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Autore: JoJo    12/09/2014    4 recensioni
[Storia vagamente ispirata al telefilm Gilmore Girls/Una Mamma per amica - Destiel]
Castiel si strinse nelle spalle “Niente è solo…Il figlio di John Winchester.”
“Quale, il gigante che sembra un alce?” domandò quindi l’altro, guardandosi intorno alla ricerca del compagno di scuola di suo fratello.
Il minore dei Novak scosse la testa “No, il maggiore. Dean.”
Gabriel si fermò di botto e, con una mano ben salda sul braccio del fratello, lo costrinse a fare altrettanto “Che ha fatto?”
“Niente.- sospirò pesantemente Castiel- Ma mi odia.”
Gabriel fece roteare gli occhi “Nessuno ti odia, Cassie.”
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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9. Amici come prima…o quasi

 

Castiel odiava i conflitti.
Uno dei motivi per cui la maggior parte degli abitanti di Heaven sosteneva che il giovane avesse una natura angelica era proprio dovuto al fatto che il minore dei due Novak, oltre ad avere un carattere docile e tranquillo, detestava con tutto il cuore litigare, anche quando si trovava dal lato della ragione. Fin dagli anni dell’asilo, il piccolo Castiel preferiva cedere un gioco con cui stava giocando piuttosto che dover litigare con un altro bambino per ottenere il diritto di tenerselo e, da quel momento, le cose non erano poi cambiate molto.
Un altro motivo per cui Castiel odiava i conflitti , oltre che per via della propria indole, era anche legato al fatto che ad Heaven era impossibile litigare con qualcuno e poi riuscire a non vederlo più fino a quando fosse arrivato il momento della pacificazione. Heaven era una città troppo piccola per concedere un lusso del genere e, infatti, da quando il ragazzo aveva litigato con Dean Winchester, ovviamente, non faceva altro che avvistarlo ovunque: in strada, al supermercato, una volta perfino a scuola, quando il giovane dagli occhi verdi era passato con la sua amata Impala a prendere suo fratello Sam alla fine delle lezioni. Castiel vedeva Dean ridere e scherzare con i suoi amici nei tavoli esterni della Roadhouse, lo sentiva battibeccare bonariamente con Sam a qualche scaffale di distanza dal suo quando andava a fare la spesa nel mini-market del signor Adler e, soprattutto, lo avvistava amoreggiare con Lisa Braeden in ogni angolo della città.
Era quest’ultima, forse, la cosa che più indisponeva Castiel.
Era invidioso.
Balthazar era partito ormai da tre settimane e la mancanza di un abbraccio caldo e amorevole in cui rifugiarsi quando ne aveva bisogno, e nell’ultimo periodo ciò sembrava essere un’eventualità piuttosto probabile, si faceva sentire dal diciassettenne sempre di più.
Oltre a quella di odiare i conflitti, un’altra caratteristica del giovane Novak era la cocciutaggine. Certo, si era confidato sia con suo fratello che con i suoi amici riguardo a quanto la separazione con Balthazar prima e la lite con Dean poi lo avessero turbato, ma Castiel non era certo il tipo da crogiolarsi nell’autocommiserazione: aveva rifiutato immediatamente la proposta di Gabriel di “abbrutirsi”, una bizzarra tecnica di rigenerazione emotiva che prevedeva di passare una giornata intera in pigiama, nell’ozio più totale, mangiando cibo spazzatura e guardando film strappalacrime nel tentativo di cercare conforto rispetto la propria condizione.
Ciò che aveva fatto, invece, era stato il raddoppiare i propri turni di volontariato in biblioteca, accettare di fare da tutor ad altri due studenti e convincere il maggiore dei Novak a lasciare a lui il compito di aprire la pasticceria alla mattina, prima di andare a scuola, sempre senza trascurare il proprio compito di catechista e direttore del coro dei bambini. E poi, ovviamente, aveva continuato ad occuparsi della propria attività scolastica e della lista di letture sempre crescente.
Nelle tre settimane trascorse sia dalla lite che dalla separazione con il proprio ragazzo Castiel si era abituato ad alzarsi all’alba e a tornare a casa per cena, giusto in tempo per buttare giù qualche boccone e dedicarsi poi ai propri compiti e alle letture serali. Gabriel non poté che preoccuparsi per il ritmo frenetico che aveva preso la vita del fratellino, ma il diciassettenne gli aveva assicurato di stare bene, tralasciando il fatto che in quel modo, almeno, non aveva per niente il tempo di fermarsi a pensare ne a Balthazar, ormai ben inserito nella sua nuova vita ad un oceano di distanza, ne a Dean e alla litigata che avevano avuto l’ultima volta in cui si erano parlati.
“Devi davvero portartelo dappertutto?” Inias additò al sacco di farina bianca che Castiel teneva stretto al petto e aumentò il passo cercando di stare a quello dell’amico mentre lo accompagnava in chiesa per le prove del coro dei bambini. Di solito, a quell’ora, Inias preferiva stare a casa ed esercitarsi con il violino, sua grande passione, ma in quel periodo risultava talmente raro riuscire ad incrociare il ragazzo dagli occhi blu e, tantomeno, passare del tempo con lui, che aveva di buon grado messo da parte il proprio passatempo per cercare di chiacchierare con l’amico e, soprattutto, per provare a capire come stesse realmente.
Di fianco a lui, Castiel annuì “Il professore di educazione sessuale è stato molto chiaro a riguardo: per una settimana questo sacchetto di farina dovrà essere trattato come un figlio. Devo portarlo con me ovunque e stare attento che non si rovini.”
