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Autore: Beatrix Bonnie    22/12/2014    2 recensioni
-Seguito de L'orologio d'oro-
I tempi spensierati sono finiti: con il ritorno di Colui-che-non-deve-essere-nominato, Mairead, Edmund e Laughlin, insieme ai loro amici del FIE, dovranno affrontare il crescente clima di razzismo dell'Irlanda magica, tra ansie per gli esami finali, nuovi caos a scuola e un Presidente della Magia che conquista sempre più potere. Per Edmund non sarà un'impresa facile, soprattutto visto che il ragazzo sarà anche impegnato nella ricerca di un leggendario manufatto magico di grande potenza, che potrà salvarlo dalla maledizione impostagli da Sigmund McFarren. Ma dove lo porterà la sua ricerca? E questo oggetto esiste davvero o sono solo farneticazioni di un vecchio?
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Trinity College per Giovani Maghi e Streghe'
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CAPITOLO 12
A proposito di capelli






Riprendere le lezioni, dopo le vacanze di Natale, fu assai strano per i ragazzi del sesto anno, perché cominciava il loro ultimo semestre di scuola.
Edmund aveva mille cose per la testa: innanzitutto, il giorno di Natale, il Corriere aveva messo in prima pagina la notizia che dei Mangiamorte si erano introdotti a casa del suo patrigno McPride. Edmund era rimasto piuttosto sorpreso dalla cosa, poiché riteneva uno sciocco spreco di energie tentare di mettere fuori gioco il Presidente d'Irlanda, quando il Primo Ministro Scrimgeour deteneva ancora un forte potere in Inghilterra. E poi gli era venuta in mente un'altra terribile prospettiva: e se i Mangiamorte fossero andati a casa di McPride a cercare lui? Se Voldemort avesse capito che uno dei suoi preziosi cloni era sopravvissuto e avesse messo degli sgherri sulle sue tracce? Certamente, gli sarebbe bastato rovistare un po' tra i giornali scandalistici per trovare una sua foto come Campione del Torneo Trecolonie o figlio adottivo del Presidente. Dopodiché, l'incredibile somiglianza fisica che doveva intercorrere tra lui e il giovane Tom Riddle sarebbe stata come un segnale luminoso sulla sua testa: eccoti servito su un piatto d'argento il tuo clone, Lord Voldemort! Edmund, di fronte all'agghiacciante prospettiva che Voldemort l'avesse trovato, mise ogni sua energia nelle ricerche su Rory O'Donnell e Hugh O'Neill; purtroppo, sembrava che i due conti fossero scomparsi nel nulla dopo che Howt li aveva denunciati agli Inglesi e costretti alla fuga. Qualsiasi fosse l'oggetto magico che essi tenevano nascosto, dovevano esserselo portato dietro. Quello per la Mela d'Oro, tuttavia, non era il suo unico campo di studio: il professor Cumhacht l'aveva messo sotto a lavorare per la Disputazio, consigliandogli una serie di libri da leggere, dopo aver approvato con interesse l'argomento che Edmund aveva proposto. Infine, anche gli altri professori li riempivano di lavoro, ripetendo in continuazione che gli esami finali si stavano avvicinando e che dovevano tenersi pronti e presentarsi preparati, se non volevano beccarsi una bella Q di quadrupes.
Edmund trovava rilassanti solo le ore di Filosofia della Magia, prima di tutto perché padre Rafael aveva un modo sempre accattivante di tenere la lezione e secondariamente perché era l'unico insegnante a non assegnare loro dei compiti. Quel giorno, quando Edmund entrò nell'aula sotterranea dove si teneva Filosofia, trovò i compagni in subbuglio.
«Che succede?» domandò, prendendo posto al fianco di Dedalus.
Il ragazzo si strinse nelle spalle, facendo capire che era appena arrivato anche lui e non sapeva cosa fosse accaduto.
«Balosky, che succede?» insistette Edmund, rivolgendosi al dictator dei Nagard.
«Pare che la lezione di oggi sia sulla Magia Oscura» rispose il ragazzo.
«Ma sarà una cosa lecita?» intervenne Cael Trimble, dei Llapac. «Perché secondo me non lo è...»
