Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: Tefnuth    05/02/2015    1 recensioni
Michael e Samahel, un angelo e un diavolo, non potrebbero esistere nell'universo creature più opposte di loro. Qualcuno ha deciso che non devono mai incontrarsi, sarebbe troppo pericoloso per l'equilibrio tra bene e male. Cosa succederebbe però se fosse proprio il destino a far si che si conoscano? Quel singolo istante scatenerà una serie di eventi che porterà a galla una verità alquanto sorprendente e uno dei due andrà anche in terra nemica pur di salvare l'altro.
Genere: Avventura, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Laggiù, nell’inferno, l’aria densa e pesante odorava di zolfo. Le anime dei dannati arrivavano a  frotte alla barca di Caronte, il traghettatore dell’Acheronte che portava le anime ai gironi interni dove avrebbero subito il giudizio di Minosse “Forza smidollati, non crediate di avere una speranza di salire in cielo. Per voi questo è l’ultimo porto, anime marce” gridava l’ossuto nocchiero agitando il remo ricavato da gigantesche ossa mentre Samahel sorvolava il fiume color porpora, la sua destinazione era un’altra. Volò fino a che le sue orecchie sentirono la grande voce di Minosse, lo spietato giudice infernale il cui compito era assegnare ciascuna anima al girone che più le competeva e alla rispettiva punizione, la fila davanti a lui non si riduceva mai e non si fermava mai tanto era instancabile, faceva solo poche eccezioni alla sua regola e quel diavolo era una di quelle “Gola, lussuria, accidia, omicidio, invidia e ne sento tanti altri – esclamò il giudice dopo aver annusato l’aria – solo uno può essersi macchiato di tanti peccati ed essere ancora vivo”. Come poche volte nella sua carriera, Minosse fermò temporaneamente il suo lavoro, voleva interrogare Samahel “Buonasera Minosse, ti vedo in forma” salutò il diavolo dagli occhi verdi “Anche la menzogna, sono fiero di te” disse la creatura infernale con un orribile ghigno  “Manca solo il tradimento e siamo al completo” “L’unico che non voglio che tu commetta, sarebbe terribile. Ho sentito che hai avuto una bella giornata oggi, hai preso molte anime” si complimentò Minosse “Faccio del mio meglio” “Non essere modesto, eccole là – indicò con le lunghe dita qualcosa in fondo alla sala – tutte le anime che hai preso” col lungo braccio indirizzò lo sguardo del diavolo verso un folto gruppo di anime che, come le altre, stavano aspettando di essere giudicate. Erano tutte spinte avanti, verso il trono di Minosse, da diavoli minori poiché la mole del giudice le intimoriva: era corpulento poiché non si spostava molto spesso dal suo trono, e faticava a muoversi, ma le sue braccia erano armi possenti con cui poteva schiacciare teste e rompere ossa oltreché agitare la sua frusta uncinata creata da lui stesso; le sue tre corna, di cui la centrale più corta, stavano sulla sua testa calva come a far da corona e i fori attraverso cui respirava stavano tra queste e gli occhi; sotto alla grande bocca che nascondeva tre file di denti da squalo aveva delle piccole protuberanze ossee che dal labbro inferiore scendevano in verticale sul mento e sulla gola per poi scomparire in prossimità dello sterno; inoltre aveva tre possenti code munite anch’esse di protuberanze ossee che ne facevano una seconda arma.

 Samahel lasciò la sala del giudizio dopo che ebbe terminato di raccontare la sua giornata di lavoro a Minosse, che sputò a terra appena sentì nominare che c’era anche un angelo nella vicinanze “Puah, creature rivoltanti” aveva commentato l’enorme creatura. Dopo aver percorso un lungo cunicolo arrivò in quella che avrebbe potuto essere considerata la sua stanza, in realtà somigliava molto più ad una grotta all’interno della quale era stato sistemato un letto e pochi altri arredi. Stava lì in piedi a sgranchirsi la schiena quando sentì delle mani calde cingergli i fianchi e qualcosa di  morbido appoggiarsi sulla schiena e strofinarcisi contro “Ce ne hai messo di tempo, mi stavo annoiando” era una voce femminile “Sai com’è Minosse” si giustificò semplicemente Samahel che mise le proprie mani affusolate su quelle della diavola “Perché continui a perdere tempo a raccogliere anime, tu che sei un diavolo maggiore?” domandò la voce femminile, subito dopo la sensazione di morbido fu sostituita da baci sulla colonna vertebrale “Mi piace guardare gli umani e la loro regressione” “Ma io sono sola” lamentò lei con una voce da bambina. A quelle parole Samahel si girò per osservare lei, i suoi occhi castani e i capelli ramati “Non torno forse da te ogni notte?” la mano sfiorò la guancia di lei la cui fame si risvegliò; le mani curatissime della diavola presero quelle di Samahel e poi lei indietreggiò senza mollare la presa, voleva che lui la seguisse “Dai forza, prima che la notte finisca”. Lui si arrese alle richieste di lei e la seguì, giù fino al suo girone e poi nell’enorme stanza privata di Cleo, guardiana del girone della lussuria.
 