“E non hai una partner per tutti questi compiti?- indagò quindi il giovane, portandosi una ciocca di capelli scuri e ribelli dietro l’orecchio- Meg è stata messa in coppia con Brady, lei è una casalinga e lui un avvocato per una multinazionale. Lo odia e mi ha detto che vuole scrivere al preside Uriel per protestare contro il sessismo che il professore ha dimostrato nell’assegnazione dei ruoli.”
Sul volto dell’amico si abbozzò un sorriso divertito prima di rispondere “Io non ho una partner. In classe siamo un numero dispari e io sono stato l’ultimo estratto: sono un ragazzo padre che lavora al computer da casa.”
Inias proruppe in una risatina per lo scenario che era stato assegnato all’amico, ma il sorriso gli si spense quasi subito dalle labbra non appena si ritrovò a svoltare l’angolo che dava sulla piazza di Heaven. Proprio al centro dell’aiuola centrale, seduti su una delle panchine bianche sotto al gazebo di legno, Dean e Lisa stavano baciandosi con tanta intensità che sembrava volessero scoprire quanto due corpi dovessero stare vicini prima di fondersi completamente.
Il giovane notò immediatamente come il passo dell’amico sembrò incespicarsi per un breve istante, prima di ritornare fermo e sicuro nel giro di qualche secondo.
“Sicuro che non ti dia fastidio?” domandò quindi Inias, alzando un sopracciglio.
“Cosa?” dal modo in cui contrasse la mascella, era del tutto evidente di come Castiel sapesse benissimo a che cosa l’amico si stava riferendo.
L’altro sospirò “Il modo in cui Dean Winchester sta giocando all’hockey delle tonsille con Lisa Braeden.”
Il minore dei Novak scosse la testa, stando ben attento che nel fare ciò riuscisse a non lanciare nemmeno uno sguardo alla coppia di innamorati “No, perché dovrebbe?”
“C’era qualcosa tra te e Dean, e non provare a negarlo.”
Castiel decise che il cortile di fronte alla chiesa fosse ad una distanza abbastanza sicura, perciò di fermò sotto uno degli alberi di ciliegio, spogli a causa dell’inverno, e si voltò verso l’amico “Forse.- ammise, non senza una certa riluttanza- Ma sono settimane che non parliamo e non ci siamo propriamente salutati in modo amichevole.”
Inias non poté che essere d’accordo con quell’ultima affermazione “Lui sembrava molto preso da te. Sai, anche prima che tu e Balthazar vi lasciaste.”
“Non credo.” sbuffò l’interessato, stringendosi le braccia intorno alla vita.
L’altro ragazzo continuò a parlare, indefesso “Se ne sono accorti tutti in città.”
“E avete tutti preso un granchio.- il diciassettenne fece roteare i grandi occhi blu- Io a Dean non interesso. Non quanto Lisa, perlomeno.”
“Sai, puoi anche non fingere con me.- gli ricordò Inias con un sorriso paziente sulle labbra- Ti conosco, Castiel, siamo amici da quando andavamo all’asilo.”
Il giovane si ritrovò ad arrossire e distolse immediatamente lo sguardo, concentrandosi invece su una pietra poco distante dalla propria scarpa “Non so di che cosa tu stia parlando.”
Inias si sporse verso di lui, stringendolo in un veloce e consolatore abbraccio “Ok, ne parleremo un’altra volta. Hai più sentito Balthazar?”
Castiel parve apprezzare, almeno in parte, il cambio di argomento “Mi ha chiamato quando sono arrivati. Dice che la città è piccola quasi quanto Heaven, ma che Londra è abbastanza vicina perché la cosa non lo faccia impazzire. Abbiamo deciso di mandarci delle e-mail, d’ora in poi, e ridurre le chiamate via Skype ad un evento sporadico.”
“Per via del vostro piano di separazione graduale?” chiese scettico l’amico, alzando un sopracciglio.
Il minore dei Novak sospirò pesantemente “Già.”
Inias osservò con attenzione il volto dell’amico: aveva l’aria stanca, con evidenti occhiaie scure sotto gli occhi e l’incarnato insolitamente pallido “Sei sicuro di stare bene?”
“Certo.- annuì Castiel, alzando il capo di scatto- Perché?”
“Hai l’aria stanca.- dichiarò quindi l’amico, senza mezzi termini- Lo so che la situazione con Balthazar e quella con Dean ti stanno stressando molto e ti conosco: tu tendi a gettarti a capofitto in mille imprese per cercare di distrarti quando c’è qualcosa che ti turba.”
Il ragazzo dagli occhi blu si passò stancamente una mano sugli occhi “Inias…”
“Voglio solo essere sicuro che tu non ti stia stressando troppo.” ammise quindi Inias, posandogli una mano sulla palla.
Castiel gli rivolse un sorriso sincero “Tu ti preoccupi troppo.”
“Castiel.” lo ammonì quindi l’altro, fermo nell’intento di ottenere una risposta.
“Sto bene, davvero.- lo rassicurò quindi il diciassettenne- Quando voglio rilassarmi un po’ vado nel terreno del signor Knight a guardare le api.”
“Cain Knight?- domandò Inias incredulo- Credevo detestasse chiunque provi a minare la sua quiete, è un misantropo. Come mai non ti caccia via?”
“Oh, io non lo disturbo.- scrollò le spalle Castiel- E poi, credo che apprezzi il fatto che ci sia qualcuno che condivida la sua passione per le api.”
“Beh, sono contento che tu possa fare qualcosa che ti piace.- ammise quindi l’altro- Anche se, devo ammettere, preferivo quando frequentavi qualcun altro rispetto che l’eremita della città.”
Castiel inclinò la testa di lato “Cain non è un eremita, ha una moglie. E poi, credevo che Chuck Shurley fosse l’eremita della città.”
“Chuck Shurley è l’eremita bizzarro.- specificò quindi l’amico- Cain Knight è l’eremita scorbutico che fa un po’ paura. E lo è anche se è sposato.”
Castiel scoppiò in una risata e Inias si ritrovò a pensare che era valsa la pena saltare una delle sue quotidiane esercitazioni di violino.

