Serie TV > Una mamma per amica
Segui la storia  |       
Autore: Kimberly Heiwa    08/08/2014    3 recensioni
Sono in atto le estenuanti lotte con Logan e Rory si sente persa. Sciolta, vuota dentro l'anima. Ha bisogno di qualcos'altro. Ha bisogno di qualcun altro. Ovunque lei si giri tutto crolla sotto i suoi occhi e le lascia scoperto un muro, una parete alta e impolverata. Una volta pulita, rivela la sua reale bellezza: colori sgargianti ricoprono la sua superficie, i mattoni scoperti permettono di capire da quanti anni è stato costruito, i chiodi testimoniano un tentativo di abbattimento, e poi ci sono i ricordi. Tanti e importanti ricordi, ricordi di tante cose, cose condivise come CD e videocassette, come baci rubati e un amore lasciato in sospeso. Ma il muro è ancora solido, è ancora in piedi. È soltanto stato ricoperto dai detriti che ha portato il tempo. Quando Rory infila la mano in una fessura, scova una piccola chiave. A cosa possa servire non lo sa, ma lo scoprirà presto. Nel momento in cui avrà bisogno le tornerà utile, poiché le permetterà di aprire una porticina con su scritto «Solo in caso di emergenza», dove sarà custodita la foto di una persona nascosta per non soffrire: Jess Mariano. È lui l'unica ancora di salvezza, l'unica via d'uscita.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jess Mariano, Logan Huntzberger, Nuovo personaggio, Rory Gilmore, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 10 – Afraid

 

When I wake up I'm afraid

Somebody else might take my place

(The Neighbourhood, Afraid)

 

La sveglia suona come sempre alle sette e mezza. Oggi, però, Jess è già sveglio da un pezzo.

Gli occhi sono fissi sul soffitto bianco, con qualche crepa qua e là. La muffa si è annidata nell'angolo destro, colpa di un tubo del bagno di quello di sopra. Lui e Charlie erano già andati a lamentarsi e ad incitare il vicino ad aggiustare quel maledetto tubo, ma senza successo. Così, la camera da letto era diventata ancora più umida di prima e, in più, anche il suo aspetto ne aveva risentito per colpa di quella chiazza verdastra.

Il materasso è da cambiare, invece. Di solito, quella che si lamentava di più era Charlie. Era lei che notava le cose che non andavano, era lei che riusciva a trovare il pelo nell'uovo. Charlie era sempre stata estremamente puntigliosa. Non le si poteva nascondere niente.

Jess tornava a casa con il muso lungo? Charlie riusciva a capire quello che era accaduto solamente guardandolo per cinque minuti. Non di più. A Charlie bastavano cinque minuti per risolvere qualsiasi problema. Senza alcun giro di parole, in cinque minuti di orologio aveva già portato a termine ogni cosa, anche la più ardua.

È soprattutto per questo “piccolo” particolare che Jess è preoccupato di svegliarsi, o meglio, di riconoscere di essere sveglio. Perché è passata soltanto una settimana da quando ha rivisto Rory. È passata una settimana, eppure quella stretta allo stomaco permane ancora. In effetti è difficile dimenticare quel bacio al ponte. Per lui non era stata una cosa da niente. Anzi. Quel bacio era stata una scossa elettrica, le sensazioni di benessere e di malessere che gli aveva donato si erano irradiate a tutto il corpo, fondendosi l'una con l'altra. Così erano diventate indelebili, erano diventate un marchio sul suo cuore e nella sua memoria.

Ricorda che in quel momento il suo cuore aveva smesso di battere. Il cervello aveva smesso di pensare. Era come se fosse stato immerso in una bolla, in cui aveva visto tutto passargli davanti lentamente, come al rallentatore.

E adesso, una mattina fredda di inizio dicembre, non sa davvero come fare a nascondere ciò a Charlie.

 

 

«Ehi, da quanto sei sveglio?»

La voce alle sue spalle lo fa girare di scatto.

«Da non molto» risponde, rapidamente.

