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Autore: The_Grace_of_Undomiel    04/08/2014    2 recensioni
Sam è un ragazzo di sedici anni mezzo, che si è appena trasferito in una nuova città.
A causa del suo carattere un po' timido ed insicuro, il giovane non si era mai sentito accettato dai precedenti compagni di classe ed era spesso deriso o emarginato. In conseguenza a ciò, Sam vede nel trasferimento un'opportunità per incominciare una vita migliore della precedente ed è molto ansioso, oltre che timoroso, di iniziare la nuova scuola. Purtroppo però, le cose si mettono subito molto male per il ragazzo, diventando sin dal primo giorno il bersaglio dei più temuti bulli di tutto l'istituto, I Dark, e da quel momento in poi, la vita per lui diventa il suo incubo personale.
Ma col passare del tempo, imparerà che a volte non bisogna soffermarsi solo sulle apparenze e le che le cose, a volte, possono prendere una piega del tutto inaspettata...
Dal testo: "I Dark si stavano avvicinando sempre di più, ormai solo pochi metri li separavano da Sam e Daniel. Avanzavano uno vicino all’altro, formando una sorta di muraglia, tenendo al di fuori tutto quello che c’era dietro di loro"
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Calda. Solo così poteva essere definita quella giornata. Afosa, secca e soffocante. Mentre attendeva Kyda nel posto prestabilito, Sam realizzò che quella città doveva essere contraddistinta da continui sbalzi di clima.  Per forza. Fino al giorno prima vi era la nebbia che si innalzava dai marciapiedi e le persone andavano vestite con jeans lunghi e giacca, invece ora sembrava esplosa l’estate e la maggior parte della gente indossava T-shirt e pantaloncini corti.
Da quando era arrivato in quella città, ne aveva viste di tutti i colori: giornate di pioggia, susseguite da alcune di sole, seguite a loro volta da grandinate e per finire anche la nebbia. Bastava solo che nevicasse e Roxvuld avrebbe senza dubbio battuto ogni record per “incoerenza climatica”.
Il ragazzo cercò di ripararsi dai raggi del sole, andandosi a mettere sotto l’alberello al centro della minuta aiuola, calpestando ignobilmente così quest’ultima. Ma ne ricavò ben poco refrigerio, visto che la pianta era talmente rinsecchita e striminzita che non avrebbe fatto ombra nemmeno ad una formica.
Sam si spostò da lì, esasperato. Forse non era stato un buon piano decidere di vedersi per le quattro, faceva troppo caldo! Inoltre, era ormai da dieci minuti che stava aspettando Kyda sotto quel sole inspiegabilmente cocente e stava iniziando a dare di matto. A pensarci bene, visto che aveva capito da tempo che la giovane tendeva ad arrivare sempre con un quarto d’ora di ritardo, avrebbe potuto anche aspettare in casa e poi uscire dopo, visto che il punto d’incontro non era poi così lontano da dove abitava lui.
Guardò dritto davanti a se, nella speranza di scorgere Kyda in fondo alla strada, ma di lei non vi era traccia. Fece per valutare l’idea di rientrare un attimo a casa, quand’ecco che se la ritrovò alle spalle.
Indossava una semplice maglietta maniche corte nera, un paio di pantaloni larghi e il cappello da baseball calato fin sugli occhi. Sotto braccio teneva lo skateboard.
-Che combini, Nuovo? Te la svigni?- domandò lei, pungente come il suo solito.
-No, non me la sto svignando. Stavo solo ponderando di ritornarmene un attimo in casa al fresco...- sospirò il giovane.
-Ecco, per l’appunto, te la stavi svignando. In ogni modo, bando alle ciance e dimmi il motivo per cui mi sono dovuta trascinare da Corso Green fino a qui- disse Kyda, concreta.
-Sì sì, te lo spiego subito!- esclamò Sam -L’altra volta, come tu ben sai, per rappresentare la noia abbiamo semplicemente elencato le cose che più ci annoiavano e tramite quello siamo infine riusciti a trovare un punto d’incontro. Ma con l’emozione che dobbiamo rappresentare il tutto si è fatto più complicato e ho pensato che fare un altro elenco non ci sarebbe servito a molto e quindi...-
-Vai un po’ al dunque che mi sto liquefacendo- sbottò la giovane, sventolando il cappello per farsi aria.
