9. Amici come prima…o quasi
Castiel
odiava i conflitti.
Uno dei
motivi per cui la maggior parte degli abitanti di Heaven sosteneva che
il
giovane avesse una natura angelica era proprio dovuto al fatto che il
minore
dei due Novak, oltre ad avere un carattere docile e tranquillo,
detestava con
tutto il cuore litigare, anche quando si trovava dal lato della
ragione. Fin
dagli anni dell’asilo, il piccolo Castiel preferiva cedere un
gioco con cui
stava giocando piuttosto che dover litigare con un altro bambino per
ottenere
il diritto di tenerselo e, da quel momento, le cose non erano poi
cambiate
molto.
Un
altro motivo per cui Castiel odiava i conflitti , oltre che per via
della
propria indole, era anche legato al fatto che ad Heaven era impossibile
litigare con qualcuno e poi riuscire a non vederlo più fino
a quando fosse
arrivato il momento della pacificazione. Heaven era una
città troppo piccola
per concedere un lusso del genere e, infatti, da quando il ragazzo
aveva
litigato con Dean Winchester, ovviamente, non faceva altro che
avvistarlo
ovunque: in strada, al supermercato, una volta perfino a scuola, quando
il
giovane dagli occhi verdi era passato con la sua amata Impala a
prendere suo
fratello Sam alla fine delle lezioni. Castiel vedeva Dean ridere e
scherzare
con i suoi amici nei tavoli esterni della Roadhouse, lo sentiva
battibeccare
bonariamente con Sam a qualche scaffale di distanza dal suo quando
andava a
fare la spesa nel mini-market del signor Adler e, soprattutto, lo
avvistava
amoreggiare con Lisa Braeden in ogni angolo della città.
Era
quest’ultima, forse, la cosa che più indisponeva
Castiel.
Era
invidioso.
Balthazar
era partito ormai da tre settimane e la mancanza di un abbraccio caldo
e
amorevole in cui rifugiarsi quando ne aveva bisogno, e
nell’ultimo periodo ciò
sembrava essere un’eventualità piuttosto
probabile, si faceva sentire dal
diciassettenne sempre di più.
Oltre a
quella di odiare i conflitti, un’altra caratteristica del
giovane Novak era la
cocciutaggine. Certo, si era confidato sia con suo fratello che con i
suoi
amici riguardo a quanto la separazione con Balthazar prima e la lite
con Dean
poi lo avessero turbato, ma Castiel non era certo il tipo da
crogiolarsi
nell’autocommiserazione: aveva rifiutato immediatamente la
proposta di Gabriel
di “abbrutirsi”, una bizzarra tecnica di
rigenerazione emotiva che prevedeva di
passare una giornata intera in pigiama, nell’ozio
più totale, mangiando cibo
spazzatura e guardando film strappalacrime nel tentativo di cercare
conforto
rispetto la propria condizione.
Ciò che
aveva fatto, invece, era stato il raddoppiare i propri turni di
volontariato in
biblioteca, accettare di fare da tutor ad altri due studenti e
convincere il
maggiore dei Novak a lasciare a lui il compito di aprire la pasticceria
alla
mattina, prima di andare a scuola, sempre senza trascurare il proprio
compito
di catechista e direttore del coro dei bambini. E poi, ovviamente,
aveva
continuato ad occuparsi della propria attività scolastica e
della lista di
letture sempre crescente.
Nelle
tre settimane trascorse sia dalla lite che dalla separazione con il
proprio
ragazzo Castiel si era abituato ad alzarsi all’alba e a
tornare a casa per
cena, giusto in tempo per buttare giù qualche boccone e
dedicarsi poi ai propri
compiti e alle letture serali. Gabriel non poté che
preoccuparsi per il ritmo
frenetico che aveva preso la vita del fratellino, ma il diciassettenne
gli
aveva assicurato di stare bene, tralasciando il fatto che in quel modo,
almeno,
non aveva per niente il tempo di fermarsi a pensare ne a Balthazar,
ormai ben
inserito nella sua nuova vita ad un oceano di distanza, ne a Dean e
alla
litigata che avevano avuto l’ultima volta in cui si erano
parlati.
“Devi
davvero portartelo dappertutto?” Inias additò al
sacco di farina bianca che
Castiel teneva stretto al petto e aumentò il passo cercando
di stare a quello
dell’amico mentre lo accompagnava in chiesa per le prove del
coro dei bambini.
Di solito, a quell’ora, Inias preferiva stare a casa ed
esercitarsi con il
violino, sua grande passione, ma in quel periodo risultava talmente
raro
riuscire ad incrociare il ragazzo dagli occhi blu e, tantomeno, passare
del
tempo con lui, che aveva di buon grado messo da parte il proprio
passatempo per
cercare di chiacchierare con l’amico e, soprattutto, per
provare a capire come
stesse realmente.
Di
fianco a lui, Castiel annuì “Il professore di
educazione sessuale è stato molto
chiaro a riguardo: per una settimana questo sacchetto di farina
dovrà essere
trattato come un figlio. Devo portarlo con me ovunque e stare attento
che non
si rovini.”
“E non
hai una partner per tutti questi compiti?- indagò quindi il
giovane, portandosi
una ciocca di capelli scuri e ribelli dietro l’orecchio- Meg
è stata messa in
coppia con Brady, lei è una casalinga e lui un avvocato per
una multinazionale.
Lo odia e mi ha detto che vuole scrivere al preside Uriel per
protestare contro
il sessismo che il professore ha dimostrato nell’assegnazione
dei ruoli.”
Sul
volto dell’amico si abbozzò un sorriso divertito
prima di rispondere “Io non ho
una partner. In classe siamo un numero dispari e io sono stato
l’ultimo
estratto: sono un ragazzo padre che lavora al computer da
casa.”
Inias
proruppe in una risatina per lo scenario che era stato assegnato
all’amico, ma
il sorriso gli si spense quasi subito dalle labbra non appena si
ritrovò a
svoltare l’angolo che dava sulla piazza di Heaven. Proprio al
centro
dell’aiuola centrale, seduti su una delle panchine bianche
sotto al gazebo di
legno, Dean e Lisa stavano baciandosi con tanta intensità
che sembrava
volessero scoprire quanto due corpi dovessero stare vicini prima di
fondersi
completamente.
Il
giovane notò immediatamente come il passo
dell’amico sembrò incespicarsi per un
breve istante, prima di ritornare fermo e sicuro nel giro di qualche
secondo.
“Sicuro
che non ti dia fastidio?” domandò quindi Inias,
alzando un sopracciglio.
“Cosa?”
dal modo in cui contrasse la mascella, era del tutto evidente di come
Castiel
sapesse benissimo a che cosa l’amico si stava riferendo.
L’altro
sospirò “Il modo in cui Dean Winchester sta
giocando all’hockey delle tonsille
con Lisa Braeden.”
