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Autore: ReaderNotViewer    03/10/2008    3 recensioni
Col beneplacito e in onore dell’adorabile L-Fy, autrice dell’indimenticabile “Prova del drago” – vero e proprio spin-off durmstranghiano della saga - pubblico questo mini-sequel. La mia storia si svolge otto anni dopo La prova del drago, cioè contemporaneamente agli avvenimenti del settimo libro. Cosa buffa – ma in fondo comprensibile, date le circostanze – non troverete in questa storia nessuno dei personaggi creati dalla Rowling.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La prova del drago di L-Fy

CAP.5



Lo stesso giorno in cui terminava il periodo di prova di Nadja con Fifì, giunse dalla Gran Bretagna la notizia della vittoria della resistenza britannica nella battaglia di Hogwarts, il che, tra l'altro, significava che i draghi sarebbero potuti tornare nella riserva in Transilvania. Negli ultimi tempi, Sasha aveva passato così tanto tempo ai quartieri generali dell'EMU da sembrare ormai uno zombie. Detlef non aveva ancora ripreso il servizio attivo ma, confinato in ufficio, faceva, secondo le illuminate parole di Sasha, più danni lui da solo che un'intera squadra di Mangiamorte. Non appena giunse la notizia che Lord Voldemort era stato sconfitto per la seconda volta, anche Dimitri rientrò da Parigi, dove aveva atteso lo sviluppo degli eventi insieme a un folto manipolo di agenti speciali e di personale diplomatico proveniente da tutti i paesi dell'EMU. Il mondo magico europeo tirava un sospiro di sollievo, perciò festeggiare non sembrava fuori luogo, nonostante vi fossero stati molti caduti – almeno cinquanta, secondo le prime stime – che andavano ad aggiungersi agli assassinii, alle sparizioni e alle esecuzioni sommarie degli ultimi mesi. In quel pomeriggio ormai quasi estivo, però, sembrava non esserci posto per la tristezza a Casa Malatesta. Nel campetto sul declivio erboso dietro casa, dove due improvvisate squadre si stavano affrontando in una partitella di quidditch, l’entusiasmo sportivo era alle stelle, sebbene il livello tecnico dei giocatori risentisse della mancanza di allenamento.  Detlef e Sasha se la cavavano ancora discretamente nel ruolo di battitore e cacciatore mentre di Costanza, che stava in porta e che a Durmstrang non aveva mai giocato, si poteva solo dire che faceva del suo meglio. Purtroppo per lei, non solo Magonza Zabini era stata cacciatrice a Beauxbaton, sia pure come riserva, ma Dimitri – in forma smagliante nonostante avesse smesso di giocare da otto anni – ribatteva i bolidi con la sua mazza senza fermarsi un solo istante. La vera sorpresa della giornata, tuttavia, era stato Spartacus Gogolmenko, che vorticava intorno all’anello della sua porta, pronto a tuffarsi sulla pluffa come un gabbiano sulla spazzatura. In altre parole, era così evidente che i padroni di casa stessero perdendo che se ne era accorta persino Nadja, che seguiva la partita da terra con blando interesse.

“Fai più tifo” suggerì a Matilde. “Non mi sembra che i tuoi genitori stiano tenendo alti i colori Valenskij-Malatesta, sai?” 

La pluffa centrò l’anello e la bambina rise, incurante del fatto che in teoria sarebbe toccato a sua madre impedirlo. Poi riprese ad andare su e giù con la sua scopa giocattolo in modo da imitare le evoluzioni degli adulti sopra la sua testa.    

Nadja pensò che tempo una decina d’anni e a Durmstrang il nome Valenskji si sarebbe sentito di nuovo, quando avesse giocato la squadra di Torre dei Lupi. 

Sasha filò con la pluffa verso l’anello avversario e Spartacus si preparò a difendere, mentre Detlef evitava per un pelo che il bolide che avrebbe dovuto battere abbattesse lui.

 “Zio Detlef stava per rompersi di nuovo tutte le ossa” disse Nadja a Matilde, che sembrò trovare l’ipotesi oltremodo divertente.