Lassù, dove il cielo era sempre sereno e dove l’aria era pura, stava la dimora degli angeli, un castello etereo le cui dimensioni reali erano sconosciute persino ai suoi abitanti: angeli e arcangeli, cherubini e serafini, anche creature eteree fatte di puro spirito. Ad ogni ordine corrispondeva un piano dell’ edificio celeste, ma non era insolito vedere qualcuno degli ordini superiori nel piano degli angeli in quanto nessuno si sentiva migliore di altri. In una delle stanze abitava Michael, uno degli angeli di cui si chiacchierava di più e non solo per il suo ottimo operato. L’angelo era alto  1,80 mt circa, il suo fisico snello era nascosto da una tonaca bianca con delle cinture in argento sul punto vita, i capelli corti erano argentei con striature blu ghiaccio e aveva due piercing (uno al labbro e l’altro al sopracciglio) oltre al segno che avevano tutti gli angeli ossia una croce tatuata sul dito medio. I suoi alloggi, un’unica grande stanza, erano arredate come le case rinascimentali degli umani il periodo in cui la sua essenza si era distaccata dall’etere e aveva preso corpo: tutte le creature celestiali nascevano da lì e anche se gli angeli erano sia maschi che femmine non nutrivano il sentimento d’amore come fra gli uomini e le donne terrestri, solo affetto e non potevano procreare; i diavoli invece nascevano da fiamme di pura malvagità collocate nei più profondi recessi dell’inferno, così tanto a fondo che nemmeno loro ricordano dove siano. Nonostante la sua giornata di lavoro fosse stata molto remunerativa Michael non riuscì a togliere dalla sua mente l’immagine di quel diavolo che martoriava il corpo del dannato senza dimenticare il fatto che aveva anche minacciato quel prete ignaro di tutto. Mentre ci pensava l’angelo, seduto comodamente sul letto a baldacchino, scaricò tutta la propria rabbia stringendo l’elsa della sua lunga spada e giocando col piercing al labbro “Se continui così finirai col strappartelo quel cerchietto” il suo  mentore, Raphael, era entrato nella camera: un angelo anziano con una lunga barba nera striata di bianco così come i capelli e vestito di una tonaca simile a quella che portava Michael. Il giovane angelo appoggiò immediatamente l’arma e alzò le spalle per simulare la tranquillità “Certo come se ci credessi. Ti ho già detto che non devi pensarci, noi facciamo il nostro lavoro e non interferiamo con il loro” lo criticò l’angelo anziano “Noi dobbiamo preservare il bene dell’umanità, e tu mi dici che non dobbiamo badare a quello che fanno quegli esseri abominevoli?” ribatté Michael “Quello che dici è giusto, ma quando l’anima è condannata non c’è più nulla da fare” “Esiste il pentimento, anche per certa gente” “ E’ un cliché superato, sono rarissimi i peccatori che si pentono veramente al momento della morte. Ora basta parlare di certe questioni, vieni con me andiamo a fare una passeggiata”.

