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Autore: Holly Rosebane    26/12/2014    6 recensioni
«Cosa ti fa anche lontanamente pensare che io possa fidarmi di voi? Voglio dire, mi hai guardato? Hai presente la tua notorietà all’interno del campus? Siamo come due linee parallele. Andiamo lungo due percorsi differenti», spiegò Harry, con fermezza.
«In geometria descrittiva», disse allora Zayn, «due linee parallele s’incontrano. All’infinito».
«E si da il caso che Juliet sia “l’infinito” che faccia per noi», aggiunse Niall.
«Ma perché volete aiutare proprio me? Non ci siamo mai parlati in tutto l’anno…» riprese Styles, ma Louis alzò una mano, zittendolo.
«Sono…» altro calcio. «Siamo», sibilò allora, incenerendo Liam con lo sguardo, «convinti che sotto tutta questa robaccia nerd, ci sia del materiale notevole. E raramente ci sbagliamo», concluse. Esibendo uno dei suoi allegri sorrisi contagiosi con retrogusto di pazzia latente.
«Non mi farete fare cose umilianti, nudo nel bagno del campus… per poi mettere il video su YouTube e indurmi al suicidio, vero?»
Genere: Comico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Second Shot

 
“Fai attenzione alla tua ombra. Ogni uomo ha un fratello che è la sua copia esatta. È muto e cieco e sordo ma dice e vede e sente tutto, proprio come lui. Arriva nel giorno e scompare la notte, quando il buio lo risucchia sottoterra, nella sua vera casa. Ma basta accendere un fuoco e lui è di nuovo lì, a danzare alla luce delle fiamme, docile ai comandi e senza la possibilità di ribellarsi. Sta disteso per terra perché glielo ordina la luna, sta in piedi su una parete quando il sole glielo concede, sta attaccato ai suoi piedi perché non può andarsene. Mai. Quest’uomo è la tua ombra. È con te da quando sei nato. Quando perderai la tua vita, la perderà con te, senza averla vissuta mai. Cerca di essere te stesso e non la tua ombra o te ne andrai senza sapere che cos’è la vita.”
GIORGIO FALETTI
 
 
 
 
 
Ore 0.00
 
Il parcheggio di una rinomata discoteca. La notturna musica forte e provocante spandeva il proprio eco dalle porte d’ingresso fino a lì, dove un ovattato silenzio ne accoglieva gli stralci fra i rumori del traffico poco lontano. Improvvisamente due lussuose macchine nere tirate a lucido si posizionarono in due fortuiti posti liberi, parcheggiandosi a spina di pesce. Davano tutta l’aria di potenza, ricchezza e sicurezza, stillata da ogni riverbero della luna sulle cromature argentate.
Dalla Jaguar fece capolino con eleganza una figura maschile. Giubbetto di pelle perfettamente calzato, pantaloni neri dal taglio alla moda, con una sottile catenella in acciaio che pendeva da uno dei passanti, tintinnando seguendo le oscillazioni del bacino. Una maglietta dall’aria raffinata e volutamente vissuta stringeva con il suo fine tessuto due belle spalle larghe, ricadendo morbidamente su d’un allenato ventre piatto. Al collo, una sottile catenina con una piastrina rifletteva i guizzi evanescenti delle luci circostanti. Benché fosse notte, il giovane ventenne proprietario di quel corpo da urlo, indossava due spessi occhiali da sole, dalle lenti più scure della notte stessa. Sottraevano parte di quel volto angelico alla vista, come l’ultimo boccone mancato di un dolce squisito. Aveva dei lineamenti fini e ben marcati allo stesso tempo, con una rassomiglianza a certi quadri dell’Italia barocca nel Cinquecento. Con una mano ampia, dalle dita affusolate e l’incarnato marmoreo, si ravviò gli scomposti riccioli che gli incorniciavano il volto, in un gesto consumato. Richiuse lo sportello e inserì la sicura, avviandosi verso l’ingresso della discoteca con falcate sicure e felpate, la mano destra infilata nella tasca anteriore del pantalone con nonchalance. Sembravano i fotogrammi di un eclettico video musicale trasmessi in slow motion.
Alle sue spalle, altri giovani dall’aria ugualmente ricercata e contraddittoria stavano scendendo dalla ruggente Maybach parcheggiata accanto alla sua. Scandì bene un cognome ai due buttafuori, che rimossero la cordicella rossa di sicurezza per lasciarlo passare. La musica lo travolse, inglobandolo nel suo sinuoso corpo di fascinazione e misteri proibiti.
 
