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Autore: Wholockedhead    22/12/2014    0 recensioni
"Tu non esisti!"
"Ne sei proprio sicura?"
*
"Che cosa sono?"
"Sei una ragazza qualunque.Non illuderti di essere speciale"
*
"Non puoi fermarmi"
"Lo so."
*
"Non rimanere sorpresa quando le persone ti pugnalano alle spalle, è così che funziona il mondo."
"Forse il tuo mondo, ma non il mio."
"Basta. Rassegnati. Il mio mondo e il tuo mondo sono la stessa cosa, non c'è nulla di speciale in te. Piantala di vivere nei sogni e affronta la cruda realtà."
"Tu non sai nulla della realtà."
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo III
 
Era quasi sera, il sole fuori dalla finestra stava cominciando a scomparire dietro le montagne, lasciando dietro di se un’ ultima scia di luce rosea che illuminava appena la stanza. Un tavolo, un libro, una sedia ed una ragazza dai capelli color del rame. Esperia lesse per l’ennesima volta la frase in cima alla pagina, ma ancora non riusciva a capire. Era assente, sconnessa. La sua testa era altrove: al ristorante nella piazza con Duncan, nella biblioteca con l’uomo uscito dai sogni, e poi in ospedale con Mike. Possibile che la sua vita fosse diventata così assurda e povera?
Una folata di venticello fresco fece girare la pagina del libro che Esperia aveva davanti, riportandola alla realtà. Si massaggiò le tempie per alleviare il dolore alla testa, un gesto ormai involontario. Aveva letto si e no due pagine del libro che le aveva procurato Duncan ma non riusciva a proseguire. La casa era deserta, governata dal silenzio, ogni tanto si sentiva qualche scricchiolio probabilmente dovuto al vento che sbatteva contro le persiane, o a Purpurrì, il gatto di Esperia, che si aggirava per casa alla ricerca di coccole e cibo. I suoi genitori erano fuori casa per partecipare a qualche conferenza delle loro, e sarebbero stati via tutto il weekend. La settimana era passata veloce, tranquilla e silenziosa e quasi non se n’era accorta, anche se continuava a dormire male o a non dormire proprio, a causa sempre dei suoi strani sogni che la facevano sentire ogni giorno più pazza e smarrita. Adesso era venerdì, tutti i suoi amici sarebbero stati alla “festa del secolo”. Non aveva mai detto di no ad un party ma quella sera non aveva proprio voglia di festeggiare, non aveva proprio nulla per cui festeggiare. Si era finalmente decisa ad alzarsi per farsi una doccia quando il campanello di casa sua squillo, infrangendo la quiete. Fece finta di nulla e proseguì per la sua strada, decisa a non aprire a nessuno. Si trascinò fino alle scale, strascicando i piedi, con lo sguardo rivolto a terra. Sollevò il piede quanto bastava per raggiungere il primo gradino e… DRIIIN…il campanello suonò un’altra volta, e poi un’altra ancora. La ragazza, rassegnata, tornò sui suoi passi e  si diresse alla porta. La aprì poco, quanto bastava per guardare chi fosse il rompiscatole che la disturbava nella sua fortezza di solitudine. Aveva ancora lo sguardo basso e la prima cosa che vide furono un paio di tacchi a spillo neri e lucidi, su un paio di gambe perfettamente lisce e abbronzate coperte (per così dire) da un soffocante tubino in tinta con le scarpe.  Non le servì vedere la cascata di capelli biondi e il viso da barbie per capire di chi si trattasse: “Che ci fai qui, Brith?”- disse con l’entusiasmo di un morto. L’amica spalancò la porta ed entrò con lunghi passi eleganti nel suo salotto. Esperia la seguì, e la trovò al centro della stanza con le braccia incrociate e uno sguardo severo. I suoi occhi esaminarono la poveretta dall’alto in basso, con aria di rimprovero:- Hai intenzione di venire così alla festa?- chiese in fine senza distogliere occhi dal pijiamino rosa a pois che indossava l’altra. Esperia alzò gli occhi al cielo:- Buonanotte Brithany- disse girandosi per raggiungere le scale. L’amica però le era già apparsa davanti per sbarrarle la strada:- Buonanotte un corno, ora tu vieni su con me ti dai una sciacquata ti metti qualcosa di corto e sexy e vieni con me a quel party!-
Non fece in tempo a protestare che Brith l’aveva già presa per il braccio trascinandola -letteralmente- su per le scale.
Dopo una veloce doccia fredda Esperia si sentì un po’ più viva e iniziò a pensare che dopotutto un po’ di distrazione non le avrebbe fatto male. Alla fine si convinse, quando la sua insistente migliore amica ebbe concluso la sua “opera di restauro” e la piazzò davanti ad uno specchio. Per poco non si riconobbe, aveva gli occhi verdi grandi e splendenti, contornati da un filo di nero, tutte le impurità erano sparite, ma le sue lentigini erano ancora in vista, era pallida come suo solito, con le guance rosee. Il vestito che indossava richiamava il colore dei suoi occhi facendoli splendere ancora di più. Non era nulla di aderente, impegnativo o elaborato, solo un vestito leggero e senza maniche, con una scollatura di pizzo sulla schiena e dei ricami sul bordo della gonna. Quel vestito gliel’aveva regalato sua madre, qualche anno prima, ma non l’aveva mai messo. Prima era troppo lungo e la parte alta le cadeva, ora invece aveva abbastanza seno per portalo comodamente e la parte inferiore le arrivava poco sopra le ginocchia. Dovette combattere con le unghie e con i denti per potersi mettere un semplice paio di ballerine invece che i tacchi, e alla fine perse la battaglia. La sua migliore amica aveva buoni metodi di persuasione.
 