-Okay, per farla breve, proveremo a vicenda le cose che più ci divertono- concluse l’altro, annuendo compiaciuto.
Avuta l’informazione, la ragazza incrociò le braccia con disappunto –Ma che ideona! E di un po’, dove sta la grande differenza con quello che abbiamo fatto prima? Alla fine facciamo la stessa cosa dell’altra volta, ovvero un elenco, però a voce- constatò scocciata.
-No, non è proprio così...- la corresse -Noi non ci limiteremo a fare un elenco, ma proveremo direttamente, sempre se ti va, ovvio.  Perché non credo che in questo caso basti dirsi le cose che facciamo per trovarle divertenti, perciò dovremo direttamente farle e quella che divertirà entrambi la raffigureremo. Anche se non so ancora come...-
Kyda ci rifletté un attimo su, poi rispose -Ah, ho capito. Rimango dell’opinione che non sia poi così un piano illuminante, ma è sempre meglio di niente-
Sam tirò un impercettibile sospiro di sollievo. Era riuscito a convincerla, il che pareva già un progresso.
-Quindi... ci stai?- domandò, porgendo la mano verso la ragazza.
Ella la guardò ancora un attimo dubbiosa, poi esclamò d’un tratto –Frena, frena! Questa volta hai deciso tu come agire e mi va anche bene, tuttavia ho una condizione-
-Cioè...?- chiese Sam sorpreso quanto irrequieto. Da quella ragazza poteva aspettarsi di tutto, mica aveva dimenticato a quale gruppo apparteneva.
-Cioè, l’altro dovrà accettare incondizionatamente ciò che gli verrà proposto. E non si potrà tirare indietro. Chiaro?- espose la giovane, avvicinando la mano a quella di Sam, tuttavia senza nemmeno sfiorarla.
Lui rifletté qualche istante, infine strinse la mano di Kyda, deciso.
-Affare fatto- annuì. Non poteva tirarsi indietro, perciò non aveva altra scelta che accettare le condizioni impostegli.
Kyda si affrettò ad allontanare la propria mano, come se quel contatto la infastidisse, poi si incamminò, seguita da Sam.
-Molto bene, siamo giunti ad un accordo. Ora, non ci resta che mettere in pratica, anche se al dire il vero sarà un imprese ardua. Non hai l’aria di uno che sa divertirsi, Nuovo- commentò la ragazza.
Sam sorrise amaro -Mpf, ma da che pulpito...- bofonchiò sottovoce.
-Hai detto qualcosa?- chiese lei, squadrandolo.
Il ragazzo negò prontamente.
Camminarono per un po’ in silenzio, allontanandosi dalla fornace che si era rivelata essere Via Arrow, finché non arrivarono in prossimità del centro.
-Molto bene Wild. Dato che l’idea è stata tua, lascio a te l’onore di scegliere la prima attività da affibbiarmi- esordì Kyda, con il livello di entusiasmo pari allo zero.
Ecco, lo sapeva che la giovane gli avrebbe detto una cosa del genere, solo che la situazione era più difficile del previsto. Cosa proporre? Al momento non gli veniva in mente nulla di opportuno. Sam ci ragionò su. Forse per iniziare doveva partire dalle cose semplici, poi di sicuro avrebbe escogitato qualcosa di più decente, o almeno quello era il suo piano.
-Prendiamoci un gelato- suggerì infine.
-Un gelato- ripeté lei, apatica, poi inarcò un sopracciglio –Stai scherzando, vero? Questa sarebbe la tua massima aspirazione di divertimento?-
-Beh ecco, è la prima cosa a cui ho pensato...- mormorò il giovane, un po’ imbarazzato.
Kyda, accortasi della reazione del ragazzo, affermò, scrollando le spalle –Non ti angustiare Nuovo, hai detto di peggio. Avevi già toccato il fondo con la storia che ti annoi mentre aspetti il pranzo. Perciò, vada per il gelato-
Tsk, eccola lì che spruzzava veleno. Quella giovane alternava momenti, assai rari, di accennata comprensione a frasi e considerazioni velenose o sarcastiche.