 

Ore 0.15
 
Una giovane donna ballava solitaria al centro della pista seguendo il ritmo imposto dal deejay, contornata da molti altri avventori della discoteca. I lunghi riccioli castano chiaro enfatizzavano con elasticità ogni movimento della sua testa e delle spalle nude, un vestitino nero in tessuto stretch ne fasciava il corpo dalle forme generose fin sopra il ginocchio. Alte scarpette alla francese nascondevano i suoi piedi, permettendole di acquistare altezza e slancio. Sembrava quasi annoiata, mentre si guardava attorno alla ricerca di qualcosa di più interessante. Finché i suoi occhi non focalizzarono il gruppetto fermo al piano bar.
Una serie di ragazzi appollaiati sui costosi sgabelli in pelle. Al centro, un giovane ricciolino dall’aria maledetta aveva appoggiato ambo i gomiti sul ripiano in acciaio, con il corpo rivolto verso la pista e il capo piegato sulla destra, annuendo furbescamente al biondo che chiacchierava con lui. La sorpresa nel vedere cotanta avvenenza le fece perdere il ritmo per qualche istante, facendo apparire lenti e slegati i suoi movimenti nei confronti della canzone che pulsava dagli altoparlanti. Non aveva mai visto una persona simile, lì dentro. Ed era solita passarci quasi tutte le sere.
Riacquistò il senso della musica e continuò a danzare, mantenendo il contatto visivo. Ma il giovane non voleva accennare a guardare dalla sua parte. Quasi come se l’evitasse di proposito. Allora si fece coraggio ed attraversò la pista lentamente, in equilibrio sui suoi tacchi vertiginosi, mantenendo un’andatura sicura e magnetica. Quando gli fu dinanzi, gli prese una mano, attirandolo a sé. Solo in quel momento i due profondi occhi verde mare del ricciolo scostante incontrarono i suoi. Mantenendo un’espressione perfettamente neutra. Come se stessero osservando un prato in un parco.
La ragazza si sentì trapassare da quelle due gemme di topazio che rilucevano ai guizzi delle stroboscopiche. Nessuno ostentava così tanta indifferenza con Juliet Collins. Gli si strinse addosso, danzando in maniera provocante e sensuale, aspettando che lui posasse le sue mani da pianista sui suoi fianchi e la seguisse. Ma invano. Lui rimase quasi perfettamente immobile, ondeggiando lievemente a ritmo della musica. Quasi come se non la considerasse alla sua altezza. Juliet lo fissò contrariata, e strinse fra le dita la fredda piastrina che il giovane portava al collo, tirando con decisione verso di sé, rompendone il gancio della catenina. Sorrise soddisfatta, arretrando di pochi centimetri, mentre osservava la reazione del giovane dinanzi a lei. Questi la fissò, alzando un sopracciglio. Sollevò con impertinenza un angolo delle labbra e si calò gli occhiali da sole sul naso.
Quindi si volse, cominciando a camminare con passo lento e sicuro. Certo che gli occhi di lei fossero ancora fissi su di lui, alzò un braccio, protendendo l’indice verso l’alto. Lo scosse piano da sinistra a destra, mimando un gesto di muta negazione. Quasi a voler dire “così non si fa”, con strafottente impertinenza, misurando ogni gesto e respiro caricandolo di significato. Poi sparì, inghiottito dalla folla.
 Juliet rimase lì ferma, fissando il punto dove i suoi riccioli scuri e il giubbetto di pelle nera erano scomparsi nel mare di corpi danzanti, stringendo la fredda catenina nella mano destra e contando i battiti del suo cuore che le risuonavano nelle orecchie meglio dei bassi.
 
