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Autore: The_Grace_of_Undomiel    24/07/2014    2 recensioni
Sam è un ragazzo di sedici anni mezzo, che si è appena trasferito in una nuova città.
A causa del suo carattere un po' timido ed insicuro, il giovane non si era mai sentito accettato dai precedenti compagni di classe ed era spesso deriso o emarginato. In conseguenza a ciò, Sam vede nel trasferimento un'opportunità per incominciare una vita migliore della precedente ed è molto ansioso, oltre che timoroso, di iniziare la nuova scuola. Purtroppo però, le cose si mettono subito molto male per il ragazzo, diventando sin dal primo giorno il bersaglio dei più temuti bulli di tutto l'istituto, I Dark, e da quel momento in poi, la vita per lui diventa il suo incubo personale.
Ma col passare del tempo, imparerà che a volte non bisogna soffermarsi solo sulle apparenze e le che le cose, a volte, possono prendere una piega del tutto inaspettata...
Dal testo: "I Dark si stavano avvicinando sempre di più, ormai solo pochi metri li separavano da Sam e Daniel. Avanzavano uno vicino all’altro, formando una sorta di muraglia, tenendo al di fuori tutto quello che c’era dietro di loro"
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Il pomeriggio seguente, Sam si presentò in biblioteca in anticipo, ma nonostante questo notò che la sala era già straripante di studenti e che la maggior parte dei tavoli erano occupati.
Senza perdere tempo, si diresse nella zona dove lui e Kyda avevano lavorato il giorno prima, sperando  in cuor suo che il loro tavolo non fosse occupato, in quanto la ragazza, per qualche astruso motivo, gli aveva espressamente chiesto (o ordinato?) di ristabilirsi nello stesso bancone. Purtroppo però, lo trovò occupato da un ragazzotto del primo anno. Sam, cercando di essere il più cortese e accomodante possibile, e cercando di nascondere la propria preoccupazione, gli chiese se gentilmente poteva spostarsi altrove. 
Questi levò appena lo sguardo dalle interminabili espressioni di matematica che doveva svolgere e osservò per un istante Sam, prima di ignorarlo e di ritornare nuovamente al suo lavoro.
A quel punto, il ragazzo decise di usare l’ultima carta per convincere quel tipo e gli disse che era desiderio di Kyda, membro dei Dark, di stabilirsi in quel tavolo. Bastò il nome di “Kyda”  perché l’altro si affrettasse a far su i propri effetti  e ad eclissarsi immediatamente.
“Accidenti, la “bella” fama dei Dark è proprio conosciuta da tutti...” rifletté con sarcasmo Sam, accomodandosi e tirando fuori giusto l’astuccio.
Kyda si presentò con lo stesso ritardo del giorno precedente. Indossava un paio di jeans stretti blu scuro e una giacca di pelle nera consumata. I capelli erano legati nella solita treccia laterale e in testa portava l’immancabile cappello da baseball.
Sam si chiese in quel momento come mai la ragazza lo portasse sempre. A vedersi non era niente di speciale, un semplice copricapo nero con al centro stampato un disegno astratto color Zaffiro.
-Allora Nuovo...- esordì Kyda senza accennare un saluto e stravaccandosi in malo modo sulla sedia –A quanto mi risulta oggi dobbiamo scegliere che tecnica di disegno utilizzare, dico bene?-
Il giovane si riscosse, smettendo immediatamente di osservare il capello di lei, e rispose –Eh? Ah si, dobbiamo decidere quello, poi potremo iniziare a metterci al lavoro sul serio. Hai...hai qualche preferenza sullo stile da usare?-
Kyda fece una smorfia, dicendo –No, per me è uguale. Diciamo che mi basta che sia una tecnica non troppo elaborata, tipo mosaici o collage per intenderci, perché non ne ho voglia...-
-Oh, d’accordo...- rispose Sam, un po’ deluso. Quelle erano le tecniche che gli piacevano più di tutte, ma preferì non discutere ed accettare ciò che gli aveva appena detto la giovane, senza far alcun tipo di commento.
-In ogni modo...Idee?- chiese Kyda, aprendo il block notes grigio e prendendo una penna blu. Sam si accorse solo allora che era mancina, proprio come lui.
