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Autore: A Swiftie Life    03/01/2015    2 recensioni
California è una ragazza davvero particolare. E’ bella, con due occhi azzurri, capelli color dell’oro e un carattere espansivo. Una vera bambolina; che non fa fatica ad attirare molta attenzione nel gruppo del suo migliore amico Rich, composto da Calum, Michael, Ashton e Luke. Non se ne cura molto, se non fosse per il fatto che quel maledetto Hemmings, che ha completamente e pericolosamente attratto Cali, non la degnasse nemmeno di uno sguardo. Presa da improvvise (e comiche) ansie da sedicenne depressa e pazzamente infatuata, decide di conquistare a modo suo l’impermeabile cuore di Luke.
Discussioni, feste, alcol, tanti amici, situazioni spaventosamente coincidenti e imbarazzanti.
California Pierce. Luke Hemmings.
Che il gioco abbia inizio.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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III.



«Ma non hai tipo dei nonni? Una baby-sitter? Un cane da guardia?» chiedo strozzata mentre cerco di trascinare su per le scale quella valigia che somiglia più a un carro armato nazista. E conoscendo Slav, potrebbe essere molto probabile che lo sia. «Perché devi stare proprio da me?» continuo guardando quella deficiente che se ne sta sulle scale, aspettando che vengano liberate dalla sua ambigua borsa. Guarda attentamente le sue unghie alquanto interessata, poi mi degna di un’occhiata.
«Ti ricordo che l’ultima volta che i miei genitori hanno lasciato la loro unica figlia sola a casa, al loro ritorno hanno automaticamente trovato due camion dei pompieri fuori dall’aiuola e una lettera dal sindaco che esprimeva le lamentele del vicinato a causa del volume alto dello stereo -scocca la lingua al palato- che ne dici?»
Alzo gli occhi al cielo per la sua affermazione. Vivere con Slav è un fottutissimo inferno: ricordo quando i miei decisamente troppo apprensivi genitori mi avevano mollata a casa sua per un intero giorno. Fu un completo massacro, avevo anche cercato di evadere dal seminterrato e dalla finestra, con scarsissimi risultati. Riesco a scalare l’ultima delle due rampe e lascio cadere il borsone per terra. La mia schiena sbatte contro una spalla, facendomi sobbalzare.
«Sta’ più attenta, California!» urla Page, scocciata. La guardo mentre flippa i suoi capelli biondo cenere e scende le scale freneticamente. Come fa a scenderle così velocemente senza rischiare di cadere e rompersi l’osso del collo? Io faccio ancora finta di essere una principessa barra modella di Victoria’s Secret barra attrice che scende le scale di un palazzo con grazia ed eleganza per raggiungere il suo Award. 
«Ciao anche a te, cara sorellina!» rispondo sarcastica, mentre faccio segno a Slav di seguirmi in camera. Una cosa positiva di mia sorella Page è che odia profondamente Slav; e non solo perché è convinta che voglia portarsi a letto il suo Calum, ma è stato un odio a pelle, sin dalla prima volta che la vide. Io invece non riesco a ricordare il mio primo pensiero sulla bionda; la prima volta che la vidi era ancora un embrione sanguinante. Scuoto la testa nel tentativo di scacciare quei pensieri del tutto inutili. Una volta entrata in camera mi lancio sul mio letto, atterrando sulle coperte spiegazzate. Ah, finalmente a casa! La bionda prende possesso della sedia girevole azzurra e inizia ad abbassarla e alzarla con la manopola sotto di lei. Tipico, mi chiedo come faccia quella povera sedia a rimanere ancora così integra. Affondo la faccia nei cuscini morbidi.
«Cali! Dov’è la mamma?» sento urlare dal piano di sotto quella isterica di mia sorella. Con un lamento mi ricordo che la mamma oggi è a lavoro in ufficio, e ciò implica che dovrò alzare il culo dal letto e preparare qualcosa per sfamare l’enorme bocca di Slav. Come non detto. Riesco a raggiungere il piano di sotto senza rischiare di sbattere volontariamente la testa rotolando giù dalle scale, ed entro in cucina, dove vedo una Page accigliata con in mano il post-it che ci ha lasciato nostra madre. 