“Ti annoi?” gridò Costanza dall’alto. Aggrappata alla scopa, con il viso colorito e i capelli sciolti, sembrava ancora la ragazzina che era entrata nel dormitorio di Torre dei Lupi per la prima volta, tanti anni prima. Allora, però, la tristezza che riempiva i suoi occhi scuri e impregnava i suoi vestiti  fuori moda aveva attirato come una calamita la piccola baronessa, che avrebbe voluto che il mondo fosse pieno di gente felice e benvestita. Riguardo al secondo punto, con Costanza doveva ammettere di aver miseramente fallito, ma era comunque bello vederla felice.  

“Attenta, tornano!” l’avvertì Nadja.

Non aveva bisogno di alzare gli occhi per sapere che adesso, mentre l'azione si stava spostando verso la parte opposta del campo, Spartacus avrebbe guardato in giù, verso di lei. Se anche lui non lo avesse fatto sempre, fin dall’inizio della partita, ogni volta che la pluffa si allontanava dalla sua porta, Nadja se ne sarebbe ugualmente accorta nel momento esatto in cui quegli occhi grigi, freddi come il cielo sopra la tundra, si spostavano nella sua direzione. In quanto a leggere quello sguardo, era un'altra faccenda. Forse, pensò con un brivido di eccitazione, non ci sarebbe mai riuscita del tutto.  L'urlo d'esultanza di Magonza Zabini nell'infilare nuovamente la pluffa nell'anello sotto il naso di Costanza annunciò la fine della partita, con punteggio finale di cinquecento a cento per la squadra degli ospiti, che l'esuberante Magonza definì "rappresentanza di Beauxbaton", suscitando la traboccante indignazione di Dimitri.

Numerosi e imparentati con mezzo mondo magico, gli Zabini infestavano tutte le scuola di magia: in qualsiasi momento, ce n'era sempre almeno uno sia a Durmstrang sia a Beauxbaton sia a Hogwarts. In quanto a Magonza, lei aveva rallegrato le aule del collegio francese.

"Lo sapevo" disse scendendo dal suo manico di scopa con un volteggio scenografico per abbrancare Spartacus prima ancora che avesse il tempo di atterrare. "Lo sapevo che con l'eroe della finale dell’88 in squadra non avremmo potuto perdere!"

"Se lo sapevi" commentò acidamente Costanza, chinandosi a prendere in braccio Matilde che aveva buttato a terra la sua scopa giocattolo per correrle incontro "allora perché non ce l'hai detto?"

"Bella partita, sei grande!" esultò Dimitri, dando a Gogalmenko una manata sulla schiena. "Devi assolutamente giocare nel prossimo campionato interministeriale. Magari è la volta buona che riusciamo a battere l'Unione Africana. Perché tenevi nascosta quella presa micidiale, ragazzo mio? Vero che deve giocare, Detlef?" chiese all'amico, che stava atterrando per ultimo, con tutta la calma richiesta dalla corporatura massiccia.

"Sì, Gogolmenko, dovresti proprio giocare" convenne Detlef, sia pure con minore entusiasmo. Primo, avevano perso. Secondo, Dimitri stava approfittando della vittoria per stringersi un po' troppo alla bella Magonza.

"Ritiro tutto quello che ho detto sugli studenti di Beauxbaton che non saprebbero giocare a quidditch!" intervenne Sasha, mettendo un braccio sulla spalla della moglie. Personalmente pensava che avessero perso più per colpa dell'incapacità di Costanza che a causa dell'abilità di Spartacus, ma si guardava bene dal dirlo.

Nadja scoccò un'occhiataccia a Magonza, che la guardò perplessa, del tutto ignara dei retroscena, mentre Gogolmenko, che non era abituato a essere al centro dell'attenzione, si sciolse con un certo imbarazzo dall'abbraccio della sua ex-compagna di scuola, gettandola inavvertitamente addosso a Dimitri, che si affrettò a sorreggerla.

"Spartacus salvò Beauxbaton dalla sconfitta contro Hogwarts nella finale del 1988. Io ero una matricola allora, ma lo ricordo molto bene" spiegò la Zabini, nostalgica. "Ricorderete certamente che Durmstrang era stata eliminata al primo turno dalla Bahiera, la scuola di magia brasiliana" aggiunse con un sorrisetto. "È un peccato che questi tornei internazionali tra le scuole non si facciano più, non lo pensate anche voi? Fu divertente, a Beauxbaton, con tutti quei ragazzi stranieri... soprattutto per te, Spartacus, oserei dire. Le streghe sudamericane andavano matte per lui, sapete?"

