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Autore: Katie88    16/09/2008    8 recensioni
Tutti conosciamo la storia di Robin Hood e della bella Lady Marian... La giovane nobile che si innamora dell'affascinante fuorilegge di Sherwood... Ma cosa è successo prima che Robin partisse per le Crociate? Prima che egli diventasse il leggendario Robin Hood, quando era ancora conosciuto solo come Robin di Locksley? Long fic sulla nascita di una delle più belle storie d'amore di tutti i tempi (ovviamente Robin/Marian)!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Piccolo epilogo per concludere la mia storia. Capitolo leggermente più corto rispetto agli altri.

I dialoghi tra Sir Edward, Marian e Robin nell’ultima scena sono stati ripresi dall’episodio 1x01 “Ritorno a Casa”.

Marian POV.




Epilogo



“Sto per partire, Marian. Vado in Terra Santa...”


“Resta qui. Con me... Ti prego...”


“Non posso... Mi dispiace...”


“Allora addio, Robin di Locksley...”






CINQUE ANNI DOPO...



Cammino annoiata tra i banchi del mercato, in cerca di qualche oggetto interessante.


Per quanto, questi piccoli e miseri banchetti possano essere definiti mercato.


Da quando mio padre non è più lo Sceriffo, le cose sono molto cambiate a Nottingham: le tasse sono sempre più alte, la povertà aumenta, le persone muoiono di fame e le strade sono sempre più piene di poveri disperati che non hanno più nulla.


Persino oggi, giorno di mercato, ci sono pochissime persone in giro. Nessuno può più permettersi nulla.


Continuo a girovagare annoiata, finché vedo uscire un gruppo di guardie, dalle porte del castello, con a capo... Oh no! Guy di Gisbourne! Speriamo solo che non mi veda! Da qualche tempo, quest’uomo ha preso a darmi il tormento!


Mi volto di spalle prima che sia troppo vicino e fingo interesse per uno strano fermacapelli. Lo osservo con attenzione, sfiorandolo appena, ma una fastidiosa voce alle mie spalle mi obbliga a girarmi.


“Buongiorno Lady Marian.” Mi saluta educatamente Gisbourne.


“Sir Guy.” Dico freddamente.


“Vi dedicate agli acquisti quest’oggi, milady?” Chiede, tentando inutilmente di fare conversazione.


Alzo le spalle. “Faccio solo una passeggiata.”


Lui annuisce, senza dire nulla. Probabilmente ha capito che non sono in vena di chiacchiere e quindi, dopo un ultimo inchino, si allontana ed esce dalla piazza.


Sospiro sollevata. Quell’uomo è davvero irritante! Non fa altro che starmi alle costole, maledizione!


Infastidita, torno a concentrarmi sui fermagli, sperando di far passare il mio malumore.


“Gisbourne era davvero di pessimo umore oggi, vero?” Sento il venditore, chiaramente divertito, chiedere ad un cliente. “Chissà che gli è capitato…”


L’uomo, accanto a me, ridacchia. “Perché non hai sentito? Pare che stamattina non abbia potuto fare il prepotente, come al solito.”


Sorrido appena, prendendo tra le mani il fermaglio.


Certo non si può dire che la gente di Nottingham ami Gisbourne. Anzi, credo che sia la persona più odiata della contea. Dopo lo Sceriffo, ovviamente.


“E come mai?” chiede il venditore, interessato.


L’uomo si avvicina al banco, con fare cospiratore. “Pare che volesse punire gli abitanti di Locksley per un furto, compiuto da un povero ragazzo, ma qualcuno glielo ha impedito.”


“Davvero? E chi è il pazzo che osa sfidare Gisbourne? Sicuramente gliela farà pagare cara!”


L’uomo scoppia in una risata gioiosa. “E’ questo il bello della faccenda! Gisbourne non può fargliela pagare perché l’uomo che gli ha chiuso la bocca non è altro che il legittimo padrone del feudo, il conte di Huntingdon!


Il fermacapelli mi cade dalle mani, mentre il sorriso svanisce immediatamente dal mio viso.


“Il Conte di Huntingdon?” chiede stupito il mercante. “Ma allora vuol dire che...”


L’uomo al mio fianco annuisce, felice. “Proprio così! Robin di Locksley è tornato tutto intero dalle Crociate e, appena rimesso piede al villaggio, come prima cosa, ha cacciato Gisbourne dalle sue terre! Oh come avrei voluto esserci!” Conclude, ridendo ancora, subito seguito dal venditore.


Io resto lì, immobile, totalmente inerme, incapace di fare o dire qualunque cosa e mi appoggio appena al bancone, stordita.


Robin? A casa? Non è possibile!


Una donna si avvicina a me con espressione preoccupata. “Lady Marian, siete sicura di stare bene?” mi chiede premurosa. “Siete bianca come un cencio.”


La sua voce mi riscuote. Abbozzò  un sorriso. “Si, vi ringrazio. Non preoccupatevi.”


