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Autore: sic58    27/08/2014    14 recensioni
Bella ed Edward, amici da una vita, si scoprono innamorati tra i banchi di scuola, ma la fine del liceo segna anche la rottura della loro storia perché, in qualche strano modo, lui sente che l’amore finirà per tappargli le ali sui suoi progetti futuri.
È così lei parte per il college in un’altra città, mentre lui resta lì continuando a inseguire i suoi sogni.
Dopo quattro anni sono diversi e lo sono altrettanto e soprattutto i mondi ai quali adesso appartengono.
Bella è una semplice ragazza che lavora in un locale e che trascorre le giornate con gli amici e il fidanzato.
Edward, invece, ha realizzato i suoi sogni. Pilota nella classe regina del motomondiale è il nuovo talento del momento, la superbega, il marziano che a soli 20 non è solo un nastro nascente, ma un vero e proprio problema colossale per i suoi avversari.
I due si rincontrano e nel tempo di uno sguardo capiscono che l’attrazione che li ha sempre legati in passato non è mai sparita, ma tanti saranno gli ostacoli che li attendono lungo la via...perchè vivere accanto a qualcuno che non teme la morte può risultare, a volte, più difficile del previsto.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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La seguente storia è stata scritta senza alcun scopo di lucro e i personaggi citati sono di proprietà di Stephenie Meyer

Eccomi tornata. Volevo scusarmi per l’enorme ritardo, ma sono stata davvero incasinata e non sono riuscita a postare prima di adesso. Tra il lavoro, la casa, la famiglia non ho avuto tregua. Sono stata fuori casa per un po’, poi ho partorito e poi è arrivata l’estate e ho avuto quasi un mese ospiti a casa. Credetemi non avevo tempo neppure per grattarmi la testa, senza contare che i gemelli (sono nati per tutti coloro che me l’hanno chiesto e purtroppo non hanno ricevuta risposta) mi tengono impegnatissima, senza contare poi che ne ho un altro di quasi due anni che definirlo una peste è poco. Perdonatemiiiii…spero di essere più frequenti negli aggiornamenti da adesso in poi. Adesso vi lascio al capitolo. Buona lettura…

 


 

10.

Pov Bella

Ero rimasta davanti al portone di casa per qualche istante dopo che l’ascensore si era chiuso, poi spinta da non so quale forza dentro di me socchiusi la porta di casa per non rischiare di rimanere fuori e a velocità sproporzionata mi diressi verso le scale scendendole a due a due.

L’ascensore avrebbe certamente fatto prima di me, quindi dovevo sbrigarmi. Quando finalmente raggiunsi il pianerottolo d’ingresso del palazzo mi resi conto che l’ascensore non era ancora arrivato così mi posizionai proprio di fronte ad esso e quando questo si riaprì mi ritrovai Edward davanti che mi fissava con espressione stupita. Non si aspettava di vedermi lì e nemmeno io visto che non sapevo neppure il motivo per cui mi ero fiondata lì sotto.

“Che ci fai…” tentò di dire, ma io non gli permisi di aggiungere altro.

“Resta con me ancora un po’” riuscii a dire senza nessuna cognizione di causa.

Con molta probabilità mi avrebbe mandato a quel paese, ma, invece, mi sorrise sghembo e mi attirò dentro l’ascensore impostando nuovamente il numero del piano dove c’era il mio appartamento. Restammo in silenzio senza dirci nulla, limitandoci solo a guardarci come se non lo facessimo da anni e anni. Quando le porte si aprirono nuovamente ci fiondammo dentro casa e io richiusi la porta alle mie spalle.

C’era ancora silenzio e nessuno sembrava sentire il bisogno di dire niente, forse perché ci bastava essere lì insieme a dispetto di tutto e tutti.

Poco prima avevamo finito la cena prima di affrontare quel discorso che ci aveva condotto poi a separarci, ma restavano tutti i piatti sul bancone.

“Tu lavi io asciugo” mi disse lui accorgendosi che bisognava comunque dare una sistemata.

“Come ai vecchi tempi” gli risposi conscia che facevamo così quando ci ritrovavamo a mangiare insieme a casa dell’uno o dell’altra.

Ci mettemmo all’opera mantenendo il silenzio, ma poi non resistetti più e mi decisi a parlare.

“Di solito dovevo pregarti per convincerti a darmi una mano con i piatti” gli feci notare.

“Era prima”.

“Prima di cosa?” chiesi curiosa.

“Prima di passare molto tempo in un motorhome dove non c’è mamma che mi prepara da mangiare o che mi lava i piatti”.

Era chiaro che si riferisse al fatto che viaggiando per il suo folle lavoro non trascorreva sempre del tempo in hotel o ristoranti e quindi doveva darsi da fare da solo.

“Pensavo che del motorhome se ne occupasse James. Vic mi aveva detto così”.

“Infatti è vero, ma non mi piace starmene fermo a non fare nulla”.

“Non è una novità. Non ti è mai piaciuto startene con le mani in mano”.

“No, in effetti no” mi rispose.

Ci fu un attimo di silenzio, poi io ripresi a parlare.

“James come occupazione sulla sua carta d’identità potrebbe farsi scrivere migliore amico di Edward Cullen” lo presi in giro “in fondo non è questo il suo lavoro?” continuai.