«Cucini tu?» le chiedo mentre inizio a tirar fuori i piatti. 
«Andiamo California. Lo sai che non so cucinare neanche una misera frittata» mi ricorda seccata. «Io voglio la pizza»
«Bene, allora se vuoi la pizza porta le tue chiappette minuscole fuori di qui e vai a comprarla» dico invece io, pacata. Chiedere a Page di fare qualcosa che richiede re-infilarsi i jeans e le ballerine funziona sempre per raggirarla. So bene che non si scomoderà mai per niente. Come previsto, sbuffa e prende la padella dal ripiano vicino al frigorifero. Sorrido soddisfatta tra me e me, e rinuncio direttamente a chiamare Slav dal piano di sopra. 
«Ti vanno delle uova?» propongo io immaginandole ripiene con del bacon, le mie preferite. 
«Sono finite ieri sera - mi ricorda mentre da un’occhiata in frigo - qui dentro non c’è un bel niente!» aggiunge sbattendo l’anta. Possibile che quella donna ci abbia lasciate in casa senza nemmeno una briciola di… qualcosa da mangiare? 
«Slav!» urlo cercando di farmi sentire da quella deviata. La sua improbabile risposta viene coperta dal suono del campanello, che in questo momento sta trillando fastidiosamente.
Io e mia sorella aggrottiamo le sopracciglia. Mi avvio verso l’ingresso di casa e apro la porta, per poi scoprire la figura di Richard, sorridente e gnocco come al solito. La sua immagine non fa altro che incuriosirmi, per questo piego la testa da un lato mentre lo osservo.
«Richard?»
«Cinese a domicilio!» esclama mentre tira fuori dal nulla due buste piene dalle quali proviene un profumino molto invitante. Mi sono tanto concentrata sul cibo che non sto pensando alla domanda più logica e plausibile da fargli. Perché è qui con del cinese e un sorriso smagliante? Ma istintivamente afferro una busta e mi precipito dentro, premurandomi almeno di lasciare la porta d’ingresso aperta per farlo entrare.
«Evito di chiederti come hai fatto ad azzeccare anche questa volta il momento giusto per comparire dal nulla» dico mentre poggio il cinese sul tavolo. Senza essermene resa conto, ho anche fatto un purissimo e casualissimo riferimento a stamattina, quando è sparito dalla circolazione per circa tutta la giornata. 
«Perché?» chiede lui ridendo mentre inizia a togliersi la giacca, poggiandola poi sulla sedia. 
Scrollo le spalle. «Mia madre ha deciso di lasciarci qui a morire di fame» spiego con molta nonchalance, tirando fuori i contenitori. 
«Rich!» quasi urla mia sorella non appena lo vede. Beh, da qui si può benissimo capire come Page sia completamente andata per quel pakistano, dal momento che ogni volta che Rich viene a casa mia, inizia a tartassarlo di domande su Calum. E’ fortemente convinta che possa mettere una buona parola su di lei. Quando sentii questa affermazione testuale da parte di mia sorella, scoppiai in una risata isterica; dopo essermi calmata avevo obiettato precisando che probabilmente Calum non sapeva nemmeno dell’esistenza di questa ragazzina aka presidente del club Calum Hood lovers, ma lei mi aveva zittita ficcandomi la prima cosa che aveva tra le mani in bocca. La sua fascia per capelli.
Comunque, vi risparmio la scena in cui lei inizia a parlare e parlare e parlare - mettendo il mio amico in evidente imbarazzo - e passiamo direttamente al solenne arrivo di Slav in cucina. 
Stiamo mangiando stranamente in silenzio. Le opzioni sono due: il cibo è troppo buono, o nessuno ha voglia di raccontare la sua penosa giornata scolastica. Sto ancora pensando a cosa dovrei dire a Rich una volta che potrò parlargli in privato di quella cosa. Insomma, devo ammettere che sono più in ansia che mai. E non ci sto ancora parlando. Mollo la forchetta sul piatto, producendo un rumore fastidiosissimo.
