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Autore: etienne86    16/01/2015    22 recensioni
A volte ci rubano qualcosa di importante e crediamo di aver perduto tutto. A volte i sogni si infrangono davanti alla realtà e sentiamo solo il fallimento. A volte un raggio di sole torna ad illuminare la nostra vita. Un tesoro, che qualcuno ha custodito per noi, tenacemente, negli anni. Da lontano.
Insomma, la solita storia molto ferma, molto intro, e per le mie corde, molto OOC.
Ringrazio fin d'ora Elisa per le sue fanart.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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28- Follia Riguardo alla tempistica di questo aggiornamento non mi dilungo...mi prostro letteralmente! Voglio ringraziare con tutto il cuore chi mi ha seguito finora ed atteso con tanta pazienza, senza mancare di incoraggirami e richiamarmi. Grazie, siete il sale di ogni riga che scrivo!
Questo capitolo è visto unicamente dal punto di vista di Andrè, nel prossimo Oscar avrà più spazio, anche se il corso della storia impone che alcuni aspetti restino all'oscuro.


28- Segreti

Cercando di dissimulare l'ansia si alzò e si avvicinò alla finestra. Una fitta pioggerellina aveva ormai bagnato il selciato ed iniziava a tempestare di piccole gocce la superficie del vetro. Mancava poco all'appuntamento, doveva uscire.
Tornò alla scrivania, chiuse il registro su cui stava lavorando  e spense con un soffio deciso il candeliere davanti a lui. In quel momento Lord Weston entrò nello studio, armeggiando con una pipa tra le mani.
"Per oggi ho finito, venivo appunto a congedarmi da voi"
L'uomo rivolse uno sguardo perplesso verso l'esterno, poi tornò a fissare Andrè.
"Certo...va benissimo. Vi accompagno"
"Non è necessario, grazie Lord Weston" e con pochi rapidi passi lasciò la stanza.
Il padrone di casa lo seguì con lo sguardo nell'attimo di attraversare velocemente il cortile per dirigersi alle scuderie e sorrise tra sè e sè, mentre sistemava il tabacco nel fornello della pipa.
Cavalcò per circa mezz'ora, quasi insensibile alla pioggia che aveva ormai  intriso i suoi abiti e rallentò quando scorse infine la sagoma del padiglione di caccia, mimetizzato in una macchia di castagni, al limitare del bosco.
Sorrise ricordando il momento in cui l'idea di quel rifugio, per lui ed Oscar, gli era balenata per la mente.

