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Autore: Fable    19/12/2014    0 recensioni
La storia narra di una ragazza normale (Anna) che è scettica nel credere che la sua vita possa essere stravolta. Sarà un ragazzo misterioso (Erik) a cambiare tale situazione. Anna dovrà far fronte a molti ostacoli e a molte avventure. Dovrà proteggere con tutta se stessa, fino a spingersi oltre i suoi limiti per riuscirci, ciò che ama di più, ciò che ha di più caro. Riuscirà Anna ad accettare e a compiere il suo destino?
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~C'era tranquillità. Era questo quello che percepivo.
Il vento, che con le sue carezze mi coccolava. Il calore che mi abbracciava.
La sensazione era gradevole.
Aprii gli occhi e il colore delle foglie e del cielo mi colpì, come un flash di una macchina fotografica.
I loro colori così tiepidi e confortanti, mi provocarono dei piccoli brividi.
Che calma...che tranquillità...
Ero io e il mondo. Nessun'altro.
Diedi del tempo agli occhi per abituarsi. Lo spettaccolo era magnifico.
Corolle e corolle di alberi mi sommergevano e percepivo i loro lineamenti e le loro forme grazie al colore azzurro del cielo, che faceva da sfondo.
Non mi mossi. Non ancora, volevo integrarmi con quel mondo.
Cominciai a percepire non più solamente ciò che si trovava sopra di me ma anche ciò che si trovava sotto di me.
Il profumo della terra all'improvviso mi destò, infondendomi una grossa scarica di energia. Riuscii a respirare a pieni polmoni e a muovermi. Le mani trovarono radici, foglie ed erba morbida e sinuosa. La feci attorcigliare tra le dita per poi accarezzarla e lasciarla andare via. Sapevo che dovevo muovermi, che dovevo fare...qualcosa...ma io avevo trovato il mio posto da tanto tempo cercato. Era tutto lì, nient'altro mi occorreva.
Ero intenta a guardare i raggi giocosi del sole che filtravano dalle fronde degli alberi quando cominciai a percepire il pericolo. Un segnale d'allarme scatto in me, il mio istinto diceva di fuggire, lontano, il più presto possibile. Con un colpo di reni riuscii a sedermi e così ebbi la visuale dell'immensa e fomidabile foresta che avevo davanti. Gli alberi alcuni erano alti , altri erano altissimi, i cespugli che crescevano alle loro pendici erano colmi di frutti di ogni genere e colore. Le radici erano così grandi da poter fungere da ponti o addirittura vi si poteva trovare riparo. La vita in quel posto scoppiava in tutta la sua maestosità. Rimasi incantata e affascinata, i miei occhi non avevano mai visto nulla che potesse essere messo a paragone. Fruscii e rumori di ogni genere attraversavano la foresta. Mi concentrai al massimo per riconoscerli e catalogarli.Dovevo trovare il pericolo. Riconobbi all'istante i movimenti sinuosi e lenti dei serpenti, il percuotere e incessante picchio dei colibrì, il camminare veloce e fulmineo dei roditori, scogliattoli e altri animali del genere. Poi finalmente lo sentii. Era un rumore che non apparteneva alla foresta e si trovava in un territorio in cui non doveva stare. Capii dove dovevo andare. Nella mia mente si dipanarono una serie di immagini che mi suggerivano il percorso da intraprendere. Lo avevo in pugno. Con uno scatto cominciai a correre e ad acquistare sempre più velocità. Stupendomi non cadevo né inciampavo, scoprii che conoscevo ogni singola cosa di quella foresta, ogni radice,ogni ramo erano scolpiti nella mia mente. La corsa terminò quando capii di essere arrivata, presto cercai un posto per nascondermi e analizzare la situazione in modo tranquillo. Individuai una barriera di cespugli e mi accucciai lì, in silenzio. Sbirciai, ma non vedevo nulla di strano o di anomalo. Forse era meglio avere più punti di vista. D'istinto cominciai a cercare un qualunque animale, trovando uno scogliattolo che stava correndo lungo la corteccia di un albero. Mi concentrai al massimo sul quel corpicino e poi riuscii ad impossessarmi della sua mente. Chiusi gli occhi per poi aprirli nuovamente...soltano che non erano più i miei ma quelli dello scogliattolo. Vidi come realmente vedeva un animale, percepii i suoi istinti e i suoi