-Oh beh, perfetto allora!- esclamò Sam –Conosco una gelateria qui nei dintorni che fa un gelato eccellente. Ha una vastissima scelta-
-Come ti pare, sei tu che decidi ora-commentò Kyda, indifferente.
Proseguirono addentrandosi nella zona in cui vi erano tutti i negozi più frequentati o famosi. Ognuno di questi era affollato all’inverosimile, in particolare  quel giorno più del solito, poiché era il periodo dei saldi.
Finalmente i due ragazzi giunsero nella gelateria. Sam ormai andava solo lì, gliela aveva fatta scoprire Daniel. Il gelataio era gentile, c’erano moltissimi gusti a disposizione e il gelato in se era di ottima qualità.
-È da un po’ che non entro in una gelateria...- constatò Kyda, una volta dentro.
-Cioè tu non ti sei più presa un gelato!?- esclamò Sam, non riuscendo a mascherare il suo sconcerto.
-No- replicò la ragazza, poi aggiunse -Mi pare una cosa così infantile...-
L’altro sbarrò gli occhi –Ma il gelato non ha età-
In quel momento l’arrivo del gelataio interruppe la conversazione. Sam lo guardò confuso, non era quello che c’era di solito, questo era un tipetto basso, con un naso enorme e un improbabile ciuffo castano che gli cadeva sull’occhio sinistro. Inoltre, aveva una strana espressione, sembrava che avesse appena bevuto.
-Allora ragazzi! Cosa vi do!?- chiese l’uomo, facendo l’occhiolino.
-Che gusti avete?- s’informò il giovane.
Il gelataio iniziò ad elencare un infinità di gusti, rivolgendosi principalmente al ragazzo, tuttavia lanciando di tanto in tanto qualche occhiatina a Kyda, cosa che non sfuggì all’occhio attento di Sam.
-Che gusto è questo?- s’intromise d’un tratto la ragazza, indicandone uno dal colore nero.
Il ragazzo la guardò basito. Pure il gelato! Da non credere.
-Oh quello? Quello è al sapore di carbone!- replicò il tizio, facendo lo splendido.
Kyda gli indirizzò un’occhiata infastidita, poi rispose -Parlavo sul serio-
-Oh oh, mi hai beccato!- esclamò l’uomo, teatralmente dispiaciuto –Sei proprio una tipa attenta, eh tu?- proseguì sorridendo sbilenco e togliendo il cappello alla ragazza, per poi ricacciarglielo in testa.
Sam vide Kyda stringere i denti e serrare i pugni, evidentemente come modo per carcare di contenersi e di reprimere il nervoso. Capì che doveva averla molto infastidita il fatto che quello le avesse tolto il copricapo.
-Quindi di che gusto si tratta?- continuò la giovane, impassibile.
L’uomo le rispose che si trattava di liquirizia, facendole nuovamente un occhiolino. A quel punto Kyda gli disse che voleva un cono unicamente di quello.
-Ma come lei desidera- ridacchiò il tipo eseguendo l’ordine –Però perché non prendi anche un altro gusto, magari dai colori più accesi, come la fragola-
-Prendo solo quello- ribatté Kyda apatica.
-Ah, ho capito. Vuoi coordinarti con il gelato, eh?- sogghignò, dopodiché porse il cono a Kyda e si appostò alla cassa. La giovane fece per tendergli le banconote, ma lui esclamò  -Ehy ehy, un momento! Non lasci offrire al tuo fidanzatino?-
Sam, che fino a quel momento aveva atteso il suo turno spazientito, si voltò verso il gelataio e lo guardò sbalordito. Ma quante baggianate stava dicendo in meno di cinque minuti?
Anche Kyda guardò basita quel tizio, poi replicò tagliente -Quanto le devo?-
L’uomo osservò i due giovani e sghignazzò, poi  chiese alla ragazza una cifra spropositata, con evidente intenzione di prenderla in giro.
Lei ignorò quella sottospecie di scherzo e buttò in malo modo delle monete sul bancone.
Il gelataio continuò a fare battute pessime anche mentre era intento a servire Sam e non faceva altro che ammiccare. Il ragazzo si chiese se quel tipo non avesse un tic all’occhio.
