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Autore: SpacciatoreDiBiscotti    23/08/2014    11 recensioni
Eravamo dentro lo spogliatoio femminile della scuola. Il problema era che c'eravamo solo noi due.
Continuava a tamponarmi il labbro ferito a causa della sua pallonata, con un asciugamano piccolo e rosso.
Il suo sguardo vagava dalle mie labbra ai miei grandi smeraldi. eravamo a poca distanza l'uno dall'altra. teneva il mio mento fra le sue dita, bloccandomi. afferrai il suo polso fermandolo.
"che succede?" chiese confuso.
"me la cavo da sola." presi l'asciugamano dalle sue mani.
"come vuoi", alzò le mani in segno di arresa. "non capisco perchè fai la difficile con me."
"semplice, mi urti il sistema nervoso."
"lo so che sei attratta da me." risi nervosamente, i miei occhi erano fissi nei suoi. "lo so che cadrai ai miei piedi, implorandomi di venire a letto con te, e so perfettamente che in questo momento muori dalla voglia di baciarmi." soffiò sulle mie labbra.
Il mio cuore perse un battito.
Cazzo, se era vero.
- True Love;
Genere: Commedia, Erotico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: PWP
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Capitolo 24
 
 
 
HARRY’S POV
 
La notte sentii mia sorella piangere e singhiozzare tutto il tempo. Mi dispiaceva molto, non sopportavo vederla triste.
 
Vedevo dal suo comportamento, dai suoi occhi che Louis le piaceva. E non sopportavo il fatto che tutto questo per Louis fosse un gioco: era solo una scommessa, ma per Jessica era tutto vero.
 
Così presi una decisione: non potevo permettere al mio migliore amico di spezzare il cuore a Jessy.
 
Il giorno seguente arrivai a scuola con Jessica e raggiunsi i miei compagni al solito posto, il muretto della scuola. Zayn stava fumando poco più lontano rispetto agli altri, mentre Niall e Louis chiacchieravano e scherzavano.
 
“ciao ragazzi.” Li salutai, tenendo stretto il manico del mio zaino.
“ciao Haz!” rispose Niall allegro.
 
Zayn mi fece un cenno con la mano come risposta: era un tipo solitario e silenzioso.
Louis mi accennò un sorriso.
 
“come va Styles?” mi chiese Niall, con il suo solito sorriso sul volto.
“va, tu come stai?” risposi, lanciando un’occhiata a Louis che abbassò lo sguardo.
“bene.” Rispose, poi ci guardò, “c’è tensione nell’aria oggi.”
“Louis, devo parlarti.” Tagliai corto.
“dimmi.” Mi guardò negli occhi, mentre infilava le mani nella sua giacca di jeans.
 
Avrei preferito parlargli in privato, ma quel suo gesto mi era sembrato di sfida, e così lo accolsi senza sembrare debole. Come se credesse che non avrei parlato davanti agli altri.
 
“devi annullare la scommessa.” Dissi impassibile.
“perché dovrebbe?” s’intromise Zayn, “sta andando alla grande!”
“infatti, Haz, perché dovrei?” chiese Louis, con un sorriso sornione.
“lo sai perché.” Risposi a denti stretti, “farai solo soffrire mia sorella, non è giusto.”
“ma come…” iniziò il moro dagli occhi azzurri, “all’inizio dell’anno non t’importava nulla di tua sorella, e ora la difendi pure?”
“tu sai bene che le cose sono cambiate.” Strinsi il manico del mio zaino, “e poi mettiti nei miei panni: se io ci provassi con Lottie solo per una scommessa, se la portassi a letto e il giorno dopo lei verrebbe a sapere che per me è solo un gioco, come credi che si sentirebbe lei?” avanzai di un passo, sostenendo il suo sguardo, che si era ammorbidito, ora pensieroso, “cosa proveresti tu, nel sentire tutte le notti che lei piange? Perché sai che finirà così.”
 
Silenzio. L’unica cosa che si sentiva il quel momento era il silenzio del nostro gruppo e il sottofondo di altre voci provenienti dal cortile.
Louis abbassò lo sguardo, la sua mascella che prima era tesa si ammorbidì.
 