-Ci ho riflettuto un pochino ieri sera, ma non mi è venuto in mente nulla di illuminante...- sospirò. In realtà aveva pensato di fare una sorta di mosaico, ma dopo l’affermazione di Kyda aveva subito scartato quell’ipotesi.
Kyda lo guardò attentamente, come se volesse leggergli la verità negli occhi, ma lui fuggì prontamente il suo sguardo penetrante. Lo metteva terribilmente a disagio. Aveva notato che la ragazza aveva quell’abitudine molto fastidiosa di osservare le persone, evidentemente era il suo modo per studiarle.
Lei continuò a scrutarlo ancora qualche secondo, poi volse lo sguardo altrove e disse –Capisco, io invece una mezza idea ce l’avrei...-
Sam sussultò a quelle parole. Stava forse sognando? Possibile che la ragazza avesse usato una parte del proprio tempo per ragionare sul progetto di cui tra l’altro non le importava nulla? Gli sembrava assurdo.
-Dimmi pure!- la incitò, particolarmente incuriosito.
-Ciò a cui stavo pensando era di comprare un cartellone nero e di disegnare la persona alla finestra usando una matita bianca- gli spiegò lei, segnandosi intanto qualcosa sul taccuino.
Sam abbozzò appena un sorriso ironico. Doveva aspettarselo, cartellone nero, stile inquietante, era proprio alla Kyda, eppure quell’idea aveva qualcosa che stranamente lo intrigava.
-Sì...Mi piace!- disse infatti, annuendo –E poi ci sta alla grande con l’emozione che dobbiamo rappresentare! La noia seconde me è, come dire, incolore...Quindi è perfetto!-
-Bene, allora faremo così- dichiarò la giovane e a Sam parve addirittura che il suo tono di voce non fosse apatico come al solito, ma addirittura leggermente compiaciuto.
Kyda fece un ultimo segno sul blocchetto, dopodiché rinfilò tutto nel suo zaino. Mentre faceva ciò, Sam la guardò stralunato. Erano appena le 16:30, voleva già andarsene?
-Dove vai?- chiese piano.
Lei sistemò il suo zaino sulla sedia e ribatté lanciandogli un’occhiata eloquente –“Dove andiamo”, vorrai dire. A comparare i materiali che ci servono, ovvio- 
-Ah- disse il ragazzo -Adesso?-
-No guarda, stanotte. Certo che ci andiamo adesso! Visto che abbiamo ancora un bel po’ di tempo, possiamo approfittarne per andare a comprare l’occorrente e magari riusciamo addirittura a disegnare qualcosa, ma di questo non sono sicura- affermò brusca, poi prese dallo scomparto piccolo dello zaino il suo cellulare, che infilò nella tasca dei jeans, e un borsellino...rosa. Sam non credette ai propri occhi. Già lui se lo aspettava come minimo nero e invece era di un colore che mai avrebbe pensato di vedere addosso a Kyda. E poi in mano a lei, che era completamente vestita di nero, capelli e smalto compresi, spiccava tantissimo. 
-Tsk, guarda che so a che cosa stai pensando...- bofonchiò  la giovane, che nemmeno aveva visto l’espressione perplessa di Sam –Se vuoi saperlo, questo portamonete ce l’ho da quando facevo le elementari...Ecco perché è di questo colore così...- cercò la parola -...femminile-
-Oh, si si, ma non importa...- rispose impacciato, prendendo anche lui il cellulare e il portafoglio –Ma...- aggiunse poi –Se posso chiedere, perché non lo cambi?-
Sam si pentì subito della domanda fatta non appena vide l’espressione truce della ragazza e temette di essersi messo in qualche modo nei guai, ma ella rispose semplicemente, fredda -Perché ho questo e me lo tengo...-
Mentiva. Si capiva lontano un miglio, a partire dalla risposta non molto sensata che gli aveva dato, ma il ragazzo fece finta di niente e lasciò cadere il discorso, rivolgendole un’altra domanda –Un momento, le nostre cose le lasciamo qui?- indicò gli zaini.
-Sì, non avrai mica voglia di portarteli appresso per tutta Roxvuld, spero- rispose lei inarcando un sopracciglio.
