Cap
4
-
Chi ha preparato l’orario dovrebbe essere
rinchiuso a vita ad Azkaban – gemette Maisie, osservando il
foglietto delle
lezioni che le era appena stato consegnato.
Sandy
lo confrontò con il suo, emettendo un
gemito solidale.
-
Se non altro seguiamo quasi tutte le stesse
materie … ma la doppia ora di Pozioni di prima mattina non
si può proprio
vedere – borbottò contrariata.
Tra
Sandy e Maisie il calderone diventava un’arma
impropria, capace di portare alla distruzione di massa e, nel caso
peggiore,
all’annientamento della razza magica. E no, non stavano
esagerando, visto che
sistematicamente finivano con il far saltare in aria qualsiasi pozione
… sì,
anche quelle che dovevano solo essere fatte bollire per studiarne gli
effetti.
-
Ripetimi un’altra volta perché abbiamo
accettato di continuare questa tortura? –
-
Perché per lavorare al San Mungo e per
diventare Auror è una delle materie richieste ai M.A.G.O.
–
Già,
loro e le scelte lavorative complicate … una
gran bella accoppiata.
-
Bene, ho appena deciso che diventerò una
lavavetri magica a Diagon Alley. Magari al Nottetempo serve qualcuno
che
pulisca i vetri – commentò Sandy, passandosi una
mano tra le ciocche bionde che
quel giorno aveva lasciato sciolte e non volevano proprio saperne di
starsene
buone e ferme.
Maisie
rise, scuotendo la testa e lasciando che i
capelli color cioccolato le ondeggiassero lungo la schiena. Venne
distratta
dall’ingresso di Fabian e Gideon, le chiome rosse e i
familiari occhi azzurri
che scintillavano costantemente con aria malandrina.
-
Ah, l’amore. –
Sgranò
gli occhi, verdi con screziature castane e
gialle, come se non
avesse la minima
idea di ciò che l’amica stesse dicendo.
-
Non fare quell’espressione da cerbiatta
confusa, sai benissimo a chi mi riferisco. Non hai ancora nessuna
intenzione di
dirglielo, vero? –
Maisie
sentì le guance colorarsi di una leggera
sfumatura di rosso. – Certo che no, non prima di essere
sicura di non fare la
figura dell’idiota totale. –
–
Sai cosa ti direbbe Serena, no? – Inarcò un
sopracciglio, accigliandosi come faceva spesso la loro amica quando
c’era
qualcosa che non le andava particolarmente a genio.
-
Di piantarla di farmi mille complessi e andare
lì a stampargli un bel bacio mozzafiato? –
domandò ironica.
Sandy
annuì.
-
E io le risponderei che non lo farei neanche
morta. –
-
Anche questo è vero … però sul serio,
Mai, devi
trovare il coraggio di dirglielo prima che si trovi una ragazza.
–
La
ragazza la guardò scettica. – Da quando
dispensi consigli d’amore neanche fossi una versione in
miniatura di Cupido? –
-
È un nuovo passatempo. Visto che Rico non vuole
confidarsi, mi concentro su di te – replicò.
Lo
sguardo di Maisie si fece subito più attento e
condito da una lieve malizia. – Quindi è con la
Serpe che hai passato la serata
ieri? –
Annuì,
senza apparentemente cogliere
l’insinuazione dell’amica. Tra lei e Rico non ci
sarebbe mai stato nulla, erano
troppo diversi per poter stare insieme e poi sarebbe stato troppo
strano.
-
Non è che prima o poi ti vedrò a lanciarti
sguardi languidi con il principe dei latin lover, vero? –
Serpe,
principe dei latin lover, don giovanni del
mondo magico, mr macho … Sandy cominciava seriamente a
perdere il conto dei
soprannomi che Maisie aveva affibbiato al suo migliore amico.