"Quante novità sul tuo conto veniamo a sapere oggi, Spartacus" commentò Nadja. "Il tuo passato è una fonte inesauribile di sorprese, meglio di un incantesimo di Legimanzia. Perché non ci racconti qualcos'altro, Magonza? Amicizie discutibili, fughe romantiche, tresche a fosche tinte... prendiamo tutto. "

"Io... ero piccola" si schernì l'altra, comprendendo vagamente che aveva toccato un tasto che non avrebbe dovuto premere. "Spartacus si diplomò quell'anno stesso. Non ci frequentavamo, ovviamente." "Ovviamente" convenne Nadja, socchiudendo gli occhi. Imbarazzato, Spartacus si mise a posto i lisci capelli biondi con una mano. Non portava più il cappello, dopo che lei gliene aveva fatto sparire tre o quattro, ma ne sentiva la mancanza. Sasha aprì bocca per dire qualcosa e Costanza lo zittì con una gomitata. "Chissà quant'eri carina da piccola" intervenne Detlef, prendendo familiarmente Magonza sotto braccio "Scommetto che tutti quei francesini stravedevano per te."

"Quindi hai solo due anni meno di noi" calcolò Dimitri afferrandole lesto l'altro braccio. "Avrei pensato che fossero almeno cinque..." osservò, adulatore. Era sempre stato un bel ragazzo e gli anni lo avevano migliorato: Magonza si girò verso di lui e sorrise a quello che vedeva.

"Sarebbero quattro, veramente. Sei il solito asino, Dimitri" lo corresse Detlef, pronto a sfruttare a suo vantaggio quei pochi neuroni in più che madre Natura gli aveva concesso rispetto all'amico.

"Due, quattro... che importa?" disse Magonza, conciliante. "Che ne dite di una bella doccia prima di cena?" propose trascinando entrambi verso casa.

"Purché ognuno la faccia per conto suo" gridò loro dietro Sasha. "Questa è una casa onesta."

"Non ti preoccupare, cugino. Non ho intenzione di fare sconcezze sotto il tuo tetto" rise Magonza senza voltarsi. "Non so proprio chi sia più puritano... se i Valenskij o i Malatesta" aggiunse a bassa voce, a beneficio di Detlef e di Dimitri, che si affrettarono a vantare antenati e consanguinei uno più amorale dell'altro.

"Spero che tuo padre non abbia niente in contrario, se invece io e te faremo il bagno insieme, Matilde" ridacchiò Costanza, seguendo il terzetto verso casa. "La mamma ha sudato quanto un Troll e tu ti sei rotolata nell'erba fino a diventare verde come un basilisco."

"Niente in contrario, ragazze" concesse Sasha, intento a riporre nella loro cassa pluffa, bolidi e mazze. "Intanto io vado a vedere se Pandolfo si accontenta di bruciare le costolette o se ha intenzione di dare fuoco anche alla casa." In un attacco di prodigalità senza precedenti, forse indotto dalla sconfitta dell'odiato Signore Oscuro, l'elfo domestico si era offerto infatti di preparare il barbecue per tutti.

"Prima stava cercando di convincere Balthus a soffiare sul fuoco" avvertì Nadja. "L'ho fermato appena in tempo."

"Come hai fatto? Quel vecchio pazzo se ne frega di quello che gli si dice. Prende ordini solo da nonna Violante."

"Gli ho fatto parlare dalla contessa Brigida, ovvio."

“Subdolamente astuto” si congratulò Sasha, prima di incamminarsi a sua volta, portando disinvoltamente la pesante cassa sulla punta della bacchetta.

“Già” replicò Nadja allegramente “sono sempre stata viscida.”

Spartacus si avvicinò e le tolse un invisibile filo d’erba dai capelli: “Tu non sei viscida.”

“Grazie…” disse lei, sorpresa. “Intendi dire che non lo sono in senso morale, vero?” chiese, colta da un ripensamento. “Perché, beh, sì… non ho né squame né… ma tu lo sai.”

“Lo ricordo” sorrise Spartacus. Si guardò attorno: “Ci hanno lasciati soli. Credi che abbiano fatto apposta?”. L’unico ancora in vista era Sasha, mentre gli altri avevano già girato l’angolo della casa. “Costanza, forse” rispose Nadja “Gli altri non credo proprio. Perché, vorresti approfittarne? Magari dopo una doccia…” gli chiese, più brusca che civettuola, mettendogli una mano sul braccio.