«Mh… Com’è andata la giornata, Page?» chiedo mentre mi stiracchio. Lei alza gli occhi dal piatto e mi guarda. «Bene» pronuncia annoiata, iniziando a percorrere con la punta del dito il bordo del bicchiere di vetro. Che allegria. La voce di Richard mi fa sobbalzare. «Uh, Slav, hai sentito ch-»
Lo blocco immediatamente. «Non parlare! Ti prego, sto cercando di memorizzare il momento in cui per l’unica volta nella sua vita ha la bocca chiusa» strillo afferrando involontariamente l’avambraccio del mio amico. Appena me ne accorgo, levo la mano. Vedo sia Slav che lui alzare gli occhi al cielo, mentre mia sorella ride sotto i baffi. Ogni tanto Page è utile, devo dire.
«Se proprio devi parlare Rich, dimmi che fine hai fatto stamattina dopo l’ora di algebra» proseguo indisturbata, alzandomi dalla sedia per portare il mio piatto nel lavello. Si mette sull’attenti e posa la forchetta nel suo piatto. 
«Avrei voluto dirtelo, ma mi hanno praticamente trascinato via» dice prima di lasciarsi andare contro lo schienale della sedia. «Essendo io presidente del gruppo di attività scolastiche - piccolissima parentesi. Si, Richard è presidente di quel ridicolo club da quest’anno, e non può fare altro che esserne fiero. Lo costringe ad assentarsi il più delle volte e a saltare delle ore di lezione per occuparsi di assemblee e cose varie. Ed ecco il motivo per cui è sparito dalla circolazione questa mattina - sono stato costretto a partecipare ad una riunione che hanno organizzato all’ultimo minuto» inizia gonfiando il petto. Alzo un sopracciglio nel tentativo di capire dove vuole arrivare.
«C’è qualche novità?» chiede Slav, continuando ad ingozzarsi. Il mio amico le fa un occhiolino.
«Assolutamente. Il gruppo sta organizzando una bella festa scolastica. Stiamo pensando di collocarla in un posto molto particolare, non nel solito hotel da quattro soldi o a casa di Cooper»
Arriccio il naso. «Ray Cooper dava delle feste grandiose» protesto ricordandomi delle fantastiche feste in cui c’erano dei giochi di intrattenimento diversi da obbligo o verità, o altre cose che mi danno il voltastomaco. 
«Mh, ma quest’anno vi assicuro che sarà completamente diverso» sorride malizioso. Beh, speriamo bene. Le feste che organizza la scuola solitamente sono penose, ma dall’arrivo di Rich tutti pregano che cambi qualcosa. E cioè che non sia la solita palla mortale.
«Ce la farai Rich» gli assicuro mentre mi sporgo per prendergli il piatto e riporlo nel lavello. Mi afferra un passante del jeans e lo tira scherzosamente per ‘ringraziarmi’. Richard è sempre stato un ragazzo decisamente troppo affettuoso; o almeno ha un modo tutto particolare per dimostrarlo.
«Certo che ce la farà» si intromette ovvia quella rompipalle di Slav. La ignoro.
«Oh Cali, ora che ci penso, cosa volevi dirmi a scuola?» chiede Rich voltandosi verso di me. Mi blocco sul posto.
Ho ancora il piatto ed il bicchiere in mano, ma non riesco a fare altro che deglutire e lanciarli, quasi, nel lavello, rischiando persino di romperli.
«M-Magari ne parliamo dopo» rispondo balbettando come una perfetta idiota. 
«Sembrava abbastanza urgent-»
«HO DETTO CHE NE PARLIAMO DOPO» 
Tutti e tre spalancano gli occhi, spaventati; poi Rich alza le mani innocentemente e sussurra un “okay”.
Anche se sono convinta che sia solo una mia impressione, credo che questa faccenda di Hemmings e il suo ciuffo biondo mi stia leggermente sfuggendo di mano.