“Perché non lo dici a lui invece che a me?” mi domandò ridendo alzando un sopracciglio e avvicinandosi a me ritrovandoci praticamente l’uno di fronte all’altro.

“Perché lui, a quest’ora, mi avrebbe tolto dalla circolazione” ci scherzai su ed entrambi prendemmo a ridere mentre io tornai a dargli le spalle per finire di lavare i piatti.

Gli ero grata del fatto che non avesse detto nulla e che si stesse comportando come se nulla fosse. Mi conosceva bene e sapeva perfettamente che nemmeno io mi spiegavo il motivo del mio comportamento, non mi spiegavo perché fossi corsa a prenderlo, ma forse in quel momento non gli importava neppure saperlo. Sembrava seriamente felice di essere lì, con me, anche se stavamo parlando di sciocchezze.

“Sai cosa non capisco?” mi chiese.

“Cosa?”

“Perché tu, andando via, abbia allontanato anche lui. Credo non se lo spieghi neppure lui” mi rivelò.

“Non volevo metterlo tra due fuochi. So quanto entrambi contante l’uno per l’altro e mi sentivo un peso ad essere amica sua sapendo che c’eri comunque tu”.

“Conosci James esattamente da quando lo conosco io, dovresti saperlo che ti adora”.

“Anche io adoro lui, ma era difficile restare in contatto con lui. Mi ricordava troppo te, credo”.

“Ti vuole bene” mi rispose ignorando le mie ultime parole.

“Gliene voglio anche io”.

Ci fu un attimo di silenzio, poi entrambi tornammo a ridere e scherzare rinvangando vecchi episodi della nostra infanzia e adolescenza. Quando terminammo di sistemare la cucina ci buttammo entrambi sul divano del salone con il chiaro intento di goderci un bel film in tv.

“Allora che cosa proponi?” mi domandò.

“Non saprei. Adesso vediamo” gli risposi.

Feci un po’ di zapping con il telecomando cambiando canali su canali visto che non c’era nulla che attirava la mia attenzione.
Aspetta, aspetta, torna indietro” mi disse.

Lo feci e quando alzai gli occhi alla tv compresi il motivo di quella richiesta. Stavano trasmettendo un film sulle moto e lui aveva già gli occhi a cuoricino nel vedere una moto sfrecciare sulle strade di una vecchia città in mezzo al deserto.

“Non ti piacerà” gli feci notare avendo già visto quel film.

“Non dire stronzate” mi rispose.

“L’ho già visto ed è completamente surreale quindi ti garantisco che non ti piacerà” continuai.

“Cos’altro proponi?”

“Non lo so”.

“Bene, allora guarderemo questo” mi disse convinto spaparanzandosi sul divano “com’è che si intitola?” mi chiese poi.

“Torque” gli risposi “se non erro” aggiunsi poi essendo sicura solo al 90 %.

Lui non aggiunse nulla e cominciò a concentrarsi sulla tv e io, avendo già visto quel film compresi che era iniziato da meno di cinque minuti.

“Prendo qualcosa da bere nel frattempo” gli dissi “cosa vuoi?” domandai.

“Una birra” mi rispose “se c’è l’hai preferirai una…” tentò di dire, ma lo interruppi comprendendo che si stesse riferendo ad una Corona.

“C’è l’ho” gli dissi guardandolo alzando un sopracciglio, mentre lui se la rise sotto i baffi contento che mi ricordassi della cosa.

Mi avvicinai al bancone e presi due Corona dal frigo bagnando il collo con il sale e mettendo una fettina di limone dentro, poi tornai da Edward che non appena vide che avevo messo il sale il limone mi sorrise sornione.

Ricordavo perfettamente che la amava in quel modo e anche io, se per questo. La Corona era una delle poche cose che piaceva ad entrambi.

Gliela passai e lui subito affondò il limone dentro e ne bevve un sorso, poi si voltò a guardarmi.

“Ghiacciata esattamente come piace a me” commentò “comunque sia devo farti provare la Michelada. Sono sicuro che ti farebbe schifo” mi disse.

“La che?” domandai non capendo e ignorando il fatto che avesse detto di volermi fare assaggiare qualcosa che sapeva già che mi avrebbe fatto schifo.

“La Michelada. È un cocktail messicano che si prepara con la corona” mi spiegò.

“E tu come fai a conoscerlo?”

“L’ho bevuto in Messico”.

“Sei stato in Messico?”

“Due anni fa circa, con alcuni ragazzi del mio vecchio team di Moto2, sono andato a vedere una corsa di Formula 1 all’autodromo Hermanos Rodrìguez in Messico” mi raccontò.

“C’è un posto in cui non sei stato?” gli chiesi curiosa.

“Qualcuno, forse, ma più o meno ho visto tutti gli angoli del pianeta”.

Lo guardai e sorrisi, quasi invidiandolo per qualche istante.

“E quindi cos’è sta Michelada?” domandai tornando all’argomento principale della nostra conversazione.

“Lo fanno nei pub messicani con il nome completo di Michelada preparada. In sostanza mettono del sale ai bordi di un boccale di vetro poi sul fondo mettono un dito di tequila, il succo di un limone, un pizzico di sale ed uno di pepe, qualche goccia di tabasco e qualcuna di salsa perrins, qualche cubetto di ghiaccia e poi finiscono di riempire il boccale con della Corona ghiacciata. Mescolano il tutto ed esce fuori un cocktail…” tentò di raccontarmi.

