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Autore: DarrenCrissArmy    04/09/2014    5 recensioni
"Alessio...io ti dico si"
Questa è la storia di Alessio, 25 anni, romano. Alessio ha un sogno: vuole partecipare a XF14. Per farlo e dimostrare a suo padre che essere gay non è un errore, avrà bisogno dell'aiuto di sua cugina e dell'amore per un cantante straordinario: Mika!
enjoy!
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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mika 26 fine

Cap 26

The Origin of Love

Epilogue

“From the air I breathe to the love I need

Only thing I know you’re the Origin of Love

From  the God above to the one I love

Only thing that’s true  the origin is you”

 

“You’ve got the words to change a nation

But you’re biting your tongue

You’ve spent a lifetime stuck in silence

Afraid you’ll say something wrong

If no one ever hears it how we gonna learn your song?

So come on, come on

Come on, come on”

 

Sono  passati due anni da quando ho vinto X Factor, e mai come ora sono convinto di riuscire a guardare indietro e di poter tracciare un bilancio della mia vita fino ad ora.

Subito dopo la mia vittoria io e Mika siamo andati a vivere insieme e abbiamo cercato di farlo senza dare molto nell’occhio ma anche evitando di nasconderci.

Lo vedete quel palazzo vicino a Villa Borghese nel cuore di Roma, quello tinto di bianco in stile liberty? Ecco, è lì che viviamo, nell’attico, quando non siamo in giro per concerti.

Ci avremmo passato si e no due settimane, giusto il tempo di un trasloco e delle vacanze di natale. Poi, è stato una montagna russa di emozioni.

Si da quando, un paio di mesi dopo la mia vittoria, tornai a casa in fretta e furia perché doveva parlarmi.

“Vuoi venire in tour con me?”

Furono queste le parole che gli uscirono dalle labbra, prima che io pensassi solo a chiedergli il perché di quella chiamata improvvisa. Mi guardava speranzoso, appollaiato sul bracciolo della sua poltrona preferita, un tic nervoso nelle mani che non riuscivano a stare ferme.

“Apriresti tutti i miei concerti del tour e potresti cantare le tue canzoni, faremmo dei duetti…  rimarresti con me. Non voglio lasciarti” aggiunse subito, in risposta alla mia occhiata interrogativa. Non fece neanche in tempo a finire la frase, mi lanciai verso di lui, baciandolo con foga e sbattendolo allo schienale della poltrona.

“Wow, lo prendo per un si” sussurrò, prima di passarmi una mano sulla schiena ed approfondire il bacio.

Non ero un tipo da discorsi complicati quanto uno da lunghe riflessioni. Eppure quella volta non avevo avuto bisogno neanche di un secondo di tempo per accettare. Semplicemente il mio cuore aveva deciso per me, la discussione con la mia mente non aveva avuto ragione di iniziare.

Così lo avevo seguito in tour. In due mesi avevo visto mezzo mondo, coperto quasi 2oomila chilometri – più di quanto avessi mai immaginato di viaggiare in tutta la mia vita- e aperto i concerti del mio ragazzo.

 

You’ve got a heart as loud as lions

So why let your voice be tamed?

Maybe we’re a little different

There’s no need to be ashamed

You’ve got the light to fight the shadows

So stop hiding it away

Come on, come on”

 

Questa è la mia storia. Non voglio insegnare, perché non ne sarei capace, ma solo raccontare quali miracoli a volte l’amore sia in grado di compiere. È riuscito a trasformarmi da un timido ragazzino avverso al mondo e che credeva di aver toccato il fondo ad un uomo contento della vita che si è guadagnato, speranzoso verso il futuro e alleggerito dall’amore.

Mika. Mika è sempre stato il mio faro, la mia ancora di salvezza nella tempesta. Lui, i suoi modi di fare, il suo profumo, i suoi occhi, la sua voce, il suo sorriso.

 

“I wanna sing, I wanna shout

I wanna scream ‘til the words dry out”

Potrei  rimanere delle ore a raccontare cosa voglia dire per me alzarmi ogni mattina con lui attaccato al mio fianco, i capelli ricci perennemente stravolti e appiccicati alla mia faccia quanto alla sua.

Potrei parlarvi di come trascorriamo la nostra vita, in barba a tutto e a tutti , staccando il telefono ogni volta che ci fermiamo in un posto per più di 72 ore, chiudendo le imposte e lasciando che il nostro amarci ed appartenerci l’uno l’altro prenda il sopravvento fino al prossimo volo.