***

Porto una patatina alle labbra e la mordo, irritandomi non appena il solito ‘crack’ dei miei stessi denti rimbomba nelle orecchie come un martello pneumatico, impedendomi così di sentire ciò che trasmette la televisione. Impreco in aramaico. Sono sola in casa: Slav è uscita con una sua collega di lavoro barra zoccoletta, per bere un caffè barra troieggiare in centro, Page è a ripetizioni di chimica da un suo compagno di classe e infine Rich è andato via poco fa. Se ve lo state chiedendo, sì, abbiamo parlato e no, non è andata bene per niente. Il mio amico è rimasto per dieci minuti d’orologio a fissarmi con la bocca spalancata non appena ho confessato la mia penosa infatuazione, per poi scoccare la lingua al palato e dire “ma Hemmings è un imbecille”. Ora, tralasciando la parte in cui gli è arrivato un cuscino nello stomaco e quella in cui ho cacciato Slav che cercava di origliare dal corridoio, la conversazione è stata principalmente secca. Sono arrivata dritta al sodo e ho chiesto a Rich di dirmi qualcosina su di lui. Ovviamente si è rifiutato perché mi ritiene “davvero troppo vergine per quei quattro coglioni cronici”. A quanto pare crede che mi farei volentieri mettere i piedi in testa da un metallaro solo perché ha quel bel faccino: perché beh, ha capito benissimo. Al che l’ho supplicato, fino a quando non mi ha rivelato che Luke è l’unico di loro che non dice assolutamente niente a proposito della sottoscritta. Alle spiegazioni che ho chiesto riguardo a questa dolorosa scoperta, Rich ha risposto con un sincero “Luke non commenta praticamente mai, tranne per quella volta in cui sottolineò il fatto di volersi portare a letto Slav”. In quel momento il mio povero cuore è ceduto completamente, frantumandosi in mille pezzi. Fortunatamente lui è andato via, così ho potuto dare libero sfogo al pianto che avevo trattenuto dal momento in cui ho sentito le parole “Slav”, “letto” e “mai”. Non sono certa di aver mai vissuto una cosa del genere, ma sta di fatto che mi preoccupa, e non poco. Cioè, sono abituata ai ragazzi che notano prima la bionda invece che me, ma sicuramente non potevo veramente aspettarmi che… che… non lo so. L’unica cosa che so è che sono a pezzi. Per questo sto affogando i miei dispiaceri nelle patatine (mamma dovrebbe essere fiera di me) e in The Big Bang Theory. Comunque, vedendomi sull’orlo di una crisi, Richard ha concluso il discorso dicendo che avrebbe fatto il possibile per in qualche modo elogiarmi davanti al suo strambo gruppo di amici. Sono stata restia rispetto a questo, ma ho accettato lo stesso. Cos’ho da perdere? Sento già lo stomaco che ribolle al pensiero di Richard che parla di me davanti a lui. Insomma, è davvero una situazione imbarazzante, e d’altra parte non sono mai scesa così in basso per un ragazzo. Sospiro pesantemente e mi sistemo sul divano, stringendomi nella coperta di lana che ho addosso. Dopotutto non potrò mai scendere più in basso di Slav, penso. E poi Luke è bellissimo. Sobbalzo quando la maniglia della porta si abbassa di scatto. Mi volto e vedo Page e Richard rientrare.
Mi acciglio. «Cosa ci fai qui, Rich?» 
Scompiglia un po’ i capelli di mia sorella. «L’ho trovata per strada mentre stava tornando a casa e le ho dato un passaggio» risponde pacato, mentre lei sghignazza. Lei mi da un bacio sulla guancia e vola di sopra, facendo gli scalini tre a tre manco fosse la Ferlito. La guardo sprizzare eccitazione e felicità da tutti i pori.
«Guarda che io non sono contraria alla marijuana, ma non credi che mia sorella sia un po’ troppo piccol-» non faccio in tempo a finire la frase che Rich mi scoppia letteralmente a ridere in faccia, mettendo una mano sulla pancia.
«Non capisco che hai da ridere» commento impassibile, tornando a interessarmi alla nuova puntata della mia serie preferita.
«Non ho fatto fumare tua sorella. Abbiamo solo incontrato Calum e gli altri al parco. Dovevi vedere la faccia di Page quando gliel’ho presentato!» esclama lui ridendo, gettandosi a peso morto sul divano accanto a me. Alzo un sopracciglio.