Alla fine i ragazzi poterono finalmente “fuggire” da quel posto e l’uomo concluse in bellezza salutando Kyda con un “ciao Bella”.
Una volta fuori, la giovane esclamò, fulminando Sam con lo sguardo -Ma in che cazzo di gelateria mi hai portato, Wild!?-
-Guarda che oggi è la prima volta che succede una cosa simile, te lo assicuro!- si difese lui –Quel tipo non lo avevo mai visto prima, deve essere una new entry!-
Continuarono a camminare in silenzio, lasciandosi guidare dalla folla, quando Sam, nel ripensare alla scena, non poté fare a meno di ridacchiare.
-Che hai da ridere?- domandò Kyda guardandolo torva.
-Niente, niente...Stavo solo pensando che potremmo rappresentare il gelataio nel nostro cartellone- scherzò il giovane. Stava davvero scherzando con Kyda? Quello sì che era un evento che sarebbe passato alla storia.
-Contaci- replicò lei con sarcasmo –Il cartellone prevede il rappresentare qualcosa che diverta entrambi e io non mi sono affatto divertita, nel caso tu non te ne fossi accorto. In ogni modo, ora tocca a me scegliere...- constatò.
La giovane rifletté qualche istante, poi lanciò un’occhiatina accompagnata da un sorrisetto sarcastico a Sam, il quale la guardò a sua volta nervoso.
-Penso di aver trovato...- sogghignò la ragazza.

-Kyda, non mi sembra proprio una buona idea, anzi, non mi sembra affatto una buona idea!- esclamò il ragazzo, agitato.
-Abbiamo fatto un patto, quindi zitto. Mi pare che io abbia eseguito quello che tu hai proposto, no?-
-Sì, ma un conto è prendere un gelato, un conto è rischiare la vita!- continuò Sam, nella speranza di farle cambiare idea, ma senza un gran successo.
Si trovavano alla Ramp Coast. Da quando erano entrati, il ragazzo non aveva fatto altro che guardarsi attorno in preda all’ansia, deglutendo alla vista di ogni rampa che gli si presentava davanti. Era un posto incredibilmente grande, pieno di piattaforme dagli svariati colori, i quali, secondo il dettagliato depliant che Sam aveva preso all’entrata, stavano ad indicare i livelli di difficoltà. La più temuta era quella rossa, denominata la Rampa Assassina, che si ergeva al centro di quel luogo. Tremendamente alta, spaventosamente ripida e incredibilmente stretta.
Il piano di Kyda era ormai più che evidente: fargli provare qualche rampa con lo skateboard.
-Ma che rischiare la vita!- sbottò la ragazza -Ti faccio solo vedere qual è il vero divertimento e che cosa vuol dire sentire l’adrenalina alle stelle. Seguimi- gli ordinò, facendo strada.
Il giovane sospirò demoralizzato ed ubbidì. Si sarebbe ammazzato, quello era poco ma sicuro. Lui tra un po’ non sapeva neanche che cos’era uno skateboard, figurarsi scendere da un rampa! Se il piano di Kyda era farlo fuori, in quel modo sarebbe sicuramente riuscita nel suo intento.
Arrivarono vicino ad una specie di piccola struttura, davanti alla quale vi erano in fila una moltitudine di ragazzi e ragazze.
-Ascoltami bene, lì puoi affittare tutto ciò che ti occorre, come lo skateboard, il casco ecc...Come vedi io il mio ce l’ho già, perciò ti aspetterò qui- illustrò la giovane.
-D’accordo- sospirò Sam senza un briciolo di motivazione –Ma tu il casco, le ginocchiere e tutto il resto non li prendi?-
Kyda scrollò le spalle –Io non ne ho bisogno- affermò con sicurezza.
E così il ragazzo si mise in fila. Non si sentiva per niente a suo agio, sia per via di quello che gli sarebbe toccato fare, sia per via delle occhiate derisorie che tutti gli skater nei paraggi continuavano a lanciargli. Probabilmente avevano capito che quella era la prima volta che provava e si divertivano a commentare e a sghignazzargli alle spalle. Persino il tizio che dava in affitto l’occorrente lo aveva guardato con uno strana espressione e con un sorrisetto di compatimento sulle labbra.
