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Autore: Light Clary    04/03/2015    4 recensioni
♬ Rossana credeva che la sua vita fosse perfetta. Era una semplice ragazzina di diciassette anni con una fama internazionale, fin quando un incontro inatteso non le ha rivelato di essere l'ultima discendente della stirpe degli Angeli Guardiani.
Tocca a lei e a Eric, intrepido ragazzo Demone, ad affrontare mille peripezie tra Vampiri, Streghe e Mostri, per salvare il fantastico mondo di IMPERIA. I due scopriranno presto di appartenere l'uno all'altro, ma potrà la loro unione sconfiggere la forza oscura che vuole impossessarsi dei loro cuori e annientare l'umanità? ♬
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Sana/Akito
Note: Lemon | Avvertimenti: Violenza
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Rossana si passò la piastra più volte sui lunghi capelli fluenti e li lasciò ricadere ancora caldi e lisci sulla schiena. Dopo essersi spalmata una crema disidratante sul viso e infilata una maglietta beige, si sedette sulla scrivania a cenare.
Aveva ordinato un pollo arrosto con patate e peperoni. Finalmente poteva gustare qualcosa tipica anche nel suo paese. E doveva ammettere che gli Americani ci sapevano fare con la cucina. Anche se li aveva giudicati solo in quell’albergo.
Con la pancia piena e il corpo perfetto, guardò un po’ di televisione sperando di trovare qualche programma che parlava di lei.
Ma il Tg, in inglese coi sottotitoli adatti a lei, spiegò soltanto le terribili catastrofi che stavano accadendo nella parte Settentrionale di Londra. A quanto sembrava, c’era stata un’esplosione che aveva raso al suolo un intero quartiere. Secondo quanto riportavano alcuni testimoni per fortuna sopravvissuti, avevano visto qualcuno cantare per le strade tenendo in mano delle fiaccole. A quanto pareva, una piccola festa tra ragazzini si era trasformata in un incubo.
Incupita da quelle notizie, Rossana cambiò canale sintonizzandosi su quello dello shopping. Non gli importava molto dei termosifoni e termoregolatori ad un valore da impresa. Però restò a guardarli lo stesso.
 Quando si fecero le 9 meno dieci, digitò sul telefono fisso il numero di James.
-Hello? – rispose la voce dalla cornetta.
-Sono io – disse la ragazza.
-Oh, Sana! – la riconobbe James – Are you ready?
-Yes … sì.
-Well! Aspettami in front of the elevator. Arrivo! – e riattaccò.
Rossana si infilò la piccola giacchetta di seta rosa sopra le vesti prestigiate. Dopo essersi passata ancora un po’ di cipria e di mascara e di aver agganciato il portachiavi a forma di rosa sulla scollatura della maglia, prese le chiavi e uscì in corridoio. Si diresse di fronte l’ascensore occupata, come gli aveva detto James e attese.
Passarono diversi minuti. Lei giocherellava con il suo portafortuna mentre nessuno entrava o usciva dall’ascensore. Restava sempre occupata. Dopo un pezzo, cominciò a pensare che si fosse bloccata. Indicava sempre il primo piano ma premendo ripetutamente il pulsante non si muoveva. All’inizio non gli era parsa così lenta.
Chiamò James per dirle che sarebbe scesa dalle scale e di aspettarla nel salone principale. Ma trovò la segreteria. Strano, si disse. Molto strano.
-Che seccatura! – canticchiò guardando il soffitto scolpito.
Rimase appoggiata al muro finché non si fecero le nove e quindici. Se non si fosse mossa avrebbe fatto tardi alla riunione con i dirigenti.
James non rispondeva.
L’ascensore non dava segni di vita.
Sembrava esserci solo lei.
-Basta – disse dopo il ventesimo minuto – Raggiungerò da sola l’aula magna! – e cominciò a scendere le scale. Avrebbe chiesto a qualche fattorino di indicarle la scala. I gradini però sembravano non finire mai. Sbucò su infiniti pianerottoli con piante e quadri, su corridoi di stanze sempre deserti, di fronte un ufficio per gli addetti alle pulizie. Provò a bussare ma nessuno aprì.