 

 “So put it all of the papers

I’m not afraid

They can read all about it, read all about it, oh”

Potrei raccontarvi con le lacrime agli occhi per le risate  di ogni volta in cui, durante i concerti ci accorgiamo di come l’altro cammini con aria sofferente e di come, girandosi a lanciare improperi, si accorgi che anche il suo compagno è nelle stesse condizioni.

Oppure vi diremmo di quando ci chiedemmo di sposarci contemporaneamente, o magari questa  davvero da raccontare.

Eravamo a Parigi – terribilmente cliché, ma che volete farci? Quella città mette in testa strane idee- e avevamo deciso di andare a cena fuori quella sera, niente di impegnativo, o almeno così volevamo far credere all’altro.

Già da come arrivammo, entrambi con i fiori preferiti dell’altro tra le mani, avrei dovuto capire come si sarebbe prospettata la serata, incredibilmente romantica con una cena al lume di candela, frasi sussurrate e talmente amorevoli da togliere il fiato con uno sguardo.

 

“At night we’re waking up the neighbours

While we sing away the blues

Making sure that we’re remembered, yeah

Cause we all matter too

If the truth has been forbidden then we’re breaking all the rules

So come on, come on

Come on, come on”

 

O avrei dovuto aspettarmelo quando si mise al piano, cantando con voce carezzevole  Read all about it, solo per me, per noi. Amavo quella canzone, poi cantata da lui… la sua voce non la finiva mai di emozionarmi, così calda e imprevedibile quando finiva sui falsetti, il suo amato chante oriéntal  che solo lui riusciva a fare.

Avevo i brividi.

E quando, sfumando sulle ultime strofe, mi chiese “Will you marry, me?”, portando all’altezza dei miei occhi una scatolina di seta blu contenente una semplice fascetta argentata  non seppi come, ma resistetti alle lacrime giusto il tempo di mostrargli la mia e rispondergli “Si, se lo vuoi anche tu”.

Guardò l’anello che avevo scelto per lui solamente di sfuggita, fu troppo occupato a lasciare il pianoforte per correre a baciarmi e sussurrarmi un “Si” pieno di amore e felicità.

“Si” che continuammo a ripetere mentre ci guardavamo negli occhi e ci scambiavamo piccoli baci a stampo, dicendolo ogni volta respirandoci sulle labbra.

Quando finalmente riuscii a mettergli  il mio anello, lui lo fissò, percorrendo con un dito le due piccole note musicali che vi avevo fatto incidere e che splendevano contro l’argento.

“Non è giusto, il tuo è più bello” borbottò “Io non te l’ho scelto così.. perfetto” disse, guardandomi imbronciato. Non potei fare a meno di sorridere, passando una mano sulla sua guancia e perdendomi nei suoi occhi “Invece a me lo sembra” sussurrai. Posai le mie labbra sulle sue “Perfetto” ripetei mentre sentivo le sue labbra modellarsi perfettamente sulle mie e chiedere subito più accesso alla mia bocca.

Accesso che diedi senza neanche pensare che ci trovassimo in un ristorante, con centinaia di occhi puntati addosso.

Inutile dire che quella sera  pagammo e ci fiondammo a casa, impazienti di dare libero sfogo al nostro amore. Quella fu una delle notti più belle della mia vita, piena di dolcezza, coccole e attenzioni. Così come prometteva di essere la nostra vita da quel momento in poi.

 

“Let’s get TV and the  radio to play our tune again

It’s about time we got some airplay of our version of  events

There’s no need to be afraid

I will sing with you my friend

Come on, come on”

 

Quella fu solo una delle volte in cui ci demmo da fare in circostanze non proprio propizie ed in situazioni scomode. Come quando, prima del concetto di apertura del suo tour, me lo trascinai in camerino perché stavo per avere un attacco di panico e mi serviva un modo  per scaricare la tensione.

O lui, o uno shot di vodka.  Ma era decisamente  una buona cosa avere il mio ragazzo a portata di mano invece del minibar.

“You really are a bad boy, Alessio”

Fu quello che mi sussurrò, prima di cogliere al volo la situazione e iniziare a baciarmi, un ghigno divertito dipinto sul volto.