pensieri. Capii che ciò che stavo cercando era proprio pochi passi più avanti. Furtivamente camminai china, tra la barriera dei cespugli fino ad arrivare al punto esatto dove si trovava il mio obiettivo. Adesso mi trovavo in una raduna molto piccola. Era una zona spoglia di alberi e radici, vi era solo qualche fiore sporadico qua e là. Al centro di essa vi era un uomo. Era alto e imponente, dalle spalle che vedevo rivolte verso di me, capivo la sua immensa forza. Anche alla distanza in cui mi trovavo vedevo emergere dai suoi vestiti i muscoli possenti. Con gli occhi dello scogliattolo riuscii a vedere molto bene cosa stava facendo...una cosa orribile. Aveva le mani impregnate di sangue che gocciolava per terra . Ai suoi piedi c'era un cervo privato delle sue immense e austere corna che al momento erano gettate a terra accanto al povero animale. All'improvviso un'altra immagine mi attraversò la mente, ma non era mia ma dello scogliattolo. Vidi il cervo con ancora le sue corna in tutta la sua bellezza. In quella visione era intento ad osservare il suo regno da un promontorio, era lui il re della foresta. Ritornai alla realtà alla visione che avevo veramente di fronte a me. Quell'uomo era un assassino, non era un semplice animale qual cervo ma era lo spirito guardiano di questa foresta, dove adesso mi trovavo io. Sentii montare la rabbia, togliere la vita in quel modo, non era affatto accettabile. Percepii il dolore che provava la foresta nella perdita del suo protettore. Quell'omicidio era premeditato. Le corna erano il simbolo del potere di quel cervo, di quello spirito. La foresta sembrò lo specchio delle mie emozioni, come me era adirata con quel individuo che aveva osato così tanto. Doveva essere punito.
Le fronde degli alberi cominciarono a muoversi come smosse dal vento, ma non vi era alcun vento che soffiava. L'individuo volse il capo verso la foresta guardandola con uno sguardo disinteressato e apatico.
-Taci, insulsa Madre. I deboli muoiono e i forti vincono. Non è così?- gridò l'uomo.
-Le tue leggi non sono queste?- disse riprendendo.
Quell'uomo aveva il concetto di forte e debole davvero penoso. Il cervo non era affatto uno debole, era uno spirito guardiano, custode di questa foresta. Era una divinità, se solo avesse voluto avrebbe potuto spezzarlo in due solo con lo sguardo. Ma conosco gli spiriti, loro non sono complici dei sentimenti umani. Loro non uccidono ma puniscono salvo eccezione.
Mi alzai, stanca di vedere quell'uomo, stanca di dover ancora trattenermi. Liberai lo scogliattolo e mi sentii dire:
-La Madre ti ringrazia per i tuoi servigi, fratello-
Uscii fuori dal nascondiglio e mi mostrai all'uomo.
Egli mi notò all'istante e una grossa e acuta risata ruppe il silenzio.
-Guarda, guarda...Anita- disse posando il suo sguardo su di me.
Rimasi per un'attimo interdetta ma poi mi tranquillizzai. Si, io ero Anita.
-Ian...-pronunciò la mia bocca.
Ci guardammo, consapevoli della lotta imminente che si sarebbe scatenata da lì a poco.
-Non nominare mai più...- cominciai a dire- Non nominare mai più il suo nome, infame!- gli urlai.
-Tu non meriti di pronuciare quella parola, assassino!- dissi continuando.
Lui con tutta calma mi rispose con un sorriso sgembo.
-Quale nome? Ti riferisci alla "Madre"?- mi domandò ironicamente.
-Tu subirai la punizione che ti meriti- dissi indicandolo.
Mi rispose esplodendo in una fragorosa risata che attraversò l'intera foresta, che senza la sua guida pareva vuota...morta.
All'improvviso sentii uno spostamento nell'aria e mi ritrovai Ian dietro le spalle.
-Che cosa? Punirmi?- mi domandò sussurrando al mio orecchio.
Potevo sentire il suo alito e un moto di disgusto mi pervase.
-Stai lontano da me- dissi minacciosamente e dandogli il tempo di allontanarsi.
Un'altra risata.
-Il forte prevale sul debole, Anita- disse piano.
-Non è forse questo che ci insegna la Madre?- domandò continuando.
Guardai nuovamente quel cervo, simbolo di forza e possenza.
-No...- dissi.
Poi spostai il mio sguardo e mi concentrai su una radice molto grande.
-Tu non sei il forte...tu sei un assassino!- dissi allontanandomi da lui.
