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Autore: SagaFrirry    26/02/2015    0 recensioni
Kosmos è il dio dell'universo occidentale, in perenne conflitto con Kuruma, dea del cielo orientale. Al termine dell'ennesimo bisticcio, il dio si ritroverà tramutato nel suo incubo peggiore: un mortale. Caduto sulla Terra, spetterà alle sue dodici costellazioni principali tentare di riportarlo al giusto posto, fra nuovi incontri e difficoltà.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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XV

 

Era passato un po’ di tempo dalla piccola avventura sulla Terra. Definirla piccola era scontato, cosa potevano essere un anno e pochi mesi per chi vive da millenni o da miliardi di anni? Nonostante tutto, la maggior parte di loro la ricordava come un’esperienza unica, di cui avere quasi nostalgia, sottolineando il “quasi”. Kosmos non era fra coloro che avevano nostalgia della Terra, di quello era certo. Aveva aiutato i suoi studenti con la tesi usando i sogni, così come aveva parlato con Hannaliz e con chiunque lo avesse aiutato. Alcune costellazioni ed alcuni animali Orientali avevano espresso il desiderio di tornare sulla Terra, ogni tanto, ed erano stati accontentati. Una sorta di “vacanza premio” di qualche giorno terrestre per divertirsi come meglio credevano. Fra questi non rientrava il nome di Rukbat, che preferiva evitare di pensare ad ogni cosa riguardante il passato, ignorando i costanti rimproveri che si doveva sorbire dall’intera compagnia. Non mandava nemmeno a salutare Astrea, quando Bilancia andava a trovarla. I rapporti fra Orientali ed Occidentali era di molto migliorato e passavano parecchio tempo nei saloni principali, ridacchiando e passando i giorni come volevano. Hamal, Ariete, era sempre più legata a Long, Drago, ed amava volare assieme a lui a spasso per il cielo. Aldebaran, Toro, aveva ripreso a disegnare, trovando negli Orientali degli ottimi ammiratori. Mekbuda, Gemelli, non litigava troppo con se stesso, cosa che il resto del gruppo gradiva parecchio, ad aveva insegnato agli altri a giocare d’azzardo. Acubens, Cancro, scoperta la sua nuova passione per i leoni, aveva approfondito l’amicizia con Adhafera, Leone, che le stava insegnando a combattere senza usare il fucile. Zubenelgenubi, la nuova Vergine, non ci aveva messo molto per ambientarsi e stringere amicizia con buona parte della compagnia, anche se non con tutti. Zubeneschamali, Bilancia, ed Antares, Scorpione, avevano deciso di pensare seriamente alla loro strana relazione, decidendo di comportarsi in modo più serio. Insomma, si erano ufficialmente fidanzati, come direbbe facebook. Rukbat, Sagittario, la pigna del gruppo, fra una rissa ed un’altra con Antares, girellava per il palazzo con il cappottone nero che aveva voluto tenere ed aveva trovato in Shè, Serpente, una nuova e valida avversaria per i suoi allenamenti pressoché inutili, che però svolgeva sempre più raramente, divenendo sempre più una specie di topo di biblioteca perennemente rinchiuso nella sua stanza. Deneb Algiedi, Capricorno, non aveva abbandonato la sua dipendenza dalla nicotina ed aveva scoperto un inaspettato talento nel bricolage, riempiendo il palazzo di strane costruzioni fatte con ciò che trovava. Sadalmelik, Acquario, ormai profondamente legata a Tigre, si occupava dello scettro delle Ere con diligenza quasi maniacale. Al Risha, abbandonati i trip da droga, si era dato alla scrittura, così da dare sempre nuovo materiale assurdo al suo capo per passare il tempo quando il tedio prendeva il sopravvento. Shu, Topo, era l’unica che riusciva a conversare con Rukbat senza farsi mandare a fanculo, potendo permettersi di discutere di libri che la costellazione riteneva “alla sua altezza”. Niu, Bue, ormai il migliore amico di Aldebaran, aiutava volentieri Capricorno nei suoi lavori, specie quelli più pesanti. Insieme avevano costruito un magnifico tavolo intagliato, che era stato messo al centro della nuova sala voluta da Kosmos e Kuruma: una stanza immensa, in comune fra i due lati dell’edificio. Hu, Tigre, oltre ad amoreggiare costantemente con Sadalmelik, litigava con Rukbat, cosa strana avendo i due lo stesso insopportabile carattere, e si allenava con Adhafera: fra gatti giganti si capivano. Tù, Lepre, era la più grande fan dei libri di Al Risha e si era messa a scrivere a sua volta, rivelando un lato che nessuno del palazzo si sarebbe aspettato. Long, Drago, era quello che più spesso tornava sulla Terra, assieme ad Hamal, principalmente per far festa e scoprire posti che fin ora non aveva mai visto. Shè, Serpente, dopo essere stata punita da Kuruma con l’obbligo di ripulire l’intero palazzo, lasciato un po’ andare in malora nel periodo in cui la Signora Orientale era rimasta da sola, aveva fatto amicizia con Mekbuda, trovando interessante la sua doppia personalità, ed aveva iniziato a sfogare la propria rabbia repressa con la danza. Ma, Cavallo, fra una corsa ed un’altra per l’universo, amava giovare d’azzardo con gli Occidentali e sfidare Rukbat, l’unico con cui si sentiva libero di nitrire in libertà, facendo Sagittario lo stesso. Yang, Capra, aveva ricominciato a collezionare stupidaggini, inclusi i modellini di Deneb Algiedi, apprezzandoli molto, principalmente perché erano senza senso. Hòu, Scimmia, anche lei punita rimanendo rinchiusa nella sua stanza per un bel pezzo, aveva deciso che la ginnastica era l’unico modo per non impazzire in quel posto. Ji, Gallo, era divenuto un ottimo assistente di Aldebaran, essendo molto creativo ed amando l’arte, mostrando che dopotutto aveva un buon motivo per tirarsela tanto. Gou, Cane, si divertiva a cucinare assieme a Zubeneschamali e Zubenelgenubi, riscuotendo molto successo, soprattutto da parte di Zhu, Maiale, che passava le intere giornate mangiando e dormendo.