Charlie si fa più vicina.

Jess deglutisce.

«Da non molto, eh? Cioè da quante ore?» chiede ancora, la mano sulla schiena di Jess.

Come se avesse la pelle incandescente e sensibile al tatto, Jess si ritrae. Charlie gli lancia uno sguardo interrogativo.

«Da non molto, Charlie. Da non molto» ribadisce, monocorde.

«Amore, ti conosco troppo bene. So quando menti e quando dici la verità... quindi, non provare a fregarmi» replica lei, con tono dolce.

Queste ultime parole gli risuonano in testa, lo tormentano. Ti conosco troppo bene. So quando menti e quando dici la verità. Non provare a fregarmi. Deglutisce ancora.

Charlie aspetta un po', paziente. Dopo circa un minuto cerca la sua guancia e gli lascia un bacio sullo zigomo. Jess rimane immobile.

«Quando avrai voglia di parlarmene, sappi che sono qui» gli sussurra in un orecchio.

Le cose stanno peggiorando man mano. In pratica, quando una donna ti dice così, è sottinteso che sei costretto a vuotare il sacco. Si chiede perché Charlie debba essere così maledettamente curiosa. Perché non si può fare gli affari suoi, per una volta? Perché non lo lascia in pace anziché martoriarlo ancora di più? Ma a queste domande segue soltanto un'unica risposta: perché lo ama.

La mano che tiene il cucchiaino colmo di caffè macinato si mette a tremare, e piccoli granelli di caffè sporcano il bordo della caffettiera. Perché non riesce ad amarla tanto quanto lo ama lei?

Il cucchiaino cade per terra. Segue un breve rumore. È sicuro che gli stiano tremando gli occhi dal panico.

 

Charlie, il cui nome completo è Charlotte Nora Keffield, è nata il venti giugno del 1981 a Los Angeles. I suoi genitori, Ben Keffield e Nora Robinson, si sono separati quando Charlie aveva appena quattro anni. Avevano ribadito più volte di essersi lasciati in buoni rapporti, ma nessuno in famiglia ci aveva davvero creduto. Ben e Nora riuscivano a non litigare più solo perché erano lontani l'uno dall'altra, e quindi non erano rimasti per niente in buoni rapporti. Lui, tipografo, non sopportava che la moglie, una modella di giorno e una barista di notte, avesse orari così tanto diversi dai suoi. Questo fatto non era mai stato un mistero in famiglia, ma i litigi si fecero più frequenti quando Ben scoprì tutta la verità. Nora era stata una studentessa d'arte eccellente al liceo, ma non aveva mai portato a termine gli studi universitari. Così, poco prima che Ben le chiedesse di sposarlo, decise di trovarsi un lavoro, un qualunque lavoro, con cui però si poteva trarre un sufficiente guadagno.

Nel maggio del 1975, la giovane Nora incontrò per caso per le vie di Los Angeles un suo vecchio compagno di liceo, il quale si era arricchito con le sue mostre di arte moderna e fotografia tanto da riuscire a fondare una propria scuola d'arte, la “Tyler Hew's Art School”. I due si ripromisero di rimanere in contatto, e così fu: uscirono svariate volte assieme, parteciparono a mostre d'arte contemplando le opere una ad una fumandosi una sigaretta. Tra i due non c'era mai stata attrazione fisica, ma in quel periodo, a questo punto nel giugno del '75, Nora fu sicura di provare attrazione intellettuale nei riguardi di Tyler. Non appena pensava ad un famoso autore, le veniva sempre in mente Tyler, e ogni volta si diceva: “questo potrebbe piacergli”, “lo capirebbe solo lui”, “non vedo l'ora di andare ad una mostra insieme a lui”, e altri pensieri così.

Passarono tre mesi, e finalmente arrivò una proposta di lavoro da parte del suo amico Ty.

«Sai, dovremmo lavorare assieme» le aveva detto, tutto ad un tratto, senza un preciso punto di inizio.

