Questa storia è nata nella mia testa come Oneshot, per poi svilupparsi su più capitoli fintanto che la scrivevo al PC. Nata in un senso e sviluppatasi poi in un altro, non mi dà molta sicurezza: spero di poterla migliorare grazie ai consigli di chi recensirà ^^ Grazie per la lettura.
Che si sarebbe messa nei guai, Hinata lo sapeva. Ne aveva
avuto il presentimento già quando aveva scorto Ino e Sakura discutere animatamente
sulla strada; una fin troppo familiare ‘voglia di fuggire’ l’aveva attanagliata
mentre si avvicinava a loro conscia di non poter evitare di salutarle ed essere
quindi coinvolta nel bisticcio. Quando ne aveva sentito poi il tema, era
arrossita: si imbarazzava a parlare di ragazzi con qualcuno. E sentire le due
ragazze non solo litigarci ma criticarsi anche le reciproche strategie di
approccio con un tono sempre più alto della voce, le aveva fatto venire ancor
di più il desiderio di allontanarsi il più in fretta possibile.
Purtroppo prima di aver fatto un solo passo, suo padre le
era comparso davanti con il suo cipiglio severo.
"Se hai tempo da perdere con argomenti così frivoli, vedi
almeno di renderli proficui. Usa queste ‘tecniche di seduzione’ per avvicinare
il Kazekage di Suna. Se vi sposaste sarebbe un vantaggio non indifferente per
il nostro clan.”
Già da tempo il padre aveva manifestato l'’idea che se sua
figlia non avesse potuto portare gloria agli Hyuga come ninja, avrebbe potuto
essere comunque utile stipulando un buon matrimonio. Ormai lo ripeteva ad ogni
occasione.
Hinata aveva tenuto bassa la testa fintanto che i piedi
di suo padre non erano usciti dalla sua visuale. Sapeva che lui non si
aspettava veramente che seducesse il Kazekage, e che le sue parole equivalevano
piuttosto ad un “almeno prova a parlarci”, come sapeva già che le sarebbe stato
alquanto difficile accontentare il padre.
“Il Kazekage è
quel Gaara, no? Quel ragazzino impassibile dai capelli rossi.”
“Ha la nostra età, non è un ragazzino, Ino.” Sakura aveva incrociato le braccia con fare
saccente, ancora seccata dalle critiche di Ino sul suo ‘ inesistente fascino ‘.
“Non so quanto si tratterrà, ma è sicuramente arrivato poche ore fa: gli hanno
riservato una lussuosa stanza nel palazzo dell’Hokage.”
“Non dà l’idea di cedere facilmente alle lusinghe di una
ragazza.” lo sguardo di Ino era malizioso e divertito mentre incrociava quello
di Sakura e lo contagiava degli stessi sentimenti.
Hinata aprì la bocca per protestare, non le piaceva la
tensione che si era creata tra le due ragazze. Ma la sua voce era troppo
fievole per essere sentita.
“La prima che suscita una reazione di imbarazzo o di
interessamento fisico?”
“Il risultato migliore entro stasera.”
Sakura e Ino si strinsero le mani per suggellare la sfida
fulminandosi con lo sguardo, totalmente prese dalla voglia di rivincita
sull’altra. Sparirono contemporaneamente, ognuna nella direzione opposta,
lasciando da sola la povera Hinata.
Gaara si sgranchì le spalle, nascondendo la soddisfazione
di essersi potuto togliere gli abiti ufficiali da Kazekage. Strinse meglio la
cinghia della giara; sapeva che doveva essere prudente, non solo per prevenire
eventuali attacchi alla sua persona, ma anche, se non soprattutto, per evitare
spiacevoli incidenti diplomatici durante la sua permanenza a Konoha. Tuttavia già
da un po’ agognava fare quattro passi senza che tutti i passanti si voltassero
a guardarlo o a salutarlo. Tutta quella popolarità positiva era una
soddisfazione se confrontata alla sua vita passata, ma ogni tanto gli mancava
il totale silenzio attorno a sé. A Suna sarebbe stato impossibile, ma a Konoha aveva
una discreta possibilità di farsi un giro in tranquillità, come un ragazzo
normale; si sarebbe trattenuto lì solo per pochi giorni quindi era bene
approfittarne subito, prima che si offrissero di fornirgli una scorta o una
guida.
Scese in strada e si avviò per una direzione qualsiasi.
Hinata avrebbe voluto tornarsene a casa e rintanarsi sul
letto nella sua cameretta; ma non poteva arrendersi senza aver perlomeno
tentato. Non voleva ovviamente sedurre il Kazekage, ma poteva perlomeno provare
veramente ad avvicinarlo, come aveva detto suo padre. Così vagava lentamente
senza una idea precisa, evitando le vie principali ma dirigendosi inesorabilmente
verso il grande palazzo dell’Hokage. Sakura ed Ino sarebbero state sicuramente già
da quelle parti in azione. Invidiava la loro sicurezza.
Sospirò. Si era ripromessa di essere forte, ma questo era
proprio troppo.
Lei non mai sarebbe stata in grado di fare il primo passo
con un ragazzo. Né di avvicinarne uno solo per una sfida. Probabilmente non
sarebbe stata in grado nemmeno di chiedere informazioni senza arrossire. Anche
invitare Kiba e Shino a casa sua o da qualche altra parte, non le veniva ancora
spontaneo, eppure loro erano suoi compagni di squadra.