-
Figurati … e comunque stavamo parlando di te e
Fabian, non cambiare discorso. –
-
Non c’è nulla da dire, sabbiolina, per il
momento il discorso è chiuso. –
-
Sì, per il momento –
rimarcò la bionda,
calcando volutamente sulle ultime tre parole.
*
Al
tavolo dei Serpeverde regnava un’atmosfera
decisamente più pacata e tranquilla rispetto a tutti gli
altri. Difatti i verde
argento, come tutte le mattine di ogni benedetto giorno della settimana
scolastica, sembravano incapaci di intraprendere una conversazione
logica e
sensata se non dopo le dieci del mattino … dopo la pausa
pranzo nei casi più
disperati.
L’arrivo
di William Davies, tuttavia, risvegliò
almeno un po’ la natura serpentesca di alcuni di loro. Gli
intrusi delle altre
Case non erano i benvenuti, specialmente quando si trovavano in branco,
e
venivano trattati come veri e proprio stranieri in terra ostile. Poco
importava
che Davies fosse alto, bello, biondo e con gli occhi del turchese
più
straordinario che si fosse visto in giro per la scuola negli ultimi sei
anni.
-
Che c’è, Davies, ti sei perso? Il tuo tavolo
è
quello laggiù – esordì Rabastan,
beffardo.
Il
Corvonero lo degnò appena di un’occhiata,
ostentando quel suo sguardo a metà tra l’altezzoso
e l’incurante che lasciava
intendere che non lo riteneva degno della minima considerazione.
Inutile dire
che Rabastan lo detestava con tutto il cuore, forse persino
più di quanto il
piccolo Crouch gli stesse sulle scatole … il che, per chi lo
conosceva bene,
equivaleva a un livello di odio e mal sopportazione che faceva sembrare
Piton e
Potter degli amici per la pelle.
-
Katherine, posso parlarti un attimo? – domandò,
sorridendo all’indirizzo della ragazza.
Inarcò
un sopracciglio, ma abbandonò il piatto di
uova strapazzate e bacon che aveva davanti e lo seguì
nell’unico angolo della
Sala Grande che poteva garantire loro un minimo di privacy.
Omi,
seduto di fronte a Rabastan, aggrottò la
fronte.
-
Che avrà di così importante da dirle –
borbottò, infilzando con più vigore di quanto
fosse necessario un pezzetto di
pancake.
-
Conosci Davies, è la versione bionda di Rico …
probabile che voglia portarsela a letto – replicò
il ragazzo, incurante, mentre
si versava l’ennesimo calice di succo di zucca.
-
Tu dici? –
-
Bè, Katherine è obbiettivamente sexy da matti,
non sarebbe mica una cosa strana. Perché, a te che importa?
– domandò,
ghignando con l’aria di chi la sapeva lunga.
-
Niente … è solo che è una nostra amica
e Davies
è un idiota totale – replicò, tornando
ad attaccare il pancake.
Quando
la ragazza tornò al tavolo, con un lieve
sorriso compiaciuto stampato sulle labbra ben disegnate che quel giorno
aveva
colorato con il suo rossetto preferito, una tonalità
particolarmente accesa di
rosso fuoco che aveva una tenuta a lunga durata grazie a un incanto di
semi
permanenza con cui era stato realizzato, sentì gli occhi
grigi di Omi su di
lei.
-
Allora, che voleva Davies? – domandò il
ragazzo, con il tono più indifferente che riuscì
a mettere insieme.
-
Solo chiedermi se volevo fargli da dama alla
festa che ha organizzato per questa sera … a proposito,
anche voi siete
invitati – aggiunse distrattamente.
-
E tu che gli hai risposto? –
Bevve
un lungo sorso di succo d’arancia,
sorridendo con aria furba. – Che se non avessi trovato nulla
di meglio da fare
avrei anche potuto farci un salto, ma non garantivo nulla. –
Poi
cambiò in fretta argomento, non prima però di
aver notato come le spalle di Omi si fossero rilassate sentendo quelle
parole.