“la consolerei e basta.” Disse lui d’un tratto.
“come se non ti facesse male sentirla piangere.” Tesi i muscoli della mascella, la rabbia ribolliva dentro di me, “quando riuscirete a capire cosa intendo, fatemi un fischio.”
 
Mi allontanai, con un pugno stretto intorno al manico del mio zaino e l’altro lungo il fianco.
 
Entrai nell’edificio proprio nel momento in cui la campanella suonò, tutti si accorsero del mio mal umore, ma continuai a camminare lungo i corridoi, intento a trovare l’aula di letteratura francese, senza degnare nessuno di uno sguardo.
 
Non capiscono.
 
 
 
 
JESSICA’S POV
 
 
La bocca di Chelsea aveva assunto la forma di una ‘o’ per lo stupore. Be’, sì, la storia della sera precedente era alquanto assurda.
 
“e Louis ha continuato a difendere sua sorella?” ripeté la bionda, seduta sul prato davanti a me, “menomale che gli piacevi!”
“beh, ma è normale, anche Harry mi ha difeso, infondo è sua sorella.”
“quelle lì non andrebbero difese, hanno sempre fatto cose spregevoli per entrare a far parte di un fottuto club.” Rispose arrabbiata Chels.
“ha ragione, Jess, loro hanno torto.” S’intromise Liam, seduto accanto a me appoggiato su un albero. “lei doveva accorgersi che stava sbagliando già nel momento in cui lo aveva pensato con Ashley.”
“lo so, ma…” giocherellai con un filo d’erba, “sembrava veramente dispiaciuta, e poi Louis… quello che mi ha detto…” il mio respiro era tremolante.
 
Mi sentivo in colpa, anche se di torto non ne avevo poi così tanto. Sentivo che stava andando tutto male, ma che sarei comunque riuscita a cambiare le cose. Dovevo farcela.
 
“niente, Jessica, non lo devi ascoltare!” mi esortò Chels. “smettila di pensarci, okay?” mi prese la mano che stava torturando i fili d’erba tra le sue, “è solo un coglione, che ti piace ma è solo un coglione.”
“non ho mai detto che mi piace.” Risposi impassibile.
“beh, si intuisce.” Disse Liam, poi fece spallucce.
“possiamo parlare di altro?” chiesi, sentendo le lacrime pizzicarmi gli occhi al solo pensiero dello sguardo freddo del moro con gli occhi azzurri, che forse mi piaceva.
“okay…” disse Liam, sistemandosi, “questa mattina è arrivato un mio amico d’infanzia in Inghilterra.” Sorrise.
“chi è?” chiese Chels, non capendo.
“è un amico che conosco da molto tempo e si è trasferito in America, ora è qui, lunedì inizia dei corsi in questa scuola.”
 
Chels era ancora confusa.
 
“e perché viene qui?”
“Per seguire un allenamento di basket con uno dei migliori allenatori in circolazione.” Disse, “l’altra sera mi ha scritto, ha detto che avrebbe frequentato questa scuola per alcuni giorni, mi pare tre settimane.”
“ma perché viene in un paesino qualsiasi dell’Inghilterra?” chiese ovvia Chels, facendomi ridere.
“perché il posto in cui si allenano è qui vicino.” Spiegò, “solo a mezz’ora di distanza.”
“strano…” disse Chels.
“infatti sì… beh almeno è carino?” chiesi ridendo.
“Non li so i gusti delle donne.” Ammise Liam, provocandoci una risata.
 
La campanella suonò così noi ci dovemmo alzare da quella comoda posizione e andare a seguire altre ore di scuola.
 
 



 
Non ce la potevo fare, non sarei mai riuscita a passare l’intero pomeriggio su quei libri.
Non sarei mai diventata una schiava della matematica e della storia. Mai.
 
Così mi alzai dalla sedia e scesi al piano di sotto per andare a mangiare qualcosa. Harry stava studiando nella sua camera, quando sentii una persona suonare il campanello della porta di casa. Alzai gli occhi al cielo dopo aver richiuso l’anta del frigorifero.
Aprii tranquillamente la porta pensando che fosse il postino - di solito veniva a quell’ora del pomeriggio - ma mi sbagliai.
 