 

Se c’era una cosa che Dean Winchester detestava con tutto se stesso era parlare dei propri sentimenti.
Sam lo sapeva, ovviamente, avendo passato i suoi quindici anni di vita ad idolatrare il proprio fratello maggiore e a sentirlo dichiarare con convinzione che lui non avrebbe mai ceduto ad aprire le porte del proprio cuore e lanciarsi in assurdi discorsi sentimentali come se fosse il protagonista frustrato di un qualche filmetto d’amore di serie D.
Lui lo sapeva e, pertanto, sapeva anche perfettamente che riuscire a convincere il fratello a parlare con lui di quanto era successo con Castiel, ormai diverse settimane prima, e del conseguente periodo passato nel totale diniego che il fatto che non parlare più con quello che era uno dei suoi migliori amici lo stava turbando, sarebbe stato difficile.
Tuttavia Sam Winchester era testardo. Molto testardo.
John aveva spesso dichiarato che il minore dei suoi figli era riuscito ad ereditare l’incredibile combinazione di cocciutaggine sia paterna che materna, riuscendo così a portare all’esasperazione una delle più snervanti caratteristiche dei coniugi Winchester.
Il ragazzo si trovava con le mani immerse nell’acqua del lavandino della cucina, intento a sfregare con energia la pentola in cui avevano cucinato la pasta, la cena di quella sera. Suo padre si trovava ancora al piano di sotto, intento a preparare il locale per l’indomani mattina e fare le solite pulizie quotidiane, lasciando lui e suo fratello da soli nell’appartamento al piano superiore, e il quindicenne decise che non poteva trovare momento migliore di quello per agire.
Di fianco a lui, Dean, canovaccio alla mano, asciugava ciò che gli veniva porto, canticchiando fra sé e sé una delle sue canzoni preferite dei Led Zeppelin, totalmente ignaro di ciò che il fratello minore aveva in mente.  
Sam si schiarì la voce, gesto che gli fece guadagnare un’occhiata perplessa da parte dell’altro Winchester.
“Quando pensi che finirà?” chiese quindi, decidendo che evitare ogni preambolo gli avrebbe fatto di sicuro fatto guadagnare del tempo prezioso per l’imminente ed emotivamente drenante discussione.
Il maggiore dei due fratelli alzò un sopracciglio “Cosa?”
Sam sbuffò “Questa specie di guerra fredda fra te e Castiel.”
“Non so di che cosa tu stia parlando.” ribatté immediatamente Dean, distogliendo lo sguardo troppo in fretta perché l’argomento non gli stesse a cuore.
“Invece lo sai benissimo!- sbottò il quindicenne, abbandonando di scatto la pentola che cadde con un tonfo nell’acqua, schizzando sia lui che l’altro giovane - Sono passate settimane, Dean, e non ti sei ancora deciso a chiedere scusa a Cas.”
Dean spalancò gli occhi, incredulo “Chiedergli scusa? E perché mai dovrei farlo?”
“Oh, forse per la scenata che gli hai fatto davanti a tutti l’ultima volta che vi siete parlati?” gli ricordò Sam con tono di sfida.
Il maggiore dei sue fratelli lanciò con stizza il canovaccio umido sul bancone della cucina, prima di sbuffare sonoramente mentre si passava una mano fra i capelli “Ok, forse quella volta ho esagerato. Ma è stata chiaramente colpa di Balthazar.”
Sam alzò un sopracciglio “Davvero, Dean? Vuoi davvero dare la colpa a qualcun altro e fingere di essere stato solo trascinato dagli eventi? Tu hai esagerato. L’hanno visto tutti.”
“E va bene, e va bene.- sbuffò l’apprendista meccanico, incrociando le braccia al petto- E allora? Che cosa credi che dovrei fare? Andare a bussare alla sua porta come se niente fosse dopo settimane e chiedergli scusa? Non abbiamo dieci anni, Sam.”
Il quindicenne fece una smorfia “Beh, vi state entrambi comportando come se li aveste.”
Dean fece roteare gli occhi “Può darsi, ma ciò non cambia il fatto che siamo ad una situazione di stallo.”
“Non necessariamente.” dissentì il fratello minore.
L’apprendista meccanico lo fissò cauto, la fronte aggrottata “Che vuoi dire?”
Sam, i grandi occhi nocciola carichi di aspettativa, gli rivolse un sorriso incoraggiante “Tu tieni a Cas, giusto?”
L’altro giovane non poté fare a meno che sbattere le palpebre, spiazzato da una domanda così diretta “Cosa?”
“Avanti, non devi per forza essere emotivamente costipato.- sbuffò il fratello minore- Ammetti semplicemente di tenere a Castiel.”
Dean si voltò, le gote arrossate suo malgrado “E va bene. Io, sì, ecco, uhm… Insomma, hai capito, no?”
“Accetterò questa risposta e ignorerò il fatto che parli come una dodicenne alla prima cotta.” ghignò Sam, divertito dal modo in cui il fratello aveva balbettato nel fornire la propria risposta.
“Il tuo punto sarebbe?- sbottò Dean, irritato per essere stato schernito- Me lo hai fatto ammettere solo per farti una risata?”
Sam scosse la testa “No, l’ho fatto solo per farti capire che tieni talmente a lui da potere anche andare per un po’ contro al tuo orgoglio e fare il primo passo per ristabilire il vostro rapporto.”
Il maggiore dei due Winchester sospirò “Sì, credo che tu abbia ragione.”
“E che cosa mi dici di Lisa?” incalzò quindi il quindicenne.
Dean alzò un sopracciglio “Che cosa intendi dire?”
“La vostra è davvero una cosa seria?- elaborò quindi il ragazzo- Quando farai pace con Castiel-”
Se farò pace con Castiel.” lo corresse il fratello con uno sbuffo.
Sam lo ignorò completamente “Quando farai pace con Castiel, che ne sarà della tua relazione con Lisa?”
Dean aggrottò le sopracciglia “Non capisco che cosa c’entri il mio rapporto con Lisa con il fatto che io potrei ritornare a frequentare Cas. Io e lui siamo solo amici.”
“Dean, io so che quando lo dici tu sembri davvero convinto di credere a quello di cui stai parlando, ma credo che in fondo lo sappia bene anche tu che i tuoi sentimenti per Castiel sono tutt’altro che platonici.- spiegò quindi il minore dei due fratelli, cercando di essere il più diplomatico possibile- Tutta la città se ne è resa conto, perfino Chuck Shurley e lui non si è nemmeno accorto di quando hanno recapitato per sbaglio davanti a casa sua quel castello gonfiabile e tutti i bambini della città hanno iniziato a riunirsi nel suo cortile a giocare.”