«Chissene frega!» esclamò di botto Edmund. «Sarà una lezione fantastica!» Moriva dalla voglia di scoprire cose nuove sulle Arti Oscure: avevano un loro fascino ancestrale che lo attirava, che lo invogliava a saperne sempre di più, a sperimentare e conoscere... era assurdo questo negazionismo di un'intera branca della magia solo perché di solito la utilizzavano maghi malvagi per scopi altrettanto malvagi. Studiarla non voleva dire per forza applicarla o servirsene per conquistare il mondo. Inoltre padre Rafael era un prete: Edmund era certo che avrebbe affrontato l'argomento nel modo più accademico possibile.
«Buongiorno, ragazzi» salutò padre Rafael, entrato in aula proprio in quel momento. Il chiacchiericcio si spense all'istante, ma la faccia di Trimble doveva essere rimasta tanto perplessa da costringere il professore a rivolgergli un sorriso benevolo. «Immagino che sia trapelata la notizia super-segreta sull'argomento della lezione odierna» ridacchiò, osservando le loro espressioni sconcertate. «Sono sei anni che tengo questa cattedra e il preside non mi ha ancora sbattuto fuori. Credete davvero che vi scaglierò addosso qualche Maledizione senza perdono o che vi insegnerò ad usarle?»
Edmund si concesse una risatina. A volte le persone si rivelavano proprio ottuse.
«Ragazzi miei, non viviamo in una delle favole di Beda il Bardo: non esiste la magia buona e quella cattiva.» Il professore prese a passeggiare per l'aula, come faceva sempre quando spiegava.
«Ma allora... la Magia Oscura?» insistette Trimble, non del tutto convinto.
«La Magia Oscura si chiama così perché sfrutta le Forze Oscure» rispose paziente padre Rafael. «Non sto dicendo che sia un tipo di magia tutto rose e fiori, ma chiudere gli occhi davanti ad essa ed evitare di studiarla per un qualche contorto sentimento di buonismo è un ottimo modo per dimostrare la propria ottusità. E vi assicuro che si possono fare cose terribili anche con una semplice Pozione Polisucco.» Il professore li osservò con aria seria. «Spesso non è la magia in sé ad essere buona o cattiva, ma l'uso che se ne fa.»
Edmund si ritrovò a sorridere: era felice che anche padre Rafael la pensasse come lui perché, con l'appoggio del professore, si sentiva meno in colpa per il fascino che le Arti Oscure esercitavano su di lui.
«Abbiamo appena finito di studiare la Trasfigurazione» riprese padre Rafael. «Vi ricorderete che essa sfrutta la Forza di Evoluzione, quella che i filosofi Babbani chiamano “divenire”. Ecco, le Arti Oscure sono indeterminate, mutevoli e cangianti perché non si basano su un'unica Forza della Natura, ma sfruttano un'insieme di Forze che sono state etichettate sotto il medesimo nome di “Oscure”. Qualcuno ha cercato di definirle come Forze contro Natura, ma non è corretto, perché comunque sono Forze della Natura.»
Edmund rapito dalla lezione, fu assalito da un dubbio. Fece saettare in alto la mano e attese che il professore gli desse la parola, per esporre alla classe il suo quesito: «Ma una magia come... la creazione di un Infero, per esempio; non è una cosa contro natura rianimare un cadavere?»
«Acuta osservazione, Edmund, ma non è così; non del tutto, almeno» rispose padre Rafael. «Tale magia sfrutta la Forza di Rigenerazione, per ridare vita a ciò che l'aveva persa. Ma, ovviamente, si rianima il cadavere, non la persona vera e propria. E, per quanto la cosa ci faccia ribrezzo, si sfrutta una semplice Forza della Natura.» Il professore si fermò davanti alla cattedra, osservando i suoi alunni. «Certo è che, se anche l'uomo, e tanto più il mago, ha la facoltà di fare delle cose, non è detto che sia giusto farle.»
Edmund ripensò a McFarren e alle tre leggi degli Interventisti. Lui aveva manipolato la scienza e la magia per dargli la vita e aveva dimostrato di essere in grado di raggiungere un potere quasi divino. Ma, anche se aveva avuto la facoltà di crearlo, forse non sarebbe stato giusto farlo. Stava nella saggezza del singolo sapersi porre dei limiti. O, quantomeno, essere pronto ad affrontare le conseguenze più estreme e pericolose per aver alterato i più profondi misteri, come suggeriva la Prima Legge Fondamentale della Magia di Adalbert Incant.