 

Ore 0.20
 
Sprofondò sullo sgabello di pelle dove poco prima si era seduto quel ragazzo, ordinando un triple sec e fissando assente la collanina. Chi era quel giovane angelo maledetto? Era la prima volta che s’imbatteva in lui, altrimenti avrebbe sicuramente ricordato il suo sguardo profondo e freddo, con una nota canzonatoria. Quelle labbra morbide e ben disegnate, l’atteggiamento sicuro, i modi alla Vincent Cassel, tutto.
Lei non aveva mai faticato nell’ottenere ciò che voleva, soprattutto quando si trattava di ragazzi. Ma lui sembrava opporle una fiera resistenza, il che lo rendeva ancor più splendente ai suoi occhi. L’aveva quasi rifiutata. E quel gesto, dopo che era riuscita a strappargli la catenina. Un attimo prima era lì, l’attimo dopo un’evanescente ricordo seducente nella sua memoria. I suoi amici, però, occupavano ancora i loro posti al bar, chiacchierando animatamente e facendo tintinnare il ghiaccio nelle loro bevande.
«Vorresti rivederlo, vero?»
Juliet sussultò, avvertendo quel lieve sussurro nell’orecchio sinistro. Si voltò e vide nientemeno che Louis Tomlinson, sorriderle furbescamente da sopra il suo cocktail azzurrognolo. Lo conosceva di fama, al campus. Era stata anche ad un paio delle sue feste. Serate memorabili per parecchi versi. Quindi quel magnifico riccio era suo amico. Non si sorprese più di tanto. Bevve un sorso del suo triple sec e soppesò l’espressione di Louis con lo sguardo.
«Cosa accadrebbe se ti dicessi di sì?» Concesse, scegliendo con cura le parole per non tradire alcuna smania o bramosia. Il ragazzo ridacchiò, posando il cocktail sul ripiano ed estraendo un mazzo di chiavi dalla tasca del jeans. Fece tintinnare i pendagli dinanzi agli occhi di Juliet come poco prima lei stessa aveva osservato la catenina del tipo misterioso.
«Ti proporrei di venire con me».
 

 
Ore 0.40
 
Juliet sedeva al banco di un’enoteca lussuosa e di classe aperta tutta la notte solo per lei. Il proprietario era parente stretto di Liam Payne e Louis aveva richiesto il favore appositamente per quell’occasione al suo amico. La ragazza continuava ad interrogarsi su quale piega stesse prendendo la serata, accavallando le gambe con un fruscio e attendendo chissà cosa. Aveva ordinato un Porto e osservava l’addetto mescere con sapienza il vellutato liquido vermiglio nel leggero calice dinanzi a lei.
Quasi come evocato dall’odore corposo del vino, dalla porta d’ingresso apparve il fantomatico giovane dai ricci scuri, che si sfilò gli occhiali da sole e le sorrise lievemente, avvicinandosi a lei. Ora che non erano più all’oscuro nella discoteca, ma nella sensuale penombra dell’enoteca deserta, lei poteva distinguere meglio i tratti del suo volto, e avvertire il profumo maschile e ricercato che accompagnava ogni suo movimento. Lui ordinò un secondo calice di Porto e si sedette accanto a lei. Che voce profonda e vibrante che aveva. Le suonava stranamente familiare, ma pensò che fosse solo un’impressione.
«Come ti chiami?» Gli chiese, facendo ondeggiare con maestria il vino all’interno del suo bicchiere. Lui spostò lo sguardo su di lei, percorrendo la sua intera figura con calma e lentezza, quasi stesse memorizzando ogni recesso del suo corpo. Poi scosse la testa, ridacchiando.
«Ha forse importanza?»
«Potrebbe».
«Sei amico di Louis Tomlinson. In caso tu non me lo dicessi, chiederei a lui», disse allora Juliet, imbastendo un sorriso furbesco, certa di aver incastrato la preda. Invece, questa si divincolò con scioltezza, liberandosi dal giogo dei suoi ammalianti trucchetti psicologici. Il ragazzo ci sapeva fare.
«Potresti», le rispose, con un sorriso e un’alzata di spalle. Lei rimase senza parole.
«Vieni, facciamoci un giro», propose il giovane, lasciando il bicchiere intatto di Porto sul bancone e uscendo dalla porta principale senza nemmeno pagare. Juliet lo seguì, imitandolo con incertezza.
 