Lui le pose due dita sotto il mento e la guardò negli occhi.

“Vuoi una risposta sincera? Non ne ho voglia” replicò inaspettatamente.

“Non ci credo” disse Nadja, sicura.

“Hai ragione: piccola differenza semantica, scusami. Ne ho voglia ma non voglio. Se permetti, andrò a farmi una doccia, poi mangerò carne probabilmente troppo abbrustolita insieme ai tuoi amici. Sono stanco. E non per aver giocato a quidditch.”

Era uno dei discorsi privati più lunghi che le avesse mai rivolto, ma non le diede il tempo di chiedergli spiegazioni, perché le voltò le spalle e fece una corsa per raggiungere Sasha, al quale lo sentì domandare il permesso di usare l’incantesimo Lavacro nel ripostiglio sotto le scale.

Rimasta sola, Nadja si morse le labbra, si risedette sulla panchina sbilenca dalla quale aveva seguito la partita e osservò pensierosamente Casa Malatesta. Non lo aveva mai notato prima, ma da quella prospettiva anche l’antica magione sembrava un po’ storta. Solida e simpatica, ma nondimeno un pochino pendente da un lato.

‘Eppure’, si disse Nadja ‘loro sembrano viverci felicemente lo stesso. Perché proprio io dovrei essere diritta in un mondo tutto storto? Anche lui è tortuoso. Subdolo, anzi. Che cosa vorrebbe che facessi? Io quello che la contessa Malatesta mi aveva consigliato l’ho fatto. Gliel’ho anche detto, al babbeo, che a lui ci tengo. Adesso non mi sembra il caso di farne una questione di stato.’

Questa, decise, era proprio materia da discutere con qualcuno capace di ascoltare. E lei sapeva dove trovare quel qualcuno.

Da quando la dragheria era stata ricostruita, Fifì e Balthus godevano di nuove comodità. Detlef aveva passato buona parte della sua convalescenza a pasticciare tra materiali di costruzione e disegni tecnici, finché i due draghi non avevano avuto ciascuno uno spazio ampio e confortevole, con il posto per il cibo, l’acqua e un giaciglio di paglia di dimensioni adeguate e con un’estesa veduta del cielo notturno, senza la quale, sempre a sentire l’esimio dottor Draco Papageorgés, i draghi tendono a sviluppare malinconia e depressione. I due ricoveri gemelli erano divisi da una paratia spessa ma traforata in modo che Fifì e Balthus potessero vedere qualcuno della loro stessa specie e si sentissero meno soli in un mondo in cui la loro razza era diventata tanto rara.

“Vedi, Fifì” riepilogò Nadja, accarezzando i grossi bitorzoli sulla grande testa giallastra “Tu mi conosci meglio di chiunque altro. Persino di Costanza. Io non voglio impelagarmi in cose più grandi di me, va bene? Beh, a meno che non abbiano la cresta e le ali e sputino fiamme, naturalmente. Non è per via di Spartacus, come ti dicevo. Lui mi piace, è inutile che io te lo dica: tu te ne eri accorta da un pezzo, vero? Non è stata certo colpa del succo di primule se sei scappata costringendoci a inseguirti.”

Si era tolta le scarpe e si era seduta sul collo di Fifì, per parlarle all’orecchio. Non ci teneva che Balthus sentisse i suoi discorsi, perché non aveva mai avuto molta confidenza con lui, che ora le volgeva educatamente le spalle, come a voler significare che non aveva intenzione di origliare. 

“È tardi e tu non hai mangiato niente. Vuoi un po’ di torta di mele?”

Nadja guardò giù e vide Spartacus, con in mano un piattino e una bottiglia di idromele mezza piena. Aveva le maniche della camicia arrotolate e i capelli erano più lisci, più lucidi e più chiari che mai.

“Non sarà l’idromele di Magonza, spero” disse Nadja allungandosi per prendere il piatto e la bottiglia.

“E invece è proprio lui” rispose Spartacus inerpicandosi sul collo di Fifì accanto a lei.

“Com’erano le costolette?” indagò Nadja buttandosi sulla torta. Aveva fame, ora che ci pensava.

“Un po’ troppo abbrustolite. La torta è molto buona, però.”

Lei inghiottì il boccone, annuendo; poi lasciò che le togliesse qualche briciola dal mento.

“Perché sei venuto a cercarmi?”