“Da fare rivoltare lo stomaco” conclusi io al suo posto.

“Con i fiocchi stavo per dire” mi corresse sorridendo “ma non avevo dubbi che l’avresti detto. Tu e le cose messicane proprio non andate d’accordo” aggiunse.

“Il fatto che ho iniziato a mangiare cibo messicano non significa che io sia diventata forte di stomaco”.

“Ma finiscila, è tutto buonissimo”.

“Non credo che sia molto credibile detto da uno che mangia ogni cosa schifosa che esiste sulla faccia del pianeta” lo rimbeccai facendogli una linguaccia.

Edward stava per rispondermi, ma non ne ebbe il tempo perché la sua attenzione venne attirata dal rombo di un paio di moto che comparvero nel film che si era ostinato a voler guardare per forza.

“Cazzo quella è una Triumph Daytona” commentò guardando una per una tutte le moto presenti “e quella una Honda VTR 1000 Sp-2. Era un po’ che non ne vedevo una” aggiunse poi indicando una tra le tante due ruote che erano a raccolta nel film.

“Hai intenzione di nominarle tutte?” domandai alzando un sopracciglio “sembrano tutte uguali” aggiunsi.

“Tutte uguali? Tu sei fuori” mi disse “quella è un’Honda CBR 1000R” iniziando ad indicarle con il dito “quella una Kawasaki Ninja e l’altra ancora un’Aprilia RSV 1000” iniziò a spiegarmi “poi ci sono…” stava per continuare indicando le ultime due moto, ma non lo feci finire.

“Una Yamaha R1 e una Yamaha R6” gli dissi riconoscendole.
Non hai detto che sembravano tutte uguali?” mi domandò retorico confermando che non mi fossi sbagliata.

“Si, l’ho detto ed è vero, ma non posso sbagliare sulle Yamaha. Devo ricordarti di quanto tu mi abbia fatto la testa come un pallone quando hai comprato la tua prima moto pur non avendo neppure gli anni giusto per guidarla?” gli chiesi ridendo.

Mi aveva fatto uscire fuori di testa visto che non parlava di altro se non di quella moto che voleva assolutamente comprare e ovviamente la scelta cadeva su quelle due tipologie di moto tra l’altro marcate dalla stessa casa costruttrice, la stessa per cui oggi faceva il pilota professionista.

Lui mi guardò e scoppiò a ridere di gusto e alla fine anche io mi lasciai andare alle risate e proprio in quel momento la porta di casa si aprì e Angela fece il suo ingresso in salone restando per nulla sorpresa dal fatto che Edward fosse ancora qui. Io e lui smettemmo di ridere subito, ma lei si scusò con lo sguardo, poi prese a parlare.

“Non volevo disturbare” disse solamente “sono solo venuta a prendere un cambio per domani” spiegò imbarazzata probabilmente dalla presenza di lui “resto a dormire da Ben stanotte” aggiunse rivolgendosi a me facendo per dirigersi di là.

Io ed Edward ci guardammo per qualche istante, poi io scrollai le spalle.

“Scusami un attimo” gli dissi “vado a parlare con lei” aggiunsi alzandomi dal divano e dirigendomi nella camera della mia coinquilina.

Non sapevo neppure cosa avrei dovuto dirgli e la paura che lei avesse capito come stavano davvero le cose si impadronii immediatamente di me.

“Posso entrare?” le domandai bussando alla porta che lei aveva lasciato semiaperta.

“Certo” mi disse soltanto “scusami, non volevo disturbarvi” aggiunse poi con tono di voce più basso.

“Non ci hai disturbati. Stavamo solo guardando un film” le spiegai sincera.

Lei non mi rispose, si limitò solo a sorridermi.

“Se vai da Ben perché di là c’è Edward non farlo. È un vecchio amico che mi è venuto a trovare, tutto qui” tentai di dire.

“Resto da Ben perché stasera ha la casa libera, non perché il tuo vecchio amico è qui” mi spiegò lei marcando un po’ sulle parole che io stessa avevo utilizzato.

“Angela…” tentai di dire non sapendo bene cosa dire in realtà.

“È lui, non è vero?” mi chiese con tatto facendo un cenno con la testa quasi come a confermarsi da sola quello che mi aveva appena chiesto.

Non era il tipo da fare domande troppo personali, ma forse aveva capito che c’era qualcosa che le stavo nascondendo, qualcosa di importante e nonostante non ci conoscessimo da tantissimo tempo ci volevamo bene e lei si stava solo preoccupando per me.

“Lui chi?”

“Edward è il tuo lui, non è così? Quello che ti ha lasciata e che ti ha spinto a venire a studiare qui a Seattle?” mi domandò “mi sto sbagliando?” aggiunse poco dopo.

Come diavolo aveva fatto a capirlo?

“Lui…” tentai di dire.

“Ho trovato una foto vostra tempo fa” mi rivelò non facendomi finire di parlare.

“Cosa?” chiesi non capendo.