Un moro dagli occhi azzurri era proprio davanti a me, con le mani nelle tasche della giacca e un sorriso timido sul volto.
 
Cosa vuole?
M’insulta, mi fa piangere, e poi si presenta sulla soglia della porta di casa mia!?
Evidentemente è uno scherzo.
 
“ciao.” Sussurrò.
“cosa c’è?” cercai di rispondere il più bruscamente possibile, volevo sembrare forte ma il mio tono di voce non aiutò.
“posso entrare?” chiese lanciando un’occhiata dietro le mie spalle.
 
“chi è Jess?” una voce fuori campo intervenne, e io risposi prontamente:
“nessuno, il postino!”
 
Uscii fuori, e socchiusi la porta alle mie spalle.
 
“ergo: che cosa c’è?” era difficile guardarlo negli occhi, potevo cogliere una punta di dispiacere.
“non c’è bisogno che tu sia così brusca.” Rispose, avanzando di un passo verso di me.
 
Richiamai tutta la forza in corpo per rimanere ferma sul mio posto e non arretrare, neanche abbassare lo sguardo.
 
“come stai?” mi chiese, spostandomi un ciuffo di capelli sfuggito dall’elastico dietro l’orecchio.
“sto.” Dissi, “perché sei qui?”
 
Sorrise e quel gesto mi fece arrabbiare.
 
Che cazzo si sorride!?
 
“d’accordo,” disse, “sono venuto a scusarmi.”
“oh…” rimasi un po’ colpita da quelle parole, ma dovevo rimanere sulla mia posizione non dovevo cedere, “beh, non credi sia un po’ tardi?” tesi il muscolo della mascella, per evitare di allontanarmi ancora di più dal ragazzo che si trovava a pochi centimetri di distanza.
“io direi di no.”
“per me sì, invece.”
 
Ora ero arrabbiata.
Chi si crede di essere!?
 
“sono stata male, okay?” ammisi, “non mi è piaciuto rivedere tua sorella dopo quello che mi aveva fatto, mi ha ferito, così come mi hanno ferito le tue parole, Louis.”
L’ho detto veramente?
 
“oh…” abbassò lo sguardo, incapace di guardarmi negli occhi.
“non pensavo che potessi mai pensare una cosa del genere, per questo mi sono arrabbiata.” Sussurrai, e lui alzò lo sguardo verso di me.
 
Un sorriso quasi beffardo comparve sul suo volto.
 
“quindi ti preoccupa quello che penso di te.” Confermò a sé stesso, avvicinandosi.
“no.” dissi, cercando di calmare la confusione nella mia testa quando posò le mani sui miei fianchi e mi attaccò alla parete della casa, “quello che pensi tu, potrebbero pensarlo gli altri e non mi va che si creda che io sia una ragazzina.” Cercai di rimediare, ma il mio cuore batteva a mille a quel contatto, facendo capire a Louis che io non ero convinta di quello che avevo appena detto.
“ammettilo.” Sussurrò contro il mio collo.
“c-cosa?” balbettai, quando le sue labbra premettero sul mio punto debole: il punto in cui la mascella incontra il collo.
“che sei attratta da me.” Sussurrò soffiando sul mio collo.
 
No. Non farti condizionare dalle sue avance.
 
Lo staccai con forza, arrabbiata. Lui sembrò confuso.
 
“no.” lo guardai arrabbiata, “non puoi fare così, okay?” sospirai frustrata, “non puoi urlarmi qualche ora prima e dopo venire qui a sedurmi.”
 
Entrai in casa, salii nella mia stanza e presi lo skateboard, m’infilai le scarpe dopo essermi cambiata velocemente. Avvisai Harry che stavo uscendo.
 
Una volta fuori da casa, c’era ancora Louis seduto sulla panca sotto il porticato.
 
“dove vai?” mi chiese curioso e confuso.
“via.” Dissi semplicemente, “non mi seguire.”
“perché?”
“voglio schiarirmi le idee, lontano da te e dai libri.” Ammisi.
 