“Mi ci hanno mandato.”

“Una casa piena dei miei più vecchi amici e hanno mandato te?”

“Costanza Malatesta Valeskij in persona. Sai com’è fatta, no? Ha alzato la testa dal piatto e ha detto Gogolmenko, fammi una cortesia: vai a vedere dove si è cacciata quella disgraziata. Ha promesso a Matilde una storia della buona notte e non intendo certo abbuonargliela. Testuali parole.”

“E nessuno ha fatto obiezioni?”

“Nessuno ha osato. In effetti credo che sua cugina abbia aperto bocca, ma uno dei tuoi amici – o dovrei dire dei tuoi ex? – le ha infilato in bocca una ciliegia sotto spirito. Una ciliegia sotto spirito per una donna spiritosa. Piuttosto arguto, no?”

“Così è fatta” sospirò Nadja, appoggiandogli la testa alla spalla. “Era questo che volevi, che tutti fossero al corrente?”

“Io credevo che fosse quello che volevi tu” disse lui, serio, dandole un bacio in fronte.

“Idromele?”

Nadja bevve un sorso e gli ripassò la bottiglia: “E adesso, che cosa succede?”

“Le solite cose che succedono in questi casi. Di che cosa ti preoccupi, Nadja? Io ti a…”

“… non dire quella parola, ti prego!” lo interruppe lei in tono accorato.

Spartacus sorrise nel buio e la strinse contro di sé.

“Quale parola?” le chiese. “Perché non posso dire che ti aspetto dopo che avrai messo a letto Matilde, scusa?”

“In effetti, non vedo ragione perché tu non lo dica” convenne lei e gli sfiorò le labbra con un bacio.

Scesero dal collo di Fifì, che dondolò il capo, indulgente. Era un drago molto tranquillo, su cui si poteva anche fare conversazione. 

“Sai” disse Nadja “c’è una cosa che forse dovresti sapere…”

“Non voglio sapere niente del tuo passato” chiarì Spartacus in fretta.

“Né io del tuo, anche se un po’ mi spiace, perché sembra pieno di sorprese. No, si tratta dei draghi.”

“Dei draghi? Cosa c’è che non va?”

Nadja sospirò. “Vieni, Balthus” disse rivolta alla colossale schiena verde che s’intravedeva al di là del divisorio. Con un movimento ampio eppure circospetto, l’enorme drago si girò, allungò il collo verso terra e scavò alla base del muro di massicci mattoni forati finché non riuscì a insinuarsi sotto la sua base. Davanti agli occhi sbalorditi del funzionario dell’EMU, Balthus s’inabissò nel pavimento, strisciò sotto terra con un movimento che scosse silenziosamente tutta la dragheria e riemerse lentamente nel ricovero riservato a Fifì, che sembrò diventare immediatamente molto piccolo.

Nadja e Spartacus, addossati a una delle pareti, osservarono i due draghi affiancare le enormi teste, strisciare le creste una contro l’altra e guardarsi teneramente negli occhi.

“Per Merlino” sussurrò Spartacus.

“È proprio quello che ho detto anch’io quando arrivando li ho sorpresi così” concordò Nadja. “Spero solo che il tuo ufficio non sia veramente tanto contrario a…, com’era?, ah sì, accoppiamenti non desiderati tra razze diverse!”


FINE

***


RISPOSTE ALLE RECENSIONI


Romina: Era fin troppo prevedibile, vero? Spero solo che il finale non ti abbia troppo deluso!

Ellemyr: Sono contenta che ti abbia fatto piacere rivedere i deliziosi protagonisti della Prova del Drago, perché è stata proprio questa la ragione che mi ha convinto a scrivere questa piccola storia, che infatti è una vera e propria fanfiction nel vero senso del termine, cioè l'omaggio di un fan accanito!

Se qualcun altro fosse colpito, nel bene o nel male, dal mio talento imitativo e volesse lasciare un commento, sappia che risponderò qui. Grazie a tutti coloro che hanno letto, che hanno commentato o che hanno tenuto d'occhio questa piccola storia, mettendola tra i loro preferiti. Ma soprattutto grazie ancora alla mia Elfie, prima per avermi deliziato con le avventure dei suoi personaggi e poi ancora per avermi ispirato questo sequel senza pretese al mondo da lei inventato e avermi permesso di condividerlo con voi.

     
  
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