L’apprendista meccanico abbassò lo sguardo, estremamente cocciuto nel negare ciò che ormai era evidente a tutti.
“È per via di papà?” indagò quindi Sam, preoccupato che Dean non desse davvero ascolto ai propri sentimenti per paura di cosa potesse pensare John.
L’altro spalancò gli occhi “Cosa? No!”
Dean sapeva benissimo a cosa si riferiva Sam. Il maggiore dei due Winchester aveva iniziato ad esplorare la propria sessualità quando aveva poco più di quattordici anni e, se all’inizio il suo interesse era rivolto principalmente alle ragazze, nel giro di qualche anno aveva scoperto di essere attratto anche dai ragazzi. All’inizio aveva cercato di ignorare la cosa, ovviamente. John, ex-militare dalla testardaggine leggendaria e con un incredibile attaccamento ai valori tradizionali, non avrebbe mai accettato un figlio che non fosse perfettamente eterosessuale. Eppure, Dean aveva iniziato a comprendere che non poteva di certo nascondere se stesso per sempre, quindi aveva fatto ciò che credeva fosse più giusto: aveva parlato con sua madre. Mary era stata estremamente comprensiva, lo aveva abbracciato e gli aveva detto che non avrebbe dovuto mai nascondere niente a nessuno perché lui era perfetto esattamente così com’era e chiunque gli avesse voluto davvero bene non lo avrebbe mai giudicato per le sue preferenze sessuali più di quanto lo facesse per il colore dei calzini che portava. Quando John lo venne a scoprire, tuttavia, nulla andò per il verso giusto.
Ci fu una litigata. Un’enorme litigata.
John litigò con Dean perché non accettava la sua sessualità a suo parere deviata.
Mary litigò con John perché odiava il fatto che suo marito potesse comportarsi in quel modo con suo figlio.
L’atmosfera in casa Winchester era diventata pesante e dovettero passare mesi prima che tutto tornasse alla normalità. L’argomento non venne più toccato, non fino a dopo l’incendio. Perdere Mary e la propria casa sembrò costringere John a rivalutare le proprie convinzioni. Una sera parlò con Dean, si scusò con lui profusamente, e gli garantì che per lui non avrebbe fatto alcuna differenza chi decidesse di amare in quanto lui era suo figlio e lo amava, e ciò era quello che era veramente importante.
“No, papà non c’entra nulla.” ribadì di nuovo Dean.
“E allora che cosa c’è a fermarti?- incalzò Sam, scrutandolo attentamente- Lisa?”
Il fratello maggiore si umettò le labbra, ripetendo una frase che aveva detto spesso “Lisa è perfetta, però…”
“Forse non è la perfezione ciò di cui hai bisogno.- concluse per lui il quindicenne- Forse hai bisogno di qualcuno con cui tu possa stare anche senza dovere fare niente di straordinario, qualcuno che non abbia paura di dirti senza mezzi termini quando ti stai comportando da idiota, qualcuno che ti dia la sua opinione e i suoi consigli ma che alla fine ti faccia fare le tue scelte e non te le rinfacci.”
Dean alzò un sopracciglio “E questo qualcuno sarebbe Cas?”
“Sì.- annuì prontamente Sam- So che non sta a me a dirlo, ma sono tuo fratello e ti conosco, Dean. Ti stai facendo scappare un’ottima occasione per essere veramente felice.”
L’apprendista meccanico fissò il fratello per qualche secondo e poi si ritrovò a scuotere la testa, vinto da quella accorata dichiarazione “Wow. Da quando hai iniziato a leggere la posta del cuore?”
Sam si ritirò quando Dean tentò di arruffargli i capelli “Fesso.”
“Puttana.” ribatté prontamente l’altro, un sorriso divertito sulle labbra piene.
“Allora farai il primo passo per riappacificarti con Castiel?” si informò immediatamente il quindicenne.
“Sam, io davvero non ho idea di cosa fare per fargli capire che mi dispiace.- scosse la testa Dean- Se fosse una ragazza gli porterei dei fiori, ma a lui?”
Sam rise “Potresti portargli una piantina. Cas adora quel genere di cose. È un po’ strano.”
Dean riprese in mano il canovaccio “E tu dici che un piccolo cactus o che so io potrebbe dire Hey, scusa se mi sono comportato come un idiota e ho rotto il naso al tuo ex. Torniamo amici? Oppure qualcosa di più? Nessuna pressione, eh.
“Non so, ma di certo sarebbe un gran passo avanti rispetto a questa ridicola guerra del silenzio che avete iniziato.” disse il fratello minore rivolgendogli un sorriso.
L’altro sbuffò “Hey, guarda che io e Cas ci parliamo quando ci incrociamo in città.”
“Dei mugugni monosillabici che dovrebbero essere dei saluti non contano.” dichiarò Sam, recuperando a sua volta la pentola che era rimasta dimenticata nel lavandino fino a quel momento.
“E va bene, e va bene.- capitolò Dean- Andrò a parlare a Castiel domani.”
“Non andare a casa sua, vai alla pasticceria.” gli suggerì immediatamente il quindicenne.
Il fratello maggiore lo fissò perplesso “Ma tu mi hai appena detto…”
“Lo so. Ma andare a casa sua sarebbe come invadere i suoi spazi senza essere invitato.- spiegò quindi Sam- Per la vostra riappacificazione dovete scegliere dei luoghi neutrali dove nessuno di voi due possa avere dei vantaggi emotivi.”
Dean scosse la testa, sbuffando una risata “Ok, tu leggi troppo.”
“Lo so che lo fai anche tu, di nascosto, per mantenere la tua aria di macho rude e- Dean!” strillò Sam, quando il fratello gli lanciò in faccia il canovaccio bagnato, un dispetto ovviamente mirato a farlo stare zitto.
“Te la sei cercata!” rise il maggiore dei due fratelli, mentre faceva uno scatto per sfuggire alla vendetta del giovane.
“Torna qui, ti faccio vedere io!”
John sospirò pesantemente mentre si richiudeva la porta dell’appartamento alle spalle e i suoi figli gli sfrecciarono di fronte, inseguendosi spensierati ed incuranti del caos che si lasciavano alle spalle “In momenti come questi mi sarebbe piaciuto avere delle figlie femmine.” mormorò scuotendo piano il capo.