Così presi la rincorsa e iniziai a correre con il mio skateboard. Adoravo quella sensazione: il vento mi scompigliava i capelli che avevo sciolto e dovetti socchiudere gli occhi per il forte sole - insolito, direi - di quel pomeriggio.
 
Arrivai al parco in cui c’erano delle costruzioni adatte per lo skateboard e altri attrezzi. Tutt’intorno c’erano campi di calcio e di basket, due al chiuso e due all’aperto. Adoravo quel posto: ognuno faceva quello che voleva senza essere disturbato.
 
Così iniziai a fare qualche acrobazia con lo skate su quelle rampe. Non lo facevo da molto, e mi piaceva farlo.
 
Quando poi, dopo circa un’ora, decisi di bere un po’ d’acqua iniziai a percorrere il perimetro del parco con lo skate, in cerca del chiosco. Andavo veloce e con il sole negli occhi non mi accorsi di un ragazzo che stava raccogliendo un pallone proprio davanti a me.
 
Ci andai a sbattere e caddi all’indietro mentre quel ragazzo era riuscito a mantenere l’equilibrio.
 
“puoi guardare dove vai la prossima volta?” disse il ragazzo massaggiandosi il braccio dolorante.
“allora tu la prossima volta stai più attento con quel fottuto pallone!” dissi restando distesa lungo l’asfalto, con la schiena dolorante.
 
Il ragazzo rise, ma non capivo cosa ci fosse di divertente in quella situazione.
 
“mi daresti una mano?” chiesi tendendo la mano verso l’ombra in controluce.
“okay, basta che non mi cadi addosso di nuovo.” Scherzò ma non mi fece per niente ridere.
“grazie.” Dissi timidamente una volta in piedi, sorridendogli.
“piacere, Logan.” Mi tese la mano ed io la strinsi, dolorante.
“Jessica.” Sorrisi, “mi dispiace veramente ma non ti avevo visto.” Risi.
“non fa niente, non capita tutti i giorni di essere investito da una bella ragazza.” Sorrise.
 
Era proprio un bel ragazzo: capelli corti e scuri, lineamenti morbidi e delicati, i suoi occhi erano di un blu intenso, non era molto alto, le sue spalle erano ampie ed era molto muscoloso. Sinceramente il suo volto non mi era nuovo, però non riuscii a ricordare la prima volta che lo avevo visto, ero troppo presa da quei suoi occhi così intensi.
 
Il suo sorriso non era come quello di Louis, non era sfacciato e arrogante, era sincero. Mi piaceva.
 
Basta pensare a Louis!
 
Mi ammonii mentalmente.
 
Un calore mi riscaldò le guance.
 
“però sei brava, eh!” disse, “insomma, sei brava ad andare sullo skateboard.” Precisò, facendomi sorridere.
“grazie.” Dissi imbarazzata.
“io non ci so andare.” Disse camminando verso il mio skate che si era fermato a pochi metri da noi. “però mi piacerebbe.”
“potrei insegnarti.” Dissi, pentendomi subito di ciò che avevo detto.
 
Stupida!
 
“insomma, se tu vuoi…” aggiunsi subito dopo, lui sorrise.
 
Che bel sorriso.
 
“mi piacerebbe molto.” Si avvicinò, posando lo skate a terra, “quando?”
“quando vuoi.” Dissi.
“ora?” sorrise ed io annuii.
 
Iniziammo a parlare. Gli avevo spiegato che io vivevo in quella cittadina insieme a mio fratello e lui mi aveva detto che sarebbe rimasto qui per un breve lasso di tempo. Il basket era la sua passione, adorava passare ore a giocarci. Camminavamo lungo il perimetro del parco, intenti ad arrivare ad una piattaforma in cui c’erano molti ragazzi e bambini che imparavano ad utilizzare lo skate, la bicicletta oppure i pattini. Era un bell’ambiente.
 
“mi piacciono i ragazzi con delle passioni che coltivano.” Ammisi timidamente, sorridendo.
“buono a sapersi.” Mi sorrise. Teneva ancora il pallone tra le mani e il borsone sulla spalla. “io invece ho un debole per le ragazze che mi investono su uno skateboard.”
 
