Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Therainsmelody    08/08/2014    3 recensioni
Astrea è una giovane fata in viaggio con la madre, fin qui nulla di strano.
C'è, però, un problema: si trovano in un territorio proibito alla fate che, nonostante questo, risulta impregnato della loro magia. Questo fa sorgere delle domande ad Astrea e sarà sua madre Cinzia a darle le risposte che cerca.
La fata del vento verrà quindi a conoscenza di una delle più terribili storie sul passato del suo popolo, una di quelle che si vogliono dimenticare a tutti i costi: il motivo per cui se ne sono andate dalla radura, il luogo in cui danzavano le fate.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'The Circle of Lost Tales'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Dove danzavano le fate


Capitolo II

With no colors on our skin
Til you let the spectrum in
 
 
Come si era potuto far convincere da Zachary proprio non lo sapeva.
Abram Brennan era un ragazzo per bene, lo era sempre stato, e non riusciva a capacitarsi di com’era finito nascosto dietro un cespuglio ad aspettare la “misteriosa” apparizione di cui non facevano che parlare al villaggio.
<< Non sono semplici monache, amico, sono delle ragazze bellissime che camminano nel silenzio più totale dirette chissà dove. Si sa che le monache sono brutte come rospi di palude altrimenti invece che sposarsi il Signore si sarebbero sposate un ricco terriero o un qualche principe! Ma queste! Ragazze del genere le vedi solo nelle favole! >> Abram era rimasto a fissarlo senza proferire parola.
<< Succede ogni luna piena, non possiamo assolutamente perdercelo! >> Così aveva detto Zachary con un sorriso che andava da orecchio a orecchio.
<< È solo quello che si dice in giro. Non ho la minima intenzione di acquattarmi dietro massi e arbusti solo per vedere delle monache che camminano. >> Aveva risposto Abram scocciato dall’insistenza dell’amico. Non ci vedeva nulla d’interessante.
Eppure dietro al cespuglio c’era finito comunque.
<< Per quanto ancora intendi … >>
<< Shhhh! Stanno arrivando. >> Zachary indicò un albero poco lontano dietro il quale era sbucata una ragazza sulla ventina.
I ricci capelli rossi sbucavano come viticci dal cappuccio della lunga tunica grigia con cui era vestita.
La mani affusolate erano unite all’altezza del cuore in una preghiera silenziosa e il capo era chino in segno di sottomissione e rispetto.
Il cappuccio era calato sul suo viso, avvolgendolo quasi completamente nell’ombra, ma Abram poteva comunque constatare, senza dubbio, che il suo migliore amico aveva detto il vero: quella ragazza era semplicemente bellissima.
Dopo pochi secondi ne arrivarono altre, una dietro l’altra, formando una fila ordinata.
Si trattava di ragazze minute e sottili come fili d’erba, con un’innata eleganza e i lineamenti così delicati e belli da confondersi con quelli delle piante e dei fiori alle loro spalle. Come la prima indossavano tutte lunghe tuniche grigie e nessuna esponeva il suo volto alla luce della luna piena.
Abram  e Zachary potevano scorgere bene poco: il colore dei capelli; le delicate mani intrecciate sul petto; la linea dolce della mascella e le labbra sottili accese di rosso che contraddistinguevano ognuna di loro. Solo alla decima o dodicesima ragazza Abram si accorse che c’era qualcosa di strano: non emettevano alcun suono. Nessun fruscio di foglie mosse, nessun sospiro o parola.
Nemmeno i loro passi facevano rumore.
Un raggio di luna illuminò per un istante gli occhi della prima, l’unica dai capelli rossi.
Come a voler dimostrare che in loro non ci fosse neanche un difetto anche questi erano magnifici: di un color nocciola intenso con sfumature rosse e dorate che ricordavano le foglie autunnali.
Abram li fissò, estasiato, ma anche lì c’era qualcosa che non andava.
Erano degli occhi bellissimi, troppo per un essere umano.