Infine, Sam ritornò dalla giovane. Si infilò il casco, le ginocchiere e i paragomiti e studiò attentamente lo skateboard che gli avevano affibbiato, constatando che questo aveva un ruota un po’ sgangherata. Già immaginava come avrebbero detto i manifesti “Ragazzo di sedici anni e mezzo si spiaccica su una rampa”. Che brutta fine.
-Oh ce l’hai fatta- disse Kyda -Forza, andiamo dalla rampa rossa-
Sam non credette alle proprie orecchie e la guardò sconcertato –Non mi dirai che vuoi farmi iniziare con quella, spero!-
-Mpf, no di certo. Quella la farò io. È solo per darti una dimostrazione- replicò la ragazza, incamminandosi.
In breve tempo, lei fu in cima alla rampa, mentre Sam giù a guardare. Non era lui ad essere là sopra, eppure sentiva il cuore battergli all’impazzata. Sapeva che Kyda era una skater provetta, ma nonostante questo era un po’ timoroso.
La giovane attese qualche istante e, preso un respiro, si lanciò. Sfrecciò a tutta velocità, senza mai accennare una perdita di equilibro e facendo anche qualche piccola evoluzione. Infine, arrivò in fondo e, con un abile mossa, riprese lo skateboard sotto braccio e si avvicinò a Sam. Quest’ultimo era rimasto senza parole.
-Vedi, non è poi così difficile. Ora vieni con me-
Lo condusse fino ad un rampa verde, la più piccola di tutte, ma che al ragazzo pareva fin troppo grande.
-Kyda, io ti ripeto che secondo me è una pessima idea!- esclamò il giovane per l’ennesima volta, guardando diffidente dal bordo.
-Piantala di lagnarti e buttati- tagliò corto lei, che gli era dietro.
Sam si voltò verso la ragazza, sbarrando gli occhi –Ma come? Non mi spieghi per bene tutto ciò che devo fare?-
-Io sono per l’esperienza sul campo- e detto chiesto gli diede una spinta.
E così Sam partì a rotta di collo. Per tutto il tempo tenne gli occhi serrati, mentre sentiva l’aria sferzargli il viso a causa della velocità. Si decise poi a guardare e si rese conto che era praticamente arrivato in fondo. Si sentì già più tranquillo, constatando che forse non era ancora giunta la sua ora. Purtroppo però, non essendo per niente pratico, non riuscì a frenare in tempo e incespicò contro uno skater che era poco più in là. 
Questi si voltò imbufalito verso Sam, che era riuscito a non ruzzolare a terra, e lo afferrò per il bavero della maglia.
-Ehy tu, che cazzo credevi di fare, eh? Mi sei venuto addosso- grugnì, con gli occhi fiammeggianti.
-Scusa, non l’ho fatto apposta, non sono riuscito a frenare in tempo- si affrettò il giovane, cercando di sfuggire dalla sua presa, ma l’energumeno lo strattonò più forte.
-Me ne sbatto delle tue giustificazioni, adesso ti faccio vedere io...- ribatté quello, preparando già un pugno da infiggerli, ma qualcuno gli fermò la mano.
-Datti un po’ una calmata- disse la voce di Kyda, perentoria.
A quell’ammonimento, il tipo lasciò andare in malo modo Sam e si voltò guardare la ragazza con espressione minacciosa.
-Come, scusa?- esclamò lui, con i nervi a fior di pelle.
-Ho detto che devi darti una calmata- ribadì la ragazza, impassibile.
Proprio in quel momento, arrivarono gli amici di quel tizio che, vista la tensione creatasi, si affrettarono a chiedere aggiornamenti:
-Ohi Brian, che succede qui?- domandarono con un sorriso idiota.
-Questa qua mi sta facendo la predica...Dice che devo “calmarmi”- spiegò con un ghigno strafottente.
Gli amici scoppiarono in una risata demente e lo incitarono a farle capire chi comandasse.
Sam nel frattempo assisteva alla scena confuso. Non riusciva a comprendere il perché Kyda si fosse intromessa in quel modo, quando lei stessa era parte del gruppo che non faceva altro che perseguitarlo. Quella giovane era la contraddizione fatta persona.