“Ti ricordi quando ti ho chiesto di prestarmi Via col Vento?” prese a dire e quando io annuii lei continuò “mi hai detto di prenderlo io stessa dalla mensola che avevi in camera tua. Quando ho preso il libro per sbaglio ho fatto cadere la copia di Cime Tempestose e da lì è caduta una foto in cui c’eravate tu ed Edward. Eravate seduti al tavolo di un locale e ridevate a chiunque vi avesse fatto quella foto. Ho notato che le vostre mani erano intrecciate e mi sono ricordata della storia del tuo ex di cui non vuoi mai parlare. Ho fatto due più due e poi lui è apparso qui” mi raccontò quasi mortificata per aver invaso involontariamente la mia privacy.

Restai stupita da quello che mi aveva appena raccontato, ma non tanto perché aveva scoperto della foto quanto per il fatto che non avesse minimamente accennato alla cosa in tutto quel tempo.

“È una storia complicata” tentai di dire non avendo intenzione di mentirle.

“Sicuramente lo sarà, altrimenti non avresti fatto tante storie prima di deciderti ad andare a quella corsa con Jake e gli altri”.

“Avevo paura di rivederlo”.
Ma l’hai rivisto e adesso lui è di là. Edward Cullen è nel salone della nostra casa” mi fece notare quasi eccitata dall’idea.

“Vedi perché è così difficile parlare di lui? Edward non è solo il mio ex fidanzato, lui è anche un personaggio pubblico e non è facile dire al mondo che per me è solo il ragazzino che mi visto crescere o l’adolescente che mi ha fatto perdere la testa”.

“Lo capisco, Bella, di certo non sarà facile”.

“Non lo è infatti” gli risposi.

Ci fu un attimo di silenzio e nel frattempo lei mise nella borsa tutto quello che gli occorreva.

“Non me lo stai chiedendo, però” gli dissi.

“Cosa?”

“Come mai lui si è presentato qui”.

Angela era una discreta, questo era vero, ma a chiunque sarebbe sorto il dubbio o la curiosità.

“Avrà avuto le sue buone ragioni per farlo. Sono fatti vostri Bella, io non c’entro” mi spiegò e io riuscii solamente a sorridere.

“Come fai ad essere sempre così dannatamente perfetta?”

“Non lo so, solo che non faccio agli altri quello che non voglio sia fatto a me. Non mi sembra il caso di mettermi a curiosare su questa storia. Se e quando vorrai farlo mi dirai tu stessa quello che c’è da sapere.”

“Grazie Angela, sei un vero tesoro” gli dissi.

Lei mi guardò e mi sorrise, poi mi fece cenno di tornare di là visto che lei aveva finito.

“Bella?” mi chiamò prima che raggiungessimo di nuovo il salone.

“Si?”

“Visto che sono un vero tesoro” prese a dire ripetendo le mie parole “non è che mi faresti fare il suo autografo sul pallone da basket che ho comprato a Ben per il suo compleanno?” mi chiese.

“La firma di un pilota di moto su un pallone di basket?” gli domandai curiosa.

Di solito non funzionava così.

“Beh il basket e le moto sono la sua passione, quindi faccio l’uno e l’altro” mi spiegò “tranquilla che al massimo gli dirò che me l’hai fatto autografare tu quando sei andata a vedere la corsa” continuò.

La guardai e scoppia a ridere, poi le baciai una guancia.

“Non credo ci saranno problemi. Avrai la tua palla autografata” gli dissi.

“Grazie mille” mi rispose lei sorridendo mentre eravamo già arrivate in salone.

“Non dovresti dire grazie a me?” domandò Edward quando ci vide rivolgendosi proprio ad Angela.

“Scusa?”

“Io ti autografo il pallone e tu ringrazi lei? È assurdo” si lamentò lui scherzosamente.

“Ma tu non stavi vedendo il film?” lo rimproverai io.

“Infatti” mi rispose “ma le mie orecchie funzionano ancora bene e il corridoio e il salone non hanno porte che impediscano di sentire” mi spiegò senza troppi giri di parole.

Era evidente che avesse sentito solo la parte di conversazione inerente l’autografo e ringraziai che fosse così. Non avevo detto nulla di particolare ad Angela, ma non mi andava comunque che lui ci ascoltasse. Erano cose da donna.

“Beh se dici così significa che è un si?” gli domandò Angela sorridendo.

“Per cosa? Per l’autografo?” chiese lui.

“Esattamente”.

“Beh faccio autografi a completi sconosciuti e non dovrei farlo a te che mi hai fatto entrare in casa tua lasciandomi addirittura da solo? Avrei potuto essere un maniaco, lo sai?” ci scherzò su lui.

“Sei Edward Cullen” gli rispose lei come se quel nome la dicesse lunga sulla persona che lui fosse nella vita.

“Un nome una garanzia” commentai io per prenderlo in giro, ma non feci in tempo di aggiungere altro perché mi arrivò un cuscino dritto in faccia “stronzo” commentai mentre lui prese a ridersela sotto i baffi.

“Così impari” mi rispose lui mentre io presi quello stesso cuscino che mi aveva lanciato e lo tirai verso di lui che, però, riuscii a spostarsi “hai sempre perso a questo gioco con me, dovresti saperlo che ho i riflessi troppo pronti” continuò come se nulla fosse.

Sembravamo due vecchi amici che si ritrovano, due amici che avevano un passato comune, ma in realtà noi avevamo ben altro in comune.