-E se ce li rubano!?- 
-Certo che ne dici di cazzate, Nuovo! Cosa vuoi che gliene freghi agli altri dei nostri zaini? E poi...- sorrise sarcastica –Il mio di certo non osano prenderlo, il tuo non lo so e non è un problema che mi riguardi- gli voltò le spalle e si incamminò.
Sam rimase ancora un attimo piantonato lì, indeciso sul da farsi, infine lasciò anche lui le sue cose e seguì la ragazza.

Fuori il sole splendeva limpido, illuminando la strada con la sua luce abbacinante. Faceva abbastanza caldo, ma un venticello fresco rendeva il clima piacevole.
Kyda si stiracchiò, facendosi schioccare le giunture e commentò -Cavolo, oggi sarebbe la giornata perfetta per farsi due giri con lo skateboard-
Per Sam invece, quella sarebbe stata la giornata perfetta per fare il suo tour di perlustrazione  della città. Aveva iniziato a farlo da qualche giorno, ma tuttora non era riuscito a visitare Roxvuld completamente, in quanto era una città piuttosto grande. Era già passato più volte per il centro e per le vie principali, ma in quelle più secondarie e nei vicoletti, i suoi preferiti, non aveva ancora avuto modo di andarci. Di recente aveva poi scoperto un piccolo parco fuori mano, in cui non c’era praticamente mai nessuno. Era un posticino tranquillo, molto rilassante, e ci andava tutte le volte che aveva terminato i suoi giri. Alcune volte era capitato di farli in compagnia di Daniel, ma non aveva mai avuto modo di fargli vedere quel parco, poiché tutte le volte l’amico doveva andare via prima per qualche motivo che non aveva mai rivelato a Sam. Diceva sempre  di avere “degli impegni”.
Si riscosse da quei pensieri e si incamminò verso una via. In fondo ad essa, si trovava una cartolibreria, lì avrebbero comparato ciò che serviva e poi sarebbero potuti tornare al lavoro.
-Si  può sapere dove stai andando?- lo chiamò Kyda.
Lui si voltò e si rese conto che la ragazza era rimasta ferma al suo posto.
-Ma...non dobbiamo andare in cartoleria? Mi pare che ce ne sia una in fondo alla strada- replicò Sam, confuso.
-E tu vorresti andare in quella?- chiese Kyda,  con un tono tra il derisorio e lo scocciato.
-Io pensavo di sì, cos’ha che non va?- domandò Sam a sua volta, cauto.
Lei si passò una mano sul viso, seccata–Non lo sai che è la cartoleria più costosa di tutta Roxvuld?-
-Davvero!?- esclamò il ragazzo sorpreso.
-Proprio così- gli spiegò Kyda raggiungendolo –Quella è una cartoleria da ricconi...- fece una smorfia sprezzante.
-Ah, non lo sapevo, pensavo fosse una come tante...- mormorò Sam.
La ragazza scrollò le spalle –Tsk, per forza. Sei un Nuovo.  In ogni modo, io ne  ho presente una molto valida, economica, in più il titolare conosce me e la mia famiglia, per cui penso  che ci farà anche un po’ di sconto. Però è fuori mano-
-Non importa, per me va benissimo! In che zona è più o meno?- domandò Sam.
-In Corso  Green,  vicino a dove abito io- rispose Kyda.
Sam non aveva la più pallida idea di dove fosse quella Via, ma decise di seguire il consiglio della ragazza, sia perché lui non era ancora molto pratico, sia perché non gli sembrava il caso di contestare.
Così si incamminarono, con Kyda che faceva strada. Per la maggior parte del tragitto non comunicarono e il giovane approfittò di quell’arco di tempo per guardarsi un po’ attorno. Mentre procedevano, aveva notato che la fisionomia della città era cambiata, passando dalle tipiche villette caratteristiche alla parte in cui erano concentrati gli edifici e i palazzi. Non appena  si addentrarono in quella zona, Sam percepì subito qualcosa di diverso. Non vi era la solita atmosfera allegra e frizzante a cui era abituato lui, ma si avvertiva un’ aria triste, squallida. La strada era affollata di macchine e di motorini che strombazzavano; i palazzi, la cui facciata inferiore era ingrigita a causa dello smog, si affacciavano sulla strada. Si susseguivano poi i vari negozi e uffici.