 

 

Castiel era un bravo ragazzo, non c’era nessuno in città che potesse affermare il contrario.
Era il genere di giovane che cedeva il posto sull’autobus con un sorriso sulle labbra, che si fermava ad aiutare le vecchine con la spesa troppo pesante e che alla mensa scolastica divideva il proprio pranzo con chi si era dimenticato di portarsi qualcosa da casa.
Non era perfetto, certo, ma nessuno poteva dubitare sulla grandezza del suo cuore.
Nonostante questa sua indole, tuttavia, il destino sembrava divertirsi a giocargli dei brutti scherzi. Era per questo, probabilmente, che quando Gabriel lo mandò al minimarket del signor Adler, invece di trovare alla cassa Zachariah in persona, il completo austero e sul volto l’espressione infuriata di chi ha appena investito i propri soldi in un nuovo sistema informatico che non riesce ancora ad utilizzare nonostante gli sforzi erculei, Castiel si ritrovò faccia a faccia con il sorriso abbagliante di Lisa.
Lì per lì il diciassettenne rimase impietrito.
Non l’aveva ancora ammesso con nessuno, ma in quelle due settimane aveva studiato perfettamente gli orari di Dean e Lisa. Sapeva quando lui aveva i turni al locale e da Bobby e quando lei aveva l’allenamento delle cheerleader e quando faceva da babysitter a Jessie Turner. Era diventato ossessivo, quasi maniacale, nel proprio obiettivo di non incrociare ne l’uno ne l’altro, soprattutto non quando i due innamorati si trovavano insieme.
All’inizio, Castiel aveva pensato che questa sua nuova repulsione nell’incontrarli fosse dovuta alla sua litigata con Dean e alla sua improvvisa separazione da Balthazar.
Eppure, anche lui aveva dovuto ammettere con se stesso che c’era qualcosa di più dietro il suo comportamento.
Poi, una sera, mentre cercava con tutte le sue forze di non pensare, gli occhi inchiodati sulle pagine dell’ultimo libro di George R. R. Martin (un libro che Dean stesso gli aveva consigliato, gli ricordò la sua mente, malignamente), ma che in realtà non riuscivano a decifrare nessuna delle parole che avevano davanti, Castiel capì.
Gli abitanti di Heaven avevano ragione: c’era qualcosa fra lui e Dean, un legame profondo, che li legava a dispetto del buon senso e dei loro stessi desideri. Era come avere ritrovato all’improvviso la chiave ad uno scrigno che nemmeno si sarebbe voluto aprire, ma che finalmente era lì e quindi non faceva altro che invogliare a dare una sbirciatina a quello che di mirabolante poteva contenere.
Scoprire di provare dei sentimenti per Dean era stato traumatico per il giovane. La sua mente non faceva altro che ricordargli che lui amava Lisa e che insieme erano felici.
Inoltre, sibilava con cattiveria una vocina nella sua testa, era davvero così arido sentimentalmente da buttare da parte tutto quello che aveva costruito con Balthazar come se si trattasse di un giocattolo vecchio e passato di moda?
Castiel scosse la testa, imponendosi di non indugiare oltre nei propri pensieri. Afferrò meccanicamente uno dei vecchi cestini di metallo e lanciò a Lisa, seduta alla cassa a chiacchierare con un’amica, tra le mani affusolate e dalle unghie perfettamente laccate una rivista patinata, un sorriso di saluto. Si congratulò con se stesso per essersi comportato normalmente e iniziò ad aggirarsi senza fretta negli stretti corridoi del mini-market, in una mano la lista della spesa che gli aveva consegnato Gabriel poco prima e il suo piccolo sacco di farina, il suo seccante compito di educazione sessuale, ben al sicuro sulle solide maglie ricoperte di vernice blu del cestino della spesa.
“Non è bellissimo?” sentì domandare Lisa, mentre il diciassettenne confrontava senza vero interesse le percentuali di cacao contenute nelle barrette richieste da suo fratello.
La sua amica si affrettò a rispondere con voce carica di giubilo “Oh, Lis, quanto ti invidio! Se avessi un fisico come il tuo anche io vorrei mettermi un vestito del genere per il ballo.”
“Sarah, tu sei bellissima, puoi metterti tutto ciò che vuoi esattamente come me.- la rincuorò immediatamente la bella ragazza dai capelli corvini- Comunque, sono ancora indecisa se comprare anche delle scarpe oppure dei sandali. Non voglio esagerare, però, non è certo il ballo di fine anno, questo, solo quello invernale. Tu che ne dici?”
Castiel lasciò scivolare nel proprio cestino una confezione delle merendine preferite di Gabriel e si spostò al corridoio attiguo “Io comprerei delle scarpe, così le metti anche all’ultimo dell’anno.- sentì dire da Sarah- Tu e Dean verrete alla festa a casa di Ruby, vero? Dicono che sarà epica.”
Il ragazzo sentì lo sbuffò della giovane anche se si trovava a due corridoi di distanza dalla cassa “Dean ha detto che ci deve pensare. Credo che voglia passare il Capodanno anche con i suoi amici, una cosa intima e tranquilla alla Roadhouse.”
“No!- protestò immediatamente l’altra, forse con un po’ troppa veemenza- Lisa, devi venire a quella festa, sarà l’evento dell’anno!”
Lisa rise, la sua risata frizzante e cristallina “Oh, non ti preoccupare, Dean alla fine me la darà vinta. Succede sempre.”
Castiel si sentì in imbarazzo ad origliare quella conversazione. In realtà, non stava propriamente origliando. Lisa e la sua amica di certo non stavano mantenendo un tono di voce basso e lui era abbastanza certo che Meg avrebbe definito il loro starnazzare solo di poco inferiore, in termini di decibel, al rumore prodotto da un jet in fase di atterraggio.
“Oh, sei così fortunata da avere Dean.- sospirò l’altra ragazza con tono sognante- È terribilmente sexy.”
Lisa sospirò a sua volta “Hai ragione. Ma c’è molto di più dietro a quella sua aria da bello e tenebroso, sai? Dean è così premuroso e dolce e so che ha avuto un po’ di ragazze prima di me, ma ormai stiamo insieme da più di un mese.”
Sarah ridacchiò “Probabilmente stava solamente cercando la persona giusta.” canticchiò con tono petulante.
Il minore dei due fratelli Novak si fermò suo malgrado, la mano talmente stretta sulla maniglia dei frigorifero delle bevande che le sue nocche erano diventate di un bianco abbagliante. Ovviamente lui sapeva che c’era molto di più di Dean rispetto a quanto lui voleva fare vedere agli altri. Eppure, l’idea che anche Lisa ne fosse pienamente consapevole, e che magari potesse essere a conoscenza di qualche sua incredibile caratteristica di cui lui probabilmente era ancora all’oscuro gli aveva fatto crescere un nodo allo stomaco. Mentre sentiva il sangue pulsargli nelle orecchie, una vocina irritante all’interno della sua testa lo informava che era geloso, cosa che trovò immediatamente irrazionale dato che Dean non era il suo ragazzo, anzi, in quel momento non era nemmeno certo se potesse ancora rientrare nella categoria degli amici.
“Castiel, va tutto bene?”
La voce di Lisa lo fece sobbalzare e il diciassettenne si ritrovò a voltarsi, trovandosi faccia a faccia con le due ragazze, che lo osservavano con la fronte aggrottata dal bancone della casa, proprio in fondo al corridoio in cui si trovava.
Castiel deglutì a vuoto e quando parlò lo fece con voce flebile, cercando di ignorare il fastidioso pulsare della propria testa “Come?”
“Ti ho chiesto se va tutto bene.” ripeté la ragazza con una nota preoccupata nella voce.
“Oh. Sì, certo.- si affrettò a confermare il giovane, piazzandosi sul volto un sorriso troppo tirato per essere convincente- Tutto a posto.”
“Sei sicuro?- indagò di nuovo Lisa, inclinando la testa leggermente per scrutarlo meglio- Sei molto pallido, non sembri molto in forma.”
Castiel si sforzò di sorridere in modo più rassicurante “Sono solo stanco, Lisa, non ti preoccupare.”
La ragazza annuì piano “Ok. Chiama pure se ti serve aiuto con quello che stai cercando.”
“Ma certo.” la rincuorò il giovane, prima di muoversi di qualche passo ed aprire di nuovo lo sportello del banco frigo per prendere le pizze surgelate tanto adorate da Gabriel.
Castiel si accorse che qualcosa non andava quando aveva ancora fra le mani la scatola fredda e umida. Sentiva uno strano ronzio nelle orecchie e davanti ai suoi occhi danzavano delle luci bianche.
Ciò che riuscì a sentire prima che la forza di gravità avesse la meglio su di lui fu una voce concitata che gridava il suo nome.
“Cas!”