Lo aveva sempre trovato interessante, doveva ammetterlo, e con il
passare del
tempo aveva iniziato ad avvertire un maggior trasporto nei confronti
del
compagno di Casa, ma non era ancora sicura di cosa fosse esattamente
quel
sentimento … non le rimaneva che aspettare e stare a vedere
come sarebbero
evolute le cose.
-
Sarà il caso di andare a lezione, mancano dieci
minuti e dobbiamo arrivare ai sotterranei –
decretò, alzandosi in piedi e
rassettando la gonna della divisa con un paio di rapidi movimenti. Non
era
ingrassata di un chilo negli ultimi due anni e pertanto aveva evitato
di
rifarle da Madama McClan e si era limitata a continuare a indossare
quelle
comprate per l’inizio del quarto anno con il risultato che
l’orlo le arrivava
ormai a metà coscia, ovvero buoni cinque centimetri in meno
rispetto a come la
portavano la maggior parte delle altre ragazze. A lei però
non importava. Aveva
delle gambe belle e tornite quindi perché non
metterle un po’ più in mostra?
Prese
sottobraccio Rabastan e Omi, uno per lato,
e lasciò che i suoi amici la scortassero fuori dalla Sala e
direttamente verso
l’aula di Pozioni.
*
La
lezione era iniziata da dieci minuti quando il gruppo al
completo dei Malandrini irruppe nell’aula di Pozioni. Remus
aveva l’espressione
paonazza di chi era stato sorpreso a fare qualcosa di incredibilmente
inopportuno, James aveva i capelli se possibile ancora più
scompigliati del
solito e Sirius sorrideva con l’aria sicura e strafottente di
chi sapeva bene
che non avrebbe ricevuto alcuna punizione.
-
Lieto che abbiate deciso di onorarci con la vostra
presenza, signori – commentò Lumacorno, puntando
gli occhietti acquosi su
ognuno di loro, - Posso sapere quale fantasiosa scusa accamperete
questa volta
per giustificare il vostro ritardo? –
Sirius
si passò una mano tra i capelli corvini, ammiccando
con nonchalance. – Nessuna scusa, professore, è
solo che non avevo sentito la
sveglia. –
L’uomo
sorrise al di sotto dei baffoni da tricheco.
-
Diretto e impertinente, signor Black, sono sicuro di
averle già detto che sarebbe stato un Serpeverde perfetto.
–
-
E io sono sicuro di averle già detto che la prendo come
un’offesa,
professore. –
Si
sollevò un concerto di risatine divertite mentre i verde
argento lo fulminavano con disprezzo.
-
Come se avessimo mai potuto volere che un tale imbecille
fosse uno di noi – commentò Katherine, a voce
abbastanza alta perché tutti la
sentissero alla perfezione.
-
Come sempre la tua dolcezza mi lascia senza parole, Banks.
Dimmi, sei assolutamente certa di non avere sangue di Banshee nelle
vene? Perché
questo spiegherebbe un sacco di cose. –
-
Ben venga il sangue di Banshee se l’alternativa è
avere un
criceto in prognosi riservata al posto dei neuroni –
ribattè a tono.
Tutti
gli studenti del sesto anno a quel punto avevano
completamente ignorato le istruzioni della pozione e si erano
concentrati su
quel battibecco.
-
Evidentemente i criceti suscitano strane attrazioni nelle
Banshee … a meno che non mi ricordi male –
sogghignò sfrontato, avvertendo un
pizzico di soddisfazione quando la ragazza avvampò per la
rabbia. Sembrava sul
punto di lanciargli contro chissà quale maledizione.
-
Sei proprio un grandissimo figlio di … -
cominciò, ma
venne interrotta da un indignato Lumacorno.