Il
minore dei Novak scosse la testa, stando ben attento che nel fare
ciò riuscisse
a non lanciare nemmeno uno sguardo alla coppia di innamorati
“No, perché
dovrebbe?”
“C’era
qualcosa tra te e Dean, e non provare a negarlo.”
Castiel
decise che il cortile di fronte alla chiesa fosse ad una distanza
abbastanza
sicura, perciò di fermò sotto uno degli alberi di
ciliegio, spogli a causa
dell’inverno, e si voltò verso l’amico
“Forse.- ammise, non senza una certa
riluttanza- Ma sono settimane che non parliamo e non ci siamo
propriamente
salutati in modo amichevole.”
Inias
non poté che essere d’accordo con
quell’ultima affermazione “Lui sembrava molto
preso da te. Sai, anche prima che tu e Balthazar vi
lasciaste.”
“Non
credo.” sbuffò l’interessato,
stringendosi le braccia intorno alla vita.
L’altro
ragazzo continuò a parlare, indefesso “Se ne sono
accorti tutti in città.”
“E
avete tutti preso un granchio.- il diciassettenne fece roteare i grandi
occhi
blu- Io a Dean non interesso. Non quanto Lisa, perlomeno.”
“Sai,
puoi anche non fingere con me.- gli ricordò Inias con un
sorriso paziente sulle
labbra- Ti conosco, Castiel, siamo amici da quando andavamo
all’asilo.”
Il
giovane si ritrovò ad arrossire e distolse immediatamente lo
sguardo,
concentrandosi invece su una pietra poco distante dalla propria scarpa
“Non so
di che cosa tu stia parlando.”
Inias
si sporse verso di lui, stringendolo in un veloce e consolatore
abbraccio “Ok,
ne parleremo un’altra volta. Hai più sentito
Balthazar?”
Castiel
parve apprezzare, almeno in parte, il cambio di argomento “Mi
ha chiamato
quando sono arrivati. Dice che la città è piccola
quasi quanto Heaven, ma che
Londra è abbastanza vicina perché la cosa non lo
faccia impazzire. Abbiamo
deciso di mandarci delle e-mail, d’ora in poi, e ridurre le
chiamate via Skype
ad un evento sporadico.”
“Per
via del vostro piano di separazione graduale?” chiese
scettico l’amico, alzando
un sopracciglio.
Il
minore dei Novak sospirò pesantemente
“Già.”
Inias
osservò con attenzione il volto dell’amico: aveva
l’aria stanca, con evidenti
occhiaie scure sotto gli occhi e l’incarnato insolitamente
pallido “Sei sicuro
di stare bene?”
“Certo.-
annuì Castiel, alzando il capo di scatto-
Perché?”
“Hai
l’aria stanca.- dichiarò quindi l’amico,
senza mezzi termini- Lo so che la
situazione con Balthazar e quella con Dean ti stanno stressando molto e
ti
conosco: tu tendi a gettarti a capofitto in mille imprese per cercare
di
distrarti quando c’è qualcosa che ti
turba.”
Il
ragazzo dagli occhi blu si passò stancamente una mano sugli
occhi “Inias…”
“Voglio
solo essere sicuro che tu non ti stia stressando troppo.”
ammise quindi Inias,
posandogli una mano sulla palla.
Castiel
gli rivolse un sorriso sincero “Tu ti preoccupi
troppo.”
“Castiel.”
lo ammonì quindi l’altro, fermo
nell’intento di ottenere una risposta.
“Sto
bene, davvero.- lo rassicurò quindi il diciassettenne-
Quando voglio rilassarmi
un po’ vado nel terreno del signor Knight a guardare le
api.”
“Cain
Knight?- domandò Inias incredulo- Credevo detestasse
chiunque provi a minare la
sua quiete, è un misantropo. Come mai non ti caccia
via?”
“Oh, io
non lo disturbo.- scrollò le spalle Castiel- E poi, credo
che apprezzi il fatto
che ci sia qualcuno che condivida la sua passione per le api.”
“Beh,
sono contento che tu possa fare qualcosa che ti piace.- ammise quindi
l’altro-
Anche se, devo ammettere, preferivo quando frequentavi qualcun altro
rispetto
che l’eremita della città.”
Castiel
inclinò la testa di lato “Cain non è un
eremita, ha una moglie. E poi, credevo
che Chuck Shurley fosse l’eremita della
città.”
“Chuck
Shurley è l’eremita bizzarro.-
specificò quindi l’amico- Cain Knight è
l’eremita scorbutico che fa un po’ paura. E lo
è anche se è sposato.”
Castiel
scoppiò in una risata e Inias si ritrovò a
pensare che era valsa la pena
saltare una delle sue quotidiane esercitazioni di violino.
Se
c’era una cosa che Dean Winchester detestava con tutto se
stesso era parlare
dei propri sentimenti.
Sam lo
sapeva, ovviamente, avendo passato i suoi quindici anni di vita ad
idolatrare
il proprio fratello maggiore e a sentirlo dichiarare con convinzione
che lui
non avrebbe mai ceduto ad aprire le porte del proprio cuore e lanciarsi
in
assurdi discorsi sentimentali come se fosse il protagonista frustrato
di un
qualche filmetto d’amore di serie D.
Lui lo
sapeva e, pertanto, sapeva anche perfettamente che riuscire a
convincere il
fratello a parlare con lui di quanto era successo con Castiel, ormai
diverse
settimane prima, e del conseguente periodo passato nel totale diniego
che il
fatto che non parlare più con quello che era uno dei suoi
migliori amici lo
stava turbando, sarebbe stato difficile.
Tuttavia
Sam Winchester era testardo. Molto testardo.
John
aveva spesso dichiarato che il minore dei suoi figli era riuscito ad
ereditare
l’incredibile combinazione di cocciutaggine sia paterna che
materna, riuscendo
così a portare all’esasperazione una delle
più snervanti caratteristiche dei
coniugi Winchester.
Il
ragazzo si trovava con le mani immerse nell’acqua del
lavandino della cucina,
intento a sfregare con energia la pentola in cui avevano cucinato la
pasta, la
cena di quella sera. Suo padre si trovava ancora al piano di sotto,
intento a
preparare il locale per l’indomani mattina e fare le solite
pulizie quotidiane,
lasciando lui e suo fratello da soli nell’appartamento al
piano superiore, e il
quindicenne decise che non poteva trovare momento migliore di quello
per agire.
Di
fianco a lui, Dean, canovaccio alla mano, asciugava ciò che
gli veniva porto,
canticchiando fra sé e sé una delle sue canzoni
preferite dei Led Zeppelin,
totalmente ignaro di ciò che il fratello minore aveva in
mente.
Sam si
schiarì la voce, gesto che gli fece guadagnare
un’occhiata perplessa da parte
dell’altro Winchester.
“Quando
pensi che finirà?” chiese quindi, decidendo che
evitare ogni preambolo gli
avrebbe fatto di sicuro fatto guadagnare del tempo prezioso per
l’imminente ed
emotivamente drenante discussione.
