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Autore: The Sorrow    19/10/2014    3 recensioni
Per quanto tempo dovrò stare qui? Tanto. Il più possibile. Per sempre, se ci riesco. Non voglio uscire, non voglio camminare in mezzo alla gente, non voglio respirare lo smog che pervade l'aria, non voglio stringere la mano a qualcuno.
Non voglio fare niente.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Hiki 7 cap (in corso).



Fino ad ora ho sempre pensato di essere al sicuro, sempre. La stanza in cui sono rinchiuso mi da sicurezza e non mi era mai passato per la mente il pensiero che qualcuno potesse venire a tirarmi fuori con la forza. Ma adesso tutte le mie convinzioni sono state abbattute.

"Con la forza?" chiedo a Shadow.
"Sì, con la forza. In questi giorni sento i miei genitori che parlano con delle persone, dei medici per l'esattezza. Dato che non sono uscito da solo, hanno pensato di farmi uscire con la forza. Li sento mentre parlano, mentre esaminano la mia porta, mentre progettano un modo per abbattere la mia vita perfetta. È questione di giorni ormai: vogliono abbattere il mio mondo".

Distruggere un mondo fittizio è semplice. Basta colpire le sue fondamenta e cadrà rovinosamente su se stesso. La nostra vita si basa sulla convinzione che non c'è niente e nessuno capace di tirarci fuori. Noi pensiamo al presente ma non al futuro.  Non ci passa nemmeno per la testa che, prima o poi, saremo costretti ad uscire. Perché io so che questo accadrà.
Quando i miei genitori saranno troppo vecchi per sostenere il peso di un figlio hikikomori, la mia libertà si trasformerà in un inferno. So che accadrà, l'ho sempre saputo. ma non volevo pensarci, non volevo rendermene conto. Ora Shadow è in pericolo e, in un certo senso, lo sono anche io.

"La tua porta è chiusa a chiave, vero?". Shadow mi sta chiedendo una cosa ovvia, scontata, banale. Penso che tutti gli hikikomori tengano la porta della loro camera chiusa a chiave: io lo faccio perché mi da sicurezza.
"Sì" gli rispondo.
"Oggi ho scoperto che una porta chiusa a chiave non serve a niente. La butteranno giù come se fosse fatta di carta e mi trascineranno in uno di quei terribili centri per la cura di "sindrome da hikikomori", come la chiamano loro. Io non voglio, ho paura".

Mi giro e fisso la mia porta: l'unica barriera che mi divide dal mondo esterno. In effetti, è pur sempre una porta. Se volessero, i miei genitori potrebbero rompere la serratura ed entrare con facilità. Non ci ho mai pensato. Non ci voglio pensare.

"La prima persona che ha tentato di tirarmi fuori è stata una psicologa" continua Shadow con un nuovo messaggio. "È successo circa dopo un mese dal giorno in cui ho deciso di rifugiarmi in questo mondo virtuale. I miei genitori erano preoccupati perché vedevano che non uscivo e allora hanno chiamato questa strizzacervelli. Ho parlato con lei per circa due settimane; veniva a trovarmi ogni giorno, alla stessa ora. Non è cambiato niente. Mi ripeteva che la vita vera non è dentro un videogioco ma nel mondo reale. Voleva farmi uscire a piccoli passi. Era una fregatura, ne ero sicuro. Esattamente come la volontaria che è venuta due mesi dopo. Stesse argomentazioni, stesse parole, stesse convinzioni. Alla fine anche lei ha gettato la spugna. A quel punto ero felice: avevo la certezza che nessuno poteva ormai disturbare la mia vita in questo mondo perfetto. A quanto pare mi sbagliavo".
"Quando ti porteranno in questo centro?" gli chiesi.
 "Presto. È questione di giorni ormai. Io non voglio andarci, non voglio uscire. Il mondo esterno è crudele, è spietato. Fuori dalla mia camera vive una società malata, dove la bellezza fisica conta più di ogni altra cosa. È così nelle scuole, nelle università, nel lavoro, in tutto. La bellezza spalanca le porte ma se qualcuno non la possiede, allora non può nemmeno mangiare le briciole. Io non voglio tornare in questo mondo: un mondo dove il fisico viene sempre prima del cervello".

Le sue parole mi colpiscono come dei proiettili. La verità fa male e lui sta dicendo la verità. Quando una persona dice: "non conta come siamo fuori ma come siamo dentro"... beh, mente. Il mondo è diviso in una piramide: in cima troviamo le persone belle, le persone ricche, le persone popolari. Più si scende, più il prestigio diminuisce e , di conseguenza, diminuisce anche il valore del ruolo che ricopriamo nel mondo.  Noi hikikomori ci siamo rifugiati nelle nostre stanze proprio perché vogliamo scappare da questo folle sistema che non lascia scampo. Io so che non cambierà mai niente: ormai la piramide si è instaurata nelle nostre vite e le sue radici sono troppo profonde per poterla sradicare. Quindi l'unica soluzione per me era l'hikikomori.
Il segnale è già suonato da un pezzo. Devo staccare.

