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Autore: Ryuketsu no Kurea    30/09/2014    1 recensioni
Il desiderio di volare libera nel cielo, è questo quello che spinge Skedandra combattere. E lei può veramente volare, con le sue bellissime ali, ma purtroppo non può ancora essere libera...
Una storia inventata da me, è la prima volta che pubblico, spero che vi piaccia. Aspetto le vostre recensioni :)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Anni fa, quando ero ancora bambina, io e la mia famiglia vivevamo al confine del ducato. Quando iniziarono i conflitti con il confinante ducato di Mheredan noi eravamo praticamente in prima linea. Mio padre si rifiutò di lasciare la nostra casa, ma quando arrivò l'esercito non potemmo fare niente.
Bruciarono la nostra casa bloccandoci dentro in mezzo alle fiamme, tutto ciò che avevo si stava trasformando in cenere, la cucina, dove mia madre cucinava tutti i nostri piatti preferiti, la poltrona vicino al focolare, dove mio padre stava a giornate intere immerso nei suoi libri, tutto stava diventando caldissimo. L'aria era irrespirabile, il fumo ci stava soffocando tutti, cadde una trave dal soffitto, che ci aprì la via di fuga, buttando giù quel poco che rimaneva della parete.
Una volta usciti trovammo i soldati ad attenderci. Mio padre, mia madre e i miei fratelli dovettero combattere per aprirci la via, ma i nemici erano troppi»
Disse tutto questo con voce ferma e incolore, nonostante le lacrime ,che avevano iniziato a scenderle copiose dagli occhi, cambiassero solchi sul sul viso e le si accumulando sul grembo.
«Il primo a cadere fu mio fratello che stava difendendo me e la mia sorellina, ma il soldato era più imponente e più forte di lui, nonostante mio fratello fosse agile, la lama nemica lo passò da parte a parte, facendo capolino dalla schiena, ricoperta di sangue. Ce n'era così tanto da sembrare finto. Io nascosi la mia sorellina dietro di me per difenderla, il soldato dopo avere estratto la lama dal cadavere di mio fratello, stava per colpirci.
Ma io grazie ai miei stupendi riflessi» disse con voce sprezzante, l'unica nota che avessi sentito fino a quel punto, nella sua voce. «Lo scansai, e gli conficcai il pugnale,datomi da mio fratello, tra le costole. Mi girai, per prendere mia sorella e correre verso il bosco, ma mia sorella non si muoveva, né si sarebbe più mossa, lei non si era scansata, la lama del soldato l'aveva trafitta, lasciando il sul cadavere in una pozza di sangue.
Allora mi guardai intorno e vidi che l'unico ancora in piedi a combattere, era mio padre. Ci scambiammo un' unica occhiata nella quale mi diceva tutto: di fuggire verso il bosco, di salvarmi almeno io, che mi voleva bene e che si sarebbe sacrificato per ma Ci è un un lampo accecante, non vidi più nulla. Quando la luce tornò normale, lì dove prima c'era la mia famiglia e i soldati, non c'era altro di una chiazza di erba nera.
E grazie al sacrificio della mia famiglia, scappai e fui l'unica a salvarsi.» concluse con amarezza.
Io rimasi ferma al mio posto, sia per assimilare ciò che aveva detto, sia per darle il tempo di calmarsi. Non avevo mai sentito una storia così piena di tristezza come la sua, io ero sempre vissuta al sicuro, la guerra l'avevo vissuta da lontano, senza rendermi conto cosa realmente fosse.
«Quindi, è per questo, che non vuoi più combattere» le dissi.
«Si, Non voglio più vedere le persone intorno a me morire al posto mio, perché sono stata in grado di schivare il colpo diretto a me. Non voglio più essere l'unica sopravvissuta» disse, con la voce spezzata dalle lacrime.
«Voler sopravvivere è una cosa naturale per ogni essere vivente»le dissi, cercando di consolarlo.
«USARE LA VITA DI COLORO CHE TI STANNO ATTORNO PER SALVARE LA PROPRIA, NON È NATURALE!» urlò Amilam, nella sua voce vi erano tutta la disperazione e la rabbia, che aveva in corpo.
«È questo che sono, sono un essere innaturale, non dovrei essere viva» disse con la voce, che man mano andava a morire.
Non potevo credere che pensasse quelle cose, per quanto volessi cercare di calmarla, mi arrabbiai.
«È questo che pensi, pensi di essere contro natura, pensi che l'affetto di tuo fratello, di tuo padre, sia contro natura!? Perché se è questo che pensi, allora sei davvero un essere innaturale!» Amilam rimase immobile, con gli occhi sbarrati dallo stupore, poi abbassò il capo sconfitta.
«Ma, se pensi, che quell'affetto fosse giusto, e se non vuoi più vedere le persone care morirti intorno; allora, combatti, combatti per diventare più forte, combatti per non obbligarle più a difenderti, combatti per essere tu a difenderle» Amilam alzò lo sguardo verso di me, quegli occhi viola, erano colmi di lacrime, ma sotto quel mare, ardeva una piccola scintilla di speranza. Mi avvicinai a lei, e le misi una mano sulla spalla. Lei mi travolse abbracciandomi, e cominciò a singhiozzare sulla mia spalla. La strinsi finché tutte le lacrime sgorgarono dai suoi occhi.
«Ma come posso imparare a difendermi, tutti pensano che io sia una nullità» disse sconsolata
«Domani vieni con me alla lezione dell'Ordine» Le dissi mettendomi a sedere vicino al fuoco.
«Se non sbaglio l'Ordine è chiuso ai mezzelfi» rispose Amilam, sedendosi anche lei.
«È vero, ma addestra comunque mezzelfi scelti» dissi, mentre Amilam si tormentava le mani, non volendo metterla ancora più sotto pressione, rimasi in silenzio per un po'. Poi dissi
«Tu dormi faccio io la guardia, ti sveglio all'alba e partiamo».
«Ma così te non dormi» disse lei preoccupata.
«Sta notte volevo andare a caccia e non avrei dormito comunque» dissi sorridendole.
«D'accordo» rispose e si coricò avvolgendosi nel suo mantello. La verità, era che dopo tutto quello che avevo sentito, dubitavo di poter riuscire a dormire.
 
