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Autore: mattmary15    05/01/2015    1 recensioni
Aeris chiuse gli occhi celesti e allargò le braccia prendendo un respiro. Lo sentiva. Non era più sola. Tra lei e l’ombra, preannunciato da un poderoso battito d’ali, comparve Bashenian.
Lei aprì gli occhi e sorrise, sinceramente estasiata dalla bellezza della creatura. Bashenian era la bestia sacra di Strifen, il suo regno. Il mito narrava che fosse nato dalla preghiera di Serian, il canto che diede vita al creato. Il grifone atterrò nel suo nido e chinò il capo verso di lei affinché potesse ricevere una carezza. Aeris non si capacitava mai della maestosità di quell’enorme animale magico. Le sue piume erano morbide e dotate del potere di alleviare il dolore. I suoi occhi avevano lo stesso colore del cielo, più chiari nelle giornate assolate e ingrigiti in quelli di pioggia. Il corpo possente metà aquila e metà leone, era interamente piumato. Con due colpi di coda plaudì alle carezze di Aeris e si accoccolò nel nido.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo III
-Un misterioso messaggero-

 

Un fulmine squarciò il cielo e il cavaliere annusò l’aria.
“Non pioverà, per ora. Acceleriamo il passo comunque Saltafosso, Varcoghiaccio non è lontano.” Disse rivolgendosi alla propria cavalcatura carezzandogli il manto. Si tirò il cappuccio verde fin sopra gli occhi. Era buio e non un’anima viva attraversava Erbaverde. Il ramingo si augurava che neanche gli spettri avessero voglia di andarsene in giro quella notte.
Ormai si spostava solo al calare del sole. Di giorno le vie principali erano troppo affollate per i suoi gusti. Si trovava qualche angolo di mondo dimenticato dagli uomini e si accampava. Ogni sera, al tramonto, raccoglieva le sue poche cose e si rimetteva in viaggio. Ovunque stesse andando. Quasi sempre da solo. Di tanto in tanto incontrava un altro cavaliere della sua razza. Faceva poche chiacchiere con lui, giusto le necessarie ad acquisire informazioni sempre utili, poi riprendeva la propria strada da solo. Sapeva per certo che gli sarebbe sempre bastato un fischio per radunare uomini come quelli. Uomini sperduti per le vie del mondo dopo che la loro casa era stata distrutta. Cavalieri di unicorni che avevano abbandonato le terre della Doreria per non assistere allo strazio di vedere Torreterra abbattuta. Uomini erranti guidati da fili invisibili in cerca di una sola cosa: vendetta. Uomini che, se riuniti sotto il vessillo della Doreria, avrebbero ricostituito la più grande cavalleria di Aeria. Una cavalleria obbediente ad un solo uomo, quello che adesso si era tirato il cappuccio fin sugli occhi e si era lanciato al galoppo per raggiungere Varcoghiaccio.
Mars Hornet sentiva l’aria farsi sempre più pungente mano a mano che saliva l’ultimo tratto della via dei commercianti. La neve costeggiava il tratto di terra battuta e diventava sempre più spessa mano a mano che si saliva il crinale della montagna.
Com’era selvaggia quella terra, pensava Mars sorridendo. Gli somigliava. Desolata, fredda, non ospitale e difficile da conquistare. Eppure forte, capace di resistere persino alla grande ombra, imperitura.
C’era stato un tempo in cui Mars era stato capace di amare, provare gioia e dolore per le piccole cose. Poi aveva scoperto fin quanto la brama di potere fosse in grado di ordire trame e inganni e potesse sacrificare amore e famiglia in cambio di oro e ricchezza. In un solo giorno aveva perso il padre, la madre, la sorellina e la persona che amava di più al mondo. A quel pensiero si toccò il viso. La guancia sinistra sfregiata. Il segno indelebile della sua disgrazia. Allontanò quei pensieri e toccò il rotolo di carta pergamena che portava sotto il mantello.
In lontananza intravide l’arco di ghiaccio perenne modellato dai Darine quando il loro popolo era considerato il più antico e saggio di Aeria. L’intero arco raffigurava un drago. Le zanne della bestia mordevano la colonna sinistra dell’arco che rappresentava un albero. Il corpo squamato si arcuava a tutto sesto e la coda terminava avviluppata ad una spada che fungeva da colonna destra. Uno spettacolare monumento alla grandezza di un popolo svanito. Tirò su col naso e diede uno strattone alle briglie di Saltafosso. L’animale, docilmente, si fermò. Scese da cavallo e l’attraversò a piedi con la bestia al seguito. Un segno di rispetto. Alzò lo sguardo poco più su. Incastonato nel fianco della montagna ghiacciata, stava il villaggio dei Nagrod. La sua destinazione finale. I Nagrod, un tempo, erano stati i difensori di Varcoghiaccio. Nessuno attraversava l’arco se non con il loro permesso. Erano i primi difensori di Zarandal. Vassalli dei Darine e da loro rispettati come alleati. Ora non c‘era più nulla da difendere.