 

Castiel si stava già risvegliando, ma questo non fece certo dissipare la preoccupazione del giovane che lo stava fissando con la fronte aggrottata.
Il diciassettenne si portò una mano alla testa ancora prima di aprire gli occhi e dalle labbra gli sfuggì un gemito soffocato.
“D-Dean?- chiamò, gli occhi subito attratti dall’unica persona presente in quella stanza piccola e dall’arredamento scarso e malridotto- Dove…Dove sono? Cosa ci fai tu qui?”
Dean si alzò dalla traballante sedia pieghevole dove era seduto e la trascinò rumorosamente fino al vecchio e scomodo divanetto dove poco prima aveva adagiato Castiel  “Siamo nel retrobottega del negozio, nella saletta degli impiegati.- spiegò, additando il primitivo distributore di caffè, il tavolo rotondo in mezzo alla stanza e gli armadietti di metallo, corredati di targhetta con nome, addossati alle pareti- Lisa mi ha detto che sei svenuto nel reparto surgelati.”
Castiel sbatté le palpebre più volte, cercando di rievocare quanto era appena accaduto senza peggiorare il tremendo mal di testa che lo attanagliava “Oh. E tu…”
“Io stavo entrando in quel momento per comprare delle cose,- continuò a spiegare Dean, i cui brillanti occhi verdi non avevano smesso per un attimo di scrutarlo con attenzione e apprensione- ho sentito Lisa e la sua amica gridare e quando mi hanno spiegato cosa era successo ti ho portato qua dietro.”
“Grazie.- sussurrò Castiel, puntellandosi con le mani sulla scivolosa superficie di finta pelle marrone del divano per aiutarsi ad alzarsi- Ma ora mi sento molto meglio. Credo proprio che…”
Il maggiore dei fratelli Winchester fece uno scatto verso di lui, posandogli le mani sulle spalle e rispigendolo a sdraiarsi “No, Cas. Sei appena svenuto e hai anche sbattuto la testa.”
“Ow.” si lamentò il giovane, sfiorandosi la nuca con le lunghe dita affusolate.
“Visto?- disse Dean con un sorriso incoraggiante sulle labbra- È meglio che tu aspetti qui. Hanno già chiamato Gabriel, ti porterà da un dottore per un controllo.”
Castiel si lasciò guidare dalle mani di Dean e tornò a sdraiarsi e non poté impedire ad un brivido di scorrergli lungo la schiena quando l’altro giovane, nello scostarsi da lui, fece scivolare le proprie mani calde lungo il suo braccio.
Il diciassettenne lo fissò con intensità, come se stesse cercando di assorbire ogni piccolo particolare del suo volto prima che potesse sparire, quasi fosse un ologramma destinato a dissolversi, e Dean, inaspettatamente, non sembrava per niente imbarazzato dal modo insistente in cui il suo sguardo indugiava su di lui. Invece, con altrettanta attenzione, i suoi occhi non si scostavano a sua volta dai suoi.
I minuti si trascinavano lentamente uno dietro l’altro e nessuno dei due ragazzi parlò, eppure il silenzio che si era creato fra loro non era affatto pesante o carico di imbarazzo. Erano semplicemente lì, gli occhi dell’uno fissi in quelli dell’altro, completamente inconsapevoli del trascorrere del tempo.
Proprio nel momento in cui Dean decise di schiudere le labbra e dire qualcosa, la porta si spalancò violentemente e Gabriel entrò nella stanza a passo di marcia, il volto pallido e con un’espressione tesa e preoccupata che raramente era associata a lui. Alle sue spalle, calmo e controllato come al solito, lo seguiva Joshua Bustani, l’unico medico di base che esercitava ad Heaven. Dean non aveva mai parlato di persona con lui, ma Sam gli aveva rivelato, una volta che era tornato a casa dal suo studio dove si era recato per farsi prescrivere degli antibiotici per un’influenza, che, se l’abitazione del dottore poteva essere considerata minuscola, tanto non si poteva dire del suo giardino, ampio e rigoglioso, al fianco del quale vi era anche una gigantesca serra dove l’uomo coltivava ogni genere di piante, fiori ed erbe, una delle sue grandi passioni.
“Cassie!- chiamò il maggiore dei Novak con fare concitato, mentre posava entrambe le mani sulle guance del fratello per esaminarlo meglio- Che cosa è successo?”
“Cas è svenuto mentre faceva la spesa.- spiegò Dean in modo pratico e conciso- Io ero appena entrato in negozio e l’ho portato qui. Si è ripreso quasi subito.”
Castiel annuì, lanciando al fratello un sorriso che sperava essere incoraggiante “Sto bene ora, Gabriel. Davvero.”
Gabriel scosse la testa “Questo lo faremo decidere a Joshua.”
Richiamato da quella frase, il medico di colore si avvicinò al divano ed iniziò a contare pulsazioni, misurare la pressione e parlare di come più tardi avrebbe fatto al giovane un piccolo prelievo. Nel frattempo, il maggiore dei due fratelli Novak si voltò verso Dean e gli posò una mano sulla spalla.
“Ti ringrazio di esserti occupato di lui fino adesso.” disse, sul volto un sorriso sincero.
Il giovane apprendista meccanico annuì “Non c’è di che.- ribatté, un po’ in imbarazzo- Cas è un mio amico.”
Gabriel si limitò ad alzare un sopracciglio e il suo sorriso, da gentile, era diventato il ghigno di qualcuno che era a conoscenza di molte più cose rispetto al proprio interlocutore.
Dean si ritrovò a distogliere lo sguardo, le gote leggermente arrossate da quanto quello sguardo poteva implicare “Sì, beh- si ritrovò a balbettare, prima di schiarirsi la voce e riformulare la frase- Io ora devo proprio tornare al locale. Fammi, uhm…Fammi sapere come sta Cas, ok? Ok. A dopo!”
Anche Castiel e Joshua si erano interrotti per voltarsi a guardare quei saluti concitati e quando il ragazzo si fu richiuso la porta alle spalle, il medico si girò nuovamente verso il proprio paziente con un sorriso bonario sulle labbra carnose.
“Quel ragazzo è proprio cotto.” dichiarò, appoggiandosi di nuovo lo stetoscopio attorno al collo.
Castiel abbassò lo sguardo, le gote cremisi “Oh, no. Io e Dean siamo solo amici.”
Joshua sorrise, indulgente “Ma certo, Castiel. Come dici tu.”
“Allora, Doc, che cos’ha il mio fratellino?” domandò quindi Gabriel, avvicinandosi di nuovo ai due ed appoggiando i palmi sulle spalle del fratello minore.
“La pressione è molto bassa e il battito leggermente accelerato.- spiegò quindi il dottore, prima di rivolgersi al diciassettenne- Dimmi, Castiel, per caso in questo ultimo periodo sei soggetto a mal di testa più del solito?”
Il giovane abbassò lo sguardo, come se stesse ammettendo una colpa terribile “A volte.”
“E per caso, a volte soffri anche di mal di stomaco o di mancanza di appetito? Magari spossatezza?”
Castiel giocherellò con i passanti dei propri jeans, le guance arrossate “Sono state delle settimane un po’ piene, per me.- ammise- Forse mi sono dimenticato di pranzare qualche volta.”
“Castiel.” sospirò Gabriel scuotendo il capo, ma la preoccupazione trapelava palesemente dal suo tono.
Joshua posò la sua grande mano sulla spalla del ragazzo “La mia prima diagnosi è che tu sei fortemente stressato, Castiel. Questo svenimento è il modo del tuo corpo per dirti che forse è il momento di rallentare un po’ il ritmo e di prenderti un po’ di tempo per te stesso senza pensare troppo al resto.”
“Stress? Solo un po’ di stress può fare questo?- domandò con insistenza Gabriel- Cassie non è mai stato ammalato prima, ha avuto solo il morbillo quando era all’asilo e poi è sempre stato sano come un pesce.”
Il medico si voltò verso l’apprensivo fratello maggiore del suo paziente “Gabriel, ti posso assicurare che non dovrebbe esserci niente di più che quanto vi ho già detto. Ci sarà solo da tenere un po’ sotto controllo la botta alla testa, ma non è nulla di grave, consiglio solo qualche giorno di riposo. Ho fatto a Castiel un piccolo prelievo, inoltre, così potrò fare qualche analisi e vedere se c’è qualcosa di più preoccupante che possa avere causato lo svenimento, ma ne dubito. So quanto può essere difficile ma, te ne prego, non preoccuparti eccessivamente in attesa dei risultati.”
Il volto del maggiore dei Novak si distese un po’ “Sarà un po’ difficile, Doc.- dichiarò, arruffando i capelli di Castiel- Lui è il mio fratellino.”
Il diciassettenne scacciò la mano del fratello con finta irritazione, per poi spalancare gli occhi ed esalare un “Oh.” Flebile.
“Che c’è?- Gabriel si girò di nuovo di scatto verso di lui, la preoccupazione di nuovo dipinta a chiare lettere sul suo volto- Non stai bene di nuovo? Ti senti svenire?”
Castiel si affrettò a scuotere la testa “No, solo che…prenderò un’insufficienza in educazione sessuale: ho fatto cadere il mio sacco di farina.”
Il maggiore dei due fratelli si mise a ridere e gli scompigliò affettuosamente i capelli “Parlerò io con il tuo professore.”