Il
maggiore dei due fratelli alzò un sopracciglio
“Cosa?”
Sam
sbuffò “Questa specie di guerra fredda fra te e
Castiel.”
“Non so
di che cosa tu stia parlando.” ribatté
immediatamente Dean, distogliendo lo
sguardo troppo in fretta perché l’argomento non
gli stesse a cuore.
“Invece
lo sai benissimo!- sbottò il quindicenne, abbandonando di
scatto la pentola che
cadde con un tonfo nell’acqua, schizzando sia lui che
l’altro giovane - Sono
passate settimane, Dean, e non ti sei ancora deciso a chiedere scusa a
Cas.”
Dean
spalancò gli occhi, incredulo “Chiedergli scusa? E
perché mai dovrei farlo?”
“Oh,
forse per la scenata che gli hai fatto davanti a tutti
l’ultima volta che vi
siete parlati?” gli ricordò Sam con tono di sfida.
Il
maggiore dei sue fratelli lanciò con stizza il canovaccio
umido sul bancone
della cucina, prima di sbuffare sonoramente mentre si passava una mano
fra i
capelli “Ok, forse quella volta ho esagerato. Ma è
stata chiaramente colpa di
Balthazar.”
Sam
alzò un sopracciglio “Davvero, Dean? Vuoi davvero
dare la colpa a qualcun altro
e fingere di essere stato solo trascinato dagli eventi? Tu hai
esagerato.
L’hanno visto tutti.”
“E va
bene, e va bene.- sbuffò l’apprendista meccanico,
incrociando le braccia al
petto- E allora? Che cosa credi che dovrei fare? Andare a bussare alla
sua
porta come se niente fosse dopo settimane e chiedergli scusa? Non
abbiamo dieci
anni, Sam.”
Il
quindicenne fece una smorfia “Beh, vi state entrambi
comportando come se li
aveste.”
Dean
fece roteare gli occhi “Può darsi, ma
ciò non cambia il fatto che siamo ad una
situazione di stallo.”
“Non
necessariamente.” dissentì il fratello minore.
L’apprendista
meccanico lo fissò cauto, la fronte aggrottata
“Che vuoi dire?”
Sam, i
grandi occhi nocciola carichi di aspettativa, gli rivolse un sorriso
incoraggiante “Tu tieni a Cas, giusto?”
L’altro
giovane non poté fare a meno che sbattere le palpebre,
spiazzato da una domanda
così diretta “Cosa?”
“Avanti,
non devi per forza essere emotivamente costipato.- sbuffò il
fratello minore-
Ammetti semplicemente di tenere a Castiel.”
Dean si
voltò, le gote arrossate suo malgrado “E va bene.
Io, sì, ecco, uhm… Insomma,
hai capito, no?”
“Accetterò
questa risposta e ignorerò il fatto che parli come una
dodicenne alla prima
cotta.” ghignò Sam, divertito dal modo in cui il
fratello aveva balbettato nel
fornire la propria risposta.
“Il tuo
punto sarebbe?- sbottò Dean, irritato per essere stato
schernito- Me lo hai
fatto ammettere solo per farti una risata?”
Sam
scosse la testa “No, l’ho fatto solo per farti
capire che tieni talmente a lui
da potere anche andare per un po’ contro al tuo orgoglio e
fare il primo passo
per ristabilire il vostro rapporto.”
Il
maggiore dei due Winchester sospirò
“Sì, credo che tu abbia ragione.”
“E che
cosa mi dici di Lisa?” incalzò quindi il
quindicenne.
Dean
alzò un sopracciglio “Che cosa intendi
dire?”
“La
vostra è davvero una cosa seria?- elaborò quindi
il ragazzo- Quando farai pace
con Castiel-”
“Se farò pace
con Castiel.” lo corresse il
fratello con uno sbuffo.
Sam lo
ignorò completamente “Quando
farai
pace con Castiel, che ne sarà della tua relazione con
Lisa?”
Dean
aggrottò le sopracciglia “Non capisco che cosa
c’entri il mio rapporto con Lisa
con il fatto che io potrei ritornare a frequentare Cas. Io e lui siamo
solo
amici.”
“Dean,
io so che quando lo dici tu sembri davvero convinto di credere a quello
di cui
stai parlando, ma credo che in fondo lo sappia bene anche tu che i tuoi
sentimenti per Castiel sono tutt’altro che platonici.-
spiegò quindi il minore
dei due fratelli, cercando di essere il più diplomatico
possibile- Tutta la
città se ne è resa conto, perfino Chuck Shurley e
lui non si è nemmeno accorto
di quando hanno recapitato per sbaglio davanti a casa sua quel castello
gonfiabile e tutti i bambini della città hanno iniziato a
riunirsi nel suo
cortile a giocare.”
L’apprendista
meccanico abbassò lo sguardo, estremamente cocciuto nel
negare ciò che ormai
era evidente a tutti.
“È per
via di papà?” indagò quindi Sam,
preoccupato che Dean non desse davvero ascolto
ai propri sentimenti per paura di cosa potesse pensare John.
L’altro
spalancò gli occhi “Cosa? No!”
Dean
sapeva benissimo a cosa si riferiva Sam. Il maggiore dei due Winchester
aveva
iniziato ad esplorare la propria sessualità quando aveva
poco più di
quattordici anni e, se all’inizio il suo interesse era
rivolto principalmente
alle ragazze, nel giro di qualche anno aveva scoperto di essere
attratto anche
dai ragazzi. All’inizio aveva cercato di ignorare la cosa,
ovviamente. John,
ex-militare dalla testardaggine leggendaria e con un incredibile
attaccamento
ai valori tradizionali, non avrebbe mai accettato un figlio che non
fosse
perfettamente eterosessuale. Eppure, Dean aveva iniziato a comprendere
che non
poteva di certo nascondere se stesso per sempre, quindi aveva fatto
ciò che
credeva fosse più giusto: aveva parlato con sua madre. Mary
era stata
estremamente comprensiva, lo aveva abbracciato e gli aveva detto che
non
avrebbe dovuto mai nascondere niente a nessuno perché lui
era perfetto
esattamente così com’era e chiunque gli avesse
voluto davvero bene non lo
avrebbe mai giudicato per le sue preferenze sessuali più di
quanto lo facesse
per il colore dei calzini che portava. Quando John lo venne a scoprire,
tuttavia, nulla andò per il verso giusto.
Ci fu
una litigata. Un’enorme litigata.
John
litigò con Dean perché non accettava la sua
sessualità a suo parere deviata.
Mary
litigò con John perché odiava il fatto che suo
marito potesse comportarsi in
quel modo con suo figlio.
