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Autore: Meahb    20/11/2008    4 recensioni
Fino a che punto si spinge l’amicizia? Qual è la linea di confine tra amicizia e amore? E cosa succede quando il destino è convinto che due persone sono destinate a stare insieme, costi quel che costi?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IN THE MIDDLE OF THE NIGHT




I know I’m searching for something
Something so undefined
That it can only be seen
By the eyes of the blind
In the middle of the night”

 

Billy Joel, ‘In the Midlle of the night”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Galway, Marzo 1997

 

 

Respirò profondamente un paio di volte, quindi lentamente riaprì gli occhi.

La costa si stagliava meravigliosa di fronte a lei che, improvvisamente, si sentì piccola e sperduta.

Era questo l’effetto che la sua terra le faceva da sempre. La riempiva di energia e, nello stesso tempo, le faceva capire di essere un piccolo granello in mezzo ad un’immensa spiaggia. Poco male…anche se piccola, aveva l’audacia di un leone.

Ridacchiò.

Orlando, poco prima che partisse per tornare a casa dai suoi, le aveva detto che in una vita passata doveva essere stata una pantera o qualcosa del genere.

Sul serio Bee”, aveva detto, “Fatti crescere le unghie di un paio di centimetri e potresti tranquillamente passare per un animale della foresta!”.

A quella battuta, lo aveva sbattuto con poca gentilezza sul divano, gli era saltata sopra e lo aveva preso a cuscinate per almeno dieci minuti.

Lui si muoveva, si girava, rideva e tentava di ripararsi con le mani.

Avevano riso come pazzi, quel giorno.

O meglio, loro due ridevano quasi sempre come pazzi. Ogni scusa era buona per pungolarsi, sfottersi e finire inevitabilmente a battibeccare per ore ed ore.

Com’era cresciuto quel rapporto…

Si erano incontrati a sedici anni, poco più che bambini. Avevano attraversato insieme l’adolescenza, passando oltre ad amori difficili, storie impossibili e sogni ambiziosi.

Avevano lottato per arrivare dov’erano e avrebbero continuato a lottare per arrivare ancora più in alto, imparando giorno dopo giorno a volare senza aver paura di cadere a terra.

E dire che di ferite ne avevano collezionate a sufficienza, ma in ogni caso, erano entrambi consci di doverne collezionare ancora altre.

E in quegli anni, passo dopo passo, giorno dopo giorno, Abaigeal aveva imparato ad amare quel buffo ragazzo con tutta l’anima.

Era come il punto fermo che fissi quando cominci a ruotare vorticosamente su se stessa. Una certezza.

Una costante.

Era sicura al cento per cento che non avrebbe mai amato nessuno come amava lui. Semplicemente perché quello non era un amore convenzionale. Non era l’amore normale di cui tutti, in giro, si riempivano la bocca. Il loro era l’amore affettuoso di un fratello e una sorella, l’amore divertente di due amici che crescono insieme, l’amore solido di due persone che con il tempo avevano imparato a conoscersi profondamente. L’amore consapevole di due ragazzi che litigavano di continuo, che avevano ricorrenti divergenze ma che, nella loro infantilità, riuscivano anche ad appianarle parlando e parlando e parlando ancora.

Abaigeal considerò che non aveva mai parlato con nessuno come parlava con Orlando. Fin dall’inizio della loro amicizia, era stato naturale intavolare conversazioni sugli argomenti più astrusi. Già da quella mattina al bar.

La mattina in cui Orlando aveva letto un pezzo di se stessa senza essere autorizzato. In seguito non era mai più accaduto. Ogni volta che lui trovava in giro qualche foglio scritto, le chiedeva sempre il permesso di leggerlo. Bee trovava tenero quel pudore. In ogni caso, Orlando conosceva a memoria i suoi pensieri, perciò non ci vedeva nulla di strano se a leggere le sue parole era lui. Era un po’ come se a leggere fosse un’altra parte di se stessa.

Con una punta d’ansia si chiese se, con il tempo, quell’amicizia così fraterna potesse essere incrinata dalla classica elettricità che si scatena tra uomo e donna. Non erano più bambini, adesso. Erano adulti.

Avevano ventuno e venti anni e, si sa, a quest’età certi malintesi possono crearsi.

Corrugò la fronte, cercando di scacciare quel pensiero così scomodo.

Balle!

Aveva sempre detto che lei ed Orlando erano fuori dal mondo, che non potevano essere classificati in nessuna delle etichette che la società moderna aveva inventato perciò non c’era da preoccuparsi. No davvero!

Aingeal!” , la chiamò suo padre, facendosi strada per raggiungerla.

Athair!”, rispose lei sorridendo.

Kevin si guardò intorno, quindi scelse una parte dello scoglio più levigata delle altre per sedersi.

“Cosa fai, bambina?”, le domandò.

Bee si strinse nelle spalle, “Guardavo il panorama e riflettevo un po’ sulla mia vita”.

Kevin annuì con un sorriso, “E’ stato sempre il tuo posto preferito questo”, osservò in basso, “C’è ancora la tua barchetta rossa attaccata agli scogli laggiù. Il nonno la controlla quasi tutti i giorni quando porta le pecore al pascolo!”