“Bene, io vi lascio scornarvi. C’è Ben sotto che mi aspetta” spiegò Angela ridendo per il nostro siparietto “è stato un piacere conoscerti e grazie per l’autografo che devi ancora firmare” aggiunse lei prima di voltarci le spalle per uscire “ah Bella, il pallone è nella borsa blu ai piedi del mio letto” mi spiegò per indicarmi dove lo avrei trovato.

Non ebbi il tempo di aggiungere nulla perché lei uscì veloce come era entrata, mentre io mi buttai nuovamente sul divano insieme a Edward.

“È tutto apposto?” mi chiese subito dopo.

Era chiaro si riferisse alla chiacchierata che avevo fatto con Angela.

“Diciamo di si”.

“Diciamo?”

“Beh a quanto pare lei sapeva di noi e non me l’aveva mai detto”.

“In che senso?”

“Ha trovato nella mia camera una nostra vecchia foto e ha capito che il mio ex non eri altro che tu”.

“E l’ha capito da una foto?”

“Eravamo mano nella mano” gli spiegai “è la foto che ci ha scattato Jasper quando siamo andati a quel nuovo pub che avevano aperto vicino casa di Vic. Ti ricordi?” continuai.
La serata si, ma non ricordo che avevamo fatto delle foto”.

“Eri mezzo ubriaco” lo informai “ti sarà sfuggito” continuai ridendo.

“Che stronza che sei”.

“Ho solo detto la verità”.

Ci fu un attimo di silenzio, poi lui riprese a parlare.

“Quindi hai ancora le nostro foto”

“Che razza di domanda idiota è?”

“Non era una domanda, infatti, solo una costatazione”.

“Scusa, ma perché mai non dovrei avere più le nostro foto?”

“Non lo so, ti immaginavo a bruciarle mentre mi maledicevi”.

“Tu sei idiota”.

“Avanti su, ammettilo che hai fatto un pupazzo vudù con la mia faccia iniziando a puntellarlo con gli spilli”.

Lo guardai e scoppiai a ridere.

“Chi te le fa venire in mente queste idiozie?” commentai ridendo.

“Io al posto tuo l’avrei fatto” continuò lui chiaramente scherzando.

“O magari invece posso prendere uno spillo e puntellare te adesso, invece che un semplice pupazzo” tentai di dire giocosamente.

“O magari invece possiamo semplicemente finire di vedere questo film che ha dell’inverosimile” commentò facendo finta che io avrei davvero fatto quello che avevo detto.

“Te l’ho detto che non ti sarebbe piaciuto” commentai fiera di me stessa.

Lo conoscevo e non avevo dubbi sul suo pensiero in merito. Il film era ambientato nel deserto americano e raccontava la storia di un ragazzo tornato a casa dopo essere stato lontano per sei mesi ed aver lasciato tutti senza sue notizie, compresa la sua fidanzata. Sulla testa del ragazzo incombeva una falsa accusa per spaccio di droga ed aveva sulle sue traccia sia l’FBI sia la banda di un uomo che, in realtà, era il vero responsabile del losco traffico. La fidanzata inizialmente sembrava non volerne sapere di lui, l’uomo della droga gli stava alle calcagne e un altro ragazzo con la sua banda di amici motociclisti lo voleva morto per vendicare la morte del fratello in quando lo credeva, ingiustamente, l’omicida. La situazione per il protagonista è altamente spinosa, ma lui grazie all’aiuto dei suoi due amici e della ritrovata fidanzata riescono a risolvere ogni cosa restando coinvolti in una lotta senza quartiere a 100 miglia all’ora per salvare la pelle.

Edward non mi rispose, ma continuò a guardare il film senza aggiungere altro.

“Questa frase l’hanno copiata da Fast and Furious” commentò sentendo il protagonista dire una delle frasi più celebri dell’ancora più celebre saga di corse e battaglie di auto “è chiaramente una frase di Toretto” aggiunse riferendosi a uno dei protagonisti proprio di quel film.

La frase in questione era: Vivo la mia vita un quarto di miglia alla volta.

“Credo sia un omaggio proprio a Fast and Furious” gli risposi.

Lui non aggiunse nulla e continuammo a guardare il film, ma pochi minuti dopo lui interruppe nuovamente il silenzio.

“Hai visto la scritta latina sulla giacca del protagonista?” mi domandò.

A dire il vero non ci avevo fatto caso, così aspettai che lo inquadrassero e compresi ciò che Edward volesse dirmi.

Sulla giacca rossa faceva bella mostra di sé la scritta bianca “Carpe Diem”.

“Cogli l’attimo” tradussi a voce alta.

“Esattamente” mi rispose.
E allora?”

“Dovremmo prendere esempio”.

“Il nostro attimo è finito da un pezzo” gli risposi conscia di non voler tornare a parlare di noi.

Si stava così bene così che avevo paura ad intavolare una qualunque conversazione che avrebbe potuto far scaldare gli animi come poco prima.

“Il nostro attimo è esattamente quello che scegliamo. L’attimo è adesso, non domani, non fra una settimana, non fra un anno”.

“Dove vuoi arrivare?”

“Tu pensi troppo a quello che sarà dopo, non riesci a goderti quello che hai adesso, quello che potresti avere adesso. Il giorno migliore è oggi, non ieri, non domani” mi spiegò.