Camminare su quelle scarpe fino al locale fu una dolorosa impresa, almeno per Esperia che da povera mortale qual era non ci era affatto abituata. La sua perfetta amica invece aveva camminato con passo deciso e aggraziato per tutto il tragitto senza mai dare segno di affaticamento o di dolorose vesciche appena spuntate un po’ ovunque. Il posto era già pieno di gente che ballava o che parlava ( più che altro urlava) cercando di superare il volume della musica. Tra il bar e la pista da ballo c’era una piccola piscina piena di acqua dall’aspetto limpido e disinfettato che rifletteva i mille colori delle luci che lampeggiavano qua e la, tanto da dare il mal di testa.  Degli sgabelli alti erano ordinatamente infilati davanti al bancone del bar e altre sedie erano sparse attorno  ad un paio di tavolini già ricoperti di bottiglie e bicchieri vuoti abbandonati.Apparentemente nessuno aveva ancora avuto la brillante idea di buttarsi o di buttare qualcuno in acqua ma prima o poi sarebbe successo sicuramente, anche solo per colpa di qualcuno un po’ brillo inciampato sul nulla, si sarebbe creata una reazione a catena di tuffi e schizzi di acqua gelida. La povera ragazza si chiese se avrebbe mai potuto evitare quell’ imbarazzante momento di stupidità collettiva.
Brithany l’abbandonò quasi subito per andare a fare la reginetta del ballo con il suo dolce Trent e lei ne approfittò per andare a cercare un posto dove sedersi per dare una tregua ai suoi poveri piedi. Trovò spazio davanti al bancone accanto ad un ragazzo. Era un tipo alto un po’ mingherlino, senza troppi muscoli, solo pelle, ossa e un suggestivo ciuffo biondo. Indossava una camicia bianca e celeste troppo larga  e un paio di jeans strappati qua e la che lasciavano intravedere squarci di pelle lampadata. Dall’aspetto aveva qualche anno in meno di lei, ma appena arrivata le stava già offrendo da bere quindi poco male, pensò mentre il biondino cercava di iniziare una conversazione a senso unico, una di quelle in cui uno parlava e l’altro faceva finta di ascoltare annuendo ogni tanto per essere più credibile. Solo al  terzo drink la ragazza prese coscienza di quanto il ragazzo le fosse vicino . Sentiva il suo fiato sul collo ogni volta che apriva la bocca per dire qualche scemenza, era tiepido e  sapeva di alcool:- Senti emh…com’è che ti chiami?- disse esasperata cercando di chiudere quell’imbarazzante conversazione; girò la testa per guardarlo in faccia e se lo ritrovò troppo vicino, le punte dei loro nasi si toccavano già e il biondino non sembrava voler perdere tempo. Si spinse ancora di più verso di lei e posò le sue labbra su quelle di Esperia, nel giro di due secondi le sue mani stavano già vagando sul corpo della ragazza che ancora sotto shock , teneva le labbra serrate mentre quelle di lui si aprivano pertentare un approccio di lingua. Alla fine con uno strattone un po’ brusco lo allontanò. Dovette fare appello a tutte le sue forze per non ridere davanti all’espressione da cucciolo abbandonato del ragazzo:- Scusa, hai capito male- disse con una specie di sorriso prima di girarsi e camminare via velocemente. Quello scattò improvviso mise in evidenza gli effetti dell’alcoolArrivata dall’altro lato della piscina si sedette con la schiena appoggiata al muro, raccolse le ginocchia al petto e guardò in alto, rimase a contemplare il cielo inquinato dalle luci del locale per qualche secondo e poi scoppiò a ridere. Per la prima volta dopo tanto tempo si sentiva una ragazza normale, con una vita normale, ad una festa normale. Vide Brithany farsi largo tra la folla di gente accalcata a ballare, che veniva nella sua direzione. L’amica si sedetta di fianco a lei, aveva in mano un bicchiere mezzo pieno di roba dall’asetto colorato e appiccicoso, lo porse a Esperia:- Eih bella ragazza! Vieni a ballare!- purtroppo per la rossa non era affatto una domanda e in una frazione di secondo era già tornata a fare l’equilibrista sul paio di tacchi vertiginosi rifilatogli dall’amica.







 Eih buongiorno :D che dire? Le vacanze mi giovano, sia a me che alla mia voglia di scrivere! :D mi sono svegliata con l'ispirazione e ho pubblicato, e spero entro questa sera di pubblicare il nuovo capitolo della mia altra fanfic :D <3 Tra l'altro ho riletto tutta la storia e mi sono resa conto di alcune incongruenze temporali, ma le ho corrette e chiedo umilmente scusa. Prima di fare puff e sparire vi chiederei un unico enorme favore: RECENSITE. Vi scongiuro *in ginocchio* vi prego, ne ho bisogno, perche se state muti io non posso capire cosa ne pensate, purtroppo non ho la capacità di leggere nel pensiero (non ancora muahah) quindi aspetto ancora speranzosa *occhi da cucciolo*. Al prossimo capitolo miei amati <3 <3
  
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