Era stato il giorno del suo rientro al termine della lunga convalescenza presso Lord Weston.
Si era svegliato nudo nel letto, mentre una mano gentile gli accarezzava il viso. Non aveva fatto in tempo a chiedersi  se i ricordi di quella notte fossero sogno o realtà perchè aprendo gli occhi aveva incrociato quelli di Oscar che lo fissavano. Era china su di lui, completamente vestita.
"E' l'alba...devo andare" disse, cercando di addolcire il distacco con un sorriso.
Avrebbe voluto trovare le parole per trattenerla, ma fu immediatamente consapevole che fosse giusto così: non potevano rischiare che qualche membro della servitù li cogliesse insieme, a letto. Rimase in silenzio mentre lei si alzava  e la seguì avvicinarsi alla porta. Appena prima di uscire si voltò un'ultima volta  e gli sussurrò "Anche io ti amo, Andrè"
Quelle poche parole, pronunciate con un filo di voce, cominciarono da quell' istante a rimbombare dentro di lui con la potenza di un tuono. Riempirono le sue orecchie per l'intero tragitto in calesse dalla tenuta di Lord Weston a casa, sostituendosi allo scricchiolio delle ruote sulle pietre e al rumore degli zoccoli di Caesar, che trottava al suo fianco, mentre la sua padrona, con apparente noncuranza, si lasciava sfuggire lunghe occhiate nella sua direzione.
Chissà se provava i suoi stessi sentimenti. Lui non riusciva più a guardare al suo corpo sinuoso, che assecondava i movimenti del cavallo, senza tornare con la mente a quella notte, alla sensazione provata a stringere tra le braccia quello stesso corpo, esile e forte al contempo, liscio e profumato.
Appena giunti alla domaine furono separati dall'arrivo di Sebastiane e Monsieur Florent, che li accolsero calorosamente, investendoli di abbracci e saluti. Fu allora che Andrè avvertì la necessità di un posto dove ritrovarsi, lontano da occhi indiscreti o semplicemente troppo vicini. Ricordava un rifugio per le battute di caccia, ormai in disuso, al confine occidentale dei possedimenti de la Borde ed il giorno seguente, con la scusa di dare un'occhiata ai vigneti, riuscì ad allontanarsi solo, insieme ad Oscar.
Dal momento del loro rientro era diventata quasi sfuggente, evitava di restare sola con lui, non cercava il suo sguardo.
Ma appena si furono lasciati alle spalle il villaggio di Chablis, gli si affiancò con Caesar e sorrise. Andrè ricambiò quel tacito saluto e, in risposta, spronò il suo cavallo a partire al galoppo. Si fermarono ansanti a pochi metri dal rifugio di caccia.
"Non credi di aver esagerato? Sei convalescente!" gli disse non appena smontarono da cavallo. C'era un tono di finto rimprovero nella sua voce.
"Volevo dimostrarti di essermi ripreso perfettamente" replicò lui, con la medesima inflessione.
Rimasero in silenzio un istante, incapaci di dar voce ai loro pensieri.
"Mi è sembrato che mi evitassi, ieri" le disse infine, assumendo un tono più serio.
Oscar sollevò gli occhi verso di lui, senza replicare.  E in quello sguardo muto, notò un conflitto, una nota di sofferenza. Pensò che forse ciò che era successo la facesse sentire in colpa, addirittura che si fosse pentita.
Le si avvicinò, cercando di venire in suo aiuto.
"Possiamo parlarne, Oscar...puoi parlare con me, davvero..."
Ci fu un attimo di silenzio, un lampo nei suoi occhi celesti, poi avvertì le sue dita stringere il bavero della giacca, tirandolo con forza verso di sè. Sentì le sue labbra sulla bocca, percepì immediatamente l'urgenza che la spingeva, la medesima che a stento aveva trattenuto lui stesso nelle ultime ore.
Il bacio divenne un abbraccio travolgente. In pochi attimi i loro corpi, allacciati, cominciarono a muoversi all'unisono, sospinti da una forza misteriosa e potente.  Iniziarono a spostarsi verso l'ingresso della casupola per poi sbatterci contro, mentre le mani cercavano la pelle dell'altro sotto la stoffa dei vestiti. Senza separarsi un istante, Andrè cercò a tentoni il chiavistello di legno  e lo aprì con un colpo deciso. Piombarono all'interno, sempre avvinghiati, senza nemmeno guardarsi attorno, finchè il corpo di Oscar terminò la sua strana danza contro l'asse di un tavolaccio, coperto di polvere.