-
Signorina Banks, signor Black! Insomma, vi pare questo il
modo di comportarvi a lezione? Prendete immediatamente posto e
smettetela
altrimenti vi metto in punizione per tutta la settimana. –
Sirius
si lasciò scivolare accanto a James, lanciando
un’ultima
occhiata sfrontata in direzione della Serpeverde.
-
Non puoi proprio fare a meno di stuzzicarla, eh Felpato? –
-
Mi conosci, Ramoso, e poi è troppo divertente vederla
arrabbiarsi. –
-
Io invece penso che dovresti lasciarla in pace. Ha ragione
quando dice che sei uno stronzo … me lo ricordo bene cosa le
hai combinato –
intervenne Lily, seduta nella fila davanti accanto a Mary.
-
Non mi sembra che qualcuno ti abbia interpellato, Evans. –
-
Lils ha ragione, Sirius – convenne James, sorridendo
all’indirizzo
della ragazza che alzò gli occhi al cielo.
-
Per te sono Evans, Potter, cerca di ricordatelo. –
-
Ma … ma Lilina, non puoi chiedere al tuo futuro marito di
chiamarti per cognome, sarebbe troppo strano –
replicò.
-
Infatti non glielo chiederò, ma prima devo incontrarlo
–
ribattè, tornando a concentrarsi sulla lezione e non facendo
minimamente caso
all’espressione attonita del compagno di Casa.
-
Ho capito bene, fratello? Lilina ha detto che vuole
sposare qualcun altro? –
Sirius
annuì, soffocando un attacco di risate. Lumacorno li
stava guardando male e ci mancava solo che se la prendesse nuovamente
con lui
facendolo finire davvero in punizione.
Stava
giusto provando a concentrarsi quando un foglietto di
pergamena gli venne passato da Nathan, che sedeva dietro di lui insieme
a
William Davies.
Festa
alle nove, Torre di Corvonero.
Non
c’era scritto altro, ma quello era tutto ciò di
cui i
Malandrini avevano bisogno.
Picchiettò
sulla spalla di Mary, passandole il messaggio. La
ragazza lo lesse per poi voltarsi indietro e sorridere
all’indirizzo di Nathan.
Alzò
il pollice in segno di assenso e il Corvonero dovette
trattenersi dall’esultare in modo evidente.
-
Allora, ha funzionato no? – domandò William,
sorridendo
con l’aria di chi la sapeva lunga.
-
Già, ti devo un favore, Will –
confermò, mentre il biondo
gli assestava una pacca amichevole sulla spalla.
-
Figurati, mi piace dare feste e se è per una buona causa
…
bè, tanto meglio. –
*
Rico
tamburellava distrattamente con le dita sul tavolo,
guardandosi intorno. Non erano molti gli studenti del settimo anno che
avevano
scelto di seguire Antiche Rune e per giunta Evan aveva scelto proprio
quella
mattina per fare la prima assenza dell’anno.
Certe
volte si ritrovava a pensare che ucciderlo non sarebbe
poi stata un’idea così cattiva … quanti
anni potevano dare per un cuginicidio?
-
Hai intenzione di andare avanti ancora per molto? Stai
facendo tremare tutta la fila. –
Il
tono piccato di Elinor Selwyn lo spinse a voltarsi verso
di lei.
-
Pensavo che non mi parlassi più –
considerò.
-
L’idea è più o meno quella, ma certe
volte sei persino
troppo insopportabile per poter essere ignorato. –
-
Se avessi un Galeone per ogni volta in cui mi è stato
detto. –
Poi
si fece improvvisamente serio. – Senti, Elinor, mi
dispiace di aver fatto lo stronzo con te. È solo che
… -
-
Che è una cosa che ti viene naturale –
completò per lui.
Abbozzò
un sorriso sghembo. – Okay, me la sono cercata.