 

“Non lo trovate strano il capo, ultimamente?” domandò Antares, controllando le quattro carte che aveva in mano e storcendo la bocca, dubbioso.

“Mi sembra che sia sempre stato strano” rispose Deneb Algiedi, poco convinto ma decisamente più felice di Scorpione delle carte che aveva fra le mani.

“Ma ultimamente lo è di più…” insistette Antares, notandolo con la coda dell’occhio sul terrazzino.

Stava camminando incessantemente su e giù, con scintille di energia fra le mani che guizzavano come impazzite.

“In effetti…è più, come dire…carico, del solito” commentò Mekbuda.

“Sì, ed è più blu” aggiunse Gallo, ghignando per la scala reale.

“Vero. Gli si è scurita la pelle” confermò Antares.

“Si sarà abbronzato!” sbottò Deneb Algiedi.

“Ma dai, non lo vedi? Ultimamente è più nervoso di Rukbat, il che è tutto dire!” esclamò Cavallo.

“Non avrà mica ricominciato a litigare con Kuruma?” si preoccupò Aldebaran, chiamando due carte e gettandone altrettante.

“Ora che mi ci fai pensare…quei graffi che ha sulla schiena non sono recenti” storse il naso Antares.

“E questo cosa c’entra? Direi che è un’ottima cosa se lei non lo graffia!” sbottò Toro.

“Quelli, mio caro, fidati dell’esperto, non sono graffi d’odio” sorrise Antares, maliziosamente “Quei due sono peggio dei conigli, senza offesa Tù!”.

“Nessuna offesa, io sono una Lepre” rispose Tù.

“Però lei è da un po’ che non si vede…” mormorò Sadalmelik.

“Tranquilli! Sta bene” sorrise Shu.

“L’hai vista di recente?” domandò Hu.

“No, ma le ho parlato, dalla porta della torre. È felice, e sta preparando una sorpresa per noi, per quello non esce dalle sue stanze. Sta lavorando”.