L’atmosfera
in casa Winchester era diventata pesante e dovettero passare mesi prima
che
tutto tornasse alla normalità. L’argomento non
venne più toccato, non fino a
dopo l’incendio. Perdere Mary e la propria casa
sembrò costringere John a
rivalutare le proprie convinzioni. Una sera parlò con Dean,
si scusò con lui
profusamente, e gli garantì che per lui non avrebbe fatto
alcuna differenza chi
decidesse di amare in quanto lui era suo figlio e lo amava, e
ciò era quello
che era veramente importante.
“No, papà
non c’entra nulla.” ribadì di nuovo Dean.
“E
allora che cosa c’è a fermarti?-
incalzò Sam, scrutandolo attentamente- Lisa?”
Il
fratello maggiore si umettò le labbra, ripetendo una frase
che aveva detto
spesso “Lisa è perfetta,
però…”
“Forse
non è la perfezione ciò di cui hai bisogno.-
concluse per lui il quindicenne-
Forse hai bisogno di qualcuno con cui tu possa stare anche senza dovere
fare
niente di straordinario, qualcuno che non abbia paura di dirti senza
mezzi
termini quando ti stai comportando da idiota, qualcuno che ti dia la
sua
opinione e i suoi consigli ma che alla fine ti faccia fare le tue
scelte e non
te le rinfacci.”
Dean
alzò un sopracciglio “E questo qualcuno sarebbe
Cas?”
“Sì.-
annuì prontamente Sam- So che non sta a me a dirlo, ma sono
tuo fratello e ti
conosco, Dean. Ti stai facendo scappare un’ottima occasione
per essere
veramente felice.”
L’apprendista
meccanico fissò il fratello per qualche secondo e poi si
ritrovò a scuotere la
testa, vinto da quella accorata dichiarazione “Wow. Da quando
hai iniziato a
leggere la posta del cuore?”
Sam si
ritirò quando Dean tentò di arruffargli i capelli
“Fesso.”
“Puttana.”
ribatté prontamente l’altro, un sorriso divertito
sulle labbra piene.
“Allora
farai il primo passo per riappacificarti con Castiel?” si
informò
immediatamente il quindicenne.
“Sam,
io davvero non ho idea di cosa fare per fargli capire che mi dispiace.-
scosse
la testa Dean- Se fosse una ragazza gli porterei dei fiori, ma a
lui?”
Sam
rise “Potresti portargli una piantina. Cas adora quel genere
di cose. È un po’
strano.”
Dean
riprese in mano il canovaccio “E tu dici che un piccolo
cactus o che so io
potrebbe dire Hey, scusa se mi sono
comportato come un idiota e ho rotto il naso al tuo ex. Torniamo amici?
Oppure
qualcosa di più? Nessuna pressione, eh.”
“Non
so, ma di certo sarebbe un gran passo avanti rispetto a questa ridicola
guerra
del silenzio che avete iniziato.” disse il fratello minore
rivolgendogli un
sorriso.
L’altro
sbuffò “Hey, guarda che io e Cas ci parliamo
quando ci incrociamo in città.”
“Dei
mugugni monosillabici che dovrebbero essere dei saluti non
contano.” dichiarò Sam,
recuperando a sua volta la pentola che era rimasta dimenticata nel
lavandino
fino a quel momento.
“E va
bene, e va bene.- capitolò Dean- Andrò a parlare
a Castiel domani.”
“Non
andare a casa sua, vai alla pasticceria.” gli
suggerì immediatamente il
quindicenne.
Il
fratello maggiore lo fissò perplesso “Ma tu mi hai
appena detto…”
“Lo so.
Ma andare a casa sua sarebbe come invadere i suoi spazi senza essere
invitato.-
spiegò quindi Sam- Per la vostra riappacificazione dovete
scegliere dei luoghi
neutrali dove nessuno di voi due possa avere dei vantaggi
emotivi.”
Dean
scosse la testa, sbuffando una risata “Ok, tu leggi
troppo.”
“Lo so
che lo fai anche tu, di nascosto, per mantenere la tua aria di macho
rude e-
Dean!” strillò Sam, quando il fratello gli
lanciò in faccia il canovaccio
bagnato, un dispetto ovviamente mirato a farlo stare zitto.
“Te la
sei cercata!” rise il maggiore dei due fratelli, mentre
faceva uno scatto per
sfuggire alla vendetta del giovane.
“Torna
qui, ti faccio vedere io!”
John
sospirò pesantemente mentre si richiudeva la porta
dell’appartamento alle
spalle e i suoi figli gli sfrecciarono di fronte, inseguendosi
spensierati ed
incuranti del caos che si lasciavano alle spalle “In momenti
come questi mi
sarebbe piaciuto avere delle figlie femmine.”
mormorò scuotendo piano il capo.
Castiel
era un bravo ragazzo, non c’era nessuno in città
che potesse affermare il
contrario.
Era il
genere di giovane che cedeva il posto sull’autobus con un
sorriso sulle labbra,
che si fermava ad aiutare le vecchine con la spesa troppo pesante e che
alla
mensa scolastica divideva il proprio pranzo con chi si era dimenticato
di
portarsi qualcosa da casa.
Non era
perfetto, certo, ma nessuno poteva dubitare sulla grandezza del suo
cuore.
Nonostante
questa sua indole, tuttavia, il destino sembrava divertirsi a giocargli
dei
brutti scherzi. Era per questo, probabilmente, che quando Gabriel lo
mandò al
minimarket del signor Adler, invece di trovare alla cassa Zachariah in
persona,
il completo austero e sul volto l’espressione infuriata di
chi ha appena
investito i propri soldi in un nuovo sistema informatico che non riesce
ancora
ad utilizzare nonostante gli sforzi erculei, Castiel si
ritrovò faccia a faccia
con il sorriso abbagliante di Lisa.
Lì per
lì il diciassettenne rimase impietrito.
Non
l’aveva ancora ammesso con nessuno, ma in quelle due
settimane aveva studiato
perfettamente gli orari di Dean e Lisa. Sapeva quando lui aveva i turni
al
locale e da Bobby e quando lei aveva l’allenamento delle
cheerleader e quando
faceva da babysitter a Jessie Turner. Era diventato ossessivo, quasi
maniacale,
nel proprio obiettivo di non incrociare ne l’uno ne
l’altro, soprattutto non
quando i due innamorati si trovavano insieme.
All’inizio,
Castiel aveva pensato che questa sua nuova repulsione
nell’incontrarli fosse
dovuta alla sua litigata con Dean e alla sua improvvisa separazione da
Balthazar.
Eppure,
anche lui aveva dovuto ammettere con se stesso che c’era
qualcosa di più dietro
il suo comportamento.
Poi,
una sera, mentre cercava con tutte le sue forze di non pensare, gli
occhi
inchiodati sulle pagine dell’ultimo libro di George R. R.
Martin (un libro che
Dean stesso gli aveva consigliato, gli ricordò la sua mente,
malignamente), ma
che in realtà non riuscivano a decifrare nessuna delle
parole che avevano
davanti, Castiel capì.