La sua battuta mi fece ridere, così anche lui. La sua risata era così pura e piacevole.
 
“buono a sapersi.” Utilizzai appositamente le sue stesse parole.
 
Arrivati al campo, passai alcuni minuti a spiegare e provare il modo in cui si va sullo skateboard. Non era molto difficile, ma lui non riusciva a fare nient’altro che camminare in linea retta. aveva anche difficoltà a fermarsi, ma ci vuole tempo per imparare. E non aveva neanche le scarpe adatte, ma è un dettaglio trascurabile.
Gli feci vedere più volte come si faceva a fare delle curve ma le uniche due volte che aveva provato era caduto, beccandosi anche delle risate di sottofondo da alcuni bambini che erano più bravi di lui.
 
Era seduto a terra mentre rideva per la sua pessima figura.
Gli porsi una mano per aiutarlo e lui la strinse saldamente. Una volta in piedi era a poca distanza da me.
 
“per imparare a fare la curva ci vuole tempo.” Lo avvisai, ma in cambio ricevetti una risata da parte sua.
“anche i bambini di sette anni sono più bravi di me!” si passò una mano tra i capelli.
“Lo skate non è cosa per me”

Lo avevo capito.
 
“che ne dici se t’insegno un po’ di basket?” indicò il pallone rimasto a terra. “sempre se non ci sai giocare.”
“oh…” sorrisi, “non ci so giocare, quindi sì, perché no.” feci spallucce, sorridente.
“bene, seguimi.”
 
Lo seguii nel campo da basket al chiuso in cui, stranamente, c’era solo lui che si allenava. Di solito era sempre pieno di ragazzi.
Beh, era un giorno in mezzo alla settimana, quindi era normale che non ci fosse nessuno.
 
M’insegnò le regole e più volte si avvicinò a me per spiegare le varie posizioni di lancio.
Avevo il pallone in mano. Le ginocchia piegate, le gambe leggermente divaricate e gli occhi fissi sul canestro.
 
“così?” chiesi, per capire se la posizione fosse corretta.
“uhm…” si avvicinò, “si un po’ rigida.” Rise una volta posizionato dietro di me. “lasciati andare.” Mi sussurrò all’ orecchio.
 
Provai a tirare, le sue mani erano posate sulle mie, come per aiutarmi a condurre la palla nel canestro. Riuscii a centrarlo e, come una bambina, saltellai sul posto battendo le mani e lui rise, portandosi la mano dietro la nuca.
Dopo un po’ che ripetevo sempre le stesse cose ero riuscita a farlo anche senza il suo aiuto.
 
“vuoi fare una partita?” propose, avvicinandosi a me: eravamo uno di fronte all’altra e c’era solo il pallone che ci separava.
“certo!” dissi entusiasta.
 
Ero riuscita a scordarmi di Louis per tutte quelle ore grazie al bellissimo ragazzo davanti a me.
 
“bene” arretrò di qualche passo, palleggiando.
 
Era veramente bello.
 
Non quanto Louis, però.
 
Basta pensare a lui!
 
Ritornai alla realtà e a quel bel ragazzo.
 
“allora giochiamo come al solito?” disse lanciando la palla e facendo canestro.
“in che senso?” chiesi confusa: era la prima volta che giocavo.
“oh Dio, scusa.” Rispose dopo aver preso la palla, “sono abituato così perché ho degli amici con cui gioco di solito a basket e… mi è venuto spontaneo.” Disse freneticamente.
“ora però mi dici cosa intendevi.” Sorrisi curiosa.
“be’…” sospirò per poi sorridermi, “quando un giocatore fa punto, l’avversario si toglie un indumento, fino a quando…” mi lanciò la palla e io l’afferrai prontamente, “beh, questi non finiscono.”
“oh…” risi.
“beh è una cosa che facciamo tra ragazzi, principalmente per umiliarci.” Rise.
“una specie di strip basket?” Dissi, per poi sorridergli.
“già, una specie.” Poi proseguì dicendo: “ma non faremo quel gioco, tranquilla.”
“perché no?”
 