«Lo penso anche io!» aveva risposto lei, già entusiasta.

Tyler le afferrò la mano e la avvicinò a sé. Stranamente a Nora batteva il cuore all'impazzata.

«Posso? Giuro che è solo a scopo di lavoro» le aveva detto.

«F-fare che?» gli aveva chiesto sottovoce. Non seguì alcuna risposta verbale.

Tyler le buttò i capelli neri dietro le spalle e le osservò il lungo collo. Poi ne seguì la forma con l'indice e il medio della mano destra. A Nora erano venuti i brividi.

Scese ed arrivò al décolleté. Sembrò studiarne la struttura. Si soffermò con le dita sulle clavicole un po' sporgenti.

Il suo sguardo si abbassò fino a giungere al punto vita e ai fianchi. A quel punto si servì di entrambe le mani per seguire le curve sinuose del corpo di Nora.

Lei si sentiva la pelle in fiamme, la sentiva bruciare sotto lo sguardo insistente di Tyler, che con quelle sue mani affusolate le aveva fatto tremare le gambe.

Aveva cercato di inseguire il suo sguardo, ma non aveva retto molto. Non riuscì a respirare normalmente, ma solo a tratti.

Quando Tyler ebbe finito, tornò a fissarla negli occhi.

«Che ne dici di posare per me?»

Nora arrossì violentemente.

 

Fu così che Nora iniziò a divenire la “musa ispiratrice” - così la chiamava – del suo caro e vecchio amico Tyler: era il soggetto in ogni sua fotografia, e i suoi occhi verdi splendevano in ogni suo dipinto. A volte Tyler la studiava ancora come quella notte e ciò la metteva sempre in imbarazzo, tanto da non riuscire più a guardarlo negli occhi. Dopo l'ennesima mostra di successo, Tyler le chiese di posare nuda.

«N-nuda?»

Tyler annuì.

«Cioè proprio... nuda nuda? Oppure in mutande e reggiseno?»

«Nuda, senza veli, come mamma t'ha fatta o come preferisci. Basta che tu abbia addosso solo la tua pelle»

Nora arrossì bruscamente.

«Senti, Nora... sai quanto diventeremmo famosi se tu posassi nuda per me? Sai quante persone si appassionerebbero al nudo artistico?»

«M-ma... ma sarei nuda!»

Tyler sbuffò. «E allora? Non mi dire che ti vergogni a startene nuda con un corpo così»

Le guance di Nora erano letteralmente in fiamme.

«Non ti sto obbligando a fare niente, Nora. Ma se mi rispondessi di no non voglio che sia solo per la tua pudicizia da ragazzina.»

«Un attimo: che vuoi dire con questo?»

Tyler rise, come per farle intendere che la risposta era più che ovvia. «Voglio dire che... insomma, ormai sei una donna e conosci il tuo corpo a memoria. Avrai imparato ad accettarlo nel corso degli anni... o mi sbaglio?»

Nora sollevò le spalle. «Be'...»

«Allora perché non vuoi condividere le tue nudità con il mondo? Perché non vuoi mostrare al mondo quanto sei bella

Nora ci ragionò su in fretta. Pensò che sarebbe stata una buona occasione per racimolare un po' si soldi per il matrimonio. «Accetto.»

 

Ben presto divenne famosa anche all'interno della scuola di Tyler, finché un giorno lui stesso le chiese di posare nuda per la sua classe. Col tempo aveva imparato ad accettarsi così com'era, sia nei pregi che nei difetti. Aveva imparato a stare immobile e a soffermarsi su un punto fermo. Aveva imparato a non far trasparire i suoi sentimenti con le parole, ma solo con il volto e la posizione del corpo.

Ovviamente Ben era all'oscuro di tutto questo, e pensava che la futura moglie lavorasse in un famoso pub del centro, in cui, però, Nora iniziò a lavorarci a poche settimane dal matrimonio. Di notte.