Lo guardai e gli sorrisi senza riuscire ad aggiungere nulla. Sapevo perfettamente che aveva ragione, ma forse non lo avrei mai ammesso a voce alta. Mi avvicinai di più a lui e appoggiai la mia testa sulla sua spalla stringendomi a lui. Edward mi lasciò fare senza dire nulla e in silenzio riprendemmo a guardare il film, anche se mancava davvero poco alla conclusione.

Non appena i titoli di coda apparvero la bolla che avevo creato intorno a noi parve esplodere. Avrei tanto voluto restare in quella posizione ancora per un po’, ma non mi era concesso.

“Allora?” gli chiesi “ti è piaciuto o avevo ragione io?” continuai curiosa dopo aver spento la tv.

“La trama potrebbe anche non essere male, ma è fatto malissimo. Effetti speciali che sembravano fatti dai bambini, scene scanzonate e al limite del surreale, per non parlare dell’ultima scena che oltre ad essere paradossale è anche girata in modo pessimo” commentò in modo molto critico.

Di solito non si metteva ad analizzare così bene un film, ma in quel caso si trattava della sua materia quindi era ovvio che ci mettesse più attenzione.

“Te l’avevo detto io” gli risposi.

“Una cosa però mi è piaciuta”.

“Cosa?” chiesi.

“La ragazza era davvero carina” mi rivelò sorridendomi sghembo.

“Se ti piacciono le bionde” commentai infastidita “e comunque sia anche lui era davvero bello” aggiunsi.

Il protagonista era carino si, ma nulla di che. Avevo solo ingigantito un po’ la cosa per riuscire a rispondergli a tono e non mi spiegavo neppure il perché di quella mia reazione.

“Si è vero” mi rispose dandomi ragione “ma nulla a che vedere con lei. Aveva curve da far paura” aggiunse riferendosi sempre all’attrice senza farsi scomporre minimamente da quello che avevo detto io.

“Pensavo che le uniche curve che guardassi sono quelle della strada” gli dissi infastidita.

“Ci sono anche altre curve che è bene ammirare”.

“Sarà”.

“Quella lì poi, vestita in quel modo faceva…” tentò di dire.

“Ok, ho capito. Non serve che continui” aggiunsi decisamente sull’orlo della gelosia più assoluta.

Ero ridicola, semplicemente ridicola e lui, in tutta risposta prese a ridermi in faccia.

“Cosa c’è di divertente?” gli domandai.

“Tu che sei gelosa, ma ti sforzi di non esserlo o comunque di non apparire tale è davvero divertente”.

“Io non sono gelosa” gli risposi colpita e affondata.

“Certo, l’importante è crederci” mi rispose “e comunque sia preferisco ancora le more” continuai.

“Beh non si direbbe visto che ti scopi una bionda niente male” aggiunsi e solo dopo mi resi conto di averlo detto a voce alta.

Lui mi guardò e alzò un sopracciglio.

“Ti riferisci a Tanya?”

“Non si chiamava così?” domandai retorica.

“Siamo solo amici”.

“Da quando si va a letto con gli amici?”

“Ti stai davvero arrabbiando per questo?”

“No, non lo sto facendo” tentai di dire cercando di darmi una calmata.

“Si, invece”.

“Ti ho detto di no”.

Lui rimase in silenzio per qualche secondo, poi si voltò e puntò i suoi occhi nei miei.

“Quindi tu puoi avere un ragazzo che può decidere di scoparti tutte le volte che vuole e io non dovrei avere nessuna?” mi domandò retorico “è così che funziona?” aggiunse.

“Non volevo dire questo”.

“E allora cosa?”

Abbassai lo sguardo non volendo aggiungere altro.

“Niente, lascia stare”.

“No, non lascio stare” mi rispose sicuro di sé.

Lo guardai e compresi che fino a quando non avrei parlato non si sarebbe arreso.

“È solo che mi da noia pensare a te che ti scopi altre ragazze” gli rivelai sincera.

Lui cambiò totalmente espressione e si passò una mano tra i capelli come faceva tutte le volte che era nervoso.

“Ti da noia?” mi urlò quasi “hai idea, invece, di quanto faccia incazzare me sapere che c’è qualcuno nella tua vita che ti tocca come solo io potevo fare? Eri la mia donna, la mia” continuò sempre con lo stesso tono.

“Hai detto bene: ero”.

Come al solito non riuscivamo a stare insieme per troppo tempo senza finire per litigare. Succedeva sempre. Questa era la costante del nostro rapporto.

“Sei tu che vuoi questo”.

“Io lo voglio adesso. Tu l’hai voluto prima” gli feci notare.

“Quindi mi stai punendo?”

“Senti, basta” gli dissi “ho sbagliato non dovevo dire nulla su Tanya o su chiunque altro tu ti sia portato a letto. Mi dispiace” gli rivelai chiaramente mentendo.

“A me no, invece. A me non dispiace quello che ho detto perché è la verità”.

“E quindi?”

“E quindi un cazzo”.

Si alzò dal divano e si accese una sigaretta prendendo a camminare avanti e indietro per il salone.

“Non potresti semplicemente tentare di mettere da parte il passato e darci una possibilità?” mi domandò “la ragazza del film l’ha fatto” tentò di dire non sapendo più dove aggrapparsi.

Lo guardai e mi venne da sorridere per l’esempio che aveva appena fatto.

