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Autore: Gilmore girls    06/08/2014    0 recensioni
Com’era possibile che la vita di una persona potesse cambiare in così poco tempo? Era questo il dubbio che divorava Pauline, una quindicenne dal ciuffo ribelle e gli occhi azzurri come il mare. E se, dei mesi prima, non avesse trovato quel portale? E tutte le persone che esso racchiudeva? No, sarebbe stata una pazzia. Era scritto nel suo destino. Pauline doveva scoprirlo, aveva il diritto di sapere la verità. Ma forse, la ragazza aveva scoperto troppo, troppo a proposito di quel portale che poteva portarla indietro nel tempo…in un’epoca passata. Pauline continuava a fuggire, era braccata da quel gruppo di uomini, in compagnia del suo migliore amico, Jonah. Ma per quanto tempo poteva continuare a farlo? E soprattutto, com’era arrivata fin lì?
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Cara Pauline,
credo che in questa lettera ci sia scritto tutto ciò che il giorno della partenza non ho avuto il coraggio di dirti. Oltre le solite raccomandazioni, volevo innanzitutto dirti che ci mancherai molto. Christine già mi chiede quando tornerai e io mi limito a risponderle ‘presto’. E non è l’unica! Anche la signora Gray, stamane mi ha chiesto di te. Insomma, ci manchi tantissimo, qui. Greedy mi ha chiesto di preparargli i biscotti alle mandorle, che, inevitabilmente, mi hanno fatto ricordare te. Ora sono in forno. Sono anche andata in camera tua e ho deciso di rimanere tutto così com’è, per quando tornerai nelle vacanze di Natale. Ho avuto una lettera da parte di tuo padre, che mi ha chiesto come andavano le cose. Ti avevo detto di avvisarlo della tua partenza, ma, a quanto pare,non lo hai fatto! Quindi appena hai un po’ di tempo ti prego di inviargli una lettera. Allora, ti trovi bene lì? Le materie ti piacciono? La scuola com’è? Hai già trovato nuovi amici? E si mangia bene? Forse ho un po’ esagerato con le domande, ma voglio sapere tutto! Katy ti saluta e mi dice di scriverti che le manchi tantissimo. Ora però devo andare proprio a vedere cosa vuole Carl, che urla come un forsennato da mezz’ora. Un bacio enorme e sono orgogliosa di te!
Tua, signora Gomez.


-Cos’è? - chiese Jonah, avvicinandosi a Pauline nel cortile.
-Una lettera. Me la manda la signora Gomez. -
-E chi è? -
-La signora che mi ha accudito fin da piccola. Sono cresciuta nel suo orfanotrofio. -
-Oh, scusa non sapevo che i tuoi genitori non ci fossero più.-
-In realtà mia madre è morta in un incendio quando avevo un anno. Mio padre, invece, viaggia per il mondo, ma, per me, è come se non esistesse. Non lo vedo da otto anni circa. - Pauline assunse un tono di voce aspro – E, a dirla tutta, non mi manca per niente. Non lo conosco nemmeno. Vuoi leggere? - Pauline porse a Jonah il foglio della lettera.
-Chi è Christine? E la signora Gray e Carl?-
-Carl e Christine sono due bambini che vivono nell’orfanotrofio della signora Gomez. La signora Gray era la mia vicina di casa. -
-E Katy? -
-La mia migliore amica. - Pauline sorrise. Katy le mancava tantissimo. Avevano trascorso l’infanzia insieme. Per lei era come una sorella. Trascorrevano le giornate sotto la quercia, vicino casa,a giocare con le pietre o cantare canzoni inventate da loro. Improvvisamente, suonò la campanella e i due furono costretti a tornare in classe.
Durante la lezione della professoressa Jorkins, solo Pauline e un altro ragazzo ascoltavano. Jonah stava pensando a ciò che gli aveva detto e non poteva crederci. L’aveva fatto con una tale naturalezza, come se non fosse affatto un argomento delicato.