“Ne siete certa? Volete un goccio d’acqua?”


“No, no.” Dico, scuotendo la testa. “Devo solo andare a casa.” E mi allontano velocemente da lei.


Mentre cavalco verso casa, un solo pensiero mi attraversa la mente. Devo assolutamente parlare con mio padre…






Mi lascio cadere sulla sedia accanto al camino e chiudo gli occhi, sospirando.


Abbandono la testa all’indietro, cercando di non pensare, di non rivivere quei momenti, ma è tutto inutile.


Inevitabilmente, ricordi sopiti tornano, dopo tanti anni, ad affollare la mia mente.


Il nostro primo incontro, a Locksley. E la nostra prima discussione.


La prima volta che abbiamo parlato civilmente.


Il nostro primo bacio. E poi il secondo, il terzo, il quarto...


Un sorriso spontaneo compare sul mio volto, tornando a quei giorni così felici. Sì, perché io, malgrado tutto, ero felice.


Con Robin al mio fianco sarei stata felice per sempre.


Altre immagini compaiono nella mia testa.


Le cavalcate insieme, le liti furibonde, che non duravano mai a lungo, e infine quel giorno...


Il giorno in cui lui ha distrutto ogni cosa.


Il nostro futuro, la nostra felicità, il mio cuore...


Rivedo per un attimo i tristi occhi di Robin che mi dicono che presto se ne andrà, che mi lascerà.


E poi la sofferenza, la tristezza, le lacrime che io ho versato per causa sua.


Ed io, che ogni notte mi addormentavo piangendo, mentre Sarah, non volendo rattristarmi ulteriormente, faceva finta di niente, nonostante, ogni mattina, trovasse il cuscino bagnato.


Fino al giorno in cui presi la mia decisione.


Dovevo andare avanti. Riprendere in mano la mia vita e viverla appieno.  Dovevo e volevo.


Anche se, forse, non ci sono mai riuscita del tutto, sebbene sia passato tanto tempo.


Da allora, infatti, non ho mai voluto più nessuno accanto a me.


Mio padre e Sarah hanno insistito fino allo sfinimento, ma io sono stata irremovibile.


Nessun altro uomo avrebbe preso il mio cuore, per poi spezzarlo come aveva fatto Robin.


No. Nessuno ne avrebbe più avuto l’occasione. Mai più.


Mio padre non fa che ripetermi che, secondo lui, io sto ancora aspettando Robin. Ecco perché ho sempre rifiutato incondizionatamente tutti i pretendenti che hanno bussato alla nostra porta.


Ma io so che non è così.


Robin non è più nulla per me.


Ha smesso di significare qualcosa il giorno in cui è partito per le Crociate.


Sospiro decisa e riapro gli occhi.


Mio padre mi sta fissando preoccupato. “Stai bene, Marian?” mi chiede.


Annuisco. “Si, padre. Non temete. Voi invece?” Mi alzo dalla sedia e mi avvicino a lui. “Vi vedo inquieto.”


Lui scuote la testa. “Non è nulla. Ho solo timore che a Robin venga in mente di venire qui. Potrebbe essere pericoloso per lui, dato che lo Sceriffo ci fa sorvegliare. E poi...” Non termina neppure la frase.


All’improvviso scatta in piedi e, dopo aver spalancato la porta, corre all’esterno.


Lo seguo con lo sguardo, confusa, fino a quando lo sento urlare. “ANDATE VIA! ANDATE VIA DA QUI!” Grida.


“Edward...” lo chiama una voce familiare, che fa, inaspettatamente, perdere un battito al mio cuore. “Sono io. Il vostro amico Robin di Locksley.”


“So bene chi siete!” ribatte mio padre, arrabbiato. “Banditi venuti per ingannarmi! Non vi voglio!”


Mi avvicino cauta alla porta e cerco di intravedere cosa succede fuori, sperando che nessuno mi noti.


Mi sporgo leggermente a destra e, finalmente, lo vedo.


Allora è proprio vero! E’ tornato davvero…


“Sono venuto in amicizia. Dovete credermi.” Lo sento rispondere a mio padre, tentando di calmarlo.


“Andate via!” Ripete il mio anziano genitore. “Non sono più lo Sceriffo! Lasciatemi vivere in pace!”


Mi accorgo che Robin sta per ribattere, allora afferro il mio arco, accanto all’ingresso, ed esco anch’io, puntando immediatamente l’arma contro i due indesiderati ospiti. “Avete sentito mio padre?” dico, cercando di apparire il più minacciosa possibile. “Andatevene!”


Subito l’attenzione di Robin è calamitata su di me. Mi fissa, probabilmente stupito di trovarmi lì, e un piccolo sorriso si fa strada sul suo volto. “Marian.” Mi chiama dolcemente. “Sono io, Robin.”


Lo guardo con freddezza mentre mi avvicino ancora a lui, sempre impugnando l’arco.