 -Molto bene. Sappi che non me ne frega niente se sei una ragazza, io non risparmio nessuno. Ti sei messa in mezzo, perciò ora te la faccio pagare- Brian fece per tirarle un pugno, ma lei gli fermò nuovamente la mano la mano a mezz’aria. Gli strinse il polso con forza, bloccandolo. Il ragazzo tentò di mascherare l’espressione di dolore, ma senza grandi risultati.
-Nemmeno io risparmio nessuno...- disse Kyda fredda, iniziando a torcergli lentamente il braccio. Brian emise un gridolino soffocato.
La giovane continuò a storcergli l’arto, mentre l’energumeno cominciava ad abbassarsi per cercare di sopportare il dolore. Ora era praticamente in ginocchio.
-Adesso, tu e la tua combriccola vedete di sparire dalla mia vista, altrimenti vado fino in fondo e, anzi, farò anche di peggio...Sai a cosa mi riferisco- continuò Kyda, con un sorrisetto sarcastico.
Brian annuì, quasi con le lacrime agli occhi, e la ragazza lo lasciò andare. In men che non si dica lui e gli amici si dileguarono.
Sam era rimasto letteralmente con la bocca aperta. Quello che era successo aveva dell’incredibile. Kyda lo aveva appena salvato ed era certo che se Travis fosse mai venuto a saper una cosa del genere, se la sarebbe presa a morte con la ragazza.
Sam fece per ringraziarla, ma lei lo troncò sul nascere, cambiando immediatamente argomento -Allora Wild, come è stata la tua prima rampa?-
-Traumatica! Credevo di rimanerci secco!-
-Ma te la sei cavata piuttosto bene, devo dire- ammise Kyda –Non ti sei nemmeno andato a schiantare e sei riuscito a rimanere per tutta la discesa sopra lo skateboard-
-Sarà, ma io non mi sono divertito per nulla, stavo per avere un infarto!- ribatté Sam, ripensando all’esperienza vissuta.
-In sostanza, deduco che tu non voglia rappresentarlo sul cartellone. Peccato, perché è stato davvero esilarante!- rispose e le scappò un sorriso. Un sorriso vero. Non sarcastico, non sprezzante, non di circostanza. Uno autentico, di quelli che nascono dal cuore.
Sam non l’aveva mai vista sorridere in quel modo e ne rimase stupito, quasi colpito. Purtroppo però, quel luminoso sorriso appena accennato scomparve, lasciando posto alla solita impassibilità.
-Ora tocca a te proporre-
-Okay...ti piace il basket?-

Il sole era ormai in procinto di tramontare e il cielo si era tinto di rosa antico  e oro. L’aria si era fatta meno soffocante, mentre un lieve venticello soffiava.
Il campo da Basket era deserto, quelli che avevano appena finito di giocare erano appoggiati alla rete di recinzione e parlottavano allegri, ancora accaldati.
-Una partita veloce, d’accordo? Sono già le sette...- disse Kyda.
-Si si, non preoccuparti...- rispose Sam, pacato. Non sapeva spiegarsi neppure lui il perché, ma in quel momento si sentiva tranquillo come mai prima di allora e in pace con il mondo. Forse era l’atmosfera di calma che regnava intorno a lui, chissà...
-C’è un problema però, non abbiamo la palla con cui giocare- notò la giovane, posando lo skateboard da una parte.
-Se volete ve lo imprestiamo noi!- esclamò uno di quei ragazzi che avevano appena giocato –Non esiste niente di meglio che assistere ad una partita dopo averne appena fatta una- e lanciò il pallone a Sam, mentre un altro si offrì di tenere i punti. 
Il ragazzo li ringraziò ed entrò in campo insieme a Kyda. Avevano tutto, pure degli spettatori e qualcuno che tenesse il punteggio.
E così la partita iniziò. Sam non ebbe neppure il tempo di capire da che parte fosse girato che la giovane gli rubò il pallone. Lui cercò di partire al contrattacco e di riappropriarsi della palla, ma qualcosa lo bloccò: aveva ancora paura di avvicinarsi a Kyda. Lei era una Dark, lei era il braccio destro di Travis. Bastava un passo falso, un qualcosa che la infastidisse e tutto il gruppo si sarebbe accanito ancora di più contro di lui.