La mano di Dedalus sventolò in aria, ma non attese che il professore gli desse la parola. «È come la Prima Legge Fondamentale della Magia di Adalbert Incant!» esclamò soddisfatto.
Edmund lanciò uno sguardo di approvazione all'amico. «Pensavo la stessa cosa, sai?» gli rivelò con un sorriso.
«Pensavate giusto» approvò padre Rafael, compiaciuto. «Le Forze Oscure, infatti, sono Forze della Natura, ma si sono meritate dai filosofi questo appellativo ingrato perché sfruttarle per compiere magie significa alterare i misteri più profondi, come la vita, la morte, il dolore.» Il professore fece una pausa, perché i ragazzi potessero finire di prendere appunti, dopodiché concluse: «E quindi, come dice Adalbert Incant, bisogna essere pronti ad affrontare le conseguenze, quali che siano.»
Per un attimo, Edmund ripensò alla sezione dedicata alla Magia Oscura nella libreria di McPride. Vi aveva trovato delle maledizioni terribili, come quegli Horcrux. Sicuramente spezzarsi l'anima in due doveva avere delle conseguenze inimmaginabili; figuriamoci spezzarla in sette parti, come aveva vagheggiato nell'apprendere quella magia.
«Facciamo un esempio, così forse risulta più chiaro» continuò il professore nella spiegazione. «Il temutissimo Avada Kedavra sfrutta la cosiddetta Forza di Cessazione, quella che porta ogni essere vivente alla sua morte naturale. L'anatema piega questa forza al suo volere e causa nel soggetto morte istantanea.»
«È per questo che è così potente?» domandò Balosky. «Perché porta ad una morte naturale che non può essere contrastata?»
Padre Rafael sorrise. «Voi cosa ne dite?» chiese alla classe. «L'Avada può essere contrastato?»
Edmund adorava le lezioni di Filosofia, soprattutto quando il professore permetteva loro di fare un dibattito su qualche argomento interessante. A volte, invece, li provocava lui con delle domande, o chiedeva loro di provare a risolvere quesiti filosofici che angustiavano gli studiosi. Alla fine, di solito, il professore dava la risposta alla questione, ma a volte una soluzione non esisteva e padre Rafael spiegava dove era arrivata la ricerca fino a quel momento, oppure illustrava le teorie più accreditate. Per Edmund, quella cultura del dubbio, della discussione e del dibattito era la cosa migliore che gli avessero insegnato al Trinity. Peccato che Filosofia fosse una materia a scelta.
«Secondo me l'Avada è invincibile» rispose Iulius McEwan, con sicurezza. «Se si potesse contrastare, gli Auror avrebbero già scoperto il modo di farlo.»
«E Harry Potter, allora?» intervenne una ragazza dei Llapac che Edmund non ricordava come si chiamasse.
Cael Trimble sbuffò. «Lo sanno tutti che Harry Potter è sopravvissuto all'Anatema che uccide perché è un Mago Oscuro. Altrimenti perché Tu-sai-chi avrebbe voluto ucciderlo quando era solo un neonato?»
«Che idiozia!» sbottò Edmund. Storielle come quella andavano bene per i poppanti, non certo per studenti di Filosofia.
«Secondo me si può contrastare» replicò Dedalus con convinzione. Per quanto ogni tanto dicesse cose strane, Dedalus aveva un intuito spiccato per Filosofia della Magia. «Voglio dire, se è una magia che sfrutta le Forze della Natura come tutte le altre, basta opporvi una forza maggiore e contraria.» Dedalus annuì, convinto da solo della propria deduzione. «Come l'incantesimo di Levitazione che oppone una forza maggiore e contraria a quella di gravità.»
«Un'osservazione molto saggia, Dedalus» approvò padre Rafael. «E sostanzialmente corretta.»
Iulius non sembrava per nulla convinto. «E allora perché non è ancora stata inventata una contromaledizione?» domandò con sospetto.
Padre Rafael sorrise, contento di come i ragazzi si fossero interessati alla questione. «Perché ci vuole una forza molto, molto potente per opporsi ad un Anatema che uccide» rispose tranquillo.
Edmund sollevò gli occhi dal professore e là, appeso sopra la lavagna, vide un crocifisso di legno: quella di Filosofia era l'unica aula della scuola dove fosse stato esposto quel simbolo. E Edmund ebbe un'illuminazione. «È la forza dell'amore fino al sacrificio» mormorò. «È questa l'unica forza in grado di opporsi alla morte.»