Infatti non avevano nulla che li rendesse tali.
Non c’era espressione nel suo sguardo. Non c’era devozione o preoccupazione o gioia.
Non c’era niente.
Abram si ritrovò a guardare questo vuoto assoluto negli occhi della ragazza e a sentirsene spaventato, anzi, completamente terrorizzato.
Anche se avesse voluto non sarebbe riuscito ad alzarsi e scappare.
La rossa continuò a camminare e le ombre oscurarono di nuovo il suo viso.
Man mano che avanzavano tutte venivano colpite dalla luce e in tutte Abram vedeva lo stesso sguardo inespressivo, la stessa immobilità soprannaturale.
Le ragazze continuavano ad arrivare e sembrava non dovessero mai finire.
Capelli neri, castani, biondi.
Occhi azzurri, blu e verdi.
Tuniche, tuniche e ancora tuniche.
Dopo quelle che gli parvero ore l’ultima della fila raggiunse il punto in cui i raggi della luna filtravano tra il fogliame del bosco. Quando la luce la illuminò lei alzò la testa sorpresa e il cappuccio le scivolò sulla schiena rivelando un massa di ricci biondi che schizzavano da ogni parte, sfidando la forza di gravità. Gli occhi, verdi come le foglie a primavera, scintillarono di sorpresa mentre osservavano il cielo e la sua bocca si distese in un dolce sorriso quando trovò la fonte di quella luminosità che aveva squarciato il velo di tenebre del bosco.
Abram rimase a bocca aperta, attonito.
Era la più bella creatura su cui i suoi occhi si fossero mai posati.
Non era come le altre, non lo terrorizzava con il suo sguardo disumano, anzi, era più umana di quanto lo fosse lui stesso.
Quasi fosse riuscita a sentire i suoi pensieri la ragazza si voltò nella direzione ove erano nascosti i due amici e i loro sguardi s’incontrarono.
Il cuore di Abram perse un battito e poi accelerò arrivando a rimbombare così forte nelle sue orecchie da coprire ogni altro suono.
Si fissarono a lungo, in silenzio.
Poi lei sollevo il cappuccio, spaventata, e si affrettò a raggiungere le sue compagne.
Chinò nuovamente il capo, congiunse le mani su petto e divenne nuovamente invisibile e irraggiungibile come le altre.
<< Dobbiamo andarcene. >> Disse Abram al suo migliore amico, che allungava invano il collo pur di riuscire a scorgere le monache ancora per qualche secondo.
<< Cos’è quel tono spaventato? Ho o non ti ho mostrato la cosa più sublime su cui i tuoi occhi si potessero soffermare? >> Zachary sghignazzò nell’osservare la reazione dell’amico, era certo che l’apparizione “misteriosa” avesse fatto colpo.
<< Non erano normali! Non avevano espressione! C’è qualcosa che non va in quelle ragazze Zach! >> Zachary si fece serio per un breve momento ma non ci mise molto a riconquistare il suo abituale sorriso.
<< Sono monache! Che dovrebbero fare? Sorridere? Dai, ammettilo! Ti ho mostrato o no una vera bellezza? >> Abram ripensò alla ragazza bionda che sorrideva guardando la luna, lasciò che l’immagine si facesse strada nella sua testa e vide nuovamente quella luce che sembrava venirle da dentro.
Vide la felicità baluginare nel suo sguardo perso nell’infinità del cielo.
Il suo cuore accelerò proprio come aveva fatto prima.
Zachary era ancora in piedi di fronte a lui, i capelli neri scompigliati e gli occhi azzurri fissi nei suoi in attesa della risposta.
Il suo sorrisetto beffardo non accennava a spegnarsi.
<< Sì. >> Abram non trovava le parole giuste per descrivere ciò che aveva provato ma il suo migliore amico aveva ragione: era davvero una bellezza.
Anche se lui avrebbe voluto dire molto più che un semplice sì Zachary parve apprezzare lo stesso la sincerità dell’amico e il suo sorriso di allargò fin dove gli fu possibile.
Ancora un po’ e si sarebbe slogato la mascella.
Zachary lo cinse con un braccio facendolo voltare in direzione del villaggio e, mentre s’incamminavano verso casa per concedersi il meritato riposo, aggiunse sospirando:
<< Puoi dirlo forte, amico. >>
 