Si spogliarono in fretta, senza riguardo, quel tanto che bastava a unire i loro corpi e a placare il loro desiderio.
Eppure fu bellissimo ed intenso. Si conoscevano, si completavano.
Andrè rimase disteso su di lei, mentre sentiva l'aria fredda condensarsi attorno a loro, le dita di Oscar tra i capelli.
Non aveva mai pensato potesse esistere una bramosia così intensa, quasi cieca e si chiedeva chi fosse davvero la donna con cui aveva condiviso quel tempo, dominato da un desiderio quasi folle, incontrollabile.
Il prezzo della loro passione fu una costipazione che colpì Oscar quella stessa sera, costringendola a letto con la febbre. Per placare Monsieur Florent, deciso a farla  visitare da un medico, la giovane promise che si sarebbe riguardata e avrebbe evitato di uscire per almeno una settimana.
Andrè approfittò di quel tempo per recarsi al rifugio e sistemarlo. Quando rientrava, passava a trovare Oscar, trovandola spesso in compagnia di Sebastiane, che la travolgeva con le sue chiacchere o di Muet, che si metteva a cucire silenziosa accanto al suo letto. Quando finalmente la settimana fu terminata e l'ansia di Florent per la sua preziosa salute si fu dissolta, la accompagnò nuovamente al loro rifugio.*
Oscar non lo riconobbe. L'esterno era rimasto immutato, ma all'interno Andrè aveva liberato il piccolo camino occupato da cianfrusaglie dimenticate negli anni e vi aveva acceso il fuoco. Sul tavolo c'era un cesto di frutta e una bottiglia di vino. In un angolo un piccolo giaciglio, con una pesante coperta di pelliccia.
Il giovane rimase come in attesa di un parere, mentre Oscar faceva scorrere lo sguardo su ogni nuovo particolare.
Poi li posò su di lui e gli sorrise. Non ci fu bisogno di parole, di commenti. Da quel momento il piccolo casotto di caccia divenne il loro punto di incontro, per fare l'amore, per tenersi stretti, per raccontarsi. Lì si trovarono nei brevi pomeriggi di fine inverno e in quelli più luminosi, con l'arrivo della primavera.
Tra quelle mura di legno Andrè venne a conoscenza di ciò che era stata la vita della sua amata in quegli anni di lontananza. Chiudeva gli occhi, mentre lei raccontava degli intrighi di corte, della debolezza dei sovrani, accerchiati da una nobiltà senza onore, da falsi adulatori. La immaginava mentre si spendeva per difendere la regina da questi nemici invisibili, mentre guadagnava prestigio e invidia al contempo. Gli pareva di vederla aiutare la giovane orfana Lamorliere, facendone una sorta di sorella minore, addestrandola alle armi e al rigido galateo di corte come aveva fatto lei da ragazza.  
Oscar narrava del suo passato con apparente distacco e serenità, come di un capitolo ormai chiuso nella sua vita. E questo alimentava in lui la speranza di poter costruire un futuro insieme, a Chablis.
Tuttavia c'era ancora qualcosa di sospeso e non detto.
Per l'intero inverno, e nonostante il maltempo, erano pervenute, quasi quotidianamente, numerose missive da parte del generale. Oscar  non aveva risposto a nessuna: lasciava scorrere gli occhi sulla pergamena, rapidamente, nervosa e subito dopo le gettava nel camino, senza rivelarne mai il contenuto.
Aveva scritto unicamente una volta, a sua madre, poco dopo Natale. E la  risposta della contessa era stata l'unica lettera che non avesse distrutto.
Andrè voleva capire, ma preferiva non fare domande dirette. Aspettava che fosse lei ad aprirsi, ma non era mai capitato. Intuiva che quei messaggi contenessero pressanti richieste per il suo futuro e non voleva comportarsi alla stregua di suo padre. Sempre più spesso Oscar si appartava con noncuranza a disquisire con Lord Weston, mentre lui lavorava: sapeva che la loro amicizia si era approfondita durante la sua convalescenza e sperava in cuor suo che il nobile inglese fosse diventato per la giovane un valido confidente a cui chiedere consiglio. Che potesse seguirla là dove lei si ostinava a lasciarlo fuori.