Mars sciolse Saltafosso e gli sussurrò qualcosa in un orecchio. La bestia si fermò placidamente in una radura, in attesa. Lui bussò ad una pesante porta in legno. Qualcuno, dall’altra parte, aprì uno spioncino. Dopo un’istante la porta si aprì. Mars non si abituava mai a vederli, i possenti uomini bestia. Un incrocio tra i tratti degli Aerian e quelli dei lupi. Gli avevano raccontato che, quando nascevano, erano in tutto e per tutto simili ai cuccioli di lupo. Crescendo tuttavia, cominciavano ad assumere la posizione eretta e la loro testa assumeva la conformazione umana. Il naso restava quello di un animale, forse perché utile, e le loro mani mantenevano duri artigli. I piedi restavano invece simili alle zampe dei lupi. Non avevano rivali nella corsa. Il pelo, lentamente, si accorciava ma non cadeva mai e il colore del manto cambiava in base alla loro età. I cuccioli erano quasi tutti dal pelo blu scuro. Gli adulti a volte diventavano neri oppure rimanevano di un blu più chiaro. I Nagrod più anziani erano grigi.
Quello che gli aveva aperto la porta, doveva essere giovane poiché aveva il pelo di un bel blu cobalto. Solo la cresta era colorata di rosso. Era un guerriero, dato che solo ai guerrieri era concesso di colorare il pelo del capo.
I Nagrod parlavano una lingua che, in Aeria, non conosceva quasi più nessuno. Mars lo seguì fino ad una tenda color sabbia. Il guerriero rimase fuori, Mars entrò e fece un cenno del capo.
Il capotribù si chiamava Naro. Benché fosse il più anziano dei suoi, il suo pelo non era ancora ingrigito e manteneva una tonalità di azzurro scuro. Al collo portava decine di catenine d’argento e oro cui erano incastonate pietre preziose, una per ogni nemico di valore ucciso in battaglia.
Naro lo fissò con i suoi occhi scuri e  Mars parlò.
“Sono un messaggero di Cattedra. Porto notizie da consegnare al più nobile tra voi.” Non aggiunse altro. Naro si alzò e lo condusse di nuovo fuori. Salirono ancora lungo il crinale della montagna, stavolta a piedi.
Arrivarono ad un’altra porta di legno e ferro battuto. Naro l’apri lentamente e fece segno a Mars di entrare. Il ragazzo lo fece e sentì la porta chiudersi alle sue spalle. Di Naro non c’era più traccia. Mars sentì il vento gelido del nord colpirgli la faccia. Aveva pensato di entrare in una stanza e invece si era ritrovato in una sorta di rudere. Un tempo, ormai remoto, quella doveva essere stata la stanza di un palazzo importante. Evidentemente doveva essere crollato. Ciò che ne rimaneva era un pavimento di pietre nere e un arazzo su di una parete. Non c’era più tetto. La grande ombra che si agitava nel cielo faceva da tetro soffitto. Un fuoco basso ardeva in un angolo sul pavimento. Sul lato della stanza che dava sul dirupo, se ne stava, fermo, un uomo di spalle. Era alto e vestito con abiti pesanti.
Mars fece un paio di passi e si inginocchiò senza parlare. Allungò solo la mano con cui teneva il messaggio. L’uomo dai capelli corvini rimase a fissare il cielo nero senza voltarsi.
“Un messaggero?” disse piano “Porti un rotolo con il sigillo di Cattedra giungendo dopo aver cavalcato di notte, senza armatura, senza paura per i Nagrod, senza timore d’essere giunto ai confini del mondo?” Mars non rispose. Inginocchiato, col cappuccio tirato sulla testa, guardando verso il basso, sorrise.
D’improvviso, l’uomo si voltò e lui si ritrovò una lama puntata contro la gola. Ancora non si mosse.
“Vestito come un ramingo, non sei un messaggero di Asaline. A chi hai rubato il messaggio che porti? Che fine ha fatto il vero messaggero?” Mars sollevò un poco il mento seguendo il movimento della punta della spada e parlò.
“Dorme in una taverna di Lindon. Felice per non dover guardare la tua brutta faccia da lupo!”