Quella notte ci sarebbe stata la luna piena.
Era la duecentoundicesima da quando era nata e da quanto ricordava quella sarebbe stata la sua centosettantaquattresima danza in onore della Madre Terra.
Verdiana appoggiò la schiena al tronco dell’albero e sbuffò d’impazienza.

Perché il sole non vuole saperne di tramontare?

Stava ancora fissando l’astro che si accingeva a toccare la linea dell’orizzonte per immergesi nell’oceano e far calare la notte quando Cinzia arrivò dal bosco volando, leggiadra come solo una farfalla sa essere. Atterrò delicatamente di fronte a Verdiana oscurandole la vista del tramonto.
<< Tatiana ha chiamato. Sta distribuendo gli anelli per la cerimonia e sbraitando di ritirare le ali già da dieci minuti. >>
<< Ma il sole non è ancora sceso. >> Cinzia parve esasperasi perché le sue ali iniziarono a muoversi prese dal nervoso e lei si sollevò di qualche centimetro da terra.
<< Ti ricordo che questa sera ci saranno ben due iniziazioni. Se prestassi più attenzione lo sapresti. >> Verdiana trasalì e si alzò di scatto.
<< Completamente dimenticata! >> Esclamò, poi scoppiò a ridere così forte da arrivare quasi alle lacrime.
<< Ma che hai che non va? >> Verdiana soffocò le risa per riuscire a rispondere all’amica.
<< È buffo che proprio io che tengo a mente tutto me ne sia dimenticata, no? >> Cinzia non ci trovava proprio nulla di divertente.
<< Senti, se non ci sbrighiamo Tatiana si arrabbierà. >> Cinzia si alzò definitivamente in volo e se ne andò. Verdiana la seguì cercando di non perderla di vista, le fate dell’aria erano terribilmente brave a volare. Avrebbe voluto dirle che non gli importava di far arrabbiare Tatiana ma sapeva come Cinzia la pensava sulla questione perciò rimase zitta.
 
Una volta giunte al loro accampamento si misero in coda con le altre.
Ognuna ricevette l’anello di metallo con inciso i vincoli mortali ai quali loro non erano legate e una volta che tutte furono pronte, anello al dito e ali ritirate, Tatiana le legò l’una all’altra con la sua magia.
Fili argentati presero a volare in ogni direzione raggiungendo il cuore delle altre fate. Le loro vesti bianche si trasformarono in tristi tuniche di un grigio argenteo che ricordava la magia della loro regina, e gli anelli scintillarono fino a fondersi in un tutt’uno con le fate, a ricordare il dono che la Madre Terra aveva fatto loro con l’immortalità.
<< I vincoli sono sciolti e la mia magia vi pervade, siamo pronte per ringraziare la Madre Terra per il suo dono. Questa notte danzeremo sotto la luce della luna piena e liberemo la nostra magia. Alzate i cappucci, si parte. >> In un unico movimento tutte le fate si coprirono il capo e seguirono in una fila ordinata e silenziosa la regina Tatiana. La cerimonia dell’anello aveva sempre reso Verdiana irrequieta. Non che fosse qualcosa d’importante, era solo un rito simbolico: sull’anello venivano incisi i vincoli mortali con cui ogni essere umano era costretto a convivere. Tatiana liberava poi la sua magia facendola entrare nel cuore delle fate a simboleggiare il dono della Madre Terra e in quel momento, siccome loro erano esseri immortali, l’anello si scioglieva perché nessuno di quei vincoli era applicabile a loro.
Non era che un rivivere ciò che era realmente successo millenni prima, niente di più semplice.
Su Verdiana non aveva mai funzionato.
Era sempre riuscita a nasconderlo alle altre ma l’anello non si scioglieva per lei, non lo aveva mai fatto.
Mentre si accaparrava l’ultimo posto della fila e chinava il capo lasciò cadere lo sguardo sulle sue dita e, come sempre, la sottile striscia di metallo era ancora lì. La sfilò e la tenne stretta tra le mani unite.

Non sei che un mucchietto di polvere. Nulla di più. Solo polvere.

Un leggero guizzo blu fra le sue dita.
Aprì le mani e lasciò che la finissima polvere grigia che vi si trovava all’interno cadesse a terra.
 
Camminavano una dietro l’altra per il bosco, silenziose come sempre.
Ultimamente al villaggio si era sparsa la voce di misteriose apparizioni di giovani monache durante le notti di luna piena. Si diceva che vestissero lunghe tuniche grigie e che fossero assolutamente bellissime. Nessuno sapeva dove fossero dirette o se fossero effettivamente monache.
Alcuni credevano che si trattasse di fantasmi.
Era in quei momenti, quando si spargevano voci e leggende che dovevano stare attente a non farsi scoprire. Cercavano nuovi percorsi per raggiungere la radura, spostavano il loro accampamento più vicino ad essa e in un luogo più nascosto. Alcune vecchie fate raccontavano spesso di un periodo in cui era stato addirittura necessario rendersi invisibili con la magia.
Ma come arrivava ogni crisi se ne andava, ad un certo punto, e questo aveva permesso loro di vivere in quel luogo per più di duemila anni.
Era a questo che pensava Verdiana quando l’ansia di essere scoperte iniziava a pervaderle il cuore.

Fiducia in noi stesse, fiducia nella nostra regina, fiducia nella Madre Terra.