Abaigeal sorrise teneramente. Aveva viaggiato in lungo e largo per le coste della baia con quella piccola barca. Le ricordava la sua infanzia. Fugacemente, pensò che una volta avrebbe dovuto portarci anche Orlando, la sopra.

“E’ proprio un peccato che Blàt non sia potuto venire per il compleanno della mamma”, disse Kevin, facendo eco ai suoi pensieri.

Abaigeal ridacchiò. Suo padre e il vizio di tradurre in gaelico qualsiasi cosa. Blàt, altro non era che la traduzione di Flow. Orlando, la prima volta che suo padre lo aveva chiamato così, era impazzito dall’entusiasmo.

“Già è un peccato”, assentì lei, “Ma lo sai come funziona. Alla BADA non può permettersi cazzate!”

“Ha un talento innato nell’esprimere le emozioni di un personaggio”, disse Kevin, “Potrebbe commettere cazzate a più non posso e nessuno gli toglierebbe mai quello che ha”.

Abaigeal alzò un sopracciglio, “Non gli toglieranno il talento ma gli toglierebbero la carriera!”

Kevin sorrise. Conosceva la sua piccola meglio di qualunque altra persona.

“E’ questa la cosa più importante? La carriera?”, le domandò.

“No…non la più importante”, Bee sorrise, “Ma è tra le cose importanti”.

“Così giovani e già così decisi!”

“Reputati fortunato!”, lo canzonò Bee, “Preferiresti una figlia che se la spassa tutte le notti nei pub di Temple Bar?”

Kevin fece spallucce, “Almeno saresti conforme alla tradizione alcolica irlandese”, osservò.

Lei scosse la testa divertita, “My whiskey is the Devil!”

“Oh, puoi giurarci!”, commentò l’uomo ridendo.

“Athair, ti ricordi qual’era la canzone che hai cantato ad Orlando la prima volta che siamo venuti?”

“Tu non la ricordi?”, domandò lui sorpreso.

Lei si strinse nelle spalle, “Ricordo la melodia, ma non ricordo le parole esatte”, spiegò.

Kevin la trasse a se abbracciandola, quindi con lo sguardo perso verso il mare, cominciò a cantare per quella giovane figlia che aveva spiccato il volo.

 

 

 

Londra, Marzo 1997

 

Orlando si verso una tazza di caffè quindi ciondolò verso il salotto e si lasciò cadere sul divano blu. Gli faceva strano starsene tutto solo in casa. Di solito, a quest’ora, era già con Bee in giro per la città o magari a casa di lei a guadarsi un film.

Ridacchiò al pensiero dell’ultima sera che erano stati insieme prima che lei partisse per Galway. Lui avrebbe voluto vedere per l’ennesima volta Stand By Me, lei si era intestardita e gli aveva comunicato che se avesse visto quel film un’altra volta, sarebbe stata costretta ad ignorarlo per almeno quindici anni.

Potrei avere un colpo da rigetto!”, gli aveva spiegato.

Tuttavia, dopo un’estenuante lotta che aveva previsto anche una mezza fuga da parte di lei con i cavi del videoregistratore era riuscito a calmarla e a fargli vedere il film. Ma Abaigeal Gallagher era tutt’altro che una ragazza che cedeva.

Anzi.

Per tutta la durata del film aveva anticipato ogni battuta ed ogni sospiro, costringendolo ad una visione piuttosto movimentata.

Cocciuta donna!

Eppure, adesso che era partita, le mancava.

Ok, sarebbe stata via solo una settimana ma comunque per lui era un tempo infinito. Alle volte gli sembrava di non riuscire a prendere una decisione senza aver consultato anche lei. Da non credere….

Ma sapeva che il bello del loro rapporto era proprio questo. L’esserci senza aver bisogno di cercarsi, l’esserci senza per questo invadere gli spazi dell’altro.

Riuscivano tranquillamente a coniugare tutti i tasselli delle loro vite senza interferire minimamente. Si davano consigli, avvertimenti, litigavano come una coppia sposata da vent’anni ma non per questo si sentivano in diritto di mettersi i bastoni tra le ruote.

Spesso, molto spesso, Orlando pensava a come sarebbe stato meraviglioso se il loro rapporto fosse evoluto in qualcosa di più esclusivo, salvo poi ricordare a se stesso che loro due di esclusività ne erano ben sazi.

A quanto ne sapeva lui, non esistevano nel mondo ragazzi di vent’anni in grado di mantenere quel rapporto senza commettere cazzate fisiche.

Non che ci fosse stato niente di male, beninteso.

Probabilmente andare a letto con Abaigeal sarebbe stata la cosa più naturale del mondo ma, stranamente, non ne sentiva il bisogno. Quello che avevano costruito in quei quattro anni di amicizia vera, era sufficiente a sopperire quei pensieri così inadeguati.

Bee era come una sorella per lui. Un’amica fidata e sempre presente. Un amore inspiegabile che andava protetto e cullato.

Era Bee, punto e basta.