Michael e Raphael andarono su fino all’osservatorio da dove si poteva vedere il mondo terrestre sotto alle nuvole e lo spazio sopra e intorno a loro; sulle colonne che reggevano la sala circolare le raffigurazioni delle costellazioni si muovevano con esse e il pavimento e il soffitto in vetro davano la sensazione di essere all’esterno. Quella stanza, per quanto fosse piccola, era il posto preferito da Michael perché poteva osservare l’universo e immaginare la vita sugli altri pianeti lontani dove non era concesso andare, dove forse avrebbe potuto trovare un posto in cui sentirsi completo “Che magnifica visione, guarda tra qualche secolo nascerà una nuova stella e gli umani non si accorgeranno di niente” disse Raphael indicando una nebulosa ai confini dello spazio, dove una stella sarebbe morta per dar vita a una nuova “Non è colpa loro se gli occhi di cui sono dotati non vedono così lontano” rispose il giovane angelo, lui non stava guardando quella nebulosa ma la superficie irregolare della luna, tempestata da piccoli meteoriti che ne modificavano l’aspetto. Guardava quel piccolo satellite che da solo costituiva un perfetto sistema binario con la Terra, lei e la sua faccia oscura su cui natura aveva disegnato un enorme cratere simile ad un occhio gigante che dava una sensazione opposta rispetto al mare della tranquillità che i terrestri vedevano ogni sera “Ti interessa di più quel piccolo satellite dell’universo intero?” domandò il mentore, sembrava quasi che volesse accusare l’allievo “Non mi sembra di aver detto che la luna sia la cosa più bella di tutto l’universo” “Lo dicono i tuoi occhi, non la tua bocca. Mi sembra che tu ti perda un po’ troppo in queste piccole cose” Raphael si alzò, a fatica come fosse un qualunque umano che aveva superato una certa età “Spesso le cose più belle sono quelle che gli altri considerano insignificanti” certe volte Michael si permetteva di dimenticare con chi stesse parlando, erano anche le occasioni in cui Raphael gli ricordava i suoi insegnamenti “Ma è concentrandosi troppo su queste piccole cose che a volte si perde la strada principale. Devi pensare al bene di tutto il creato, non alla salvezza di un piccolo satellite; cosa succederebbe se l’universo cadesse in malora?” e uscì dalla porta, non era arrabbiato con Michael semplicemente voleva andarsene senza ascoltare la risposta dell’allievo “Io penserei alla luna, piccola e indifesa – sussurrò – sono sicuro che qualcun altro penserà all’universo” a volte non riusciva a comprendere il pensiero del maestro.


Al centro della stanza c’era il grande letto dove Samahel e Cleo passavano le loro notti, tra loro non c’era amore ma lei era la guardiana del cerchio dei lussuriosi e avendolo trovato fin da subito molto appetibile lo aveva iniziato presto a certe attività, avrebbe mentito se avesse detto di non provare affetto per quel diavolo. E non sorprende che tra tutti Cleo avesse scelto lui, uno dei pochi demoni maggiori ad avere un aspetto umano come lei: un’altezza di circa 185 cm, capelli lunghi e mori che incorniciavano degli splendidi occhi dallo sguardo intenso e sofferto color verde smeraldo , spalle larghe e vita stretta come il fisico di un nuotatore, braccia possenti e belle gambe, inoltre le sue ali quando non erano spiegate diventavano un tatuaggio che percorreva tutta la schiena; l’unica cosa che non le piaceva era il triplo sei sulla mano. Cleo invece era di media altezza, con lunghi capelli lisci ramati e un corpo molto ben proporzionato. Le piaceva ascoltare Samahel parlare delle giornate passate a raccogliere anime, dei piccoli scontri con gli angeli e dei segreti che portavano con loro “Oggi mi sono divertito a farla sotto al naso di un paio di angeli nelle vicinanze” le disse mentre gli accarezzava i capelli neri, lisci come seta, che si spargevano come serpenti sul cuscino rosso. Un’altra cosa che le piaceva fare, nel mentre che erano intenti a baciarsi, era toccare la membrana delle ali a pipistrello di Samahel, soffermarsi sull’osso per arrivare poi all’attaccatura tra esso e la schiena e scendere giù fino alla natica; dai piccoli rumori gutturali che lui emetteva le sembrava che gli piacesse. Intorno a loro c’erano le anime dei lussuriosi che aprivano la bocca deformando il viso in orribili smorfie, certamente stavano gridando tuttavia dalle loro bocche non usciva alcun suono “Che gli hai fatto?” domandò il diavolo dagli occhi smeraldini “Mi irritavano, continuavano a fare commenti su di noi. Alcune mi hanno chiesto di fargli passare la notte con te” rispose Cleo persa in quel mare verde “Devo preoccuparmi?” “No se fai il bravo. Tu sei solo mio e non ti dividerò mai con nessuno”. Quando non avevano più niente da dirsi, lui la cingeva con il braccio in modo che lei potesse poggiare la testa sul proprio petto e mentre Samahel poggiava le sue labbra sulla fronte di lei dandole ogni tanto dei piccoli baci, Cleo faceva camminare le sue dita sulla pancia di lui; così era per il resto della sera finché non giungeva l’ora di tornare alle proprie mansioni.

 
  
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