“Di che parlate?” domandò Kosmos, entrato nella stanza silenziosamente e spaventando, con la sua voce, i presenti che non se lo aspettavano.

“Di niente in particolare, come va?” si affrettò a dire Antares.

“Che fate?” fu la riposta del Signore Occidentale, segno che pure lui aveva imparato a rispondere ad una domanda con un’altra domanda, come suo padre.

“Giochiamo a poker. Vuole unirsi alla compagnia? Ci siamo tutti, tranne quella pigna in culo di Rukbat!” propose Scorpione.

“No, grazie. Non ho la concentrazione mentale necessaria per fare una cosa del genere”.

“Nemmeno noi!”.

Kosmos era molto agitato, lo si vedeva chiaramente, ma ostentava indifferenza. Con le mani dietro la schiena, forse per nascondere le scariche di magia che emanava, quasi saltellava sul posto.

“Tutto bene, capo?” domandò Aldebaran.

“Sì, certo. Perché?”.

“Vi vediamo un po’ più agitato del solito”.

“Colpa della mia magia. Ancora non sono abituato a non avere l’armatura di contenimento e a volte va fuori dal mio controllo. La cosa mi infastidisce e mi rende nervoso”.

“Niente di negativo, insomma…”.

“Assolutamente nulla. Ragazzi, non vi preoccupate!”.

“Ehilà!” esclamò Omega, entrando di volata ed afferrando il figlio alle spalle.

Kosmos sobbalzò e lanciò un piccolo grido.

“Non farlo mai più!” ringhiò, mentre il padre ridacchiava.

“Sei troppo nervoso, piccolo mio! Vieni, andiamo a fare un giro”.

“Non ora papà. Un’altra volta”.

“Non è un invito, è un ordine!”.

“Ho detto di no”.

“Vuoi che ti prenda per i capelli? Non farmi diventare violento…”.

“Vale lo stesso con me. Se divento cattivo, non sono piacevole e, credimi, se insiti ancora, ci metterò un attimo a diventare cattivo”.

“Credi di spaventarmi?”.

“Credi che non possa riuscirci?”.

“Assolutamente no”.

Kosmos non disse più nulla, muovendosi per andarsene, con il lungo mantello e la veste che si trascinavano per un pezzo dietro ai suoi piedi, come uno strascico, che il padre calpestò per fermare il suo bambino in fuga.

“Tu ora vieni con me, Kosmos. Abbiamo una cosa importante da fare, tu sai di cosa parlo”.

“Proprio adesso? Non domani?”.

“Deve essere proprio adesso. Muoviti”.

Il Signore Occidentale provò a protestare ancora, ma capì che era tutto inutile.

“Resta tua madre qui a palazzo, rilassati, e seguimi” sbottò il padre, sollevandosi da terra.

 

Appena i due furono usciti, l’intera compagnia si fissò negli occhi, sorridendo. Perfino Rukbat, riemerso dalla sua stanza sentendo il baccano prodotto dalla discussione padre-figlio.

“Quei due hanno in mente qualcosa di spettacolare, ne sono sicuro. Voglio seguirli!” esclamò Antares, alzandosi dal tavolo.

“Sono con te” si unì Drago, seguito da Ariete, Leone e Cavallo.

“Perché?” domandò Rukbat, con le mani in tasca e la barba incolta.

“Non ti incuriosisce la cosa? Potrebbe succedere qualcosa di straordinario!”.

“Non mi incuriosisce, non mi interessa”.

“Ma…potrebbero essere andati a creare qualcosa. Potremmo assistere alla nascita di una nuova galassia, una stella o che ne so che altro!”.

“In effetti…non ho ma assistito ad una cosa del genere. Ma, come facciamo a seguirli? Sono già lontani, data la velocità con cui volano!”.

“Ci aiuterà il procacciatore. Vero, Squeak?”.

La creatura di Kosmos spalancò le ali con entusiasmo e mostrò tutto la sua disponibilità. Grazie a lui, l’intero gruppo di Orientali ed Occidentali si ritrovò a volare per lo spazio, inseguendo padre e figlio, curiosi come dei bambini.