"Io ora devo andare, ci sentiamo domani".

Spengo il computer senza nemmeno leggere la sua risposta. Io volevo ancora parlare con lui, ma leggere le sue parole mi faceva troppo male. Perché lo capivo perfettamente.


Stranamente sono riuscito a dormire senza particolari problemi. Da quando ho iniziato a giocare ho delle difficoltà ad addormentarmi, forse per il fatto che il gioco mi rende più attivo. È quasi mezzogiorno, ma io ci sono abituato. Dormire è l'attività principale della mia vita da hikikomori.
Accendo il computer e cerco subito Shadow.
Guardo nella lista amici.

No...
No...
NO!

Shadow è offline.

Guardo quella scritta per circa un minuto, come se fossi ipnotizzato.
Allora era vero.
Lui non è più un hikikomori.
Lui non vive più all'interno del gioco.
Lui è stato trascinato fuori con la forza mentre io dormivo, ignaro di tutto.
Lui non c'è più.
È morto.


Il silenzio della mia camera è diventato improvvisamente pesante. Il computer spento è vuoto come la mia vita. Parlo da solo, sussurro qualche lettera che si perde nell'aria.
Sono solo.
Fisso la porta.
Guardo la maniglia.
Allungo la mano che non smette di tremare.
Giro la chiave con il sudore sulla fronte.
Apro la porta.
Il mio isolamento si è spezzato.

In casa non c'è nessuno. I miei genitori devono essere usciti, convinti che io non me ne accorgessi nemmeno. Cammino lentamente per la casa, guardando i mobili, i muri, le foto che ci sono sulla mensola in soggiorno. Una ritrae me e mio padre sorridenti: è stata scattata qualche anno fa durante una gita in montagna. A quei tempi se mi avessero detto che cos'era l'hikikomori mi sarei fatto una bella risata e avrei detto frasi come "Sono dei malati mentali" o altro. Non mi sarei mai immaginato che avrei sperimentato l'isolamento in prima persona.
Vado nel bagno e mi guardo allo specchio. Chiudo subito gli occhi.
Quello sono io. La persona che ho appena visto in faccia sono io. Quel ragazzo con gli occhiali quadrati e il fisico magro come uno stuzzicadenti sono io.
Non sono più un umano: sono un morto vivente, un cadavere che cammina.
Sento un rumore. Una porta si apre.
Esco dal bagno e mi ritrovo faccia a faccia con i miei genitori. Li fisso e loro fissano me. I nostri occhi sono agganciati. Vedo il loro stupore. Non parla nessuno, forse per la paura di rovinare quel momento.
Sto guardando gli occhi di altre persone. Mi gira la testa, ho la nausea.
Non ci riesco.
Scappo verso la mia camera e mi chiudo nuovamente a chiave.

Oggi sono uscito. Per la prima volta dopo un anno sono uscito. L'ho fatto per Shadow. Magari lui in questo momento è già sotto terapia e fisserà terrorizzato la sua psicologa. E se per caso pensano che un hikikomori sia un malato mentale? Che cosa gli faranno? Forse lo tratteranno come hanno trattato quel ragazzo giapponese a Nagoya? Non voglio pensarci, mi vengono i brividi.
Ormai sono uscito. Devo andare fino in fondo: solo così avrò l'assoluta certezza che il mondo è come lo descriveva Shadow e che l'unica via di fuga è l'isolamento.





























Note:

Caso di Nagoya: verso la fine del capitolo c'è un riferimento al "caso di Nagoya", un fatto di cronaca realmente avvenuto. In un centro per la cura della sindrome dell'hikikomori a Nagoya, in Giappone, un ragazzo hikikomori è stato legato ad una colonna con delle catene e lasciato così per quattro giorni. È stato ritrovato morto con delle lesioni su tutto il corpo. In quello stesso centro si trovavano altre decine di ragazzi hikikomori, tutti in pessime condizioni, legati in una stanza e costretti alla vita di gruppo.
Dopo l'arresto il direttore del centro giustifico le catene come "mezzo necessario affinchè i ragazzi non provocassero problemi ai loro genitori.

Ed ecco il settimo capitolo. Ci stiamo avviando verso la fine in quanto il prossimo capitolo sarà l'ultimo. Ringrazio ancora chi segue e commenta.

The Sorrow





  
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