 

Nora non temeva che il marito scoprisse la verità, non temeva di ritrovarsi costretta a confessargli tutto: Ben non si interessava di arte e mostre. Eppure, una mattina di ottobre, dopo cinque anni dal matrimonio, Ben trovò un dépliant della scuola di Tyler.

«Ehi, zuccherino» esordì, mentre si metteva le scarpe.

Nora si stava lavando i denti, quindi non si voltò verso il marito.

«Guarda... guarda un po' cos'ho trovato!» esclamò, felice. Nora a quel punto si girò. Sputò letteralmente tutto ciò che aveva in bocca. La schiuma originata dal dentifricio le impiastrò la bocca e le colò lungo la mano che reggeva ancora lo spazzolino. Forse non si rese conto che aveva gli occhi sbarrati.

«So che a te piacciono le mostre... che ne dici di andarci stasera?»

Nora si sciacquò la bocca, cercando anche di schiarirsi le idee, che le occupavano in modo disordinato la testa.

«Amore» cominciò, «ma oggi è il cinque ottobre... è il nostro anniversario. Il nostro quinto anniversario. Ti ricordi?»

«Ma certo che me ne ricordo!» mentì Ben. «Ragion per cui stasera si deve festeggiare.»

«Mi piacerebbe... ma... io lavoro stasera... e poi come facciamo con Charlie?» cercò di divagare lei.

Ben le si avvicinò e le cinse la schiena con le braccia distese.

«Ramona è abbastanza grande da badare anche alla piccola, amore. E poi è da tanto che non passiamo del tempo da soli.» proseguì a bassa voce.

Ramona, la sorella maggiore di Charlie, aveva quasi cinque anni.

Nora lesse negli occhi di Ben desiderio. Capì che gli era mancata. La desiderava con tutto se stesso, lo poteva capire da come la guardava. Ormai lo conosceva molto bene, e non c'era bisogno di parole . «E va bene, Ben. Lascia solo che chiami il locale per avvisare che non vado» disse, infine. Ben le regalò un bacio a fior di labbra. Nora arrossì.

 

Nora cercò di non vestirsi in modo troppo appariscente, cercò soprattutto di coprirsi il più possibile.

«Sei bellissima» le disse Ben, incantato. Nora sorrise timidamente e si girò di scatto. Il sorriso non ci mise molto per sparire e lasciare spazio ad un'espressione triste.

 

Arrivati alla “Tyler Hew's Art School” il cuore di Nora cominciò a battere in modo irregolare.

La musica di Vivaldi si sentiva già da fuori. Era sicura che fosse “Estate”. Ben naturalmente non ci prestò attenzione.

Entrarono, e Nora iniziò a guardarsi intorno. Sperò con tutto il cuore che non fossero esposte opere in cui lei era ritratta.

Stranamente non v'era alcuna traccia di Tyler. Non ancora.

La scuola era molto grande, contava quattordici sale ampie, che quella sera erano completamente gremite di quadri, fotografie e folla.

 

«Certo che è proprio bravo, questo... Com'è che fa di nome, già?» disse Ben, mentre contemplava qualche quadro di arte astratta.

«Tyler. Si chiama Tyler.» rispose Nora, la voce ferma.

«Oh, guarda un po'» continuò Ben, senza averla ascoltata prima. «Questa in foto sembri proprio tu. Ha i tuoi stessi occhi verdi... le stesse tue labbra... ha addirittura quella strana voglia sulla schiena che hai anche tu!»

Nora deglutì. «Hai mai sentito parlare di sosia, Ben? Ora perché non ce ne andiamo?»

Non appena terminò la frase, delle dita affusolate le carezzarono lentamente la schiena. Nora rabbrividì. Non potevano esserci dubbi: si trattava di Tyler.

«State osservando questa foto da un po'. Cosa vi ha stupiti in particolare?» domandò con la sua solita voce calda, la mano sulla schiena di Nora.

«La donna in foto è identica a mia moglie.» rispose laconico Ben.

Tyler tolse immediatamente la mano dalla schiena di Nora. Quest'ultima tirò un sospiro di sollievo, ma Tyler non agì come lei si aspettava. Tyler ridacchiò.