L’unica cosa che dava un po’ di vitalità a quel luogo era il sole, che illuminava i palazzi con una luce limpida. Sam si chiese quanto dovesse essere cupa quella zona durante i mesi invernali o anche solo quando pioveva. 
Quella parte della città era molto periferica, infatti al giovane non era mai capitato di passarci, neanche per caso, ed egli  constatò in quel momento che tutto sommato  non si era perso niente.
Ad un certo punto, mentre camminavano, Kyda indicò un palazzo viola scuro, il quale si intravedeva appena, nascosto com’era dagli altri edifici.
-Lì è dove abito io- disse.
-Sì beh, è un bel palazzo!- considerò. Come gli fosse uscito un commento del genere non seppe spiegarselo neppure lui.
-Comunque, devi fare molta strada tutte le mattine prima di arrivare a scuola...- constatò subito dopo, cercando di cambiare discorso e di aggiustare un po’ il tiro.
-Abbastanza- rispose la giovane con noncuranza  -Ma con lo skateboard ci si mette molto meno, almeno quando fa bel tempo. Quando è brutto, me ne vango a piedi e allora devo alzarmi prima-
Ci fu un attimo di silenzio, poi Kyda disse, con uno strano tono –Tu invece abiti dove ci sono tutte le villette scommetto...-
-Sì...Perché?- chiese Sam.
Lei fece una smorfia  -No, niente- 
Il giovane non domandò altro, ma intuì il motivo per cui Kyda gli avesse chiesto una cosa del genere. Di sicuro si era fatta l’idea che lui fosse una specie di riccone, che viveva in una villa e che comprava in negozi costosi, ad esempio nelle cartolerie, quando nella realtà non era affatto così. Certo, risiedeva in una bella casa, ma ciò aveva comportato sacrifici a tutta la famiglia, specie a sua madre, anche se ella continuava a negarlo.
Quel breve dialogo morì lì, esattamente com’era nato.
Camminarono ancora per un po’ di metri, fino a quando i due ragazzi non si ritrovarono davanti ad un piccolo negozio, la cui insegna gigante color lavanda diceva “DA HUGH, CARTOLIBRERIA”
Kyda si affrettò ad entrare e non appena ella aprì la porta si udì un trillo, probabilmente provocato da un campanello legato alla porta.
Se avessero mai chiesto a Sam di descrivere in un solo vocabolo quel posto, la parola che avrebbe usato sarebbe stata “disordinato”, non c’era miglior modo per definirlo.
 Il negozio era piuttosto piccolo, tuttavia luminoso. Ai lati della porta e negli angoli vi erano ammassate pile di libri e grossi scaffali ne contenevano altri.  In mezzo a tutto quel caos si ergeva sulla destra il bancone e dietro a questo vi era un intero scomparto di articoli di cancelleria.
C’era un forte odore di chiuso e inoltre Sam notò che in alcuni punti si era ammassata della discreta polvere.
Kyda e il giovane si avvicinarono al bancone e dopo un po’ comparve dal retro un uomo. Poteva avere all’incirca sui sessant’anni, aveva i capelli corti e bianchi. I suoi occhi, vispi ma che nascondevano un velo di tristezza, erano color anice e sul naso portava un paio di occhialetti dalla montatura d’oro. 
Non appena vide la ragazza, le rivolse un sorriso gioioso, ed esclamò -Kyda! Che sorpresa, è da un po’ che non ti vedo nel mio negozio! Dimmi, come te la passi?-
-Come al solito, Hugh- rispose lei, abbozzando un lieve sorriso di circostanza –Come al solito-
-Capisco e invece tuo fratello Drew? L’ho visto appena passare davanti alla mia vetrina, ma anche con lui non ho più scambiato alcuna parola. Come sta? E la cara Ines?- proseguì l’altro, senza perdere il suo tono allegro.