Rimase immobile, con mille pensieri che gli vorticavano in testa. Si destò non appena sentì degli applausi da parte del “pubblico”. Kyda aveva fatto canestro. 
-Tsk, non credevo fosse così facile batterti, Nuovo. Non sai proprio fare di meglio?- disse la ragazza, con il suo solito e inconfondibile pungente sarcasmo.
Bastò quella frase perché Sam si dimenticasse all’istante tutte le paranoie. Non era di indole competitiva, ma se vi era una disciplina in cui lo diventava, quella era la pallacanestro.
Partì all’attacco e, con grande sorpresa di  Kyda, entrò in possesso della palla. Quella che pareva dover essere una semplice partita, divenne un vero e proprio duello. Nessuno dei due demordeva e il match si fece sempre più acceso. La ragazza era davvero molto brava a giocare, ma Sam non si lasciò scoraggiare. Voleva fare canestro a tutti i costi e pareggiare. Infine, con immensa soddisfazione, vi riuscì.
-Se speri di battermi, ti sbagli di grosso!- lo avvertì Kyda, con un sorriso competitivo, e la partita riprese.
-Ohi, questi non scherzano mica!- esclamò uno degli spettatori, iniziando a fare tantissimi scatti con il cellulare.
Sam si divertiva come non mai e vide che pure Kyda pareva fare lo stesso. Desiderò che quella partita non finisse mai.
Alla fine, dopo molti tentativi andati a vuoto, il giovane riuscì a fare il secondo ed ultimo canestro, che determinò la fine dello scontro.
Tutti i ragazzi esultarono e scoppiarono ad applaudire, esaltati come non mai. La partita aveva divertito anche loro. Ed ora, sia il ragazzo che Kyda sapevano che cosa avrebbero rappresentato nel cartellone.
Sam sorrise realizzato, mentre tutti andavano a complimentarsi e a dargli pacche sulle spalle. Non era abituato a tutti quei complimenti e nel riceverli si sentì molto in imbarazzo, quasi a disagio.
Sia lui che Kyda erano stravolti e quei ragazzi offrirono loro delle bottigliette d’acqua. Molti continuarono a complimentarsi con Sam e altri con Kyda, ma ella ringraziava con un semplice cenno del capo e si scostava ogni volta che qualcuno provava a darle qualche pacca sulla spalla.
Ad un certo punto, a Sam venne un’idea illuminante e si fece passare tutte le fotografie che quel ragazzo aveva fatto loro.
Quando furono lontani da quel posto Kyda gli chiese spiegazioni del suo gesto.
-Perché ti sei fatto dare quelle foto?-
-Non ne sono sicuro, ma credo di sapere che tecnica utilizzare per il progetto...- le spiegò Sam, ancora un po’ euforico per la vittoria.
-Vuoi incollarle, dico bene?-
Sam annuì e lei gli chiese di mostrarle le foto sul telefono.
-Molto bene, le teste sono rimaste tagliate. Direi che si può fare- approvò, annuendo.
Il ragazzo le disse che le avrebbe stampate lui, visto che aveva la macchina apposta. Fece per aggiungere qualche altro dettaglio sul cartellone, ma Kyda lo interruppe, fredda, dura e tagliente come mai era stata prima.
-Devo andare-
A quelle parole così glaciali, Sam si voltò a guardarla. Ogni minimo accenno di emozione e allegria che quella giornata pareva aver portato in Kyda si era dissolto, volatilizzato.
Il volto di lei era così cupo e così lugubre che il ragazzo quasi se ne spaventò. Gli occhi circondati di matita nera della giovane non trasmettevano di nuovo nulla. Erano spenti, vuoti.
Era di nuovo la Kyda che aveva conosciuto la prima volta.
Sam rimase completamente destabilizzato. Perché all’improvviso era ritornata così?
-Beh, ci si vede- concluse la giovane e ripartì a gran velocità sull'inseparabile skateboard.
Sam rimase sul marciapiede, solo e immobile, finché lei non scomparve dalla sua vista.








 
  
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