Padre Rafael lo guardò compiaciuto. «Davvero un'ottima risposta, Edmund» si complimentò con lui. «Direi che ti guadagni venti punti per la tua casa.»
Iulius rivolse al compagno un sorriso d'approvazione, mentre il professore estraeva dal cassetto della cattedra un librone con una miriade di segnalibri che spuntavano fuori. «Dovete sapere che fin dall'alba dei secoli, gli uomini si sono accorti che Eros e Thanatos, amore e morte, sono due forze contrapposte» cominciò a spiegare, aprendo il libro più o meno a metà. «Abbiamo numerosissime attestazioni di tale concezione, sia presso Babbani, sia presso maghi, filosofi, poeti e letterati. Per esempio, in un libro della Bibbia che si chiama Cantico dei Cantici, capitolo 8, versetto 6, troviamo scritto: “forte come la morte è l'amore”.»
Dedalus fece scattare la sua mano in alto. «Ma se l'amore è una Forza della Natura, perché non esiste nessun incantesimo che la sfrutti?» domandò, ancora prima che il professore gli concedesse di parlare.
«Perché l'amore è una forza talmente misteriosa e sfuggente che l'uomo non è ancora nemmeno riuscito a capirla, figuriamoci a sfruttarla» rispose paziente padre Rafael.
«Ma allora come fa a contrastare l'Anatema che uccide?» insistette Iulius, ancora non del tutto convinto che la maledizione potesse essere bloccata.
«Un Avada Kedavra è un incantesimo molto potente quindi, ripeto, la forza che gli si oppone deve essere anche più potente» spiegò il professore. «E come disse anche un uomo che si chiamava Gesù di Nazareth, non c'è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.»
«Quindi l'unico modo per sconfiggere un Avada è contrapporgli un amore tanto grande da arrivare fino al sacrificio?» concluse Dedalus, che pareva entusiasta di quella nuova scoperta.
«Esattamente» approvò padre Rafael. «L'amore fino al sacrificio è l'unico che può vincere la morte e portare alla vita.»
«E Harry Potter cosa c'entra?» indagò Cael Trimble, senza nemmeno alzare la mano. Ormai erano tutti talmente presi dalla discussione, che nessuno più faceva caso alle regole scolastiche.
«Questa è solo una mia teoria, ovviamente.» Padre Rafael prese a passeggiare avanti e indietro per la stanza. «Sono abbastanza sicuro che quella fatidica notte uno dei genitori, probabilmente la madre, abbia cercato di fermare Voi-sapete-chi, offrendo se stessa in sacrificio al posto del figlio. Questo amore così grande ha creato una protezione che ha salvato il piccolo Potter dall'Anatema che uccide, rispendendolo contro Voi-sapete-chi.»
Edmund sentì i brividi lungo la schiena. Quella era probabilmente la lezione più bella che avesse mai seguito da quando aveva messo piede al Trinity. Passò il resto dell'ora imbambolato, a bere qualsiasi parola uscisse dalla bocca del professore a proposito della Magia Oscura. Alla fine della lezione, buttò tutta la sua roba alla rinfusa dentro la borsa e inseguì padre Rafael verso la sacrestia della cappella. «Professore, mi è piaciuto un sacco oggi!» esclamò, entrando nella stanzetta.
Padre Rafael gli rivolse un sorriso compiaciuto. «Bene, sono contento.»
«Se fosse stato possibile, avrei fatto la Disputatio con lei» continuò Edmund, sempre entusiasta.
«Purtroppo la mia non è una materia curricolare» replicò il professore. «Però ho saputo che la fai in Trasfigurazione: se vuoi inserire un approfondimento di Filosofia della Trasfigurazione, ti posso consigliare qualche libro.»
Edmund annuì. «Sarebbe fantastico.» Stava per andarsene, quando gli venne in mente un'ultima cosa da chiedere: «Professore, lei ha mai sentito parlare dei conti Rory O'Donnell e Hugh O'Neill?» L'anno scorso era stato proprio padre Rafael a svelargli il segreto degli Interventisti, magari poteva risolvergli le indagini anche questa volta.
