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Autore: Vibia Matidia    27/08/2014    2 recensioni
Per tutta risposta, Laura si bloccò, portandosi una mano alla bocca. Lo aveva riconosciuto, tutto combaciava. Non riusciva quasi a crederci. Eppure era lì, davanti a lei, in carne e ossa. Vivo.
E dire che aveva studiato tanto le sue gesta, sui libri di scuola. Anche i suoi ritratti: ecco perchè il suo volto le pareva familiare!
«Tu sei Augusto...»
«Chi?»
«Dove stai andando? Sei da solo?»
«A quanto pare, sì, sono solo. Ti dirò tutto: sto andando a Munda, dove mi sta aspettando mio zio»
«A sconfiggere Sesto, giusto?».
Ottavio restò perplesso. «Come lo sai?»
Laura gli sorrise. «Dovrò spiegarti moltissime cose»
«Per esempio?»
«Siamo nell'anno duemilasettecentosessantaseiesimo ab Urbe condita. Mi sa che hai appena viaggiato nel tempo».
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Antichità greco/romana
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Capitolo 2
Di reflex e caligae

 
Laura, quel giorno, aveva deciso di salire sulla collina dietro casa sua, alle spalle di Sestri Levante, a provare la reflex che i suoi genitori le avevano regalato per l'esame di maturità, passato a pieni voti. 
Era stata assai contenta di riceverla: ora aveva un'estate intera per fare pratica, prima che iniziassero le lezioni all'università.
Aveva scelto lettere antiche. Sin da piccola, le lingue la affascinavano, soprattutto quelle morte. Per questo aveva insistito per il liceo classico, e ne era uscita egregiamente. Ora si stava godendo l'ultima estate libera in tranquillità. Aveva inforcato un paio di bermuda di jeans e l'unica T-shirt che non era a lavare, di un arancione acceso, e si era incamminata per il bosco, macchina fotografica alla mano.
Era nel lecceto. Gli scarponi da escursione affondavano nel fogliame, mentre risaliva il pendio. Si fermava ogni tanto a scattare, quando notava qualche particolare sotto un effetto di luce interessante, poi continuava la salita. Era arrivata quasi in cima.
Lo schiocco improvviso di un rametto spezzato la bloccò.
C'era qualcosa, o qualcuno.
Senza perdere il contatto visivo, raccolse il primo bastone che le capitò tra le mani, e brandendolo si avvicinò alla fonte del rumore. Era un animale? Oppure un malintenzionato?
Dapprima scorse un piede. Era avvolto in uno strano stivaletto con lacci, di cuoio sottile, che arrivava sino al ginocchio. Sembravano proprio delle caligae da antico Romano. Sopra, una tunica blu slavato, fermata in vita da una cintura, da cui pendeva una spada nel fodero. Anzi, non una semplice spada, un gladius! Era simile a quelli che aveva visto ne "il Gladiatore" di Ridley Scott, solo più semplice, forse.
Laura scoppiò inevitabilmente a ridere, per poi fissare in viso il ragazzo.
Poteva avere la sua età, occhi e capelli castani, non molto corti, che gli ricadevano sulla fronte, molto ampia. Il naso era molto pronunciato, ma comunque dritto, e sottile. I suoi tratti le erano decisamente troppo familiari.
Lui, nel frattempo, la osservava evidentemente contrariato, mentre era seduto carponi, con le mani poggiate sul fogliame dietro a fare da puntello.
«Spiegami che accidenti ci fa nel mio bosco uno in cosplay da antico Romano. Anche abbastanza poraccio, lasciatelo dire», esclamò, ancora sogghignando.
Dal suo ora stranito interlocutore, solo silenzio; poi, una domanda:
«Quis es? Non comprehendo».
Laura si bloccò, perplessa. «Non mi capisci? Ah, vediamo... Do you speak English? Do you understand me now?». Benedetto fosse il FCE, e il momento in cui aveva deciso di darlo!
Ma il giovane scosse la testa.
Laura si passò una mano nei capelli, a disagio.
«Ego sum Gaius Octavius Thurinus», soggiunse lui con tono conciliante, mentre si alzava in piedi.
Laura sgranò gli occhi. «Uteris lingua Latina?», gli rispose esitante. Non aveva mai provato a parlare in latino, e ora questo strambo ragazzo non capiva altro che questa lingua. Pensò a uno scherzo, e decise di stare al gioco. Poteva permetterselo, dopo cinque anni passati all'infer.. ehm, al liceo classico. Anzi, poteva essere un modo per vedere se il suo interlocutore si stesse prendendo gioco di lei. Gli avrebbe reso pan per focaccia. Mai mettersi contro una classicista!