Gli
abitanti di Heaven avevano ragione: c’era qualcosa fra lui e
Dean, un legame
profondo, che li legava a dispetto del buon senso e dei loro stessi
desideri.
Era come avere ritrovato all’improvviso la chiave ad uno
scrigno che nemmeno si
sarebbe voluto aprire, ma che finalmente era lì e quindi non
faceva altro che
invogliare a dare una sbirciatina a quello che di mirabolante poteva
contenere.
Scoprire
di provare dei sentimenti per Dean era stato traumatico per il giovane.
La sua
mente non faceva altro che ricordargli che lui amava Lisa e che insieme
erano
felici.
Inoltre,
sibilava con cattiveria una vocina nella sua testa, era davvero
così arido
sentimentalmente da buttare da parte tutto quello che aveva costruito
con
Balthazar come se si trattasse di un giocattolo vecchio e passato di
moda?
Castiel
scosse la testa, imponendosi di non indugiare oltre nei propri
pensieri.
Afferrò meccanicamente uno dei vecchi cestini di metallo e
lanciò a Lisa,
seduta alla cassa a chiacchierare con un’amica, tra le mani
affusolate e dalle
unghie perfettamente laccate una rivista patinata, un sorriso di
saluto. Si
congratulò con se stesso per essersi comportato normalmente
e iniziò ad
aggirarsi senza fretta negli stretti corridoi del mini-market, in una
mano la
lista della spesa che gli aveva consegnato Gabriel poco prima e il suo
piccolo
sacco di farina, il suo seccante compito di educazione sessuale, ben al
sicuro
sulle solide maglie ricoperte di vernice blu del cestino della spesa.
“Non è
bellissimo?” sentì domandare Lisa, mentre il
diciassettenne confrontava senza
vero interesse le percentuali di cacao contenute nelle barrette
richieste da
suo fratello.
La sua
amica si affrettò a rispondere con voce carica di giubilo
“Oh, Lis, quanto ti
invidio! Se avessi un fisico come il tuo anche io vorrei mettermi un
vestito
del genere per il ballo.”
“Sarah,
tu sei bellissima, puoi metterti tutto ciò che vuoi
esattamente come me.- la
rincuorò immediatamente la bella ragazza dai capelli
corvini- Comunque, sono
ancora indecisa se comprare anche delle scarpe oppure dei sandali. Non
voglio
esagerare, però, non è certo il ballo di fine
anno, questo, solo quello
invernale. Tu che ne dici?”
Castiel
lasciò scivolare nel proprio cestino una confezione delle
merendine preferite
di Gabriel e si spostò al corridoio attiguo “Io
comprerei delle scarpe, così le
metti anche all’ultimo dell’anno.- sentì
dire da Sarah- Tu e Dean verrete alla
festa a casa di Ruby, vero? Dicono che sarà epica.”
Il
ragazzo sentì lo sbuffò della giovane anche se si
trovava a due corridoi di
distanza dalla cassa “Dean ha detto che ci deve pensare.
Credo che voglia
passare il Capodanno anche con i suoi amici, una cosa intima e
tranquilla alla
Roadhouse.”
“No!-
protestò immediatamente l’altra, forse con un
po’ troppa veemenza- Lisa, devi
venire a quella festa, sarà l’evento
dell’anno!”
Lisa
rise, la sua risata frizzante e cristallina “Oh, non ti
preoccupare, Dean alla
fine me la darà vinta. Succede sempre.”
Castiel
si sentì in imbarazzo ad origliare quella conversazione. In
realtà, non stava
propriamente origliando. Lisa e la sua amica di certo non stavano
mantenendo un
tono di voce basso e lui era abbastanza certo che Meg avrebbe definito
il loro
starnazzare solo di poco inferiore, in termini di decibel, al rumore
prodotto
da un jet in fase di atterraggio.
“Oh,
sei così fortunata da avere Dean.- sospirò
l’altra ragazza con tono sognante- È
terribilmente sexy.”
Lisa
sospirò a sua volta “Hai ragione. Ma
c’è molto di più dietro a quella sua
aria
da bello e tenebroso, sai? Dean è così premuroso
e dolce e so che ha avuto un
po’ di ragazze prima di me, ma ormai stiamo insieme da
più di un mese.”
Sarah
ridacchiò “Probabilmente stava solamente cercando
la persona giusta.”
canticchiò con tono petulante.
Il
minore dei due fratelli Novak si fermò suo malgrado, la mano
talmente stretta
sulla maniglia dei frigorifero delle bevande che le sue nocche erano
diventate
di un bianco abbagliante. Ovviamente lui sapeva che c’era
molto di più di Dean
rispetto a quanto lui voleva fare vedere agli altri. Eppure,
l’idea che anche
Lisa ne fosse pienamente consapevole, e che magari potesse essere a
conoscenza
di qualche sua incredibile caratteristica di cui lui probabilmente era
ancora
all’oscuro gli aveva fatto crescere un nodo allo stomaco.
Mentre sentiva il
sangue pulsargli nelle orecchie, una vocina irritante
all’interno della sua
testa lo informava che era geloso, cosa che trovò
immediatamente irrazionale
dato che Dean non era il suo ragazzo, anzi, in quel momento non era
nemmeno
certo se potesse ancora rientrare nella categoria degli amici.
“Castiel, va tutto
bene?”
La voce
di Lisa lo fece sobbalzare e il diciassettenne si ritrovò a
voltarsi,
trovandosi faccia a faccia con le due ragazze, che lo osservavano con
la fronte
aggrottata dal bancone della casa, proprio in fondo al corridoio in cui
si
trovava.
Castiel
deglutì a vuoto e quando parlò lo fece con voce
flebile, cercando di ignorare
il fastidioso pulsare della propria testa “Come?”
“Ti ho
chiesto se va tutto bene.” ripeté la ragazza con
una nota preoccupata nella
voce.
“Oh.
Sì, certo.- si affrettò a confermare il giovane,
piazzandosi sul volto un
sorriso troppo tirato per essere convincente- Tutto a posto.”
“Sei
sicuro?- indagò di nuovo Lisa, inclinando la testa
leggermente per scrutarlo
meglio- Sei molto pallido, non sembri molto in forma.”
Castiel
si sforzò di sorridere in modo più rassicurante
“Sono solo stanco, Lisa, non ti
preoccupare.”
La
ragazza annuì piano “Ok. Chiama pure se ti serve
aiuto con quello che stai
cercando.”
“Ma
certo.” la rincuorò il giovane, prima di muoversi
di qualche passo ed aprire di
nuovo lo sportello del banco frigo per prendere le pizze surgelate
tanto
adorate da Gabriel.
Castiel
si accorse che qualcosa non andava quando aveva ancora fra le mani la
scatola
fredda e umida. Sentiva uno strano ronzio nelle orecchie e davanti ai
suoi
occhi danzavano delle luci bianche.
Ciò che
riuscì a sentire prima che la forza di gravità
avesse la meglio su di lui fu
una voce concitata che gridava il suo nome.