Le parole mi uscirono spontanee dalla bocca e quasi non mi dispiacque per quello che avevo detto. Lui rimase sorpreso, ma poi il suo sguardo scorse lungo tutto il mio corpo e un sorriso malizioso gli comparve sul volto.
 
“beh, allora tieniti pronta a togliere quella felpa!” mi fece l’occhiolino.
 
Quel gesto fatto da Louis risultava viscido e insopportabile, fatto da lui invece… era molto seducente.
 
Iniziammo a giocare: segnò per primo e quando mi tolsi le scarpe rise.
 
“pensavi che avessi iniziato dalla felpa?” risi.
“speravo.” Mi disse subito dopo.
 
Il secondo punto era ancora suo ed io mi stavo demoralizzando.
 
“questo te l’ho lasciato fare.” Dissi seria, nascondendo un sorriso sotto i baffi, “è scomodo giocare con i calzini.”
“bella scusa.”
 
Continuammo così per molto tempo. Non sapevo più che ore erano, la mia attenzione era concentrata sul ragazzo di fronte a me ormai solo con i pantaloni.
Il suo petto tonico non era abbronzato ma di una carnagione chiara, così come il suo viso.
Io ero come lui: solo con il reggiseno e i pantaloncini. In altri casi mi sarei sentita a disagio ma in quel momento non m’interessava.
Segnai. Non parve vero, sinceramente neanche al ragazzo di fronte a me.
Sembrava scioccato. Beh, doveva togliersi i pantaloni.
 
“vai.” Lo incitai sorridendo.
 
Sorrise, arrendendosi. Infilò i pollici tra l’elastico dei pantaloni e il suo bacino e stava per tirarli giù se non si fosse aperta una porta dietro di me.
 
Mi girai di scatto, vergognandomi immediatamente poiché ero in reggiseno.
Poi mi accorsi che era l’ultima persona che volevo vedere in quel momento: Louis.
 
Le mie guance - e anche quelle di Logan - erano rosso fuoco.
 
“L-Louis.” Balbettai.
“che cazzo sta succedendo qui!?” sembrava veramente arrabbiato.
 
Mi raggiunse e il suo sguardo fulminò Logan, che corse a prendere la sua maglietta.
 
“mi pare ovvio, giocavamo a basket.” Incrociai le braccia al petto sia arrabbiata per la sua irruzione sia per l’imbarazzo.
“oh sì lo vedo, si stava spogliando di fronte a te!”
 
Okay. Adesso ero veramente imbarazzata.
 
“è-è il tuo ragazzo?” chiese Logan alle mie spalle, porgendomi la felpa che stavo indossando prima di aver giocato.
“no!” sbottai.
“no, ma non significa che puoi spogliarti davanti a sconosciuti.” Mi sgridò Louis.
“i-io…” mi vestii velocemente, “che vuoi?”
“devi tornare a casa.”
 
Il suo tono inflessibile mi fece capire che dovevo veramente tornare a casa.
 
“o-okay, dammi un attimo.” Dissi raggiungendo Logan che era vicino al suo borsone su una panchina.
Cercai disperatamente una penna nel suo borsone e quando la trovai scrissi il mio numero sulla sua mano, gli lasciai un bacio sulla guancia e gli dissi:
 
“grazie per le lezioni, chiamami quando hai voglia di fare un’altra partita.” Risi dopo avergli fatto l’occhiolino.
 
Rise guardando la sua mano e poi mi rispose con un occhiolino.
 
“ovviamente; a presto, Jessica.”
 
Louis mi afferrò l’avambraccio, prese il resto delle mie cose e mi trascinò fuori dalla struttura, verso la macchina di mio fratello.
 
“che cosa ti è saltato in mente?!” quasi urlò una volta saliti in macchina.
 
