questa.

«Non lo so» sussurra, poi aggrotta le sopracciglia, come se si stesse rendendo  conto solo ora delle sue stesse parole.

Il silenzio che segue grava su di noi come una cappa di sentimenti mischiati e profondi, i sentimenti che proviamo e che non riusciamo ad esprimere a parole.

«Ho buttato tutto» dice Louis d'un tratto, a voce alta. È come se avesse appena rotto una lastra di ghiaccio, cioè la tensione che si è creata tra di noi in questi minuti.

«Lo so» rispondo, capendo che è così proprio mentre lo dico.

Lou si gira verso di me, ma non mi si avvicina. «No. Non lo sai. Non sai che farei di tutto per te, anche se non ti importasse più niente di me. Anche se non mi amassi. Anche se non volessi vedermi mai più. Io farei di tutto per te.» Le parole escono come un fiume in piena dalla sua bocca, parole arginate da troppo tempo.

Quasi senza che me ne accorga, un angolo della mia bocca si curva in un mezzo sorriso. «Lo so, Lou. E mi importa di te. E ti amo. E voglio vederti tutti i giorni della mia vita, e starti accanto per sempre. Anche se non faresti di tutto per me, anche se non mi amassi nemmeno la metà di quanto ti amo io.» Traggo un sospiro. «Ma è più complicato di così.»

«Lo so!» sbotta. «Perché dev'essere così complicato?» È rosso in viso per l'improvviso scoppio d'ira, respira affannosamente.

Scrollo le spalle, scuotendo la testa. «Non lo so.»

«Perché sei qui?» si azzarda a chiedere dopo un po', quando il suo respiro si regolarizza.

«Non lo so» ripeto. «Volevo vederti.»

«Perché?» Scuote la testa, guardandosi le mani allacciate in grembo e lasciandosi sfuggire una lacrima. «Perché, Harry? Perché?»

Mi avvicino, lo guardo ardentemente negli occhi, posando impulsivamente una mano sulla sua, stringendola. «Perché cosa, Louis?» Lui alza lo sguardo affranto ed incontra il mio. «Perché sono qui? Perché non riesco a lasciarti andare? Perché ho bisogno di te?» Scuoto la testa, storco la mascella. «Non lo so, Lou! Non lo so» urlo esasperato, sentendo le lacrime pizzicare gli occhi. «E mi dispiace, non so mai niente. L'unica cosa che so è che devo stare con te. È l'unica cosa che abbia mai saputo davvero.»

Un'altra lacrima sfugge al suo controllo, ma non cerca di asciugarla. I suoi occhi, devastati dalla sofferenza, sono assolutamente disarmanti. «Perché ti ostini a farti del male?» La sua voce è quasi impercettibile, riesco a sentirla a fatica.

«Perché quando sto con te sto più bene che male. E ne vale la pena.»

Di nuovo, le parole escono dalla sua bocca in un sussurro roco appena udibile. «Se ti amassi davvero, non dovrei lasciartelo fare.»

«Non è vero. Amore è egoismo. È voglia di stare bene. È volere restare con chi si ama per sempre.» Abbasso gli occhi sulle nostre dita intrecciate. «Ed è questo che voglio. Ed è anche quello che vuoi tu» mormoro.

«È questo che mi spaventa. Dopo tutto quello che ti ho fatto…»

Prima che possa continuare, lo metto a tacere premendogli l'indice sulle labbra. «Basta» sussurro ad un palmo dal suo viso. «Tu non mi hai fatto niente. La colpa non è tua. È loro

«È facile dare la colpa agli altri solo per potermi perdonare» sospira amaramente. «Non ti ho cercato. Non ti ho implorato di tornare da me. Sai perché, Harry? Perché ho torto. Perché speravo che tu decidessi di chiuderla per sempre con me.»

E d'un tratto Louis mi appare così fragile, così delicato, come una scultura di vetro soffiato.

Stringo le sue mani più forte. «Non chiuderò mai con te.»

Lui mi guarda negli occhi, e io riesco a scorgere il mio riflesso in quell'infinito azzurro. Riesco a leggere tutto ciò che abbiamo passato: dal'«oops» al «hi», da X Factor ad adesso. Vedo la sofferenza e la felicità, la tensione e l'eccitazione, la pazienza e la tenerezza, e tutte le altre emozioni che abbiamo provato nel corso di questi anni trascorsi insieme mescolate nell'intricato mosaico di ricordi che si intrecciano nei suoi occhi.

E, come il primo giorno, come la prima volta che affogai in quelle iridi così assurdamente azzurre, mi sento a casa. E mi innamoro di lui un'altra volta. Perché mi innamoro di lui ogni giorno di più di quello precedente. Perché io scelgo di amarlo ogni giorno, scelgo lui come la persona con cui voglio trascorrere il resto della vita.

«Non lasciarmi andare» è tutto quello riesco a sussurrare, sopraffatto dai ricordi, dai sentimenti, dall'amore incondizionato che provo per questo ragazzo – per quest'uomo – qui davanti a me.

L'esitazione è completamente sparita dai suoi occhi. «Mai» giura un momento prima di sfiorare le mie labbra con le sue.

***

Angolo dell'autrice ≈

Mi dispiace se ci ho messo così tanto a scrivere questo capitolo, non ho avuto tempo per fare niente ultimamente! Probabilmente aggiornerò circa una volta alla settimana d'ora in poi. Ah, e credo che non aggiornerò affatto per tutto agosto e fino a metà settembre, perché starò in vacanza... tornerò appena potrò.

Allora, innanzitutto volevo fare gli auguri ai ragazzi, che esattamente quattro anni fa sono diventati una band. Sono così orgogliosa di loro, aw. E non dimentichiamoci che è anche l'anniversario dei Larry!**

Pooi, spero che il capitolo vi sia piaciuto, anche se secondo me è stato un po' palloso dato che non è successo molto a parte il dialogo tra Haz e Lou e il flashback di Little Things.

E niente, spero comunque che vi sia piaciuto perché ci tengo molto. Magari lasciate una recensione, mi farebbe davvero molto piacere!

Se vi va mettete la storia tra le seguite, ricordate ecc, vi amerei persino più di quanto non vi ami adesso.

Be', ci vediamo al prossimo aggiornamento! Baci :*

  
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