L’uomo fece passare la punta della lama dal collo al cappuccio del cavaliere e l’uso per gettarglielo all’indietro. Sorrise e abbassò la spada.
“Mars Hornet. Non potevi che essere tu.” Disse porgendo il braccio all’altro il quale l’afferrò e l’usò come leva per alzarsi. Si abbracciarono, sinceramente felici di rivedersi.
Mars afferrò una delle poltrone abbandonate vicino alla parete e la trascinò vicino al fuoco. Si scosse gli stivali pieni di neve e avvicinò la pianta dei piedi al fuoco.
“Dea che freddo! Come fai a startene in questo posto?”
“Ci sono abituato.”
“Sarà! Vedo che ti sei sistemato con tutte le comodità!” Disse sarcasticamente alludendo al fuoco, alla poltrona e ad un piccolo tavolo su cui stava un candelabro e una bottiglia di vino rosso “Un altro bicchiere ce l’hai o mi verso da bere in uno dei teschi che usi per adornare la camera?”
Il ragazzo indico una sorta di scrittoio su cui stavano un altro bicchiere e due piatti.
“Ci sono anche i piatti? Peccato per il soffitto, altrimenti sarebbe la dimora degna di un re!”
A quelle parole l’uomo guardò per terra. Mars comprese che forse aveva toccato un tasto dolente e cambiò discorso.
“Il messaggero è falso, ma il messaggio è vero. Girovagavo per Lindon due giorni fa e cosa vedo? Un manipolo di messaggeri di Cattedra. Tanti insieme non li avevo mai visti. Pensa che uno di loro cercava informazioni sul signore degli unicorni! Ci pensi? Andava chiedendo per il mercato di Lindon come se qualcuno potesse rispondergli che, in effetti, un paio di giorni prima era passato da quelle parti il conte decaduto della Doreria e che forse poteva trovarlo in una taverna a bere placidamente! Idioti. Un branco di idioti. Fuori da Lindon hanno proseguito per il crocevia. Giunti li, si sono divisi. Io ho seguito quelli che andavano a sud dato che il messaggero che in realtà cercava me ha proseguito in quella direzione. L’idiota andava davvero a Torreterra credo. Quando si è separato dagli altri due, l’ho affrontato e mi sono fatto dare il messaggio. Non mi andava di inseguirlo fin lassù.” Disse ad un certo punto con un velo di tristezza negli occhi. L’altro gli porse il vino. Mars se ne versò un bicchiere e proseguì. “Quando ho letto il contenuto del messaggio, ho capito che uno degli altri messaggeri stava venendo qui, così l’ho raggiunto e ho preso il suo posto. Era da un po’ che non ti vedevo e volevo sapere come te la passi.”
“Tutto qui?” Rispose l’altro guardando il proprio bicchiere.
Mars sorrise. Era proprio vero che non poteva nascondergli nulla. Lo conosceva da davvero troppi anni. Da bambini non avevano avuto modo di frequentarsi nonostante il legame di parentela ma, quando lui aveva perso tutto e aveva desiderato solo un luogo dove andare a seppellirsi, il cugino lo aveva accolto tra quelle montagne gelide dandogli il rifugio più gradito che avrebbe potuto trovare.
“No, non è tutto qui. Nell’ultimo periodo non mi sono occupato solo degli affari miei. Asaline ha convocato il supremo consiglio dei due Troni. Non ero a Lindon per caso. Un’altra persona mi aveva commissionato di tenere d’occhio i movimenti della sacerdotessa.”
“Chi?”
“Qualcuno alla corte di Vetta Azzurra.”
“Da quando lavori per l’imperatore?”
“Non per l’imperatore. Te l’ho detto un mucchio di volte. I nemici dei miei nemici sono miei amici. Credimi, l’unico che può privare i Valente dei loro sporchi diritti, è Aeris Strifen.”
Nell’udire quel nome, il cuore del ragazzo del nord ebbe un sussulto. Aveva sentito dire molte cose del principe imperiale. Era dotato del potere di leggere la mente, era bellissimo, sapeva maneggiare la spada con una maestria impareggiabile. Aveva poi sentito dire che era malato e che non lasciava il palazzo poiché non poteva camminare, forse era deforme. Qualcuno sosteneva che avesse le ali come quelle di un angelo.
Di vero c’era solo che era figlio di Kalendis Strifen e che possedeva l’ala di nuvola, l’unica arma in grado di distruggere la grande ombra che opprimeva Zarandal.
Si voltò di nuovo verso il vuoto. Chi sapeva, oltre Varcoghiaccio, cosa c’era veramente sotto quella nuvola nera? Chi sapeva la verità sugli yomi? Chi, come lui, aveva allungato lo sguardo verso Tesla per scoprire una città pietrificata? Tornò verso lo scrittoio e rilesse una vecchia pergamena sporca di sangue.