Allacciai la cintura e lo guardai:
 
“cosa vuoi tu, è la domanda!” dissi arrabbiata, “mi stavo semplicemente divertendo con un amico.”
“conosciuto da due ore.” Mi ammonì.
“è una brava persona.”
“non lo conosci e ti spogli davanti a lui, è una cosa inaudita!”
“senti chi parla.” Mi appoggiai allo schienale sbuffando.
“non c’entra.” Le sue labbra erano una linea sottile mentre guidava.
“sì invece, è la stessa cosa: tu fai sesso con le ragazze senza nemmeno conoscere il loro nome, io gioco a basket con un ragazzo, e so anche il suo nome e le sue passioni!”
“è diverso, Jessica”
“perché?” sbottai, mentre ci avvicinavamo sempre di più a casa nostra, “è la stessa cosa.”
“no, perché le ragazze con cui facevo sesso non erano le sorelle minori del mio migliore amico!”
 
Rimasi letteralmente a bocca aperta.
Aveva appena detto che io non ero come le altre, e che quindi non mia avrebbe portata a letto solo per divertimento, sempre e solo nel caso in cui si fosse verificata una cosa del genere.
 
“Harry non sapeva dove fossi andata, così ha chiamato me.” Disse d’un tratto per spezzare il silenzio, il suo sguardo era fisso sulla strada.
“perché?”, chiesi, girandomi verso di lui, “avrebbe potuto semplicemente chiamarmi.”
“il tuo cellulare era staccato.”
“ah… sì, lo avevo spento” ricordai.
“comunque, mi ha chiamato, sapendo che ero l’ultima persona che ti aveva visto.”
“oh…” non aveva creduto alla scusa del postino.
“già, non sei brava a mentire.” Svoltò a destra verso casa nostra. “io sapevo dov’eri così sono venuto a prenderti e ti ho trovato mezza nuda di fronte a uno sconosciuto in un campo da basket.” Si fermò al semaforo.
“come facevi a sapere dov’ero?” chiesi confusa.
“ti ho seguita.”
 
A quel punto non ci vidi più.
 
“come ti permetti di pedinarmi!?” quasi urlai.
“stai calma, volevo solo vedere dove stavi andando, ti ho seguito fino all’incrocio e ho capito che saresti andata al parco.” Sospirò, ripartendo con l’auto.
 
Parcheggiò nel vialetto di casa mia, le luci erano accese, la sera era calata ed era quasi ora di cena.
 
Avevo completamente perso la cognizione del tempo in quella palestra.
 
“mi ha detto di riferirti che ti aspetta una sorpresa a casa.” mi guardò, prima di scendere.
 
Lo guardai interrogativa e lui alzò le spalle e sospirò. Non lo sapeva neanche lui.
 
Scesi dalla macchina titubante, quando suonai al campanello non sapevo proprio cosa aspettarmi. Mi aprì mio fratello.
 
Fin qui, sembra tutto normale.
Sarà solo uno scherzo di Louis, dai, non c’è nessuna sorpresa.
 
Lasciai lo skate all’entrata con le mie scarpe sopra. Le luci in soggiorno erano accese ma la tv non lo era.
 
Strano.
 
Stavo per salire le scale quando sentii una voce pronunciare una domanda accusatoria:
 
“ti sembra questa l’ora di tornare a casa, signorina?”
 
Non può essere.
 
“mamma?” mi affacciai sul salotto e vidi mia madre e Robin seduti sul divano, uno affianco all’altra.
 
Si alzarono e mi corsero in contro, io feci lo stesso.
 
Li abbracciai uno per uno, mi erano mancati molto: parlarci al telefono non bastava, mi mancavano loro e i loro abbracci.
 
“mi sei mancata tanto, mamma.” Dissi stretta tra le sue braccia.
 
Anche se non ero più una bambina, quando stavo tra le braccia di mia madre, tornavo ad esserlo.
 
“anche tu, tesoro.” Mi lasciò un bacio sulla testa. “ma questo non cambia il fatto che sei stata fuori invece di studiare.” Disse allontanandosi da me, con un’espressione severa, ma sapevo che non era veramente arrabbiata, “cosa stavi facendo?”
“io, uhm…” guardai Louis ed Harry, “ecco, mi stavo semplicemente schiarendo le idee, sono un po’ stanca.”
 
Mamma si addolcì all’istante: “penseremo dopo alla punizione, adesso andiamo a cena.”
 
Mi posò un braccio intorno alle spalle conducendomi verso la sala da pranzo.
 