-Drew si gode la sua vita di tredicenne, diciamo-
Hugh ridacchiò –Oh beh, mi sembra giusto!-
-E mia madre...- Kyda parve riflettere un attimo su qualcosa, poi rispose apatica -Sta bene-
Il negoziante la guardò per un attimo intensamente, poi i suoi occhi cambiarono obbiettivo e solo allora parve accorgersi della presenza di Sam, il quale era stato per tutto il tempo in silenzio ad assistere alla conversazione.
-Oh scusa ragazzo, mi ero completamente dimenticato di te!- esclamò - Dì un po’ Kyda, chi è il tuo amico?-
Sam dovette trattenersi dallo scoppiare a ridere sarcasticamente. Essere definito un amico di quella ragazza era davvero dirla grossa.
-No è un mio amico- chiarì infatti lei -È solo un mio compagno di scuola, dobbiamo fare un progetto di arte insieme ed è proprio per questo che siamo venuti da te. Abbiamo bisogno di un cartoncino nero piuttosto grande e di una matita da disegno bianca, sai no, di quelle belle che hai tu-
Hugh passò un attimo lo sguardo da Kyda a Sam, pensieroso, poi annuì e sparì nel retro. Ritornò poco dopo, con in mano l’occorrente richiesto. Arrotolò il cartoncino, lo fissò con un elastico di gomma e lo infilò in un sacchetto color lavanda, assieme alla matita bianca.
-Quanto ti devo?- chiese la giovane, tirando già fuori le banconote dal borsellino.
-Niente, assolutamente niente!- sorrise Hugh.
Lei scosse la testa e fece scivolare i soldi lungo il bancone, ma lui glieli respinse indietro. Kyda sbuffò riprendendoli e l’uomo ridacchiò. Proprio in quel momento,  quest’ultimo vide l’orologio verde che la ragazza portava al polso. Le prese la mano fra le sue ruvide e callose e constatò -Accidenti,  questo sì che è un bell’orologio, uno dei migliori! È nuovo?-
Kyda indirizzò un’occhiatina a Sam, che fece una smorfia senza farsi notare, e rispose –Sì, è nuovo. Ti piace?-
Gli occhi di Hugh brillarono di interesse ed affermò –Molto, è davvero stupendo. E poi sai che sono un appassionato di orologi...- studiò ancora un attimo l’oggetto, poi esclamò –Ma hai la minima idea del suo valore!?-
-No, credevo che fosse uno come tanti...Perché vale qualcosa?- domandò Kyda inarcando un sopracciglio, incuriosita.  Anche Sam si fece estremamente attento, sentendosi alquanto irritato. Stavano comodamente valutando il suo orologio verde e questa cosa lo stava urtando molto.
-Non so se lo rivendi quanto tu ne possa ricavare, ma sappi che è di una marca famosissima, la migliore nel suo campo! È di alta qualità, tienitelo stretto perché se ne vedono pochi in giro! Te l’hanno regalato?-
La ragazza fece appena un sorrisetto –Mh, sì, diciamo che è un regalo...-
Sam tremò di rancore.
-Allora chiunque te lo abbia regalato deve aver speso un capitale! Costa tantissimo- concluse Hugh, lasciando andare la mano di Kyda, la quale lanciò un’ulteriore occhiatina tagliente Sam,  bofonchiando  -Mpf, costosissimo eh?-
Lui non commentò nulla.
Infine, i due ragazzi fecero per uscire dal negozio, ma Hugh richiamò ancora un attimo Kyda.
-Ascoltami, io, ecco...Voglio dire, con domani sono passati due anni e...- sussurrò con voce flebile, mentre la sua espressione si faceva grave.
-Sì, lo so. Ho capito quello che intendi dire, ti ringrazio- lo interruppe giovane, gelida. Dopodiché uscì velocemente, come se l’aria che c’era dentro si fosse fatta improvvisamente soffocante. Sam la seguì, ma non si azzardò a farle alcun tipo di domanda.

Quando ritornarono in biblioteca (gli zaini erano ancora al loro posto) i due ragazzi avevano ancora quaranta minuti di tempo per incominciare a fare qualcosa, o meglio, Sam aveva del tempo per incominciare. Infatti Kyda sosteneva che lei avesse già fatto la sua parte, scegliendo assieme a lui il tema, la tecnica e avendo comprato i materiali. In più, aveva aggiunto che il ragazzo se la cavava molto meglio a disegnare rispetto a lei.