Non aveva certo bisogno di spiegazioni per capire il loro rapporto.

Senza badarci troppo spinse play dal telecomando del videoregistratore.

Stand By Me era quasi alla fine. Ridacchiò al pensiero di Bee che, come minimo, avrebbe lanciato un bicchiere contro la televisione accesa.

Si accomodò sul divano e guardò la scena. Una delle scene più belle che avesse mai visto in un film. River Phoenix era spettacolare in quel ruolo. Gli sarebbe piaciuto avere anche solo un quarto del suo talento.

E quella scena….

“Ti rivedrò ancora?”, domanda Gordie.

E Chris/River risponde, “Basta volerlo…”

Orlando sospirò.

Basta volerlo….

Il telefono prese a squillare facendolo quasi sobbalzare tant’era assorto nei suoi pensieri. Acciuffò il cordless dal pavimento, quindi rispose. Magari era Bee…

“Si?”

Qualcuno dall’altro lato disse qualcosa concitatamente. Orlando spalancò gli occhi, ridacchiò, rise ed infine esclamò un, “Porca puttana non ci posso credere!”, che sintetizzava perfettamente lo stato d’animo del momento.

“Quando devo venire?”

Annuì un paio di volte, ascoltò attentamente quindi salutò e chiuse la conversazione.

Rimase un secondo immobile, quindi schizzò in piedi e prese a saltellare per la stanza come un pazzo in preda ad una crisi a livello cinque.

Con le mani tremanti compose il numero di casa di Bee e aspettò che qualcuno rispondesse.

“Dia daoibh”, rispose Leah Gallagher.

“Hòigh Signora Gallagher, sono Orlando. Come sta?”

“Blàt!”, esclamò la donna felice, “Caro ragazzo! Taim go mhaith! E tu? Conas a ta tù?”

Orlando rise. Adorava sentire parlare il gaelico da quella signora. Sembrava cantasse!

“Sto benissimo la ringrazio. Mi dispiace di non essere potuto venire con Abaigeal per festeggiare il suo compleanno!”

“Non preoccuparti, caro, avremo occasione per stare insieme! Presto verremo a Londra con Kevin”, confessò.

Orlando esultò, “Iontach!”, ridacchiò, “Questa si che è una notizia!”

Leah rise, “Vuoi parlare con Abe?”

“Si, per piacere. E’ in casa?”

“Te la chiamo subito, caro. Bheith faichilleacht tù!”, si raccomandò la donna.

“Si, non si preoccupi! Saluti Kevin da parte mia! Arrivederci!”

“Ciao caro!”

La sentì chiamare Bee, e poco dopo la voce dell’amica gli riempì le orecchie.

“Flow! Que pasa?”

“Non dovresti essere in Irlanda?”

“Si, quindi?”

“Quindi perché parli spagnolo?”

Bee ridacchiò, “Per dare un tocco di originalità alla mia persona. Non suonava bene?”

“Suonava bene, si!”, rise Orlando.

“Allora Flow, cosa c’è? So riconoscere il tono di voce che hai…”

“Che tono di voce avrei?”, indagò lui, suo malgrado affascinato dall’idea di tenerla sulle spine.

“Quello che usi ogni volta che stai per dirmi qualcosa di incredibilmente meraviglioso o di incredibilmente disastroso. Sono svantaggiata, non posso vedere i tuoi occhi da qui, altrimenti sarei già più tranquilla”.

“Ok…mi hai beccato. Devo dirti una cosa importante”.

“Sputa il rospo Flow!”, lo incitò lei.

“Sei seduta?”

“Sputa!”, gli ordinò.

“Domani mattina ho il provino definitivo per Wilde!”, prese fiato, “Mi hanno preso!!”

L’urlo di Abaigeal lo convinse in un secondo che sarebbe stato il primo caso umano di attore sordo.

Altro che Beethowen!

 

 

NDA

 

Eccoci qua con un nuovo aggiornamento! Continuiamo sulla strada dei ricordi, che è sempre quella più dolorosa ma è anche l’unica che ci permette di capirci qualcosa di più.

Vi ringrazio donne…vi ringrazio con le mani giunte e con una vaga sensazione di commozione. Almeno voi, in questo periodo del cavolo, mi strappate sempre un sorriso! Grazie!

 

A chi lo chiedeva… bhè, il gaelico è un po’ la lingua dei miei sogni. L’ho imparata anni fa in maniera sommaria e tutt’oggi ogni tanto la tiro fuori. Prendetela com’è…di sicuro c’è qualche errore in mezzo, ma dovevo necessariamente infilarcela. L’Irlanda, Bee, Flow…sono un sogno e meritavano di avere la lingua dei sogni per parlare!

 

Ecco le traduzioni delle frasi in gaelico:

 

 

Aingeal: angelo

Athair: papà

Dia daoibh: pronto? (in realtà è il gaelico per ‘hello’, che in inglese si usa anche per rispondere al telefono)

Hòigh: salve!

Taim go mhaith: io sto bene.

Conas a ta tù: tu come stai?

Iontach: fantastico!

Bheith faichilleacht tù: prenditi cura di te!

I

 

  
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