Intanto riuscii a far muovere la radice che in tutta la sua grandezza si abbattè dove un momento prima vi era Ian. Quando la polvere si posò, lo vidi accovacciato sulla radice.
-Perchè fai così?- mi disse con uno sguardo pauroso.
Dannazione, l'avevo mancato.
Non gli risposi, ero totalmente concentrata sta volta sui rami di un albero alle sue spalle.
-Questo non sarà il mio unico colpo, Anita- disse loquaciamente-Ce ne saranno molti altri. Abituati all'idea-
Io no lo ascoltavo più, dovevo assolutamente centrarlo sta volta.
Un fascio di rami si dipanò verso l'alto. Puntai una mano verso di loro e li mandai verso la direzione di Ian. Questi lo legarono, si avvolsero intorno a gambe, braccia e collo non lasciandogli alcuna via di uscita.
Ian mostrò, senza volerlo, un'espressione sorpresa.
-Due colpi di seguito...abbiamo fatto progressi allora- disse con tutta tranquillità, come se non fosse minimamente preoccupato dei rami che lo stavano stritolando. Strinsi la mano in un pugno e i rami, ripondendo al mio tacito ordine, aumentarono ancora di più la pressione.
-Taci, traditore- dissi appositamente per fargli ricordare che cosa realmente era.
Lui mi fissò. Non fece altro fino a quando non aprì di nuovo la bocca per parlare.
-Forse- ammise.
-Ma io combatto per una giusta causa, tu invece ti fai comandare a bacchetta dalla Madre facendo il lavoro sporco per lei- mi disse pronunciando ogni parola molto lentamente.
Lo guardai allibita.
-Giusta causa? Conquistare le foreste e sottometterle al vostro volere, con l'obiettivo di far mancare le condizioni necessarie alla vita su questo pianeta è una giusta causa? Mirare a milioni e milioni di vite di innocenti è una giusta causa?- gli domandai disgustata.
Sospirò come se stesse parlando ad una bambina che non capiva niente.
-Se lo meritano, no? E' per colpa degli umani che decine e decine di foreste sono state abbattute sono per soddifare i loro più meri desideri- disse risoluto.
-E' solo grazie a noi che vivono! Solo grazie...-disse senza riuscire a finire.
-Tu eri uno di noi!- dissi interropendolo e correndo nella sua direzione per poi afferrarlo per il collo. I nostri volti erano separati da pochi centimetri.
-Non osare pensare di far parte ancora del nostro popolo! Le ninfe stesse ti hanno cacciato, gli spiriti ti hanno ripudiato! Te e tutti quelli che ti hanno seguito!- dissi ormai in preda ad una rabbia accecante.
Lui non fece altro che fissarmi, con qugli occhi che pensavo di conoscere così bene.
-Noi comanderemo gli umani- sentenziò Ian- Gli faremo capire chi sono realmente i sovrani in questo mondo- disse finendo e chiudendosi in un silenzio che non ammetteva repliche.
Pensai a quelle ultime parole, di come stonavano sulla sua bocca. Se solo me ne fossi accorta prima...lui sarebbe ancora al mio fianco.
-Tu morirai- gli dissi ad un orecchio, come aveva fatto prima lui -E per mano mia-
Alzai il braccio verso l'alto e aprii il palmo per prendere nuovamente il controllo dei rami e scaraventai Ian verso una parete formata interamente di roccia.
Rimasi lì immobile. Non riusciuvo a fare altro.
Poi mi sopraggiunse un rumore alle orecchie e mi ritrovai con la faccia in mezzo al terreno e con Ian che mi schiacciava. Mi prese per i capelli e mi tirò la testa verso di lui per far si che ascoltassi.
-Stupida, Driade- mi disse.
Spalancai gli occhi, quello era l'onorifico che attribuivano gli spiriti guardiani a individui selezionati appositamente per mantenere l'equlibrio universale.
-Tu dovresti essere la guerriera forte e temeraria che protegge l'equilibrio del mondo? Quella che dovrebbe salvaguardare gli spiriti guardiani?- chiese.
Sbuffai per la fatica e per il dolore alla schiena.
-Stolta, hai fallito miseramente e io ho vinto- disse con un ghigno stampato in faccia.
Risi per quanto poteva permettermi il dolore.
Lui per tutta risposta mi affondò la faccia nuovamente nel terreno per poi rialzarla.
-Ridi, forza. Fallo ancora...se ci riesci- disse sghignazzando.
 Inchiodai Ian con uno sguardo fregandomene delle conseguenze.