“io vi saluto.” Intervenne Louis, sorridendo.
“oh, Louis, non ti avevo visto!” disse la mamma, andandogli in contro, abbracciandolo. “rimani a cena!”
“non vorrei essere d’intralcio.” Sorrise timidamente.
“ma se fai parte della famiglia!” sorrise mia madre. “puoi anche rimanere a dormire se vuoi!”
“beh, Louis si è già fermato da noi per tutte queste settimane.” Disse Harry.
“come mai?” chiese Rob.
“beh, i miei genitori sono fuori per lavoro.” Rispose Louis.
“devo parlare con tua madre, sai?” disse mia mamma conducendo Louis verso la sala da pranzo, mentre lui rise.
 
La sua risata era così cristallina.
 
La cena fu preparata da mia madre e per la prima volta abbiamo mangiato bene dopo mesi.
Ci spostammo in salone, io mi misi sul bracciolo della poltrona accanto a Robin seduto su di essa.
 
“quanto resterete?” chiesi, sorseggiando del tè.
“fino a lunedì,” disse Rob, “la mattina ripartiremo.” Strinse la mano sul mio ginocchio facendomi sorridere.
“staremo un po’ con voi e andremo anche dalla nonna, va bene?” disse la mamma sorridente, mentre accarezzava i ricci di Harry.
 
La serata si concluse tra risate e sorrisi. Louis era rimasto con noi e non era per niente a disagio. Ogni tanto mi lanciava sguardi dolci, sorridendomi.
 
E pensare che la sera prima quella sala era stata luogo di una profonda lite.
La serata precedente era stata completamente diversa e si era conclusa con le mie lacrime salate, questa invece con un sorriso che andava da orecchio a orecchio.
 
Andammo a dormire presto, poiché eravamo tutti esausti. Louis era nella sala degli ospiti Harry nella sua stanza e mamma e Robin nella loro. Era tutto come avevo sempre desiderato, un ambiente che mi mancava.
 
Mi cambiai, finii i compiti e mi misi sotto le coperte. Afferrai il telefono e mandai un messaggio della buona notte a tutti i mei amici. Ricevetti le loro risposte e anche un altro messaggio.
 
DA: Numero Sconosciuto;
 
Buona notte Jessica, e grazie per il bellissimo pomeriggio passato insieme. Conto su altre lezione di skateboard, io ti ho insegnato il basket e ora è il mio turno di imparare. A presto,
 
Logan xx

 
Era normale sorridere come una cretina davanti a un messaggio? Forse sì. Quando ci si trova in situazioni del genere era lecito.
 
Risposi, leggendo più volte il messaggio prima di inviarglielo.
Mi addormentai con quel sorriso sulle labbra, anche se non potevo dire che non avevo in mente pure il dolce suono della risata di Louis.
 
Spero di non starmi cacciando nei guai.
 
 
 
 




 
Spazio Autrice:




Jessica Styles:
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Louis Tomlinson:
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Harry Styles:
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Logan Lerman:
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Sono tornataaaaaaaaa! Dopo un lungo viaggio e una lunga assenza(?), ecco un lungo capitolo HAHAHAHA
Allora, che ne pensate? Insomma è arrivato un nuovo personaggio, temporaneo, ma comunque è un nuovo personggio: Logaaaaaaaannnn!

HAHAHAHAH

Che ne dite? Vi piace?
Si sta un po' mettendo in mezzo Louis e Jessica, eh? HAHAHAHAH chissà cosa succederà hehehe c:

Be' vi ho scritto un capitolo abbastanza lungo, vi va di lasciarmi una piccola recensione?:3

Anyway, ho aggiornato nonostante non fosse arrivato (il capitolo precedente) a dieci recensioni, che ne dite se questa volta ci riproviamo?
Se poi non arriva almeno a 10 recensioni, decideò io quando aggiornare(?).

Comunque sia, vi avviso che io domani partirò di nuovo e tornerò il 31, quindiiiii... recensite! HAHAHA
Voglio solo sapre la vostra opinione sulla storia c:

Grazie per l'attenzione,

Al prossimo capitolo

- Marta -

xxx
  
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