Giunto a destinazione smontò da cavallo, dando una rapida occhiata nei dintorni.
Aveva preso questa abitudine per essere sicuro che nessuno li avesse notati.
Entrando nel rifugio fu avvolto da un'ondata di calore e sorrise, vedendo il fuoco già acceso.
"Non mi ritenevi capace di accendere il camino, Monsieur Grandier?" lo provocò.
"Non c'è nulla al mondo che tu non sia in grado di fare..."le rispose, avvicinandosi e sfilandosi la giacca intrisa di pioggia.
Erano già vicinissimi.
Andrè la guardava, rapito ogni volta da un inspiegabile senso di stupore.  Quello che gli provocava il fatto che una donna del suo rango, così bella ed attraente, fosse tra quelle quattro mura di legno e aspettasse proprio lui.
Le accarezzò il volto con due dita e fece proseguire la mano lungo la scollatura della camicia, che aprì rivelando il candore della sua pelle. Ripetè il medesimo percorso con le labbra, leggero. Ed immediatamente lo eccitò il senso di abbandono della giovane, che chiuse gli occhi, lasciandosi scivolare su di lui. La spinse dolcemente verso il letto e la fece sedere per poi inginocchiarsi davanti a lei. Le sfilò gli stivali e fece scorrere le mani lungo le sue cosce, lentamente, senza distogliere lo sguardo dal suo. Oscar si abbandonò, scivolando mollemente all'indietro e lo lasciò fare, mentre piano la svestiva, continuando ad accarezzare ogni parte del corpo  che via via liberava dagli indumenti.
C'era un tale appagato abbandono nel modo in cui Oscar si affidava totalmente a lui in quei momenti, così in contrasto con l'impenetrabile riservatezza dietro alla quale si proteggeva quando il suo vecchio mondo riaffiorava in qualche modo, anche lì a Chablis! Andrè si era piacevolmente stupito della naturalezza con cui Oscar si muoveva tra le sue braccia, della consapevolezza del suo tocco, che amava seguire tenendo le proprie mani sulle sue, mentre le stringeva un seno, mentre piano scivolava e si muoveva lento tra le sue gambe, mentre le afferrava i fianchi spingendosi ritmicamente dentro di lei. Non nascondeva il proprio piacere e godeva nel darne a lui.
Quando erano insieme, così, in un attimo, tutto era dissolto: i suoi timori per le future scelte di Oscar, il dispiacere di sentirsi importante ma nonostante tutto, tenuto all'oscuro. Esistevano solo il suo profumo, il magnetismo dei suoi occhi, il piacere indescrivibile del suo tocco su di lui.
Quando calò il crepuscolo erano ancora stretti l'una tra le braccia dell'altro, nel tepore della loro alcova.
"Dobbiamo rientrare, prima che sia completamente buio" affermò Oscar, lasciando il suo abbraccio e cercando nell'oscurità rischiarata dalle fiamme del camino i propri indumenti.
Per Andrè quello era il momento più duro.
Rivestirsi, uscire dal capanno e tornare a comportarsi come un servo ed un padrone.
Cavalcare appena dietro di lei, parlarle a bassa voce e una volta giunti a casa, separarsi nelle scuderie per incontrarsi nuovamente all'ora di cena, insieme al resto della famiglia. Questo comportamento obbligato gli pesava ogni giorno di più, ma non trovava una via d'uscita.
Anche quella sera avvertì una fitta dolorosa mentre slacciava i finimenti a Caesar e osservava la figura di Oscar avviarsi verso la villa.
"Domani o al più tardi tra due giorni partirò per Auxerre" disse senza guardarla. Erano in corso i preparativi per l'annuale Festa di Primavera e come sempre andava a rifornirsi in città.
"Hai bisogno che ti porti qualcosa?" aggiunse, quasi per trattenerla un secondo di più.
Oscar si voltò appena.
"No, grazie Andrè"
Anche la sua voce era velata di tristezza.  Forse avrebbe voluto aggiungere qualcosa, ma si limitò a fissarlo ancora un istante, prima di lasciare le scuderie.
Andrè continuò nel suo lavoro. Sollevò la sella dalla schiena dell'animale e la sistemò sull'asse.
Solo in quel momento si accorse che c'era un'altra al suo posto. E in un angolo appartato, un cavallo mai visto prima ruminava lentamente.
Si volse nuovamente a scrutare la sella; era troppo buio per vederne i dettagli, fece scorrere lentamente la mano sulle rifiniture di cuoio. Era estremamente ricercata nei dettagli, un lavoro di lusso: non poteva appartenere a nessuno degli abitanti di Chablis. Mentre le sue dita si muovevano nell'oscurità, cercando una risposta, il suo cuore prese a battere furiosamente. Un senso di pericolo imminente si impossessò di lui.
Forse per questo gli ci volle un attimo di più per decifrare con le dita le iniziali del proprietario, incise nel pellame.
H.A.v.F.
Si precipitò verso l'uscita, urtando e rovesciando rumorosamente un secchio di biada.
A poche decine di metri davanti a lui vide la porta d'ingresso chiudersi alle spalle di Oscar. Troppo tardi per avvisarla.
Rimase fermo così, mentre il grido di richiamo gli moriva in gola.
Strinse con forza i finimenti che ancora teneva nelle mani, nella sua mente una domanda in cerca di risposte.
Cosa mai poteva cercare a Chablis il conte di Fersen?





* se qualcuno avesse mai visto un film dal titolo "L'albero di Antonia"...l'ho copiato brutalmente da lì

 
  
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