-Io ho fallito- dissi ammettendo la mia colpa-Ma anche tu- conclusi.
Sono arrivata troppo tardi ma non del tutto.
Ian mi guardò con uno sguardo che face intuire che non sapeva nulla.
- Hai solo ucciso il suo corpo ma non lo spirito- dissi facendomi scappare una risata amara.
-Certo l'hai danneggiato...ma ci vuole ben altro per uccidere un guardiano- dissi concludendo.
All'improvviso, dopo che a recepito le mie parole, mi ritrovai le sue mani intorno al collo.
-Poco importa- disse stringendo sempre di più.
-Finirò dopo che avrò sentito  l'ultimo tuo respiro- disse con voce imperiosa.
L'aria cominciò a non bastarmi più, i polmoni cominciarono a bruciare e sentivo i battitti matterlanti alla testa.
Cercai con tutte le forze di alzarmi, di togliermi di dosso la mole di Ian ma era troppo pesante e le mie braccia incastrate sotto il suo corpo senza possiblità di movimento.
Quando pensavo che la fine era vicina all'improvviso non percepii più il suo peso e l'aria entrò fulminea nei miei polmoni facendoli espandere. Presi un grande respiro per recuperare l'ossigeno che mi era stato privato. Rotolai su me stessa e vidi che Ian era stato catturato da una rete di rami fitti. Era sospeso in aria che dondolava.
-Osi camminare su un territorio in cui ogni singola roccia, albero e radice ti è stata vietata di toccare?- domandò tranquillamente una voce.
Volsi lo sguardo verso la sua direzione e vidi le mie sorelle.
-Osi attaccare una della tua stessa specie, Cercatore?- domandò di nuovo la stessa voce.
Erano così belle, forti e potenti....erano ninfe dopo tutto. Spiriti che avrebbero dato la loro vita pur di salvaguardare le loro terre, il loro regno.
Ian le fissava e intanto cercava di liberarsi ma lui era troppo debole di fronte al potere delle ninfe.
Queste cominciaro a muoversi come se stessero nuotando nell'aria. Le loro fattezze evanescenti le rendevano personaggi di molti miti e di molte leggende.
-Sorella Anita- disse la ninfa che aveva attaccato Ian e che aveva parlato fino adesso. Le altre si limitavano a seguirla e a disporsi intorno a lei.
-Come state?- mi domandò.
-Bene sorella Aya - risposi-E' tutto a posto ora- aggiunsi per tranquillizzarle.
Aya si portò vicino ad Ian squadrandolo come se fosse un frutto marcio.
-Tu sei stato considerato un traditore e di conseguenza allontanato, per ordine del guardiano di questa foresta, dai territori ad esso posseduti. Le leggi stipulano che chi infrange, deve essere punito- disse cominciando subito dopo a cantare una litania. Presto anche le altre consorelle si unirono al suo cantico. Sbarrai gli occhi riconoscendola, era una richiesta alla somma Madre. Alla natura stessa veniva chiesto se le sue figlie potevano permettersi di porre fine ad una vita, per giunta appartenente alla sua specie prediletta. Noi popolo di ninfe, driadi e cercatori siamo stati creati da lei per il principale scopo di mantenere l'equilibrio universale che da sempre l'uomo ha minacciato di stravolgere. Le ninfe si occupavano di proteggere le foreste,i boschi, laghi e fiumi che assicuravano la vita sulla terra, le driadi si occupavano di proteggere questi luoghi dall'esterno, poichè le prime non potevano uscire dai loro confini,  trattandosi di luoghi troppo pericolosi per la loro incolumità. Inoltre le driadi erano per nascita molto più simili alla specie umana così da potersi integrare senza problemi . Infine vi erano i cercatori. Essi avevano il compito di trovare e successivamente proteggiere le future driadi. Quest'ultime quando nascono disconoscono il loro compito e il loro scopo. Il cercatore ha il compito di sovvegliarle fino al loro risveglio, fino a quando recuperate le memorie, ovvero i ricordi e l'esperienze delle sue antenate, prendono coscenza del loro ruolo nel mondo. Eliminare uno di loro era un sacrilegio, era andare contro le nostre stesse leggi.
Le ninfe continuorono a cantare alzando sempre di più la voce. Decisi di unirmi anch'io alla litania, perchè come loro era mia intenzione eliminare Ian.
Lui stava ancora cercando di liberarsi ma meno convinto di prima poichè capì che non poteva fare nulla. Da come guardava le ninfe dedussi che anche lui aveva capito le loro intenzioni e le mie.