«RICHARD!? - urlo - Cosa ti salta in mente? Mia sorella e quel-, mio Dio, sei pazzo?» gesticolo animatamente. Non posso credere che l’abbia fatto. Calum Hood è già abbastanza inquietante di suo, se poi ci mettiamo anche le canne che si fa giornalmente e le ragazze che si porta a letto non ne usciamo!
«Rilassati Cali, li ho solo presentati» risponde lui prendendo una patatina dalla scodella che ho sulle ginocchia. 
Ho un occhio largo quanto la circonferenza del culo di Nicky Minaj e l’altro grande quanto il raggio di un elettrone.
«M-ma i tuoi amici sono…»
«Hey, ma non eri tu quella pazza di Hemmings? Non mi sembri nella posizione per dire a tua sorella di lasciar perdere uno di quelli» distende le gambe e si sistema meglio sul divano.
Non è per niente divertente, Sparks. Borbotto un “fanculo” e mi alzo. Beh, ha ragione. Non sono nella posizione di far si che Page non “frequenti” Hood (ammesso che lui la ritenga accettabile). E poi io non sono pazza di Hemmings! Raggiungo a passo di bradipo la cucina e, poggiandomi di spalle al lavello, lego i capelli in uno chignon disordinato da cui non possono evitare di uscire ciuffi ricci. Sembro una perfetta barbona così. Lavo le mani e le asciugo con un panno. Nel frattempo sento il campanello trillare, e già so che mia sorella non ha intenzione di scendere le scale per adempiere ad uno dei suoi miseri compiti che le affibbio e Richard non si alzerà mai dal divano. Così, con tutta la buona volontà che ritrovo (non so come) in me stessa, percorro il corridoio e vado ad aprire la porta. Quando realizzo chi posteggia sul mio decisamente troppo californiano portico, mi blocco. Prima è meglio se vi fornisco una panoramica del mio look e dei miei capelli: sono in tuta, una tuta molto imbarazzante – blu scuro, con una canotta bianca – calzini gialli antiscivolo che sostituiscono le mie sperdute pantofole e, come ho detto prima, una cipolla bionda in testa. Ah, ho anche l’asciugamano in pieno stile casalinga in mano. Credo di non avervi ancora detto chi ha suonato al campanello. Clifford my little pony mi sorride - ghigna - e si passa una mano tra i capelli. Dietro di lui c’è quel maledetto tipo con la bandana di cui non ricordo mai il nome. Sono passati quasi cinque minuti di orologio, e io ho ancora un enorme cipiglio sulla fronte. Getto l’asciugamano alla mia destra, probabilmente è finito sulla testa di Rich, ma poco mi interessa dato che due dei più strambi e pervertiti ragazzi della mia scuola hanno bussato alla mia porta. Tutto questo silenzio è imbarazzante.
«Salve, c’è Rich?» chiede cortesemente lo strambissimo. Ha cambiato colore di capelli? Ora sono rosso fuoco. Sono tentata dal chiedergli cosa lo spinge a tingersi i capelli, ma forse devo decidere cosa fare. Così mi trovo davanti a tre scelte: urlare, chiudere la porta e chiamare il 911; rimanere ferma immobile mettendo in scena una paralisi facciale; rispondere e fare la cortese.
«Ehm… Ciao. Rich è dentro» rispondo titubante. Ciao. Ciao. Non può esserci davvero un saluto migliore di un imbarazzante e andicappato ‘ciao’. Neanche mia cugina Lexy saluta così. 
‘Cos’ha di male il ciao?’, zitta vocina interiore scassa palle. Gli apro di più la porta, permettendogli di entrare. Michael coso Clifford mi rivolge uno sguardo ammiccante ed entra, mentre quel tipo lì rimane fuori, nel tentativo di gridare di sbrigarsi a qualcuno in lontananza. Mi affaccio leggermente dall’uscio e vedo il ragazzo con la bandana che ride in un modo stranissimo; quando inizia ad incamminarsi e mi fa un sorriso per poi entrare, riesco a intravedere chi sta camminando a passo svelto verso casa mia.