“Cas!”
Castiel
si stava già risvegliando, ma questo non fece certo
dissipare la preoccupazione
del giovane che lo stava fissando con la fronte aggrottata.
Il
diciassettenne si portò una mano alla testa ancora prima di
aprire gli occhi e
dalle labbra gli sfuggì un gemito soffocato.
“D-Dean?-
chiamò, gli occhi subito attratti dall’unica
persona presente in quella stanza
piccola e dall’arredamento scarso e malridotto-
Dove…Dove sono? Cosa ci fai tu
qui?”
Dean si
alzò dalla traballante sedia pieghevole dove era seduto e la
trascinò
rumorosamente fino al vecchio e scomodo divanetto dove poco prima aveva
adagiato Castiel “Siamo
nel retrobottega
del negozio, nella saletta degli impiegati.- spiegò,
additando il primitivo
distributore di caffè, il tavolo rotondo in mezzo alla
stanza e gli armadietti
di metallo, corredati di targhetta con nome, addossati alle pareti-
Lisa mi ha
detto che sei svenuto nel reparto surgelati.”
Castiel
sbatté le palpebre più volte, cercando di
rievocare quanto era appena accaduto
senza peggiorare il tremendo mal di testa che lo attanagliava
“Oh. E tu…”
“Io
stavo entrando in quel momento per comprare delle cose,-
continuò a spiegare
Dean, i cui brillanti occhi verdi non avevano smesso per un attimo di
scrutarlo
con attenzione e apprensione- ho sentito Lisa e la sua amica gridare e
quando
mi hanno spiegato cosa era successo ti ho portato qua dietro.”
“Grazie.-
sussurrò Castiel, puntellandosi con le mani sulla scivolosa
superficie di finta
pelle marrone del divano per aiutarsi ad alzarsi- Ma ora mi sento molto
meglio.
Credo proprio che…”
Il
maggiore dei fratelli Winchester fece uno scatto verso di lui,
posandogli le
mani sulle spalle e rispigendolo a sdraiarsi “No, Cas. Sei
appena svenuto e hai
anche sbattuto la testa.”
“Ow.”
si lamentò il giovane, sfiorandosi la nuca con le lunghe
dita affusolate.
“Visto?-
disse Dean con un sorriso incoraggiante sulle labbra- È
meglio che tu aspetti
qui. Hanno già chiamato Gabriel, ti porterà da un
dottore per un controllo.”
Castiel
si lasciò guidare dalle mani di Dean e tornò a
sdraiarsi e non poté impedire ad
un brivido di scorrergli lungo la schiena quando l’altro
giovane, nello
scostarsi da lui, fece scivolare le proprie mani calde lungo il suo
braccio.
Il
diciassettenne lo fissò con intensità, come se
stesse cercando di assorbire
ogni piccolo particolare del suo volto prima che potesse sparire, quasi
fosse
un ologramma destinato a dissolversi, e Dean, inaspettatamente, non
sembrava
per niente imbarazzato dal modo insistente in cui il suo sguardo
indugiava su
di lui. Invece, con altrettanta attenzione, i suoi occhi non si
scostavano a
sua volta dai suoi.
I
minuti si trascinavano lentamente uno dietro l’altro e
nessuno dei due ragazzi
parlò, eppure il silenzio che si era creato fra loro non era
affatto pesante o
carico di imbarazzo. Erano semplicemente lì, gli occhi
dell’uno fissi in quelli
dell’altro, completamente inconsapevoli del trascorrere del
tempo.
Proprio
nel momento in cui Dean decise di schiudere le labbra e dire qualcosa,
la porta
si spalancò violentemente e Gabriel entrò nella
stanza a passo di marcia, il
volto pallido e con un’espressione tesa e preoccupata che
raramente era
associata a lui. Alle sue spalle, calmo e controllato come al solito,
lo
seguiva Joshua Bustani, l’unico medico di base che esercitava
ad Heaven. Dean
non aveva mai parlato di persona con lui, ma Sam gli aveva rivelato,
una volta
che era tornato a casa dal suo studio dove si era recato per farsi
prescrivere
degli antibiotici per un’influenza, che, se
l’abitazione del dottore poteva
essere considerata minuscola, tanto non si poteva dire del suo
giardino, ampio
e rigoglioso, al fianco del quale vi era anche una gigantesca serra
dove l’uomo
coltivava ogni genere di piante, fiori ed erbe, una delle sue grandi
passioni.
“Cassie!-
chiamò il maggiore dei Novak con fare concitato, mentre
posava entrambe le mani
sulle guance del fratello per esaminarlo meglio- Che cosa è
successo?”
“Cas è
svenuto mentre faceva la spesa.- spiegò Dean in modo pratico
e conciso- Io ero
appena entrato in negozio e l’ho portato qui. Si è
ripreso quasi subito.”
Castiel
annuì, lanciando al fratello un sorriso che sperava essere
incoraggiante “Sto
bene ora, Gabriel. Davvero.”
Gabriel
scosse la testa “Questo lo faremo decidere a
Joshua.”
Richiamato
da quella frase, il medico di colore si avvicinò al divano
ed iniziò a contare
pulsazioni, misurare la pressione e parlare di come più
tardi avrebbe fatto al
giovane un piccolo prelievo. Nel frattempo, il maggiore dei due
fratelli Novak
si voltò verso Dean e gli posò una mano sulla
spalla.
“Ti
ringrazio di esserti occupato di lui fino adesso.” disse, sul
volto un sorriso
sincero.
Il
giovane apprendista meccanico annuì “Non
c’è di che.- ribatté, un po’
in
imbarazzo- Cas è un mio amico.”
Gabriel
si limitò ad alzare un sopracciglio e il suo sorriso, da
gentile, era diventato
il ghigno di qualcuno che era a conoscenza di molte più cose
rispetto al
proprio interlocutore.
Dean si
ritrovò a distogliere lo sguardo, le gote leggermente
arrossate da quanto
quello sguardo poteva implicare “Sì, beh- si
ritrovò a balbettare, prima di
schiarirsi la voce e riformulare la frase- Io ora devo proprio tornare
al
locale. Fammi, uhm…Fammi sapere come sta Cas, ok? Ok. A
dopo!”
Anche
Castiel e Joshua si erano interrotti per voltarsi a guardare quei
saluti
concitati e quando il ragazzo si fu richiuso la porta alle spalle, il
medico si
girò nuovamente verso il proprio paziente con un sorriso
bonario sulle labbra
carnose.
“Quel
ragazzo è proprio cotto.” dichiarò,
appoggiandosi di nuovo lo stetoscopio
attorno al collo.
Castiel
abbassò lo sguardo, le gote cremisi “Oh, no. Io e
Dean siamo solo amici.”
Joshua
sorrise, indulgente “Ma certo, Castiel. Come dici
tu.”