-Non potete farlo!- urlò-Lei non acconsentirà mai- disse sicuro di sé.
Ad un tratto le ninfe smisero di cantare e anch'io tacqui . La richiesta era stata fatta.
-La Madre ha deciso- disse Aya.
-Per la tua morte- concluse lasciando che queste parole riempissero l'aria intorno a noi.
Ian a quel punto si bloccò, non un muscolo contraeva. Era immobile.
Rimasi stupita che la richiesta era stata accolta. Ian rappresentava una minaccia grande perfino per la natura.
Aya cominciò nuovamente ad avvicinarsi ad Ian e alzando il braccio con la mano aperta verso di lui. La posò sul suo viso.
-No, non pui farlo...-sentii dire ad Ian.
-Si invece- gli rispose di rimando Aya.
Così di Ian rimase solo il suo corpo e nient'altro. Neanche il volto era rimasto, completamente carbonizzato. Lo guardai inespressiva. Quello non era il mio Ian, pensai e ripensai per convincermi che era giusto così, era giusto che morisse.
-Anita...- mi chiamò Aya.
La guardai anche se non potevo vedela bene per le lacrime che cominciarono a posarsi e a riversarsi dagli occhi miei.
-Che tu possa dimenticare Anita, so che era lui il tuo cercatore- disse posando una mano semitrasparente sulla mia guancia.
-Si...-riuscii a rispondere solamente. Il dolore era troppo grande da chiudermi la gola.
Aya e il resto delle mie sorelle si dissolsero dopo avermi salutata. Io invece non riuscivo a muovermi. Tornai con lo sguardo su ciò che ne rimaneva di Ian concentrandomi sul colore nero e rossiccio del carbone. Quel colore mi sommerse e mi avvolse, fino a quando non riuscii a vedere soltanto che il  nero...
Coperte e lenzuola finirono sul pavimento quando mi svegliai e dopo pochi secondi ci finii anch'io. Immediatamente mi alzai e vidi che ero al sicuro, ero a casa nella mia stanza.
Qualcuno mi aveva adagiata sul letto e poi coperta.
Erik, mi venne in mente.
Si, probabilmete era stato lui. Del resto il mio ultimo ricordo era la sua faccia preoccupata, prima di finire svenuta a terra.
Mi guardai intorno ma non c'era nessuno, forse se n'era già andato.
Per quanto ero stata svenuta? Per quanto tempo avevo...sognato? Era un sogno quello che avevo fatto?
Con queste domande in testa uscii dalla camera per andare in cucina a bere un bicchiere d'acqua, la gola mi faceva parecchio male.
Lì ci trovai seduto a tavola Erik con le mani incrociate.Appena mi vide si alzò e mi venne incontro.
-Anna...-disse-Stai bene?- mi chiese.
Io non sapevo che rispondere, ero molto confusa e la testa pulsava forte.
-Credo di si...-risposi incerta.
Lui dovette percepire il mio disagio perchè subito dopo mi abbracciò.
-Tranquilla adesso ci sono io- disse passando la mano tra i miei capelli accarezzandomi.
Non potei far altro che lasciarmi andare contro il suo petto e sospirare, lui era l'unica sicurezza che avevo in quel momento. Le spiegazioni e le milioni di domande potevano aspettare un altro po'.
-Scusa- dissi scostandomi da lui-Ho bisogno di bere- spiegai.
Lui capì e mi lasciò andare. Raggiunsi il frigo, presi dell'acqua e la bevvi in un sorso. La gola bruciava e il contatto con l'acqua fredda diminuì il dolore.
Adesso dovevo sedermi.
Mi voltai verso il soggiorno, pronta per stravaccarmi su una poltrona. Era come se avevo accumulato molta stanchezza tutta in una volta. Possibile? Avevo appena dormito...ma le immagini di quel sogno o ciò che era mi ritornarono alla mente aumentando le pulsazioni alla testa.
-Anna devo dirti una cosa, aspetta- mi disse intanto Erik.
Ma io non mi fermai ero troppo stanca per rimanere ancora in piedi. Poteva parlarmi mentre ero seduta.
-Anna c'è una persona che devo present..- stava per dire ma quando si rese conto che le parole non servivano più a nulla, rimase in silenzio senza finire la frase.
Nel soggiorno, sulla poltrona dove avevo intenzione di andarmi a sedere vi era una donna. Questa non appena mi vide, sorrise gentilmente.
-Ciao Anna- disse salutandomi.
 
   
 
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