E se qualcuno fosse entrato in quel momento avrebbe visto Mika, la star pluripremiata e più colorata del mondo inginocchiata davanti  al suo ragazzo, nonché il cantante che avrebbe aperto il suo concerto da lì a venti minuti circa. In atteggiamenti piuttosto compromettenti, avrebbero detto. Come se Mika al lavoro su di me non fosse già qualcosa che  faceva partire ogni neurone ancora disponibile nel mio cervello.

Il pensiero mi fece eccitare se possibile ancora di più e anche lui era nelle mie stesse condizioni. Venni quasi subito nella sua bocca e poi ribaltai velocemente le posizioni, riservandogli lo stesso trattamento. E se qualcuno fosse entrato, stavolta si sarebbe stupito di vedermi all’opera su di lui, come se un cantante affermato come Mika non potesse avere attacchi di panico da palcoscenico.

Nah, chi volevo prendere in giro, quelli venivano solo a me. Mika voleva solo un pompino.

E detta così sembra davvero una cosa brutta, se non fosse che io amavo concederglieli.

“I wanna sing, I wanna shout

I wanna scream ‘til the words dry out

So put it all of the papers

I’m not afraid

They can read all about it, read all about it, oh”

 

Oppure, ricordo ancora quella volta in cui ci trovavamo a Washington. Era pazzesco, ancora non riuscivo a capire come facessimo ad esibirci persino lì, si vociferava che persino il Presidente volesse una nostra esibizione privata, cosa molto ambigua e sconcertante anche senza le battutine del mio ragazzo, che si chiedeva di che tipo di “esibizione” stessimo parlando.

Comunque, a parte la stupidità dilagante, avevo insistito per andare alla Biblioteca Nazionale. Avevo visto un documentario, da piccolo, e da quel momento sognavo il giorno in cui avrei guadagnato quel tanto  bastasse per andarci per conto mio.

Amai ogni singolo angolo di quella biblioteca, era un mausoleo, un vero tempio. C’erano prime stampe, edizioni rarissime, collezioni dei presidenti, tutto quello che la mente umana poteva arrivare ad immaginare in fatto di libri.

E, dulcis in fundo, un pianoforte a coda faceva bella mostra di sé su un soppalco  su un soppalco.

Allora, la scena fu questa: io che indicavo quella parete, Mika che si precipitava nell’unica cosa che avesse senso per lui in tutta la Biblioteca, visto che non riusciva a leggere quelle edizioni, era come se fossero carta straccia ai suoi occhi, nonostante non vi portasse rancore. Era una parte di lui, come i suoi ricci o il suo sorriso. Io gli ripetevo sempre “Non funzioni male, sei solo settato un gradino più in alto rispetto a chiunque altro” e per me era davvero così.

Così io passavo adorante da un ripiano all’altro mentre lui si appropriava con un sospiro soddisfatto della possibilità di far ascoltare musica di qualità persino dentro la Biblioteca Nazionale: la sua.

“Yeah, we’re all wonderful, wonderful people

So when did we all get so fearful?

Now we’re finally finding our voices

So take a chance come help me sing this

Yeah, we’re all wonderful, wonderful people

So when did we all get so fearful?

And now we’re finally finding our voice

Just take a chance, come help me sing this”

 

Era il secondo natale che passavamo a Roma, e per l’occasione erano arrivati tutti, ma proprio tutti.

 Era arrivata tutta la famiglia di Mika, con mamma e i suoi quattro fratelli al seguito. Era scesa Cristina da Milano, portandosi dietro mio padre, Rosy e persino Isabella.

E, signori e signore, direttamente dalla Sunny LA ci avevano deliziato con la loro compagnia Adam e la loro band, più Mr. Brian May che aveva deciso di trascorrere le vacanze con Adam e di conseguenza con noi.

Casa nostra non vide giorni più caotici di quelli, ve lo posso assicurare. Chi cantava da una parte, chi occupava i bagni (tre!! Scusate se sono pochi, eh superstar) chi chiacchierava del più e del meno in minimo quattro lingue diverse.

Yasmine, la sorella artista – come la chiamava lui, facendola arrabbiare- si era placidamente accomodata sul terrazzo, piantandoci una tenda, e scendendo solo per mostrarci i suoi nuovi dipinti da appendere alle pareti o per mangiare. Come facesse a rimanere là fuori al freddo non lo so e non so dirmi nemmeno grazie a quale santo sono riuscito a farla dormire dentro almeno la sera della vigilia.