Era il suo mantra.
Poteva ripeterselo per ore e ore nella mente, finché la paura non scompariva.
Stava seguendo le altre e cantilenava la frase nella sua testa quando passarono attraverso una pozza di luce.
Verdiana si fermò, affascinata da tanta lucentezza, e alzò gli occhi verso lo spicchio di cielo visibile attraverso il fogliame. Sentì il cappuccio scivolarle via dalla testa liberando i biondi ricci ribelli che si protesero in ogni direzione quasi a voler catturare quei raggi luminosi e puri che scendevano su di lei.
Nulla di tutto questo le importava.
La cercò affannosamente con lo sguardo e alla fine riuscì a trovarla: la luna piena; il motivo per cui si stavano recando alla radura.
Senza che potesse evitarlo le sue labbra si distesero in un largo sorriso e Verdiana si sentì veramente felice.
Per un attimo.
Subito dopo venne pervasa da un brivido gelido.
Abbassò lo sguardo e si voltò verso destra. All’inizio non vide nessuno perché l’oscurità era fitta e i suoi occhi si erano abituati al riverbero della luna ma poi scorse un ragazzo acquattato dietro un cespuglio. Erano stati i suoi capelli a tradirlo; non si possono nascondere dei capelli così rossi in un bosco fatto di marroni e verdi scuri. Verdiana lo fissò incuriosita: oltre ai capelli, che parevano mossi da un’invisibile corrente, notò anche i suoi deliziosi occhi nocciola e il piccolo naso all’insù spruzzato di lentiggini. Man mano che i suoi occhi si abituavano al buio scorgeva sempre più dettagli. Apprezzò i suoi zigomi alti; la linea dura e spigolosa della mascella e le sua labbra carnose lievemente aperte per la sorpresa di vederla lì in quel momento.

Lui non dovrebbe vedermi, non dovrebbe guardarmi, io dovrei essere solamente una leggenda!

Il panico esplose improvvisamente dentro di lei.
Verdiana alzò nuovamente il cappuccio sulla sua testa e si affrettò a raggiungere nuovamente le altre senza guardarsi indietro.

Forse si dimenticherà di avermi vista o forse penserà si sia trattato solo di un sogno.

Chi dovrebbe credere che tu sia solo un sogno?

La voce di Cinzia aleggiò lieve nella sua testa. Verdiana alzò lo sguardo sulle spalle della compagna che stava camminando pochi passi davanti a lei.

Devi smetterla di entrarmi nella mente così!

È il mio dono, ricordi?

Sì, ma questo non ti da il permesso di fare quello che vuoi!

Ci fu un attimo di silenzio, Verdiana sapeva che Cinzia stava scrutando nei suoi ricordi così come sapeva che non c’era nulla che potesse fare per impedirglielo.
Avrebbe appreso tutto quello che c’era da sapere.

Ti hanno vista!? Ti rendi conto di quello che hai fatto? Fermarti per vedere la luna! La guarderemo tutta la notte ma, ovviamente, a te non bastava! Per una sciocchezza del genere ti sei fatta vedere e lui ha capito, l’ho visto dal modo in cui ti guardava, che tu non sei una qualche apparizione mistica ma una persona in carne e ossa! Ora verrà a cercarti, verrà a cercarci tutte e sarà la fine! Devi dirlo a Tatiana questa notte stessa!

No, non posso. Finirebbe per perdere la poca fiducia che ha in me.

Allora lo farà io!

No! Risolverò la cosa da sola, ti prego Cinzia, so che  posso riuscirci.

Cinzia voltò la testa nella sua direzione con uno sguardo oltremodo serio.

Hai un giorno per mettere a posto le cose, cancellagli i ricordi e questa storia resterà un segreto fra me e te.

Verdiana sorrise, grata all’amica per la sua generosità.
Per una fata era difficile tenere nascosto qualcosa alla regina.

Grazie.

Cinzia sciolse la sua espressione dura in un dolce sorriso e si voltò nuovamente in direzione della radura, uscendo dai pensieri della sua migliore amica.


Spazio Autrice

Secondo capitolo pubblicato! Siamo già a metà storia, incredibile!
Spero che vi piaccia l'idea del primo incontro tra i due protagonisti visto da entrambe le parti e spero abbiate capito la faccenda dell'anello (ho fatto veramente fatica a spiegarla e ancora non sono convinta del risultato, fatemi sapere!).

Se avete domande, critiche, complimenti, qualsiasi cosa (anche un semplice ciao) scrivete e recensite. Sono qui apposta per questo!

Cercherò di aggiornare con il terzo capitolo prima di rincominciare la scuola (prima di settembre quindi) o al limite con una settimana di ritardo.
A presto,
Gil

 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Therainsmelody