- Mc Dipper, sta per caso guardando nel vuoto? - miss Jorkins interruppe bruscamente i suoi pensieri.
-Ehm, no…miss Jorkins. - disse Jonah, con l’aria di chi si era appena svegliato.
-Bene, allora potrai dirmi di che cosa abbiamo parlato fino ad ora, magari!-
-Ehm, si, forse…- Jonah balbettava, mentre sfogliava il libro in cerca di qualcosa da dire
. -Come razionalizza…-Pauline tentò di suggerire, ma la professoressa Jorkins esclamò –Mc Dipper, in punizione- e prima di uscire dall’aula aggiunse –Carter, anche tu…così impari a non proferire parola quando non è richiesta. -
Uscirono tutti dall’aula, e Pauline, un po’ seccata per la punizione che non si era meritata, si recò alla lezione di storia e filosofia, del professor Dale Baffardel, stavolta, senza Jonah. Le due ore restanti le sembrarono le più lunghe della sua vita e a differenza delle altre materie non prese appunti. Non era da lei tutto ciò. Aveva sempre studiato tantissimo, comprese le nozioni dei professori, che spesso non trovava sui libri. A dir la verità si sorprese per il suo comportamento così superficiale e probabilmente, pensò, Jonah la stava influenzando. Aveva perfino preso la sua prima punizione! D’un tratto suonò la campanella, che interruppe la voce pesante e impastata del professor Baffardel. Pauline si sentì sollevata e convenne che sarebbe stato meglio andare prima in biblioteca, per prendere un libro e poi in mensa. Si diresse al piano di sopra, in un lungo corridoio ornato da carta da parati e dei piccoli quadri che erano straordinariamente diritti e in ordine. Dopo aver varcato la soglia della biblioteca, Pauline aspirò quel profumo di inchiostro e di carta, che la attirava in maniera del tutto impressionante. Si diresse a uno degli scaffali e prese il libro di letteratura che desiderava, per fare un approfondimento sulla lezione della professoressa Jeffrey. Di nuovo sentì il profumo di prima, e fu attirata da un libro dello scaffale opposto; stava per prenderlo, quando una voce le tuonò alle spalle – Signorina, la biblioteca sta per chiudere e riaprirà alle due e mezza. Se vuole farmi il piacere di accomodarsi fuori! - era Marietta, la guardiana della biblioteca e la sua voce acuta e gracchiante fece subito andar via tutti i ragazzi nelle circostanze e Pauline, mettendosi il libro in borsa, li imitò. Non era riuscita a prendere quell’altro e pensò che sarebbe ritornata più tardi.
-Ehi, Pauline! Come mai non sei venuta a pranzare? - disse Jonah, correndo verso di lei.
-Ero andata a prendere un libro. Ora ci vado…- rispose Pauline, con un vuoto allo stomaco per la fame.
-Mi dispiace per te ma la mensa è stata appena chiusa! C’è stato un gran trambusto. Dicono che la cuoca non badi molto all’igiene. Sono venuti dei giornalisti e la stavano intervistando! -
-Cosa? Ma io ho fame! - Pauline aveva sgranato gli occhi.
-Non vedendoti arrivare ti ho preso un panino al prosciutto e formaggio! Ti dovrai accontentare… cosi impari a mettere al primo posto i libri e poi la fame! – disse Jonah e a Pauline ricordò molto miss Jorkins, quando le aveva dato la punizione.
-Grazie mille! Prometto che la prossima volta mangerò prima e poi penserò ai libri! - esclamò Pauline, ridendo. I due si recarono nell’aula delle punizioni. C’erano circa dieci banchi, un sacco di cartacce sul pavimento e sulla porta c’era affisso un cartello con su scritte alcune regole da rispettare, ma non sembrava che gli studenti dentro ci avessero badato tanto. Pauline, dopo essersi seduta, con Jonah, in uno dei banchi rimasti liberi, non sapeva cosa si facesse esattamente in un pomeriggio di punizione,ma subito il professore alla cattedra,dopo essersi assicurato che erano tutti presenti,le chiarì le idee.