 

“Dove mi hai portato? Io ora dovrei essere a palazzo, accanto a Kuruma, non qui ai confini del mio universo!” protestò Kosmos.

“Sei qui a fare il tuo lavoro. Tutta l’energia che hai dentro di te non è lì per farti il solletico e le luci dalle mani” sbottò Omega.

“Ma perché oggi? Perché adesso?”.

“Perché la materia a cui darai vita esploderà nel momento stesso in cui i tuoi figli verranno alla luce, che ti piaccia oppure no!”.

“Com’è possibile? Sono due gemelli, non possono nascere nello stesso istante!”.

“Non fare il puntiglioso, non lo sopporto. Diventi troppo simile a tua nonna!”.

“Ma io voglio essere accanto a Kuruma quando nasceranno!”.

“Non puoi. Il ruolo di Kuruma è quello di far nascere i gemelli ed il tuo fornire la materia per l’universo che un giorno loro controlleranno”.

“Io non voglio separarmi da loro. Voglio che i miei figli rimangano a palazzo con me”.

“Non si può”.

“Così poco tempo resteranno con me…”.

“Finché non impareranno a volare”.

“Ma noi impariamo a volare prima ancora di gattonare!”.

“Esatto. E questo avverrà fra qualche migliaio di anni, perciò rilassati e crea sta materia”.

“Non so se…”.

“Vedila così: stai per dar vita al parco giochi in cui si divertiranno gli eredi”.

“Beh…io…”.

“Senti, ragazzino…”.

“Smettila di chiamarmi ragazzino! Sono un uomo!”.

“Dimostramelo. Crea la materia per il nuovo universo. In questo momento Kuruma sta partorendo le tue creature e tu Kosmos devi dar il via al nuovo big bang!”.

Kosmos, decisamente agitato, respirò a fondo e chiuse gli occhi.

“Convoglia tutta la tua energia” ordinò Omega.

“Tutta?”.

“Tutta. Ci sono io qui con te, non ti preoccupare. E non pensare a Kuruma. C’è tua madre con lei, andrà tutto bene”.

Il Signore Occidentale sorrise, avvertendo la magia formicolare lungo tutto il suo corpo. Era una sensazione molto strana, a volte dolorosa. Non voleva confessare al padre di essere spaventato ma, evidentemente, anche Omega aveva provato le stesse sensazioni perché lo rassicurava. Nel frattempo, il gruppo di curiosi si era fermato a debita distanza e osservava il tutto senza capire bene cosa stesse succedendo. Kosmos si stava illuminando di luce sempre più intensa, gridando a volte perché la magia gli mandava scosse sempre più intense. Puoi tutto divenne buio, perfino le stelle si spensero per un istante. Silenzio totale, immobilità e nessuna luce.

“Che succede?” mormorò Sadalmelik, afferrando per il braccio Tigre.

Il silenzio divenne un assordante boato e la luce si espanse con un lampo accecante. La compagnia si coprì il viso. Quando riaprì gli occhi, Kosmos e suo padre erano fluttuanti uno accanto all’altro, con lo sguardo rivolto verso una specie di palla sospesa aldilà dell’universo. Si espandeva, mandando scintille.

“Carino. Mi piace” commentò Omega.

“Non credevo di riuscirci. Pensavo fosse troppo presto…” ammise Kosmos.

“Quando sarà abbastanza ampio, darai vita al palazzo dove vivranno e loro sapranno come plasmare ciò che hai fatto”.

“Da soli. Non sentiranno la mancanza di mamma e papà?”.

“Tu hai sentito la mancanza di me e mamma?”.

“No”.

“Bene. Ti sei risposto da solo. Ora torniamo…”.

“Kuruma! Devo andare da Kuruma!” esclamò Kosmos e, sfruttando gli ultimi attimi di energia che gli erano rimasti, si girò e sfrecciò verso il palazzo.

“Fermati, stupido! Sei senza forze!” lo rimproverò il padre, sapendo che era tutto inutile.

Il Signore Occidentale ansimava per la fatica, con la pelle imperlata di sudore, e a volte aveva l’impressione di stare per svenire ma non si fermò nemmeno un secondo. Omega, le costellazioni e gli Orientali non ne seguirono il passo ed arrivarono a palazzo molto dopo di lui.