«Certo che le assomiglia! È...»

Nora non lo lasciò finire. «È davvero molto bella, Tyler. È un nudo molto bello. Ma adesso scusaci, dobbiamo andare a festeggiare il nostro quinto anniversario di matrimonio.» lo liquidò lei.

Tyler si congedò con un cenno della testa e sparì tra la folla.

Nora sorrise a Ben e gli diede un bacio sulle labbra.

 

Sembrò che quella sera Nora se la fosse cavata abbastanza bene, ma il dieci novembre del 1985 poté dire addio al suo matrimonio per sempre.

Quel giorno lei e Ben avevano litigato, e in quel periodo non era una novità. Sebbene Ben sapesse di essere dalla parte del torto, quel dieci novembre decise di staccare prima dal lavoro per fare una sorpresa alla moglie.

Era poco prima della pausa pranzo, e Ben pensò di trovare Nora al pub. Ma non si ricordava che gli avesse detto che avrebbe lavorato dalle diciotto in poi.

«Ehi, Ben. Che ci fai qui?» gli chiese Milo dal bancone, mentre asciugava qualche bicchiere.

«Cercavo Nora... ma non la vedo» rispose un po' preoccupato.

«Nora? Oh, no, Nora inizia il turno alle sei, oggi. Adesso credo che stia lavorando lì»

Ben lo guardò perplesso. «Lì dove?»

Milo pensò che Ben dovesse essere parecchio rimbambito. Non pensò quindi che magari Nora potesse avergli nascosto il suo secondo lavoro. «Lì, alla scuola d'arte. Sai, quella nuova» disse, vago.

Il volto di Ben si illuminò tutto di colpo. Senza aggiungere niente uscì dal locale.

 

La scuola era piuttosto silenziosa, ed entrò senza problemi. Appena passò accanto alle prime aule udì dei professori che spiegavano come rendere una foto d'effetto, oppure parlavano di fauvismo, altri raccontavano la storia della fotografia. Arrivò in fondo al corridoio e si ritrovò dinanzi la bacheca su cui erano appesi, tra i tanti avvisi e fogli, gli orari delle lezioni.

Guardò l'ora: erano le undici e mezza. Secondo quel foglio a quell'ora Tyler Hew stava tenendo in “Aula grande” la lezione di “disegno e fotografia del nudo”. Quel nome gli suonò famigliare.

«Certo che è proprio bravo, questo... Com'è che fa di nome, già?»

«Tyler. Si chiama Tyler.»

Una strana luce gli illuminò di nuovo gli occhi grigi.

 

L'aula grande era davvero l'aula più ampia dell'istituto. Ben non aveva mai visto un'aula più grande nella sua vita.

Irrompé nella stanza senza bussare. Ben non scordò mai quella mattina.

Sicuramente si trovò in imbarazzo: davanti a sé c'erano circa venti studenti, i cui corpi erano nascosti dal cavalletto, che lasciava intravedere solo il viso e parte delle gambe.

Alla sua destra, invece, c'era Nora. Completamente nuda. Tyler, quello stesso uomo che c'era anche alla mostra, quello stesso uomo con cui avevano scambiato quattro parole, prima che Nora lo liquidasse, era in piedi e stava reggendo i seni di sua moglie con una mano, mentre con l'altra le teneva alto il viso.

 