Ma il professore scosse la testa. «Mi spiace, ma non li ho mai sentiti» rispose. «Mi rendo conto che cercare due nomi nell'immensità dei volumi della biblioteca del Trinity sia una specie di incubo. Sono anni che dico al preside di adottare il sistema di catalogazione della biblioteca del seminario, ma lui ritiene che questo potrebbe da un lato aiutare chi fa ricerca seriamente, dall'altro indurre qualche studente troppo pigro a vivere nella bambagia.»
«Perché, com'è il sistema di catalogazione del seminario?» si informò Edmund.
«Comodissimo» ammise padre Rafael. «All'ingresso c'è un foglio di pergamena incantato su cui basta scrivere quello che stai cercando per farvi apparire sopra il numero dello scaffale dove si trovano i libri che potrebbero interessarti.»
Edmund si illuminò. Con un sistema come quello, avrebbe impiegato meno di un secondo a trovare qualsiasi informazione gli servisse per le sue ricerche. Sarebbe stato miracoloso. «E la biblioteca del seminario è aperta al pubblico?» domandò speranzoso, senza riuscire a nascondere del tutto la sua avidità.
«Temo di no.» Il professore sembrava sinceramente dispiaciuto. «Ma se c'è qualche volume in particolare che ti serve, posso prenotartelo io.»
«Grazie, professore.» Edmund annuì piano, spento ogni suo entusiasmo.
«Figurati.» Padre Rafael gli indicò l'appendiabiti che si trovava dietro di lui. «Mi passeresti le vesti per la messa, per favore? Devo celebrare fra pochi minuti.»
Edmund si voltò, annuendo sovrappensiero. Nel prendere dall'appendiabiti uno lungo camice bianco, notò quello che doveva essere un capello di padre Rafael e fu colpito da un'idea improvvisa quanto malsana. Tentennò solo un attimo, poi afferrò il capello tra due dita e si voltò per passare la tunica al prete con un sorriso innocente. «Grazie ancora, professore, e buona messa» salutò prima di uscire, stretto ancora tra le dita il prezioso capello. Si sentì vagamente in colpa – soprattutto ripensando alle parole di padre Rafael a proposito delle cose terribili che si potevano fare anche con una semplice Pozione Polisucco – ma decise di scacciare quel neonato sentimento pensando al grande vantaggio che ne avrebbe ottenuto.

«Si sta un po' stretti qui dentro.»
«Sei tu che sei ingombrante.»
«Qualcuno accenda le torce, no?»
«Faccio, io! Levatevi!»
«Ahia, era il mio piede quello!»
Quando finalmente Edmund riuscì a far luce, i ragazzi del FIE si ritrovarono in una stanzetta circolare, con una grossa bifora davanti alla quale erano state appese due amache. Sulla parete di sinistra troneggiava la bandiera della Repubblica Magica d'Irlanda, sotto la quale si trovava un tavolino con due sedie.
«Che posto è questo?» domandò Bearach, sorpreso e curioso insieme.
Mairead si fece avanti. «È una stanza segreta scoperta da mio padre e dal professor Saiminiu quando erano a scuola. Era il loro covo» spiegò. «È un po' piccolina, lo so, ma il FIE non può più riunirsi alla luce del giorno.»
«Credevo che il FIE fosse sciolto, ormai...» mormorò Henry, affranto.
«Ufficialmente sì» confermò Mairead. «Ma non ci impediranno di lottare.»
«Mi piace!» confermò Eileen, con un trillo. Lei non aveva mai partecipato alle riunioni del FIE l'anno prima, ma era entrata a far parte del gruppo insieme ai gemelli Samuel e Ismael MacPassel.
«Bene» borbottò Faonteroy, arrossendo leggermente. Era strano vederlo a disagio e impacciato, lui che di solito mostrava al mondo solo la maschera dell'imperturbabile serietà. «In effetti, l'idea per la quale vi ho convocati è proprio questa.» Infilò la mano in una borsa di stoffa che aveva con sé e ne estrasse un giglio. «Non possiamo indossare le spille del FIE, ma non c'è alcun regolamento scolastico che impedisca di portare un fiore nel taschino. Un fiore contro la dittatura» spiegò, consegnando a ciascuno di loro un giglio.
«Sono veri» esclamò ammirata Lily, sistemandosi il fiore tra i capelli.