 

Castiel era affetto da una carenza di ferro, ma il dottore aveva assicurato che una giusta alimentazione e una breve terapia con integratori avrebbe risolto in poco tempo questa mancanza.
Ovviamente, senza Joshua a contenere la sua preoccupazione, Gabriel era letteralmente impazzito.
Mentre tornavano a casa, Castiel accucciato stancamente nel sedile del passeggero, il maggiore dei Novak aveva sgridato il fratello per essere stato tanto sconsiderato da trascurare la propria salute e, una volta arrivati, il giovane gli aveva intimato che nei prossimi due giorni non avrebbe dovuto vederlo affaticarsi e che, quindi, sarebbe stato agli arresti domiciliari. Più specificatamente, degli arresti domiciliari che gli avrebbero consentito di muoversi solo dal suo letto alle sedie in cucina e da quelle al divano del salotto. Gabriel, in un attacco di magnanimità, aveva concesso al diciassettenne di avventurarsi fino alle poltrone della veranda, a patto che si portasse con sé una coperta abbastanza pesante.
Castiel, ovviamente, l’aveva assecondato in tutto ed era per quel motivo che la mattina successiva, invece di andare alla pasticceria insieme al fratello, si trovava seduto sulla veranda, una morbida coperta di pile sulle gambe, una tazza fumante di tè alla menta piperita tra le mani e un libro pronto ad essere letto scrupolosamente. Il ragazzo sapeva cosa si sarebbe dovuto aspettare da quella pigra domenica mattina, una delle rare domeniche in cui era costretto a saltare la funzione delle nove, e non vi sarebbe stato niente di interessante fino al ritorno di Gabriel per il pranzo, che non era autorizzato a preparare lui stesso perché avrebbe violato le sue condizioni per rispettare il riposo totale.
Ciò che non si aspettava, invece, era di vedere Dean avvicinarsi a passo marziale alla porta di casa sua, sul volto un’espressione determinata e talmente concentrato da non accorgersi che Castiel era effettivamente fuori casa e non dentro.
“Dean!- chiamò il ragazzo, proprio mentre l’altro giovane aveva appoggiato la punta dell’indice sul campanello- Cosa ci fai qui?”
Dean si voltò di scatto, preso alla sprovvista “Ero passato in negozio per vedere come stavi, ma Gabriel mi ha detto che sei rimasto a casa.”
Castiel fece una smorfia “Sì, Joshua mi ha consigliato di riposarmi per un paio di giorni.”
“Non hai niente di grave, vero?” domandò quindi l’apprendista meccanico, la preoccupazione che per un attimo sembrava averlo liberato dallo stato di inspiegabile agitazione in cui si trovava.
“Sono solo un po’ anemico.- lo rassicurò il diciassettenne con un sorriso- Il riposo è soprattutto per la botta in testa che ho preso nella caduta.”
Dean spalancò gli occhi “Accidenti, nemmeno ci avevo pensato, a quello.”
“È ovvio, tu non sei un medico, Dean.” gli ricordò il ragazzo dagli occhi blu, fissandolo attentamente.
C’era qualcosa di strano in Dean, ma Castiel non era ancora riuscito a capire che cosa fosse. Probabilmente era quel suo atteggiamento stranamente nervoso, cosa che era decisamente strana per un tipo come il maggiore dei due fratelli Winchester, che solitamente amava mantenere un atteggiamento distaccato ed apparire come un duro al mondo intero.
Castiel inclinò leggermente la testa di lato e guardò l’amico distogliere lo sguardo e borbottare a bassa voce “Giusto.”
Dopodiché, Dean sembrò intenzionato a mantenere il silenzio.
“Uhm, vuoi…entrare a bere qualcosa?” propose il diciassettenne, quando vide che l’altro ragazzo sembrava ben contento solo a rimanersene lì, in piedi sulla sua veranda, impacciato con le mani affondate nelle tasche dei jeans.
Dean gli rivolse un sorriso tirato “No, grazie.”
“Ok.” sospirò Castiel, incerto sul cosa fare dopo quel rifiuto.
Non dovette aspettare troppo a lungo, tuttavia, dato che l’apprendista meccanico, dopo essersi osservato per svariati secondi la punta degli stivali neri come se lì si trovasse la risposta al più grande interrogativo dell’umanità, alzò improvvisamente lo sguardo, puntando i suoi grandi occhi verdi in quelli dell’amico “Cas, mi dispiace.”
Castiel sbatté le palpebre, spiazzato da quella dichiarazione “Ti ho già detto che….”
“Per quello che è successo dopo la rissa con Balthazar.- specificò quindi Dean- Non avrei mai dovuto dirti quelle cose e tu avevi ragione.”
Le labbra del ragazzo dagli occhi blu si schiusero in una ‘o’ silenziosa “Non fa niente.” aggiunse poco dopo.
“Cas…” iniziò di nuovo a parlare Dean, facendosi spazio sull’angolo della poltrona di vimini su cui era seduto l’amico.
Il diciassettenne lo fissò con la fronte aggrottata e la testa inclinata, aspettando che dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, purché gli facesse smettere di pensare al fatto che si trovavano così vicini eppure lui non avrebbe mai potuto averlo, non come lo desiderava.
Dean, invece, non parlò.
Appoggiò una mano sulla sua coscia e si avvicinò lentamente, così tanto che se Castiel avesse voluto si sarebbe potuto ritrarsi. Ma non lo fece. Ovviamente non lo fece.
Quando si congiunsero con le sue, le labbra di Dean erano calde ed accoglienti, ancora più morbide di quanto avesse immaginato e, mentre una mano era rimasta sulla sua coscia, l’altra gli incorniciava la guancia, accarezzandogli l’angolo della bocca con un pollice grezzo.
Quello era tutto quello che Castiel desiderava e, proprio mentre pensava che non potesse esserci niente di più bello al mondo, il peso della realtà gli crollò improvvisamente addosso come un macigno.
“Dean!- quasi gridò, ritirandosi da lui di scatto, le mani che tremavano mentre si sfiorava con la punta delle dita le labbra- Tu…Tu stai con Lisa!”
Anche Dean sembrò rinsavire al sentire menzionare la propria ragazza. Si alzò velocemente e mosse qualche passo all’indietro per mettere un po’ di distanza fra di loro “Giusto, giusto.- borbottò, scuotendo la testa. Sembrava pronto alla fuga da un momento all’altro- Scusa, io non so proprio cosa mi sia preso…”
Castiel prese qualche grosso respiro e abbassò lo sguardo sulla coperta che gli era scivolata dalle gambe “Forse è meglio che tu vada ora.”
Il maggiore dei fratelli Winchester annuì “Hai ragione.- disse, scendendo in fretta i due gradini della veranda e voltandosi indietro solo allora- Ci vediamo, Cas.”
Il tè alla menta piperita si era raffreddato e sarebbe rimasto lì, dimenticato, assieme al libro che Castiel progettava di leggere, per il resto della mattinata.