“La ragazza del film non è reale”.

“Noi invece si e tu stai mandando a puttane qualcosa che, in fondo, vogliamo entrambi solo perché hai paura”.

“Stiamo affrontando nuovamente il discorso di prima?”

“No, non lo stiamo facendo o forse si, non lo so” mi rispose “comunque sia è vero, tu hai paura e io non posso fare nulla per togliertela, non adesso. Le tue paure possono andare via solo con il tempo, solo stando con me” aggiunse.

Rimasi in silenzio senza aggiungere nulla per qualche istante, poi tornai a guardarlo.

“Torni a sederti qui con me?” gli domandai indicando il divano.

Lui non se lo fece ripetere due volte e quando lo ebbi di nuovo accanto ripresi a parlare.

“Ammettiamolo Edward, noi siamo troppo diversi per stare insieme. Abbiamo in comune solo la cocciutaggine e l’orgoglio ed entrambi amiamo bere Corona e fumare Marlboro. Per il resto niente ci lega”.

“Le senti le cazzate che stai dicendo?” mi domandò.

“Facciamo un gioco, ti va?”

“Un gioco?” mi domandò stranito “cazzo Bella, non abbiamo più dieci anni” continuai.

“Ti va o no?”

“Che gioco, sentiamo?” mi chiese comprendendo che non avrei ceduto.

“Io dico una cosa che mi piace e poi ne dici una tu finchè non riusciamo a trovare una cosa che piace ad entrambi” proposi.

Era stupido, ma era l’unico modo che avevo per fargli capire cosa pensavo.

“È ridicolo”.

“Proviamo”.

“Cosa vuoi dimostrare con questo?”

“Che non ci accomuna niente”.

“Gli opposti si attraggono e per noi è sempre stato così”.

Lo guardai e compresi che aveva poca voglia di assecondarmi, così decisi di iniziare comunque.

“A me piacciono le fragole”.

“Smettila”.

“Mi piacciono le fragole” ripetei.

Lui mi guardò e vedendo il mio sguardo decise di arrendersi e sbuffò prima di cominciare a parlare.

“A me le ciliegie”.

“La musica melodica”.

“L’house”.

“Il pianoforte”.

“La batteria”. 

“La macchina”.

“La moto”.

“I libri”.

“I film”.

“Il giorno”.

“La notte” mi rispose “per quanto ancora dobbiamo continuare?” mi domandò.

Finchè non troviamo una cosa che ci accomuna”.

“Vuoi davvero continuare questo gioco stupido?” mi chiese.

“Si”.

“Bene. Allora la prossima la dico io” mi disse con sguardo un po’ troppo furbo, ma cercai di non farci caso.

“Ok, vai”.

“Tu”.

“Che?”

“Mi piaci tu” mi disse “avanti, rispondi a questa altrimenti fine del gioco” continuò.

Lo guardai e sbuffai, me l’aveva fatta.

“Sei un’idiota” gli dissi non potendo aggiungere altro.

Era ovvio che a quel “tu” avrei dovuto rispondere allo stesso modo perché era chiaro come il sole che così come io piacessi a lui, lui piacesse a me.

“No, non lo sono. Volevi giocare e abbiamo giocato” prese a dirmi “e a quanto pare abbiamo trovato quello che ci accomuna. Entrambi vogliamo l’altro”.

“Non vale questo”.

“Oh si che vale. Tu non hai specificato cosa si poteva o non poteva dire. E tanto per la cronaca saremmo anche diversi, ma cose in comune ne abbiamo tante”.

“Per esempio?”

“Bella non starò qui ad elencare cose che già conosci e non me ne frega nulla se a te piacciono le fragole e a me le ciliegie, se ti piace il giorno e a me la notte. Nessuna storia è mai andata avanti di queste sciocchezze”.

“Lo so”.

“E allora perché dobbiamo fare gli stupidi?”

“Perché volevo solo stare qui con te a parlare di tutto tranne del fatto che non riesco a fare quello che vorrei fare”.

“E cosa vorresti fare?”

“Lo sai”.

“No, non lo so”.

“Ti stringerei a me e non ti farei mai più andare via”.

“E perché non lo fai?”
Perché non posso”.

“Quindi non vuoi stare con me, ma allo stesso tempo non vuoi lasciarmi andare” mi fece notare.

Annuii senza riuscire ad aggiungere altro e così fui lui a parlare nuovamente.

“E quindi che dobbiamo fare? Quali sono le tue intenzioni?” mi chiese “perché mi hai chiesto di restare qui con te ancora un po’?” mi domandò.

Io continuai a mantenere il silenzio senza sapere cosa dire e lui mi studiò guardandomi attentamente negli occhi, poi arrivò alla soluzione perché scosse la testa incredulo.

“Volevi che restassi perché speravi che io combinassi un qualche casino dei miei decidendo così per te. Mi sbaglio?” mi domandò, ma vedendo che non rispondevo tornò a parlare “mi sbaglio?” ripetè alzando la voce.

“Tu fai così Edward, tu rovini le cose. Prova a pensarci. Ogni vola che c’è un problema tu hai sempre perso il controllo e lo fai anche quando si tratta di noi”.