“I wanna sing, I wanna shout

I wanna scream ‘til the words dry out

So put it in all of the papers

I’m not afraid

They can read all about it, read all about it, oh”

 

Sapete, la cosa bella di quel Natale non fu tanto la festività in sé, anche perché con Adam ebreo ma non praticante, io che non praticavo e Mika nemmeno, c’era ben poco da considerarla una festività religiosa.

No, fu più l’essere insieme dopo tanto tempo, l’aver ritrovato amici e parenti e soprattutto il cibo: quello fu qualcosa che non sto neanche a descrivervi, non ci arrivereste comunque. Vi basti sapere che la madre di Mika  aveva portato con sé tutte le sue armi d’attacco, approfittando del volo privato che era stato prenotato per la sua famiglia. Tutte le pentole, i mestoli, pentolini, strofinacci, tutto.

“Manca solo il forno” aveva commentato Mika guardando quell’ammasso di metallo “E poi, non ci darà pace finché non le faremo mettere le mani sulla nostra cucina” aveva aggiunto subito dopo, scoccandomi un’occhiata, preoccupato dall’improvviso pallore del mio viso.

Ammetto di essere stato spaventato per la mia cucina. Ci tenevo, era nuova fiammante, ma la  mamma sapeva cosa stava facendo. Fu il migliore pranzo di Natale di tutti i tempi.

Seduto a quella tavola, mentre io e Rosy passavamo i piatti e l’amore della mia vita mi guardava sorridendo dall’altra parte del tavolo, sentivo davvero di aver fatto la scelta giusta.

E più tardi quando tutti gli ospiti erano andati a nanna ed eravamo rimasti solo io e lui, tra un sorriso ed un biscotto davanti alla tv, mi sentivo davvero in pace col mondo.

“I wanna sing, I wanna shout

I wanna scream ‘til the words dry out

So put it in all of the papers

I’m not afraid

They can read all about it, read all about it, oh”

 

Avevo pubblicato un album di debutto tutto in inglese, seguito da un tour abbastanza apprezzato sia in Italia che in Inghilterra, dove Mika era riuscito a farmi arrivare tramite i suoi concerti. Ma ci avevo messo molto poco a capire che questo tipo di vita non faceva per me, almeno non la parte che riguardava lo stare sotto i riflettori.

Ho lasciato la fama e quella vita per seguire l’uomo che amo. Ora sono il suo pianista e mai una decisione mi è sembrata più benedetta di questa.

Amo Mika sempre di più ogni giorno che passa, e so che per lui è lo stesso. Me lo dimostra in molti modi, standomi sempre accanto, condividendo con me ogni secondo, anche vivendo a Roma, lui che è un cittadino del mondo.

È stata la cosa più bella che mi sia mai capitata, la decisione più dolce, insieme a quella più travagliata. Perché chi lo ha detto che l’amore è sempre giusto  o facile? Noi  per primi ne portiamo i segni  sul cuore e sulla pelle. È per questo che ringrazio ogni giorno per quello che ho, cercando di viverlo al meglio.

Una vita senza di lui non avrebbe senso.

 

 

 

 

 

 

Angolo dell’autrice

Cacchio, ho davvero finito? No, non voglio, daii ridatemi Ale, ridatemi quel patatone del mio amore, datemi Adam, voglio Rosy, Cristina, Isabella, il papà… vorrei persino Morgan (ti adoro tesoro, sei pazzo quanto me) daiiii.

Niente, se ne sono andati tutti. A quanto pare ho davvero finito questa storia. Non so dirvi quanto abbia significato per me scrivere queste pagine, pubblicare e sentire le vostre opinioni: GRAZIE.

Grazie alle 21 persone che stanno seguendo, alle 35 che mi hanno messo tra le preferite. Non so come farei senza di voi, poi siete tantissimeeeeee. Grazie davvero per avermi seguito in questa pazzia, perché rendete tutto molto più normale, quando di normale in questa ff non c’è neanche il titolo ahahahaah

Mika, amore non vedo l’ora di vederti di nuovo in tv.. giuro che stalkererò sky finchè non uscirai, tesoro.

E Adam, dolcezza, siccome mi sei stato sempre in mezzo mentre scrivevo questa ff, ora che devo inizare a scrivere la tua ti metterò Mika in ogni capitolo! Sei avvisato J

Che dire, grazie alle mie amiche, ora andiamo a scrivere Faberry, non vi preoccupate.

Love you all, crazy people!

Bea

  
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