“Allora,
Doc, che cos’ha il mio fratellino?”
domandò quindi Gabriel, avvicinandosi di
nuovo ai due ed appoggiando i palmi sulle spalle del fratello minore.
“La
pressione è molto bassa e il battito leggermente
accelerato.- spiegò quindi il
dottore, prima di rivolgersi al diciassettenne- Dimmi, Castiel, per
caso in
questo ultimo periodo sei soggetto a mal di testa più del
solito?”
Il
giovane abbassò lo sguardo, come se stesse ammettendo una
colpa terribile “A
volte.”
“E per
caso, a volte soffri anche di mal di stomaco o di mancanza di appetito?
Magari
spossatezza?”
Castiel
giocherellò con i passanti dei propri jeans, le guance
arrossate “Sono state
delle settimane un po’ piene, per me.- ammise- Forse mi sono
dimenticato di
pranzare qualche volta.”
“Castiel.”
sospirò Gabriel scuotendo il capo, ma la preoccupazione
trapelava palesemente
dal suo tono.
Joshua
posò la sua grande mano sulla spalla del ragazzo
“La mia prima diagnosi è che
tu sei fortemente stressato, Castiel. Questo svenimento è il
modo del tuo corpo
per dirti che forse è il momento di rallentare un
po’ il ritmo e di prenderti
un po’ di tempo per te stesso senza pensare troppo al
resto.”
“Stress?
Solo un po’ di stress può fare questo?-
domandò con insistenza Gabriel- Cassie
non è mai stato ammalato prima, ha avuto solo il morbillo
quando era all’asilo
e poi è sempre stato sano come un pesce.”
Il
medico si voltò verso l’apprensivo fratello
maggiore del suo paziente “Gabriel,
ti posso assicurare che non dovrebbe esserci niente di più
che quanto vi ho già
detto. Ci sarà solo da tenere un po’ sotto
controllo la botta alla testa, ma
non è nulla di grave, consiglio solo qualche giorno di
riposo. Ho fatto a
Castiel un piccolo prelievo, inoltre, così potrò
fare qualche analisi e vedere
se c’è qualcosa di più preoccupante che
possa avere causato lo svenimento, ma
ne dubito. So quanto può essere difficile ma, te ne prego,
non preoccuparti
eccessivamente in attesa dei risultati.”
Il
volto del maggiore dei Novak si distese un po’
“Sarà un po’ difficile, Doc.-
dichiarò, arruffando i capelli di Castiel- Lui è
il mio fratellino.”
Il
diciassettenne scacciò la mano del fratello con finta
irritazione, per poi
spalancare gli occhi ed esalare un “Oh.” Flebile.
“Che
c’è?- Gabriel si girò di nuovo di
scatto verso di lui, la preoccupazione di
nuovo dipinta a chiare lettere sul suo volto- Non stai bene di nuovo?
Ti senti
svenire?”
Castiel
si affrettò a scuotere la testa “No, solo
che…prenderò un’insufficienza in
educazione sessuale: ho fatto cadere il mio sacco di farina.”
Il
maggiore dei due fratelli si mise a ridere e gli scompigliò
affettuosamente i
capelli “Parlerò io con il tuo
professore.”
Castiel
era affetto da una carenza di ferro, ma il dottore aveva assicurato che
una
giusta alimentazione e una breve terapia con integratori avrebbe
risolto in
poco tempo questa mancanza.
Ovviamente,
senza Joshua a contenere la sua preoccupazione, Gabriel era
letteralmente
impazzito.
Mentre
tornavano a casa, Castiel accucciato stancamente nel sedile del
passeggero, il
maggiore dei Novak aveva sgridato il fratello per essere stato tanto
sconsiderato da trascurare la propria salute e, una volta arrivati, il
giovane
gli aveva intimato che nei prossimi due giorni non avrebbe dovuto
vederlo
affaticarsi e che, quindi, sarebbe stato agli arresti domiciliari.
Più
specificatamente, degli arresti domiciliari che gli avrebbero
consentito di
muoversi solo dal suo letto alle sedie in cucina e da quelle al divano
del
salotto. Gabriel, in un attacco di magnanimità, aveva
concesso al
diciassettenne di avventurarsi fino alle poltrone della veranda, a
patto che si
portasse con sé una coperta abbastanza pesante.
Castiel,
ovviamente, l’aveva assecondato in tutto ed era per quel
motivo che la mattina
successiva, invece di andare alla pasticceria insieme al fratello, si
trovava
seduto sulla veranda, una morbida coperta di pile sulle gambe, una
tazza
fumante di tè alla menta piperita tra le mani e un libro
pronto ad essere letto
scrupolosamente. Il ragazzo sapeva cosa si sarebbe dovuto aspettare da
quella
pigra domenica mattina, una delle rare domeniche in cui era costretto a
saltare
la funzione delle nove, e non vi sarebbe stato niente di interessante
fino al
ritorno di Gabriel per il pranzo, che non era autorizzato a preparare
lui
stesso perché avrebbe violato le sue condizioni per
rispettare il riposo
totale.
Ciò che
non si aspettava, invece, era di vedere Dean avvicinarsi a passo
marziale alla
porta di casa sua, sul volto un’espressione determinata e
talmente concentrato
da non accorgersi che Castiel era effettivamente fuori casa e non
dentro.
“Dean!-
chiamò il ragazzo, proprio mentre l’altro giovane
aveva appoggiato la punta
dell’indice sul campanello- Cosa ci fai qui?”
Dean si
voltò di scatto, preso alla sprovvista “Ero
passato in negozio per vedere come
stavi, ma Gabriel mi ha detto che sei rimasto a casa.”
Castiel
fece una smorfia “Sì, Joshua mi ha consigliato di
riposarmi per un paio di
giorni.”
“Non
hai niente di grave, vero?” domandò quindi
l’apprendista meccanico, la
preoccupazione che per un attimo sembrava averlo liberato dallo stato
di
inspiegabile agitazione in cui si trovava.
“Sono
solo un po’ anemico.- lo rassicurò il
diciassettenne con un sorriso- Il riposo
è soprattutto per la botta in testa che ho preso nella
caduta.”
Dean
spalancò gli occhi “Accidenti, nemmeno ci avevo
pensato, a quello.”
“È
ovvio, tu non sei un medico, Dean.” gli ricordò il
ragazzo dagli occhi blu,
fissandolo attentamente.
C’era
qualcosa di strano in Dean, ma Castiel non era ancora riuscito a capire
che
cosa fosse. Probabilmente era quel suo atteggiamento stranamente
nervoso, cosa
che era decisamente strana per un tipo come il maggiore dei due
fratelli
Winchester, che solitamente amava mantenere un atteggiamento distaccato
ed
apparire come un duro al mondo intero.
Castiel
inclinò leggermente la testa di lato e guardò
l’amico distogliere lo sguardo e
borbottare a bassa voce “Giusto.”
Dopodiché,
Dean sembrò intenzionato a mantenere il silenzio.