Come può solo pensare che io non l’abbia riconosciuto? So perfettamente chi ho davanti, ed è proprio per questo motivo che sono così arrabbiata.

“Congratulazioni. (*)” rispondo sprezzante. “Andate via.”


Robin continua a fissarmi e mi sorride. Lo stesso sorriso che tanto volte ha rivolto a me e che ora, invece, non fa altro che farmi ribollire il sangue. “Come state?” mi chiede come se nulla fosse. “Vi ho pensato.”


Questo è davvero troppo! ‘Mi ha pensato?!’


Non ne aveva nessun diritto visto che è stato proprio lui ad andarsene e a lasciarmi... Ed ora se ne esce con queste frasi smielate e sdolcinate, sperando che io mi getti in lacrime ai suoi in piedi, felice che lui sia tornato?


Credo proprio che abbia capito male. Molto male.


“Andate via!” ripeto, visibilmente arrabbiata, tendendo l’arco e rivolgendogli un’occhiata ostile.


Lo vedo indietreggiare insieme a Much e non posso non provare un senso di soddisfazione.


Allora se lo ricorda che sono brava a tirare con l’arco!


Del resto, è stato lui ad insegnarmelo, e sa benissimo quanto posso essere pericolosa con un’ arma in mano.


“Ce ne andiamo subito.” Risponde Much, preoccupato, ma Robin non si arrende.


“Sir Edward, vi prego.” Dice, tornando a rivolgersi a mio padre che, nel frattempo si è sistemato alle mie spalle. “Se non vi ricordate di me, ricordatevi di Nottingham, del vostro popolo...!”


Non riesco a sentire il resto, visto che io e mio padre siamo già rientrati in casa, sbattendo la porta alle nostre spalle.


Mi ci appoggio contro e lascio scivolare a terra il mio arco, respirando profondamente.


Mio padre si siede accanto al fuoco e inizia ad osservare in silenzio le braci ormai morenti del camino.


Io, intanto, mi allontano dalla porta e vado verso la finestra, per osservare i due ragazzi all’esterno.


Li vedo parlare tra loro, senza però afferrare l’oggetto della discussione, e noto che Much rivolge a Robin un’occhiata di rimprovero mentre lui accenna un sorriso.


Scuoto la testa, incredula.


Dopo tanti anni, sono rimasti sempre gli stessi.


Risalgono a cavallo e si allontanano veloci dalla casa.


“Sono andati via?” chiede mio padre.


“Si, padre. State tranquillo.” Gli dico, avvicinandomi a lui, un po’ preoccupata.


Mi siedo sul bracciolo della sua sedia e gli prendo una mano. “Non dovete agitarvi. Sapete che non vi fa bene...”


Mi sorride rassicurante. “Non preoccuparti, Marian. Io sto bene.” Si volta verso di me, accarezzandomi delicatamente una guancia. “E tu, invece? Come stai?” domanda serio.


Abbozzo un sorriso. “Anche io sto bene.” Lo vedo inarcare scettico un sopracciglio. “Davvero.” Affermo, sicura.


Annuisce poco convinto. “D’accordo. Farò finta di crederci.” Afferma, alzandosi dalla sedia e guardandomi con un sorriso. “Ora, però, devo andare. Lo Sceriffo mi aspetta per il consiglio dei nobili.”


Si avvicina alla scala e si volta di nuovo verso di me. “Ti andrebbe di accompagnarmi?”


Sgrano gli occhi, sorpresa. “A Nottingham?”


“Si, a Nottingham. Allora ti va?”


Mi alzo e lo raggiungo velocemente. “Vado subito a prepararmi.” Gli dico, abbracciandolo di slancio.


Poi imbocco le scale ed entro nella mia stanza.


So benissimo perché mio padre mi ha chiesto di andare con lui, al castello. Vuole farmi distrarre, in modo da non pensare a Robin e al suo inaspettato ritorno.


Crede che io sia rimasta turbata dalla visita di poco fa. Ma si sbaglia.


Non mi importa affatto.


Vado alla finestra e guardo la strada che Robin e Much hanno percorso per lasciare Knighton.


No. Non mi importa nulla.


Perché lui, quando se n’è andato, ha fatto la sua scelta.


Ed ormai è tardi per rimediare.


Troppo tardi.








(*) Traduzione letterale della battuta in inglese. Scrivere ‘rallegramenti’, come nel doppiaggio italiano, mi faceva venire la pelle d’oca!





Ora la storia è davvero finita!! Mi viene da piangere, anche se credo che molto presto tornerò a scrivere altre ff sulla coppia Robin/Marian! Li adoro da impazzire!!

Ringrazio come sempre tutti coloro che hanno commentato e che hanno inserito la storia tra i preferiti! Grazie mille per aver seguito, letto, recensito o anche solo per aver dedicato un po’ del vostro tempo alla mia fanfiction! GRAZIE e alla prossima!

Un bacio!
















 








 




    

  
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