 

Più tardi, all’ora di pranzo, Gabriel rientrò in casa carico di buste della spesa e seguito a ruota da Kalì, decisa più che mai nel preparare una pasto sostanzioso e ipernutriente per il fratello del suo ragazzo, cosa che non era affatto certa che lui stesso fosse in grado di fare.
Gabriel la lasciò fare, scappando dalla cucina come se fosse il punto designato per lo sgancio di una bomba per recarsi nella camera del fratello minore, dove si divertì a lamentarsi scherzosamente di quanto la donna indiana fosse terrificante quando si metteva in testa una cosa e lo fece abbastanza ad alta voce per stuzzicare l’interessata e far scoppiare un battibecco più ricreativo che astioso.
Tuttavia, quando Kalì chiamò il maggiore dei fratelli Novak per farsi aiutare a sbucciare delle patate, il giovane si alzò, dimostrando un’obbedienza che poco si sposava con il suo carattere, ma si fermò proprio sull’uscio della stanza.
“Oh, sai la novità, Cassie?- disse, voltandosi verso il fratello- Lisa Braeden e Dean Winchester si sono lasciati.”

 

 

 

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A costo di sembrare un disco rotto, mi ripeto anche questa volta: scusatemi. Mi dispiace per tutti voi che seguite questa storia e che la commentate, illuminandomi ogni volta la giornata. Purtroppo, questa volta, non è stata la mia pigrizia ad impedirmi di aggiornare ma il fatto che il mio computer ha deciso di suicidarsi proprio mentre ero fuori città, e quindi quando mi era irreperibile qualsiasi tecnico di fiducia. Il mio laptop ora è ritornato in vita, è vero, ma ahimè non è più lo stesso, ma un catorcio inabile a fare la maggior parte delle cose, che tuttavia sarà in grado di sopravvivere (spero) senza ulteriori problemi fino a quando racimolerò abbastanza soldini per un nuovo acquisto. Manco a dirlo, ovviamente tutti i miei file sono stati cancellati e io non sono potuta rientrare in possesso della mia ancora di salvezza, la sacra memoria esterna, per un altro mese. In sostanza, quando vi racconto di essere sfigata non mi sto facendo commiserare, ma racconto i fatti come stanno.
Finalmente sono riuscita a rimettere in piedi ciò su cui stavo lavorando prima del fattaccio, anche grazie agli appunti che prendevo sullo smartphone nei momenti di ispirazione, e sono abbastanza soddisfatta del risultato, bieco escamotage dello svenimento a parte.
Voi che ne pensate? I momenti ufficialmente Destiel si avvicinano, finalmente, proprio come avevo promesso millemila capitoli fa! ;D
Come sempre, fatemi sapere che ne pensate del capitolo, mi fa molto piacere leggere le vostre opinioni.

 

A prestissimo (spero davvero, questa volta!)
Kisses, JoJo

 

P.S. Per chiunque abbia commentato e a cui io non sia riuscita ancora rispondere: scusatemi tanto. Giuro che appena trovo un po’ di tempo per mettermi a scrivervi in modo consono, e non con un semplice ‘grazie’, lo farò. Sappiate però che ho letto tutto e che vi ringrazio per avere perso del tempo per avermi fatto sapere che cosa ne pensate di questa mia storia.

   
 
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