“Questo è il pianto di un bambino!” sorrise Yang, quando entrò nell’edificio.

“Se è un bambino ciò a cui Kuruma stava lavorando, è giustificata la sua assenza!” ridacchiò Niu.

Tutti, capitanati da Omega, salirono le scale della torre Orientale. La porta era socchiusa ed all’interno si intravedeva una lieve luce soffusa. Cercarono di sbirciare all’interno senza farsi notare, in silenzio per sentire ogni rumore sospetto.

“Com’è stato creare un universo, tesoro?” mormorava Kuruma “Hai un’aria stravolta, più della mia…”.

“Questo perché non ti sei vista allo specchio, amore” rispose lui, disteso di pancia sul letto accanto a lei, che gli accarezzava la testa.

Kuruma sorrideva, appoggiata e sorretta da diversi cuscini. I due Signori del palazzo si guardavano con tenerezza, anche se entrambi erano sfiniti. I gemelli neonati non piangevano più, cullati da nonna Alfa.

“Sono bellissimi!” esclamò Hamal, spingendo Omega dentro la stanza e avvicinandosi ai piccoli.

“Son arrivati. Evviva la privacy” mormorò Kosmos, chiudendo gli occhi grazie ai grattini di Kuruma sul suo capo.

“Sembri un gatto così” rise Kuruma.

“Ron Ron” commentò lui, senza aprire gli occhi.

“Posso prenderli in braccio?” domandò Sadalmelik.

Alfa porse le creature ad Acquario e l’intero gruppo si accalcò attorno ai nuovi arrivati per poterli ammirare da vicino. La femmina aveva i capelli neri, come sua madre, ma erano molto mossi, come quelli del padre, e aveva anche gli occhi di lui. La piccola bocca già si tingeva di nero e lungo tutto il corpicino si intravedevano le prime sferette dorate incastonate. L’armatura, che lentamente si stava formando grazie alla magia della piccola, era argento come quella che aveva del padre. Il maschio aveva lo sguardo della madre, rosso vivo, ed i capelli blu di Kosmos, dritti come quelli di Kuruma. Anche in lui le sferette iniziavano a intravedersi, di colore argento, mentre l’armatura che si stava creando era d’oro.

“Qual è il maschio?” domandò Rukbat.

“Verificalo. Anatomicamente, io e te siamo uguali lì sotto, genio” mormorò Kosmos “Comunque è quello con gli occhi di sua madre”.

“Bellissimi” continuava a ripetere Sadalmelik, cullandoli.

Alfa ed Omega si erano seduti uno accanto all’altro, sorridendosi orgogliosi.

“I padroni di casa devono riposare adesso” mormorò la nuova nonna, vedendo che Kuruma, come Kosmos, aveva chiuso gli occhi.

“Come li chiamerete?” domandò Long.

“Non lo so. Non ci ho pensato” ammise Kuruma “Kosmos, tesoro, come li chiamiamo?”.

Kosmos non parlò, lanciò un lungo gemito che significava “Non ho voglia di usare il cervello adesso, fatemi dormire”.

“Passameli mamma, un momento” sussurrò la Signora Orientale, allungando le mani.

Con i gemelli fra le braccia, lei li guardò in viso per un po’, sorridendo felice.

“Astar” disse, dopo un po’ “La mia bimba si chiama Astar. E lui…” guardò il maschio, cullandolo “…lui è Algar. Cosa ne pensi Kosmos?”.

Kosmos sorrise, senza aprire gli occhi, segno che era soddisfatto dall’idea.

“Allora è deciso” esclamò Alfa, mettendo i bimbi nella stessa culla.

La compagnia dei sottoposti lasciò la stanza, il più silenziosamente possibile, e Alfa tornò alla propria casa assieme ad Omega. Kuruma e Kosmos si fissarono, per qualche istante, prima di addormentarsi. Erano rimasti da soli, loro due, assieme ai loro gemelli, che già si guardavano male.

 

FINE
   
 
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