Ore 1.10
 
Avevano guidato per un po’ lungo strade secondarie e panoramiche, che permettevano di ammirare il panorama notturno della città in lontananza. Juliet si era stretta a lui, che procedeva senza battere ciglio. Ogni tanto parlavano, ma il ragazzo sembrava sempre restio a sbottonarsi sulle sue faccende personali. Si limitava a piazzare qualche battutina impertinente qua e là, lasciando la giovane con un forte desiderio inappagato e l’amaro in bocca. Quando tornarono al punto di partenza, poco lontano dall’enoteca, lui spense l’auto.
«Balla per me», disse, fissando Juliet negli occhi. Lei si scostò un poco, lievemente confusa.
«Come… dove?» Chiese, notando che la strada era deserta e c’erano solo loro due e la Jaguar. Il ragazzo alzò il mento con lieve insolenza, indicando dinanzi a sé.
«Qui. Davanti all’auto. Sotto la luce dei fari», spiegò. Protese l’indice e schiacciò un pulsante sul cruscotto, facendo partire una sensuale musica da club che capitava fortuitamente al caso loro. Juliet scoppiò a ridere e si strinse nelle spalle.
«Va bene. Perché no».
Scese dalla macchina, raggiungendo un punto in cui i due coni di luce potevano illuminarla in modo giusto. Il riccio tirò fuori una sigaretta e l’accendino dal taschino del giubbetto di pelle. S’infilò il bianco cilindro fra le labbra, illuminando il virile profilo del suo volto con la fiammella dell’acciarino per qualche attimo. Quindi, la prese fra indice e medio, sbuffando sinuose volute grigiastre, con tutta la calma del mondo, senza staccare mai gli occhi da lei.
Juliet aveva cominciato ad ondeggiare e a seguire il ritmo incalzante della musica, lasciandosi pian piano possedere dal flow e dai beat trascinanti, accompagnando i suoi movimenti con appropriata gestualità. Al culmine di quel balletto improvvisato, il ragazzo riaccese il motore dell’auto e partì, avendo cura di rallentare di fianco a lei e mandarle un bacio da dietro il finestrino, prima di sparire nuovamente rombando nella notte. Per la seconda volta in quella serata.
Lei rimase impotente a fissare la macchina sportiva che mangiava asfalto e vento sferzante, allontanandosi in velocità da lei. Si passò una mano fra i lunghi capelli ricci, con evidente nervosismo. Era sola, in una strada deserta. Al buio. L’unica che le rimaneva, era pregare che qualcuno si fermasse e la portasse a casa. Quasi avessero sentito i suoi pensieri, la Maybach di Zayn Malik che Louis Tomlinson guidava si accostò alla sua figura, anch’essa con la musica a tutto volume. Quelle casualità erano fin troppo benevole per poter essere frutto di un generoso destino, cominciò a pensare la ragazza.
«Salta su, piccola. Ti riportiamo in discoteca» le disse il giovane, trattenendo una risata e aprendole la portiera, allungandosi verso il sedile libero di fianco a lui.





Nota: eccomi anche di qua, ta-daaaah! Siamo a metà dell'opera, se escludiamo l'epilogo! In questo capitolo Harry ha messo in mostra tutto ciò che ha imparato dai suoi amici... ma poi vedremo se gli sarà servito a scacciare Giacomo Leopardi una volta per tutte!
Sarò rapidissima e non indulgerò oltre nel tediarvi, se non per ringraziarvi infinitamente per il vostro sostegno e l'affetto che mi date, sperando che la storia vi stia comunque piacendo e non deluda le aspettative! Lentamente aggiungerò tutte le mie longs e one-shots anche su Wattpad, con mooooolta calma. Vi lascio il banner di The Paper Boy e... alla prossima! :)




The Paper Boy
 
   
 
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