“E se, invece, stavolta non lo avessi fatto? Se non ci fosse stato nessun problema?” mi domandò retorico “mi dispiace Bella, ma questa volta non ti faciliterò il lavoro. Se c’è qualcosa che devi capire dovrei capirla da sola” concluse distogliendo lo sguardo da me.

Ci fu un attimo di silenzio nel quale io restai colpita dalle sue parole, non sembrava più nemmeno l’Edward che avevo conosciuto. Quegli anni, probabilmente non lo avevano cambiato, ma certamente lo avevano reso una persona decisamente più matura.

“E quindi adesso te ne andrai?” gli chiesi sperando che mi dicesse che non l’avrebbe fatto.

“Tu vuoi che me ne vada?” mi domandò voltandosi nuovamente a guardarmi.

“No”.

“E cosa vorresti?”

“Restare per un po’ qui con te, tra le tue braccia” gli rivelai sincera.

Pensavo che mi avrebbe mandato al diavolo, invece, fece esattamente quello che non mi aspettavo che facesse. Allargò il braccio facendomi segno di avvicinarmi e io appoggiai la mia testa nel suo petto, mentre lui mi avvolse con il suo braccio e mi strinse a sé.

Non dicemmo più una parola. Ci fu solo e soltanto silenzio. L’unico rumore che si sentiva erano i nostri cuori che battevano all’unisono.

Non so per quanto tempo restammo in quella posizione, stretti l’uno tra le braccia dell’altra, ma prima che me ne potessi accorgere mi addormentai sprofondando nel mondo dei sogni dove Morfeo mi avvolse con il suo manto.

 

 

 

 

 

Spoiler:

“Sembra come se tu stai cercando un motivo per non stare con me e se continui a cercarlo lo troverai. Forse, ad un certo punto, bisogna lasciarsi andare e seguire quello che dice il cuore” mi disse “invece, tu dici che non vorresti lasciarmi andare, ma che devi farlo. Perché?” mi chiese.

“Perché ho paura che i problemi che avevamo, quelli che sono nati quando le moto sono cominciate a diventare anche un lavoro per te possano ripresentarsi anche oggi e non so se ho la forza di affrontarli. E non posso stare con te anche perché ci sono delle cose che non riesco a perdonarti”.

“Quali cose?”

“Che negli ultimi quattro anni non sei stato all’altezza delle mie aspettative” gli risposi conscia che quella frase potesse essere non compresa o mal interpretata.

“Che vuoi dire?” mi domandò dando conferma alle mie paure.

Dovevo essere chiara anche se ammettere quelle cose a voce altra mi avrebbe fatto male.

“Che io ti vedevo bussare alla porta del campus quando ero al college dicendomi che mi amavi e non potevi né volevi starmi lontano. Mi svegliavo tutte le mattine pensando che sarebbe successo e ci ho impiegato quasi un anno intero a capire che non sarebbe mai successo. Non posso perdonarti la delusione che provavo tutte le sere quando mi mettevo a letto e tu non eri venuto, non posso perdonarti la speranza che avevo poi la mattina successiva quando mi dicevo che quello era il giorno giusto per vederti comparire” gli rivelai mentre lui iniziò a guardarmi con sguardo decisamente ferito.

 

 

…Sic58…

 

 

Per chi volesse seguirla ho in corso un’altra storia sempre con protagonisti Edward e Bella. Si intitola “This crazy love” e la trama è la seguente:

Isabella Swan è una ragazza di Seattle che conduce una vita normale finchè qualcosa non irrompe nella sua normalità sconvolgendo ogni cosa. È per questo che, insieme al fratello, decide di trasferirsi a New York dal padre per iniziare una nuova vita cercando di buttarsi alle spalle il suo passato. Qui conosce degli amici e sembra ritrovare un’apparente stabilità. 
È nella Grande Mela che incontra Edward Cullen, un ragazzo difficile dal passato oscuro. Lui è sexy, miliardario, irresponsabile, ribelle, irrispettoso delle regole e, a volte, perfino autodistruttivo. Un ragazzo cresciuto tra i motori, le donne e il sesso e che vive la sua vita in continua lotta con il mondo, sempre accompagnato dagli amici di una vita.
Bella ed Edward non potrebbero essere più diversi, eppure sullo scenario di una New York magica e caotica i due si incontrano, si scontrano e imparano a conoscersi, ma tanti ostacoli li attendono dietro l’angolo.
Lei lotta con le questioni irrisolte che ha lasciato a Seattle, mentre lui combatte ogni giorno con le scelte passate, tra tutte quelle di essersi allontanato inesorabilmente dalla sua famiglia.
Saranno in grado di scacciare via i fantasmi passati e aprirsi nuovamente, o per la prima volta, all’amore?

Vi lascio anche il mio contatto facebook nel caso qualcuno voglia contattarmi: https://www.facebook.com/sic.efp

Vi lascio inoltre anche il link della pagina facebook che ho creato dove troverete spoiler, anticipazioni e quanto altro sulla storia e dove risponderò a qualunque vostra domanda. La pagina è stata creata proprio per aggiornarvi sulle storie di mia invenzione e vi aggiornerò spesso e volentieri di ogni cosa. Specificherò sempre in alto di che storia si tratta, in modo che chi non segue le altre potrà comunque tenersi informato con questa. Il link è il seguente: https://www.facebook.com/pages/This-crazy-love/395351823906419?ref=ts&fref=ts

 

  
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