“L’oracolo di Serian ha parlato:  questo bambino verrà strappato alla sua terra ma non perirà. La forza nelle sue vene è rossa e nera. In essa è celata la chiave del destino di Tesla. Dovrà sottomettere il drago e sconfiggere il suo nemico nello specchio. Nulla potrà se non per il sangue dell’ultima principessa alferian. Da esso germoglierà la nuova vita.”
Mars lo osservò pensieroso e lo raggiunse allo scrittoio.
“Cosa c’è?”
Il ragazzo ripose la pergamena e lo guardò dritto negli occhi.
“Cosa dice il messaggio?” chiese a Mars.
“E’ stato convocato il consiglio supremo. Lord Naro è stato convocato in qualità di rappresentante di Zarandal dato che i Darine sono estinti. Tuttavia, Lady Asaline, chiede la presenza di un interprete poiché sostiene che, in tutta Cattedra, non esiste alcuno che parli la lingua dei Nagrod. Immagino che si riferisca a te. Orsù dunque” fece Mars scimmiottando un ciambelliere di corte “levati questi panni da nobiluomo del nord e calati quelli del ramingo, così potrai lasciare questo orrido luogo e godere delle splendide aule di Cattedra!”
“Era solo una questione di tempo prima che mi chiamasse a servire i suoi scopi. Immagino che vorrà il voto di Zarandal per la sua causa. Altrimenti perché convocare gli uomini bestia? Nessuno, a quella corte, sarà lieto di vederli. Poteva esercitare lei stessa il voto del nord. Evidentemente non vuole contrastare ufficialmente Strifen. Farà fare il lavoro sporco a Naro.” Disse l’uomo rabbuiandosi ancora di più.
“Allora fa come me. Il nemico del tuo nemico, potrebbe esserti amico?”
“Io e Strifen dalla stessa parte?”
Mars sorrise e la cicatrice sul suo zigomo sinistro gli fece assumere un’espressione tra il crudele e il compiaciuto.
“Era questo il tuo scopo fin da quando sei entrato da quella porta.”
Mars gli diede le spalle e parlò guardando l’ombra scura che sembrava volersi allungare su di loro.
“Al consiglio ci sono sette sedute: l’imperatore, la somma sacerdotessa, il viceré , il generale supremo, il conte di Doreria, il maresciallo delle isole Maras e il Lord dei Nagrod.
Qualunque sia il tema della convocazione, da un lato c’è l’imperatore e dall’altro il  generalissimo. Tutti sanno che disprezza apertamente il giovane Strifen. La sacerdotessa si metterà dalla sua parte e così il viceré che è suo cugino. Di conseguenza io voterò per Strifen. Sarò morto prima che qualcuno mi conti dalla stessa parte di Valente. Di certo anche il vecchio maresciallo di Maras starà dalla parte dell’imperatore contro il Viceré. Quel bastardo si è rimangiato la parola di Kalendis Strifen e non ha più concesso l’autonomia governativa alle isole. Sono anni che la questione è sospesa.  Tre contro tre. Il voto di Naro sarà decisivo.”
“La sacerdotessa si aspetta riconoscenza per aver lasciato ai Nagrod Varcoghiaccio vent’anni fa.”
“Se è per questo la sacerdotessa spera che Strifen si dia malato anche questa volta così potrà nominare un nuovo imperatore! Vuoi indovinare il possibile successore?”
“Il sangue chiama sangue, Mars. Il gioco che stai facendo è rischioso. Io e Strifen non potremo mai stare dalla stessa parte. Sarai chiamato a scegliere ad un certo punto.”
“Il sangue è sangue. Lasciami vedere scorrere quello di Valente e poi non avrò più bisogno di scegliere.”
“Chissà se chi ti ha ingaggiato a Vetta Azzurra sa davvero quanto tu sia pericoloso.” Concluse l’uomo guardando fuori. Albeggiava. Mars lo affiancò e gli diede una pacca sulla spalla.
“Lo sa, credimi.”
“E sia.” Fece l’altro impugnando di nuovo la spada “il nemico del mio nemico sarà mio amico, anche se per un po’. In fondo ho voglia di ricambiare tutte le premure che Lady Asaline mi ha riservato in tutti questi anni.” Concluse ironicamente.
Il sole illuminò per un istante i loro volti poi, come se l’ombra ne fosse stata gelosa, coprì con il suo nuvolo quei timidi raggi rigettando lo spuntone di roccia nell’oscurità.

  
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