“Uhm,
vuoi…entrare a bere qualcosa?” propose il
diciassettenne, quando vide che
l’altro ragazzo sembrava ben contento solo a rimanersene
lì, in piedi sulla sua
veranda, impacciato con le mani affondate nelle tasche dei jeans.
Dean
gli rivolse un sorriso tirato “No, grazie.”
“Ok.”
sospirò Castiel, incerto sul cosa fare dopo quel rifiuto.
Non dovette aspettare troppo a lungo, tuttavia, dato che
l’apprendista
meccanico, dopo essersi osservato per svariati secondi la punta degli
stivali
neri come se lì si trovasse la risposta al più
grande interrogativo
dell’umanità, alzò improvvisamente lo
sguardo, puntando i suoi grandi occhi
verdi in quelli dell’amico “Cas, mi
dispiace.”
Castiel
sbatté le palpebre, spiazzato da quella dichiarazione
“Ti ho già detto che….”
“Per
quello che è successo dopo la rissa con Balthazar.-
specificò quindi Dean- Non
avrei mai dovuto dirti quelle cose e tu avevi ragione.”
Le
labbra del ragazzo dagli occhi blu si schiusero in una
‘o’ silenziosa “Non fa
niente.” aggiunse poco dopo.
“Cas…”
iniziò di nuovo a parlare Dean, facendosi spazio
sull’angolo della poltrona di
vimini su cui era seduto l’amico.
Il
diciassettenne lo fissò con la fronte aggrottata e la testa
inclinata,
aspettando che dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, purché gli
facesse smettere di
pensare al fatto che si trovavano così vicini eppure lui non
avrebbe mai potuto
averlo, non come lo desiderava.
Dean,
invece, non parlò.
Appoggiò
una mano sulla sua coscia e si avvicinò lentamente,
così tanto che se Castiel
avesse voluto si sarebbe potuto ritrarsi. Ma non lo fece. Ovviamente
non lo
fece.
Quando
si congiunsero con le sue, le labbra di Dean erano calde ed
accoglienti, ancora
più morbide di quanto avesse immaginato e, mentre una mano
era rimasta sulla
sua coscia, l’altra gli incorniciava la guancia,
accarezzandogli l’angolo della
bocca con un pollice grezzo.
Quello
era tutto quello che Castiel desiderava e, proprio mentre pensava che
non
potesse esserci niente di più bello al mondo, il peso della
realtà gli crollò
improvvisamente addosso come un macigno.
“Dean!-
quasi gridò, ritirandosi da lui di scatto, le mani che
tremavano mentre si
sfiorava con la punta delle dita le labbra- Tu…Tu stai con
Lisa!”
Anche
Dean sembrò rinsavire al sentire menzionare la propria
ragazza. Si alzò
velocemente e mosse qualche passo all’indietro per mettere un
po’ di distanza
fra di loro “Giusto, giusto.- borbottò, scuotendo
la testa. Sembrava pronto
alla fuga da un momento all’altro- Scusa, io non so proprio
cosa mi sia preso…”
Castiel
prese qualche grosso respiro e abbassò lo sguardo sulla
coperta che gli era
scivolata dalle gambe “Forse è meglio che tu vada
ora.”
Il
maggiore dei fratelli Winchester annuì “Hai
ragione.- disse, scendendo in
fretta i due gradini della veranda e voltandosi indietro solo allora-
Ci
vediamo, Cas.”
Il tè
alla menta piperita si era raffreddato e sarebbe rimasto lì,
dimenticato,
assieme al libro che Castiel progettava di leggere, per il resto della
mattinata.
Più
tardi, all’ora di pranzo, Gabriel rientrò in casa
carico di buste della spesa e
seguito a ruota da Kalì, decisa più che mai nel
preparare una pasto sostanzioso
e ipernutriente per il fratello del suo ragazzo, cosa che non era
affatto certa
che lui stesso fosse in grado di fare.
Gabriel
la lasciò fare, scappando dalla cucina come se fosse il
punto designato per lo
sgancio di una bomba per recarsi nella camera del fratello minore, dove
si
divertì a lamentarsi scherzosamente di quanto la donna
indiana fosse
terrificante quando si metteva in testa una cosa e lo fece abbastanza
ad alta
voce per stuzzicare l’interessata e far scoppiare un
battibecco più ricreativo
che astioso.
Tuttavia,
quando Kalì chiamò il maggiore dei fratelli Novak
per farsi aiutare a sbucciare
delle patate, il giovane si alzò, dimostrando
un’obbedienza che poco si sposava
con il suo carattere, ma si fermò proprio
sull’uscio della stanza.
“Oh,
sai la novità, Cassie?- disse, voltandosi verso il fratello-
Lisa Braeden e
Dean Winchester si sono lasciati.”
___________________________________
A costo
di sembrare un disco rotto, mi ripeto anche questa volta: scusatemi. Mi
dispiace per tutti voi che seguite questa storia e che la commentate,
illuminandomi ogni volta la giornata. Purtroppo, questa volta, non
è stata la
mia pigrizia ad impedirmi di aggiornare ma il fatto che il mio computer
ha
deciso di suicidarsi proprio mentre ero fuori città, e
quindi quando mi era
irreperibile qualsiasi tecnico di fiducia. Il mio laptop ora
è ritornato in
vita, è vero, ma ahimè non è
più lo stesso, ma un catorcio inabile a fare la
maggior parte delle cose, che tuttavia sarà in grado di
sopravvivere (spero) senza
ulteriori problemi fino a quando racimolerò abbastanza
soldini per un nuovo
acquisto. Manco a dirlo, ovviamente tutti i miei file sono stati
cancellati e
io non sono potuta rientrare in possesso della mia ancora di salvezza,
la sacra
memoria esterna, per un altro mese. In sostanza, quando vi racconto di
essere
sfigata non mi sto facendo commiserare, ma racconto i fatti come stanno.
Finalmente
sono riuscita a rimettere in piedi ciò su cui stavo
lavorando prima del
fattaccio, anche grazie agli appunti che prendevo sullo smartphone nei
momenti
di ispirazione, e sono abbastanza soddisfatta del risultato, bieco
escamotage
dello svenimento a parte.
Voi che
ne pensate? I momenti ufficialmente Destiel si avvicinano, finalmente,
proprio
come avevo promesso millemila capitoli fa! ;D
Come sempre,
fatemi sapere che ne pensate del capitolo, mi fa molto piacere leggere
le
vostre opinioni.
A
prestissimo (spero davvero, questa volta!)
Kisses,
JoJo
P.S. Per chiunque abbia commentato e a cui io non sia riuscita ancora rispondere: scusatemi tanto. Giuro che appena trovo un po’ di tempo per mettermi a scrivervi in modo consono, e non con un semplice ‘grazie’, lo farò. Sappiate però che ho letto tutto e che vi ringrazio per avere perso del tempo per avermi fatto sapere che cosa ne pensate di questa mia storia.