Il ragazzo, Gaio Ottavio, come aveva detto di chiamarsi, si illuminò alla sua domanda: «Sic est! Romanus sum. Quid est nomen tuum? Ubi sumus ac ubi sunt meae copiae?». Alla scarica di domande, Ottavio si fermò, e aggiunse, incoraggiante: «Recte loqueris linguam Latinam».
[n.d.a. Da qui in poi, benchè mi dispiaccia, sono costretta ad abbandonare il latino per facilitare la comprensione dei dialoghi! Il corsivo è ciò che viene detto in latino e tradotto qui sul testo in italiano; lo stampatello normale è ciò che viene detto direttamente in italiano! ;) ]
«Truppe? Quali truppe?» balbettò Laura, suo malgrado stupita e a disagio per la velocità del giovane nel parlare latino. Decisamente, o era stato a un liceo più arduo del suo, o veniva direttamente dall'antica Roma.
«Sì, quelle che stavo conducendo nelle Gallie! Ci eravamo accampati qui...»
Laura lo bloccò, e riprese l'italiano, stranamente intimorita da quello che stava udendo: «Senti, se mi stai prendendo in giro, ti consiglio di smetterla, ok? Ammetto che sia bello parlare in latino, ma nessuno lo parla più al giorno d'oggi, è una lingua morta, ahimè. Piantala con questi giochetti».
Ottavio si fermò e la guardò di nuovo stranito. Poi sospirò.
«Non capisco la tua lingua, ma parlavi bene la mia, hai un'ottima pronuncia. È strano, per una barbara...».
«Io non sono una barbara! Sono Italiana», sbottò lei, per poi aggiungere: «Mi chiamo Laura»
«Laura? È strano... Sembra proprio un nome latino...»
«Infatti lo è: significa "cinta da una corona di alloro", quindi "vincitrice"»
«Sempre meglio di Ottavio, l'ottavo. Quindi non sei una barbara, hai un nome decisamente latino. Ma perchè sei vestita così?»
«Tutti ci vestiamo così. Tu piuttosto, perchè sei vestito da antico Romano?»
«Antico? Io sono Romano, te l'ho già detto»
«Cosa significa, che sei Romano? Sei nato a Roma?»
«Sì, sono nato nel seicentonovantesimo anno dalla fondazione della Città, il nono giorno prima delle Calende di Ottobre, sul Palatino».
Laura prese a contare con le dita delle mani. «753 meno 690.. 63! No, aspetta, non puoi essere nato nel 63 avanti Cristo!... Ma tu chi sei veramente??» sussurrò.
Lui sospirò, e, immaginando cosa lei volesse dire nella sua lingua, rispose: «Gaius Octavius Thurinus».
«Gaio Ottavio, Gaio Ottavio.. Gaius Iulius Caesar?», azzardò lei. Voleva vedere la sua reazione.
Difatti il volto del giovane si illuminò. «Conosci mio zio?»
Per tutta risposta, Laura si bloccò, portandosi una mano alla bocca. Lo aveva riconosciuto, tutto combaciava. Non riusciva quasi a crederci. Eppure era lì, davanti a lei, in carne e ossa. Vivo.
E dire che aveva studiato tanto le sue gesta, sui libri di scuola. Anche i suoi ritratti: ecco perchè il suo volto le pareva familiare!
«Tu sei Augusto...»
«Chi?»
«Dove stai andando? Sei da solo?»
«A quanto pare, sì, sono solo. Ti dirò tutto: sto andando a Munda, dove mi sta aspettando mio zio»
«A sconfiggere Sesto, giusto?»
Ottavio restò perplesso. «Come lo sai?»
Laura gli sorrise. «Dovrò spiegarti moltissime cose».
«Per esempio?»
«Siamo nell'anno duemilasettecentosessantaseiesimo ab Urbe condita. Mi sa che hai appena viaggiato nel tempo
».

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Havete omnes!
Ecco a voi il secondo capitolo! 
Devo confessarlo, pagherei oro per poter incontrare un qualche personaggio dal passato; per Ottaviano Augusto sarei disposta a donare la mia adorata copia del 'Signore degli Anelli', e ho detto tutto.
Nel frattempo, mi pare legittimo scriverci su.. XD
Ah, per la cronaca, la storia è ambientata nell'estate del 2013 (2766 ab Urbe condita, appunto!).
Cosa succederà al diciottenne Augusto, capitato, suo malgrado, nel ventunesimo secolo?
Eheheh, ne vedremo delle belle...
Alla prossima puntata!

Valete, et salve!
Vibia
   
 
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