«Sì» rispose Faonteroy, continuando la distribuzione. «Sono finalmente riuscito a fare in modo che non appassiscano.»
«Credo che sia un'idea geniale!» approvò Dedalus, quando ricevette il suo.
«Ehm, bene» mormorò Faonteroy, non del tutto convinto che il consenso di quel suonato di Dedalus significasse che la sua fosse davvero una buona idea. «Ottimo!» esclamò invece Mairead, appuntandosi il fiore alla spilla da Capitana. «Visto che siamo un po' alle strette, direi che la riunione è sciolta!»
I ragazzi si salutarono e presero a uscire lentamente dalla stanza, quando Moira bloccò Faonteory prima che se ne andasse. Continuava a ammiccare verso Mairead e sembrava che le due fossero d'accordo per qualche malefatta pericolosa che dovesse coinvolgere anche lui. «Che succede?» domandò preoccupato, non appena rimasero solo loro tre.
Mairead e Moira si scambiarono un'occhiata complice. «Così non va» esclamò la prima.
«Così non andrai da nessuna parte» rincarò la dose la seconda.
«Così come?» si sentì in dovere di chiedere Faonteroy.
«Con quella ciotola di capelli in testa!» rispose Mairead, scandalizzata.
Faonteroy si ritrasse, paventando gli incubi più orribili. «Cosa avete contro il mio taglio di capelli?» domandò spaventato. «È ciò che si conviene ad un nobile del mio lignaggio.»
«Forse sì» concesse Mairead. «Ma non hai speranza di far colpo su Eileen se sembri un paggetto ottocentesco.»
«Far colpo?» borbottò Faonteroy, a disagio. «Io non voglio...»
«Siediti» gli ordinò Moira, mettendogli dietro una sedia e sfoderando delle forbici. «Mia sorella fa la parrucchiera» spiegò con un sorriso furbo. «Conosco qualche trucco del mestiere.»
«Non osereste...» supplicò Fonteroy, gli occhi sgranati per il terrore.
Mairead gli mise una mano sulla spalla con fare rassicurante. «Quando avremo finito con te, avrai le ragazze ai tuoi piedi.»
Per Faonteroy quelli che seguirono furono i venti minuti più terribili di tutta la sua vita: chiuse gli occhi e attese che il supplizio finisse, figurandosi nella mente le più terribili acconciature.
«Finito!» annunciò alla fine Moira. «Sei stupendo!»
Faonteroy raccolse dalle sue cosce una ciocca di capelli, una ciocca dei suoi meravigliosissimi capelli biondi, e se la portò davanti al naso. «Sono restato pelato!»
«Ma va', sei bellissimo!» lo rassicurò Mairead mettendogli davanti uno specchio.
Ciò che lo specchio gli restituì fu l'immagine di un bel giovanotto biondo, con un taglio di capelli corto ma quantomeno accettabile. Faonteroy si studiò con occhio critico per qualche minuto, poi si rivolse alle sue carnefici. «Siete sicure che funzionerà?»
Mairead gli sorrise. «Eileen ti troverà fantastico, fidati.»
E, chissà perché, Faonteroy decise di fidarsi.









Carissimi,
questo capitolo è dedicato Good Old Charlie Brown, fedelissimo lettore delle mie storie, nonché caro amico.

Che dire? ...insomma, volevo dare una giustificazione più teorica, filosofica (e, perché no, teologica) alla teoria di Silente "l'ammmmore di mammà protegge il piccolo Potty". Dopotutto, padre Rafael è uno che ha studiato! ;) E comunque volevo spiegare la mia teoria sulle Arti Oscure e introdurre il tema della maledizione e contromaledizione.
Quanto a Faonteroy, era ora che cambiasse il taglio di capelli! ;) Non può sperare di far colpo su Eileen con una ciotola da paggetto in testa!

Come al solito, un paio di immagini:
QUI una cosa che non c'entra nulla: ovvero i miei personaggi femminili in versione principesse Disney! Eileen è Rapunzel, Moira Biancaneve, Mairead Merida, Melita Meg e Lily Elsa.
QUI, invece, l'immagine del capitolo: Faonteroy e il suo nuovo taglio!

Non mi resta che augurarvi un felice Santo Natale e un buon inizio d'anno! Ci si rivede lunedì 12 gennaio!
A presto e auguri ancora,
Beatrix

   
 
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