Charlie era venuta a conoscenza di questa storia solamente quando compì sedici anni, e da quel giorno in poi costringeva sua madre a raccontarla ogni Natale. Nora si divertiva nel raccontare quanto imbarazzo avesse provato in quel momento, nuda e con un suo vecchio compagno di college che reggeva i suoi seni e spiegava alla classe come tracciare per bene la figura armoniosa del suo corpo. Nora rideva sempre quando ne parlava con le sue figlie, ma Charlie era sicura che in realtà dentro non fosse felice davvero. Aveva perso il marito che tanto amava per una sciocchezza. Aveva perso Ben perché non gli aveva detto la verità. Si era vergognata di dirgli che oltre ad essere una barista faceva anche la modella. Dopo quel dieci novembre Ben non le rivolse più la parola, e la notte dello stesso giorno, dopo un inutile litigio – così lo definì Nora – Ben fece le valigie. Passarono dei mesi prima che Charlie e Ramona tornassero a vedere il padre, che sembrava scomparso nel nulla. Nora decise di non posare mai più per Tyler, anche se quel lavoro le aveva fatto fruttare un bel po' di soldi. Di giorno si occupava delle figlie, mentre la notte era costretta a lavorare al pub, ma, non avendo nessuno che badasse a Ramona e a Charlie, Nora trascinava con sé anche le figlie. Dopo un anno Nora e Ben divorziarono ufficialmente.

 

Jess ha conosciuto questa buffa e triste storiella la sera di Natale di qualche anno fa, e ha capito quanto Charlie potesse aspettarsi sincerità da lui.

Charlie è una donna forte, non si lascia scoraggiare da niente, o quasi. Jess è a conoscenza di quanto lo ami e quanto si fidi di lui. Proprio per questo motivo si sente un verme solo a pensare a ciò che è successo al ponte.

Eppure adesso è un adulto, non è più un ragazzino confuso. Fino a qualche mese prima era sicuro di amare solo Charlie. Era sicuro che era con lei che voleva invecchiare. Ma Rory, come sempre, l'ha mandato in confusione. Con lei è un continuo tira e molla, lo è sempre stato. Prima si amano, poi si odiano e non si parlano più. Si baciano, poi piangono. Con Charlie è completamente diverso: il loro amore è sincero. Charlie non lo lascerebbe mai, ne è sicuro.

Ecco: Charlie e Rory sono gli opposti. Charlie rappresenta la sicurezza, mentre Rory l'imprevedibile. Ma adesso, adesso che è un adulto e non più un ragazzino, cosa vuole davvero? Un amore passionale ma burrascoso oppure un amore da manuale? Vuole l'eccezione o la regola?

 

Charlie detesta farsi chiamare Charlotte, perché secondo lei è un nome da vecchia. Porta quasi sempre i capelli sciolti, e questo lo fa impazzire: adora i suoi capelli neri e lunghi. Ogni volta che passa lascia una dolce scia di miele e gelsomino. Un'altra cosa che ama del suo aspetto sono gli occhi: occhi verdi in cui non si riesce a trovare mai il fondo, anche se li guardasse per ore. Occhi verdi che ridono al posto della bocca, occhi che piangono e si fanno lucidi poche volte, ma quando succede si può essere sicuri che non si tratti di una cosa passeggera. Le labbra sono leggermente carnose e la bocca è a forma di cuore. Il suo sorriso è semplicemente unico: bianco e vero, che viene donato solo alle persone speciali.

Nel pensare a tutte queste cose, Jess si lascia sfuggire un sorriso.

Ricorda con piacere il giorno in cui si sono conosciuti.

Pioveva a dirotto e c'era anche la nebbia. Ma quando Charlie entrò nella libreria in cui lavora Jess, il cielo gli parve schiarirsi. E quando sorrise... quando gli sorrise il sole prese a risplendere, e apparì un arcobaleno.

 

«Ehi, non ti avevo visto!» esclama Charlie.

Jess le sorride, come se avesse riscoperto un vecchio sentimento. Le si avvicina e le cinge i fianchi con entrambe le braccia. Charlie lo guarda perplessa. Non appena nota che Charlie sta cercando di dire qualcosa, le poggia l'indice destro sulle labbra, ora morbide come non mai.

Gli smeraldi di Charlie brillano sotto il suo sguardo.

Passano pochi secondi prima che Jess si decida ad eliminare la distanza tra loro. Le loro labbra dapprima si sfiorano, come se fossero troppo delicate per fondersi al primo colpo. Si toccano appena, eppure mille scosse elettriche invadono il corpo di Charlie, che si sente come se fosse il suo primo bacio. Si domanda come faccia Jess a sorprenderla ogni giorno che passa. Forse non lo sa nemmeno lui.