La mattina dopo arrivammo alle mura io in volo e Amilam tra i miei artigli. Quel giorno non c'era scuola, quindi atterrai nel cortile dell'Ordine.
Caph ci venne incontro, con l'aria di chi si è appena svegliato. Aveva tutto un ciuffo dei capelli provini ritto da una parte. Non che io fossi messa meglio, la notte insonne mi aveva fruttato due belle occhiaie violacee sotto gli occhi.
Strano comitato di benvenuto ma non ostile.
«Allora» ci disse dopo averci raggiunte «Sbaglio o qualcuno mi deve una spiegazione».
Annuimmo entrambe e dicemmo «Siamo state a caccia» Caph ci guardò con aria sospetta, ma non fece domande.
«D'accordo, ma la prossima volta avvertite se volete rimanere tutta la notte fuori».
«D'accordo» rispondemmo, detto questo si allontanò, molto probabilmente andava a pettinarsi.
Stavamo uscendo dal cortile quando Amilam mi chiamò allarmata
«Sked!»
Mi voltai di scatto, e trattenni a stento un gemito, Righelor stava arrivando con la faccia nera, quanto le sue squame, dalla rabbia. ''O miseriaccia''
«Dove diamine sei andata!? Sei sparita, senza dire nulla, nel cuore della notte, con la scusa di andare a caccia!!» disse furibondo, cercai di replicare, ma mi fermò «No! Caph non ti avrà detto nulla, ma con me non la passi liscia!» disse prendendomi il mento e costringendomi a guardarlo. Un gesto di possesso così esplicito da darmi usi nervi, avevo voglia di renderlo, seduta stante, un mucchietto di cenere.
«Io non rendo conto a te, chiaro!» dissi infuriata schiaffeggiandgli la mano. Lui fece un passo indietro stupito.
«No, non devi, ma io ho comunque intenzione di occuparmi di te» mi disse,inchiodando quei suoi occhi glaciali nei miei.
«Non ne hai alcun diritto» gli dissi, con voce flebile, era come se quegli occhi di ghiaccio avessero spento tutta la rabbia che mi ardeva dentro.
«Ne lo avrai mai» dissi, ripendendo fiducia in me stessa, le nostre facce erano a non più di dieci centimetri l'una dall'altra.
Righelor si infuriò ancora di più, mi prese e mi schiacciò tra il suo petto e il muro.
''sta diventando un'abitudine che non mi piace'' pensai tra me me, cercando di liberarmi dalla sua presa.
«Io ti posso prendere quando mi pare, e se non verrai di tua spontanea volontà, ti prenderò con la forza» mi sussurrò in un orecchio, per poi lasciarmi lì, come se non fosse successo niente.
 
Tornai a casa allibita, mi diressi verso lo studio di mio padre e gli chiesi subito.
«Padre, Righel può scegliere una dragonessa tra quelle del suo territorio, giusto?»
«Lui deve, poiché è l'erede del nostro ducato» disse preso alla sprovvista dalla mia domanda.
«Ma se colei che lui ha scelto lo rifiutasse?» lo incalzai.
«Perché me lo chiedi?» mi chiese sospirando.
«Rispondi» gli dissi io.
«Quando Righelor sarà pronto, ogni dragonessa che non sarà ufficialmente fidanzata o sposata gli spetterà di diritto» fece una pausa << Quindi in poche parole non gli si può dire di no. Perché?» mi chiese ancora, col tono di chi pretende una risposta.
«Perché Righelor mi ha detto: che lui mi può prendere quando gli pare». Gli dissi abbattuta.
Feci una pausa «Suonava come una minaccia».
«Lo sai, ora dovrei iniziare a farti le congratulazioni, ma so come la pensi su di lui, e so che farai di tutto pur di non finire tra le sue mani. Ma la tua è una guerra senza speranza, sappilo, prima o pio se vuole ti prenderà».
«Molto incoraggiante papà» dissi sprezzante. Adoravo mio padre, perché era capace di darti speranza tanto facilmente quanto togliertela.
«Fammi finire, questo però non ti deve impedire di combattere, e di diventare talmente odiosa da fargli cambiare idea» mi disse con tono malizioso. Ci scambiammo uno sguardo d'intesa e usciti dal suo ufficio.
Come ho detto prima, adoro mio padre. Sorrisi fiduciosa e andai in camera a fare i compiti, questa volta veramente.
   
 
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