Ed ora erano lì al tavolo, con Sam che disegnava, infastidito non poco per l’atteggiamento della giovane, e con la suddetta giovane che se ne stava seduta a smanettare con il cellulare.
Sam non sapeva spiegarsi il perché fosse così irritato dal comportamento di Kyda, in fondo doveva aspettarselo considerato che persona era, ma la verità stava nel fatto che si era un po’ illuso vedendo quell’insperato coinvolgimento che la ragazza aveva avuto fino a poco prima. Ma adesso sembrava sparito e Kyda non faceva altro che tenere lo sguardo fisso sul cellulare, esattamente come Amber.
Il ragazzo stava giusto disegnando la persona alla finestra  pensando a tutto ciò, quand’ecco che udì la voce della giovane.
-Secondo me dovresti fargli una gamba ciondolante...-
Sam alzò lo sguardo su Kyda, che per un attimo aveva posato il telefono sul tavolo.
-In che senso?- domandò.
-Nel senso che non dovresti farlo con tutte e due le gambe rannicchiate, ma una lasciargliela ciondolare, da più l’idea che sia perso nei suoi pensieri, disinteressato a quello che gli sta succedendo intorno...Ti faccio vedere- prese la propria sedia e la andò a posizionare di fianco a Sam, dopodiché si sedette e prese la matita bianca.
-Ecco, così- disse, quando ebbe finito.
Sam, nel vedere il risultato, rimase molto stupito. Kyda aveva realizzato la gamba della persona perfettamente, quasi meglio di lui, e in più l’osservazione che aveva fatto era di una sottigliezza disarmante.
Annuì, approvando l’idea di Kyda e riprese a disegnare, ma ora con meno spensieratezza e molta meno tranquillità, in quanto la ragazza non accennava a tornare seduta dov’era prima, ma era rimasta lì di fianco a lui, ad osservarlo mentre disegnava. Sam detestava quando qualcuno lo guardava disegnare, ma per quella volta dovette fare un’eccezione e dimenticarsi della presenza di Kyda.
Per il resto del tempo, la giovane rimase lì, a smanettare con il cellulare e talvolta ad abbozzare qualcosa nel cartellone. Fino a quando ad un certo punto disse –Manca un quarto alle sette. Devo andare- prese in spalla lo zaino e si alzò.
-D’accordo. Ci...ci vediamo domani quindi?- chiese Sam, interrompendo il suo lavoro.
-No, non posso, ho un impegno- ribatté lei dura –Ci vediamo dopodomani-
-Dopodomani però non posso io!- esclamò il ragazzo, con un sorriso sospetto.
Kyda lo guardò obliquo, in quanto non poteva sapere che Sam quel giorno si sarebbe incontrato con suo padre, dopo tantissimo tempo, per andare a vedere una partita di Basket fuori città.  Il giovane non stava più nella pelle dall’emozione  ed era da giorni che faceva il conto alla rovescia sul calendario. Ora  finalmente la tanto ambita data si stava avvicinando.
-Allora questo è un problema perché il giorno ancora dopo dobbiamo consegnare ‘sto cavolo di cartellone-
-Se vuoi...Lo posso finire io. Dopotutto non mi manca poi molto e domani ho tutto il tempo di finirlo- si offrì Sam. Tra l’altro, il lavoro l’aveva fatto praticamente tutto lui, quindi tanto valeva completare l’opera.
-Ah beh, perfetto- Kyda prese la matita bianca e sull’angolo destro in basso del cartellone fece una piccola firma –Poi falla anche tu- concluse e si allontanò, come al solito senza salutare.
Sam emise un sospiro di sollievo e fece per chinare il capo di nuovo sul cartellone, ma la voce della ragazza lo richiamò.
-Comunque Nuovo, una cosa te la concedo- disse lei, mentre gli dava le spalle, con una mano sulla maniglia della porta -Per il disegno, hai del talento. Su questo non c’è dubbio- ed uscì senza aspettare risposta.
Sam rimase a guardare la porta ormai chiusa, stupefatto, e, suo malgrado, un lieve sorriso apparve sul suo volto.

  
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