Il bacio poi si intensifica, non lasciando spazio a niente: basta respiri, basta pensieri confusi, basta razionalità.

Poi, come tutto, del resto, anche il bacio finisce. Termina con un retrogusto dolce, un retrogusto di ciliegia provocato dal lucidalabbra di Charlie.

Jess riprende ad osservarle gli occhi. Sono profondi e vivi. Si sorridono, timidi.

Quel silenzio pieno di parole viene smorzato da un abbraccio, un abbraccio caldo e che fa sentire a casa.

Jess adesso pensa di essersi schiarito le idee: è Charlie quella che vuole. Lui, proprio lui, che fino a poco tempo fa infrangeva le regole, ora desidera solo tranquillità. Ormai è sulla soglia dei trentanni, e non ha più il tempo per rincorrersi con Rory. Sa che la amerà per sempre, e forse non è nemmeno tanto un segreto, ma vuole stabilizzarsi, per una volta. Vuole prendere fiato e vivere con leggerezza.

Le fa un cenno con la testa e le indica la camera da letto. Lei sorride. Sorride e ride come una ragazzina alle prese con la sua prima vera cotta, quella che non ti fa pensare con lucidità e che non ti fa dormire la notte, perché ti impegna a pensare a lui, ti impegna a fantasticare come una bambina. Charlie ride, ride senza pensare a niente. Charlie è felice, e Jess lo è ancora di più, perché sa di essere lui la causa dei suoi sorrisi.

La osserva correre verso la camera da letto e si domanda come reagirebbe se le dicesse la verità. Forse capirebbe; forse gli direbbe che anche a lei è capitato di amare due persone in modo completamente diverso. Ma no... Charlie non ci penserebbe neanche per sogno. Il sorriso di prima gli muore sulle labbra. Il tempo sembra essersi fermato. Sente le sue risa lontane, troppo lontane da lui. È davvero sicuro di potercela fare? Il suo cuore rallenta. Lo sguardo si perde.

«Jess...» sente chiamare.

«Jess...»

Ed ecco che ritorna alla realtà. Charlie gli sembra preoccupata. Non risponde alle sue domande, ma si precipita in camera da letto. Il letto è morbido, più morbido del solito...

 

Dopo ansimi, risa, baci e gemiti, si ritrova supino a guardare il soffitto. Sembra che la mattina sia ricominciata da capo. La macchia di muffa è sempre lì, al solito posto. Charlie si è riaddormentata, e lui molto probabilmente arriverà tardi a lavoro. Ma non gli importa, a dirla tutta.

Volge lo sguardo verso la portafinestra della camera, e vede che sta scendendo qualche fiocco di neve. Non sa come mai, ma pensa a Rory. Si chiede se riuscirà a tenere Charlie all'oscuro di tutto.

Chiude gli occhi e gli pare di sprofondare negli abissi più profondi... gli abissi della sua anima. È buio, ma c'è uno strano oggetto lontano che risalta nell'oscurità. Si avvicina con cautela... un muro. Lo tocca, e un mattone si scosta, cadendo con un tonfo dall'altra parte.

«C'è qualcuno?» sente domandare. Quella voce gli è familiare...

Si fa più vicino, con passo felpato. Sbircia dalla fessura lasciata dal mattone. Vede un occhio che lo guarda, un occhio blu.

Si ritrae, spaventato.

 

La sveglia suona di nuovo, e Jess si ritrova costretto a sbrigarsi il più veloce possibile.

 



 

NOTA DELL'AUTRICE: Eccomi qui, dopo taaanto tempo! Che ve ne pare? Fatemi sapere tramite recensioni, mi raccomando! :D 
Grazie ancora per essere passati di qui, per aver messo la storia nelle seguite e nelle preferite! 
Un abbraccio,

Kim.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Una mamma per amica / Vai alla pagina dell'autore: Kimberly Heiwa