Datemi una L, datemi una U, datemi una K, datemi una E. Anzi, datemi un altro polmone perché in due non ce la fanno. Cammina, cammina velocemente. Verso casa mia. Casa mia. Ho la tachicardia, e so già che sono rimasta in piedi, sull’uscio con una faccia da completa deviata cronica. Perché. Loro. Sono. A. Casa. Mia? Raggiunge il mio portico, sale i quattro scalini che precedono l’ingresso, e mi si para davanti. Nell’arco di questi quindici secondi in cui tutto è accaduto, il mio stomaco è stato bombardato da Bin Laden in stile 11 settembre, il pancreas e il fegato si sono scambiati di posto, e infine il mio cuore è scivolato molto lentamente e dolorosamente in un buio abisso. Fino a quando non è risalito d’un botto perché quei bellissimi occhi azzurri si sono posati su di me e mi guardano interrogativi. Ah già, e il mio corpo è ancora in stato ‘off’. Sotto shock e completamente stordita, apro la porta anche a Brad Johnny Bomer. Lui alza un angolo di quella bocca perfetta in una sottospecie di sorriso dimezzato ed entra, biascicando un “ciao”. Oh Dio. Mi ha detto ciao. Lo ha detto a me, California Pierce. Luke Hemmings mi ha detto ciao. Senza che io l’abbia costretto o gli abbia puntato contro una pistola. Senza che… Un attimo, sto divagando. Chiudo la porta, rendendomi conto di non aver risposto al suo perfetto saluto completo di ‘sorriso’. Chissà perché, da lui il ciao esce meravigliosamente. Ora mi sento Page, devo smetterla sul serio. Vedo Rich alzarsi dal divano e dare forti pacche sulle spalle ai suoi amici, coloro che fino a poco tempo fa erano definiti ‘innominabili’ da me stessa. Dovevo pur trovare un nomignolo da affibbiare loro per non rischiare di essere colta in flagrante. Sto ancora cercando di realizzare che tre degli amici di Richard sono qui, e che tra questi c’è uno dei più bei ragazzi che io abbia mai visto in vita mia, se non il più bello, ma la voce del moretto interrompe i miei pensieri.
«Credevo non avreste trovato la strada» dice con molta naturalezza. Troppa naturalezza. Il mio cervello elabora tutto e sforna la brillantissima intuizione che li abbia invitati qui di proposito, senza avermi detto niente. Ho una gran voglia di tirarlo per le orecchie e prenderlo a sprangate nelle gengive, non solo perché loro sono a casa mia, ma perché sono vestita come una disgraziata che vive sotto i ponti e vive di elemosine, con questa cipolla in testa e i calzini gialli antiscivolo. Così, sono ancora impalata nell’ingresso di casa, con i pugni stretti.
«Vorresti rimanere lì tutto il giorno, genio?» se fossi in te, caro il mio Richard, starei molto ma molto attenta alle parole.
Faccio un lungo sospiro, e mi preparo per un lungo, lunghissimo pomeriggio in balìa di Rich e la sua pazza gang degli innominabili.






 
SIMMER DOWN, SIMMER DOWN!


Oddio, salve ragazze!
Lo so, SCUSATEMI! OMG ho voglia di fucilarmi e seppellirmi da sola, senza magia, come Dobby l'elfo libero. No, non merito nemmeno la sepoltura di Dobby tanto faccio schifo. E poi il capitolo è orribile, mi fa schifo, non succede niente di eclatante e vaffanchiulo.
Mi odio, profondamente.
Okay, lanciatemi addosso pomodori, acciughe, lattuga e magari tutte le padelle che avete in casa.
MI SCHIFO.
Non pretendo niente da voi oggi, come potrei?
Basta autocommiserazione, dios.
Non ho molto da dire, devo scappare e ho fatto in tempo solo a farmi schifo da sola, per cui, spero che non mi mandiate a fanculo e continuiate a seguirmi.
Io scappo, fuggo, volo!
Adieu.


AAAAAAAH IL BANNER FA CAGARE I PICCIONI, PERDONATEMI

Moltissimi baci,
Au.

 
  
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