-Allora, ragazzi, esigo massimo silenzio per le restanti tre ore. Potete leggere, fare i compiti o altre cose del genere. L’importante è mantenere il silenzio. - disse, con massima serietà. -Ora non ci sarà più bisogno di parlare! -Sussurrò Jonah, come per fare un’imitazione del professore e ci riuscì benissimo. Quella fu proprio l’ultima frase che pronunciò. Pauline decise di iniziare i compiti per il giorno dopo e così fece. Dopo gli esercizi algebrici passò al tema di letteratura e infine ad una traduzione in francese. Si accorse che gli studenti che le sedevano intorno facevano tutt’altro che mantenere il silenzio, compreso Jonah che si giustificò dicendo –Siamo già in punizione! Non potrà punirci di nuovo…- ed effettivamente aveva ragione perché il professore si limitava solo ad alzare lo sguardo, disperato. Pauline, che oramai aveva finito tutti i compiti per il giorno dopo, cominciò a leggere il libro che aveva preso in biblioteca qualche ora prima e Jonah le chiese se poteva dare un’ ‘’occhiata’’ al suo tema,per prendere ispirazione. Erano ormai le cinque e la campanella suonò. Pauline e Jonah, data la bella giornata, decisero di andare nel parco e si appostarono sotto una quercia, dove l’una finì di leggere il suo libro e l’altro finì i suoi compiti. Il sole era ancora alto nel cielo e la sua luce traspariva tra le foglie un po’ ingiallite del maestoso albero. Si avvertiva una leggera brezza sulla pelle, come a presagire l’imminente inverno, ma era piacevole starsene seduti sull’erba umida, con il solo suono del cinguettio degli uccelli.
-Non hai mai provato a cercarlo? -disse Jonah, posando la penna sul quaderno.
-Scusa? - Pauline aveva appena alzato lo sguardo da una delle ultime pagine.
-Intendo tuo padre…scusa se riapro l’argomento. -
-No, non preoccuparti. Effettivamente si, ci ho provato. -All’età di dodici anni facevo domande alle persone che avrebbero potuto conoscerlo, compresa la signora Gomez, che però si limitava a dire ciò che mi aveva sempre detto…-
-Ovvero? -
-Che era in giro per il mondo, era una specie di giornalista o esploratore. Di me non se n’è mai importato nulla. Perché dovrei farlo io? - chiuse Pauline, secca.
Jonah non rispose e si limitò a dirle – Sono le sette. Meglio avviarci, che tra un po’ si cena. -
E così, i due si incamminarono verso la scuola. Il vento cominciava ad essere più forte, il sole aveva abbandonato il cielo, lasciando posto alla luna, che somigliava particolarmente ad una falce. Il giardiniere stava iniziando ad innaffiare i prati, andando verso il cancello e tutti i ragazzi stavano rientrando. All’improvviso si udirono delle urla. -TI HO DETTO CHE DEVI SMETTERLA DI RACCONTARE BUGIE! -
-Ma io non sto dicendo bugie! E’ la verità, non so nulla…-
-Ah davvero? Nulla? E per quale motivo non sai nulla? PERCHE’? Ti avevo espressamente chiesto di fornirmi delle informazioni! Di scoprire qualcosa. Cosa credevi? Che standotene con le mani in mano avresti concluso qualcosa? -
-Giuro che riuscirò a trovare qualcosa, al più presto. Te lo prometto! -
Pauline e Jonah si erano messi dietro una colonna per ascoltare e una scena alquanto sbalorditiva si era posta dinnanzi ai loro occhi: una ragazza, che doveva avere la loro età, con lunghi capelli ricci, stava discutendo con una professoressa, miss Jeffrey, che, dopo aver finito di urlare, la scaraventò contro il muro. La ragazza, dal portamento esile, Tremava e alcune lacrime le scendevano sul viso. Pauline le si avvicinò per aiutarla e insieme a Jonah la portarono dentro, nella sala d’ingresso, ormai vuota, dato che tutti i ragazzi erano nella mensa.