Chiuse gli occhi e sospirò di nuovo.
Doveva solo provare a parlarci. Poteva farcela, anche
solo a bisbigliare qualcosa. Lui l’avrebbe sicuramente ignorata, ma almeno
avrebbe potuto ammettere a suo padre che aveva per lo meno provato a parlare al
Kazekage.
Dove trovarlo e come avvicinarlo era un problema
secondario. Per ora l’importante era trovare una frase da dire, altrimenti
quando se lo sarebbe trovato di fronte avrebbe fatto scena muta.
Avrebbe potuto offrirgli da bere, faceva molto caldo in
quei giorni, avrebbe potuto essere una scusa ideale. Banale, ma non fuori
luogo.
Si fermò e si guardò intorno; la via era deserta. I suoi
occhi caddero su di un sassolino davanti alle sue scarpe. Lo osservò
intensamente e dopo un bel momento di concentrazione, mosse le labbra.
“Vorresti bere qualcosa?”
bisbigliò.
Così non l’avrebbe proprio sentita. Se doveva fare un
tentativo, tanto valeva farlo bene.
Chiuse gli occhi e alzò la voce. “Vorresti bere
qualcosa?”
Sì, ora andava meglio, era un tono di voce quasi normale.
Ora doveva trovare un’espressione più formale, adatta al rango di Kage. E riuscire
a parlare tenendo gli occhi aperti e magari la testa alta.
No, questo non ce l’avrebbe fatta sicuramente.
Sospirò in direzione del sassolino. Meglio fare un passo
per volta piano piano.
“Vuole bere qualcosa?” sussurrò.
Passi avanti, non indietro.
“Vuole bere qualcosa?” ripeté a mezza voce.
Sì, andava bene. Più deciso.
“Vuole bere qualcosa?”
Stava migliorando.
“Vuole bere qualcosa?”
Sorrise al sassolino un po’ triste: davanti a una persona
non ce l’avrebbe mai fatta. Scosse la testa. Probabilmente a fine giornata non
sarebbe nemmeno riuscita a incontrare il Kazekage.
Suo padre non ne sarebbe stato affatto contento. Come sempre.
Fece qualche passo con gli occhi sempre rivolti alla
strada. Si fermò e il suo cuore perse un battito quando nella sua visuale sulla
sinistra comparve un piede.
Due piedi, in verità, uno vicino all’altro, fermi.
Le si mozzò il respiro pensando che qualcuno l’avesse
vista parlare ai sassi. Sentì le guance avvampare, ma non riusciva ad alzare il
viso. Nella sua testa si ammassarono mille parole di scuse per giustificare il
suo comportamento, la bocca ne farfugliò qualcuna, troppo piano per essere
udita.
No, così non andava. Stava peggiorando le cose.
Infondo non aveva fatto niente di male; doveva solo
alzare la testa e salutare, come se niente fosse.
Sospirò e alzò velocemente il capo, pronta ad annunciare
un “Buongiorno” appena avrebbe incrociato lo sguardo di chi gli era di fronte.
Non uscì suono. Le parole le morirono in gola, uscì solo
un gridolino soffocato.
Davanti a due occhi azzurri che aveva già visto, Hinata
si sentì svuotare.
Chi gli era davanti era il Kazekage di Suna.
Parlargli. Aprire la bocca e parlargli. Aveva provato la
frase fino a poco fa. Doveva farcela.
Una parte razionale del suo cervello era ancora attiva.
Peccato che il suo corpo non rispondesse.
No, non poteva farsi battere. Lei avrebbe tentato, non
sarebbe fuggita.
Chiuse la bocca e deglutì. E con l’espressione più decisa
che riuscì a mettere insieme, attaccò.
“V-Vuole b-bere qual-cosa?”
Hinata si stupì di sé stessa. Ce l’aveva fatta: era riuscita
a invitare un ragazzo a bere qualcosa! Con l’espressione più minacciosa che
fosse riuscita a mettere insieme, forse, e con una voce stridula e incerta, ma
ce l’aveva fatta. Aveva parlato a mezza voce e lo aveva guardato – più o meno -
in faccia.
Annaspò a quella constatazione. Tremava leggermente e sicuramente
era rossa in viso. Ma era comunque una sua piccola vittoria, no?
Sospirò abbozzando un sorriso.
Gaara si concesse un lungo momento prima di rispondere: non
era del tutto certo che la ragazza si stesse rivolgendo a lui. Gli aveva fatto
la stessa domanda che aveva rivolto più volte ai sassi. Non aveva mai
incontrato qualcuno che parlasse da solo; lui una volta parlava alla sabbia
quando era prossimo a perdere il controllo, ma era diverso. Lei lo faceva come
se stesse recitando.
Forse c’era un significato nascosto nella sua offerta.
Per di più stava facendo delle facce strane, come se
stesse continuando a parlare da sola nella sua testa … e sembrava aver appena
fatto uno sforzo immane per parlare.
“Non ho sete.” rispose infine con le braccia intrecciate
in petto.
Attese che lei chinasse la testa per assicurarsi che non
avesse nient’altro da dire e proseguì sulla sua strada.