Magari posso farmi perdonare … stasera
c’è una festa organizzata da Davies, ti
va di venirci? –
Inarcò
un sopracciglio biondo e perfettamente disegnato. –
Mi stai chiedendo di uscire con te, Wilkes? –
-
A meno che tu non abbia di meglio da fare, ovviamente. Mi
comporterò da perfetto gentiluomo, lo giuro. –
Elinor
era sinceramente tentata. Sembrava veramente deciso a
farsi perdonare e non poteva negare che il vero motivo per cui non gli
aveva
rivolto la parola non era stata tanto la sofferenza che le aveva
causato, ma il
fatto che anche a distanza di due anni continuasse ad avere una
gigantesca
cotta per lui.
-
D’accordo, Wilkes, ma sappi che non avrai un’altra
occasione quindi vedi di giocartela bene –
acconsentì.
Eris,
seduta nella fila accanto, non potè fare a meno di
sentire il breve dialogo tra i due. Tipico di lui provarci con una
ragazza
carina, ma perché avvertiva una sensazione di fastidio
incredibile, quasi le si
stessero rivoltando le viscere al pensiero di loro due insieme? Lei e Rico non si erano
sopportati per anni, erano
cane e gatto, e quella sul treno era stata solo una parentesi
inopportuna che
avrebbe fatto bene a dimenticare il prima possibile.
Quindi,
in nome di Rowena, perché adesso le importava quello
che faceva, o meglio chi si
faceva?
Che
andasse al diavolo lui e quella principessina viziata
della Selwyn.
*
C’era
un motivo se quella mattina Evan aveva saltato la
lezione di Antiche Rune. Un motivo che aveva un nome e un cognome:
Dorcas
Meadowes. Era passato davanti alla biblioteca prima di andare a lezione
e l’aveva
vista lì, seduta davanti a una pila gigantesca di volumi di
Trasfigurazione
avanzata e a un calamaio pieno d’inchiostro. Prendeva
freneticamente appunti su
un rotolo di pergamena e lui non aveva potuto fare a meno di incantarsi
a guardarla.
Non
ricordava di preciso quando aveva smesso di essere la
ragazzina dall’attrattiva pari a un manico di scopa e si era
trasformata in
quella dea che era diventata la sua ossessione. Non che
l’avesse mai ammesso
con nessuno, anzi faticava persino ad ammetterlo con se stesso, ma la
Meadowes
gli piaceva.
-
Hai finito di fissarmi, Rosier? –
Sussultò,
colto sul fatto.
-
Non essere paranoica, Meadowes, non ti sto mica fissando. –
-
Ah, quindi stavi guardando la copia di “Incanti
trasfigurativi avanzati”? – domandò
ironica.
-
Assolutamente sì, è una copia molto affascinante.
Ha delle
rilegature capaci di far perdere la testa a qualsiasi ragazzo
– confermò,
facendola scoppiare a ridere.
In
nome di Salzar, era così bella quando rideva.
-
È una scusa un po’ debole, Rosier, e poi tu non
dovresti
essere ad Antiche Rune? –
-
Dovresti esserci anche tu – replicò per tutta
risposta.
-
Ho di meglio da fare. –
Anche
lui aveva di meglio da fare, per esempio stare a
guardarla. In nome di Merlino, da quando aveva cominciato a pensare in
modo
così sdolcinato e assolutamente disgustoso?
-
Ci vieni alla festa di Davies? – le chiese di getto.
Dorcas
sgranò gli occhi verdi, tremendamente simili a quelli
di un gatto, presa in contropiede. – Penso di sì,
perché? –
-
Perché allora ci vediamo lì –
replicò, allontanandosi a
passi svelti prima di continuare a dire cose assurde e fare la figura
del
perfetto imbecille.
Spazio
autrice:
Eccoci
con l’aggiornamento. Speriamo che il capitolo vi sia
piaciuto e che vogliate farci sapere che ne pensate. Al momento andiamo
un po’
di fretta quindi dobbiamo salutarvi molto velocemente.
Baci
baci,
Fiamma, Eris e Rhaenys