-Perché miss Jeffrey urlava in quel modo? Cosa voleva da te? - le chiesero di due, quasi in coro.
-Io…io non so se posso dirvelo…- la ragazza scoppiò a piangere, e abbandonò la sala, correndo verso i dormitori. Pauline stava per andarle dietro, ma si ritrovò davanti la preside.
-Buonasera, signorina Carter… e lei dev’essere Jonah Mc Dipper, giusto? -
-Si, buonasera miss Polkish. - affermò Jonah, insieme a Pauline, che era un po’ in imbarazzo date le circostanze.
-Che cosa ci fate qui? Non dovreste cenare a quest’ora? - domandò miss Polkish, col solito tono di voce pacato.
-Si, infatti stavamo proprio andando alla mensa!- si affrettò a dire Pauline,salutando la preside educatamente e prendendo Jonah per un braccio. Dopo circa dieci minuti, i due ragazzi erano seduti ad un tavolo, con due amici di Jonah, che trovavano Pauline molto simpatica e continuavano a fare battute, in cerca d’attenzione. Stavano raccontando di quella volta in cui avevano fatto uno scherzo ad un’insegnante, ormai andato in pensione, riempiendogli l’ufficio di mostarda. D’un tratto, però, il ragazzo riccioluto, coi capelli biondi cambiò argomento.
-Lo sapete che hanno deciso di mettere gli esami? Ogni anno. -disse,in tono severo. L’altro, dalla pelle molto scura sembrò strozzarsi con una nocciolina.
-Cosa? E’ uno scherzo, vero? - domandò Jonah, come se gli avessero appena annunciato la morte di qualcuno.
-Niente affatto. Gira già da un bel po’ questa voce! Oggi si è avuta la conferma e domani i professori dovrebbero parlarne già.-
Pauline, d’altro canto, non parve né stupita né altro. Stava pensando alla scena a cui avevano assistito poco prima e non riusciva a spiegarsi cosa fosse successo di tanto grave, per scaturire la rabbia di miss Jeffrey in questo modo. Dopo aver finito la sua insalata e aver salutato gli altri, andò nei dormitori femminili, con sempre lo stesso pensiero in mente,ma proprio mentre avanzava nel corridoio, sentì delle voci un po’ troppo alte,come era accaduto qualche ora prima. Provenivano dalla stanza di miss Jeffrey. La ragazza cercò di continuare a camminare, per raggiungere la sua stanza,ma la sua incontrollabile curiosità le fece incollare l’orecchio alla porta. Miss Jeffrey era in lacrime.
-Ci ho provato, davvero! Ho fatto tutto ciò che mi avevi chiesto. Perdonami, Desdemo, ti prego.- disse,mentre le lacrime le inondavano il viso. Non c’era nessun altro nella stanza, per cui ella doveva parlare a telefono,che si trovava sulla parete di fronte alla porta. Poi si udì un gran rumore, che fecero spaventare Pauline, facendola tornare di corsa sui propri passi. Sembrava che la scena si fosse invertita. Dapprima era miss Jeffrey ad urlare contro una ragazza che implorava, ora era la professoressa a supplicare perdono. Ma a chi? Chi c’era dall’altro capo del telefono? Cosa avrebbe dovuto fare quella ragazza? E soprattutto perché? Mentre tutte queste domande si affollavano nella sua testa, Pauline entrò in stanza e si sdraiò sul suo letto. Sull’altro c’era la ragazza che miss Jeffrey aveva aggredito poco prima.
   
 
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