Dopo la decima scalinata, si rese conto che non poteva essere possibile scendere così tanti piani. In fondo lei si trovava al quarto. Poi capì. Si era persa.
Richiamò ancora James.
Hello. I can’t answer now. Speark after the beep.
Beeeeeep.
-Scusa James! – esclamò Rossana lasciando un messaggio vocale – Sono io. Ti sto chiamando perché mi sono persa. Non so a che piano sono. In questo momento mi trovo di fronte la stanza numero … 529? Ho sceso le scale. Non so se questo hotel ha le stanze che vanno dalla più grande alla più piccola. Ma solo … muoviti a rispondere e a darmi una mano. Grazie.
Mise in tasca il cellulare e sbuffando si sedette su un gradino. Com’era possibile che se poco prima era al corridoio che va dai 100 numeri in poi, ora era giunta ai 500? Probabilmente l’idea che i numeri andassero in ordine crescente era esatta.
Poco più tardi erano ormai le nove e venticinque.
Rossana stava cominciando ad intimorirsi. Bussò ad alcune porte del corridoio. Però nessuno venne ad aprirgli.
-Ma che cazzo è successo? – strepitò pestando un piede a terra – Sono spariti tutti?
All’improvviso sentì un cigolio familiare. Quello di cardini. Una porta che si apriva. Allora c’era qualcuno! Proveniva dal fondo del corridoio.
-Ehilà!? – chiamò cominciando a incamminarsi – Scusate? C’è qualcuno? – aumentò il passo. Ora non sentiva più niente. Forse l’individuo se n’era andato: - Scusate?- richiese passando davanti la camera 531.
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-C’è nessuno? – strillò cercando di attirare l’attenzione. Con gioia vide che la porta della 535 era semichiusa – Permesso? – domandò spingendo l’asse in avanti – Perdonatemi … ma ho urgente bisogno di una mano … - dall’interno della stanza non proveniva alcun rumore. Soltanto una voce. Che gli accarezzò le orecchie. Come se non sentisse un acuto da anni.
-Entra. Rossana.
Rimase immobile. Qualcuno la stava invitando a entrare. Chi poteva essere? Non conosceva nessuno lì a New York, a parte James. Però non sembrava suo quel tono.
Allora forse … era arrivata all’aula magna? Sì! Dovevano essere i dirigenziali che la chiamavano perché l’avevano in qualche modo riconosciuta. Tirò un sospiro di sollievo ed entrò sicura: - Good Evening. I’m Rossana Kurata. Nice to… - non poté continuare la sua presentazione che si era preparata da tempo. Perché ciò che vide non appena entrò non fu una sala ampia con degli uomini seduti su delle poltrone ad attenderla, magari con dei sigari in bocca, dei computer o dei cartelloni di progetti da mostrarle per la sua carriera. Niente di tutto questo.
Soltanto una persona seduta sul retro di una scrivania di legno pregiato. Una faccia mai vista prima.
-Buonasera -  disse l’uomo sorridendo – Rossana Kurata.
Rossana aggrottò la fronte. Quello sconosciuto la conosceva. Non era una novità. Dopotutto mezzo continente la conosceva. Ma nessuno sapeva che era lì a New York.
-Buonasera – ricambiò il saluto vedendo che conosceva la sua lingua – Mi scusi, ma … mi sono persa. Vorrei sapere dove mi trovo. Sto cercando l’aula magna.
Vide l’uomo alzarsi dalla scrivania ed aggiustarsi meglio quegli strani occhiali neri che portava nonostante non ci fosse nemmeno un raggio di sole: - E’ maleducazione presentarsi senza però chiedere all’altro di farlo – le fece notare.
Rossana aprì la bocca. La stava forse … rimbeccando?
-Ehm … mi … scusi – rispose facendo l’indifferente – Lei è …?
-Mi chiamo Rei – si presentò lo sconosciuto – Rei Sagami – tese la mano alla ragazza e gliel’afferrò – Gioioso di fare la tua conoscenza.
-Anche io – sorrise lei – Ma comunque le stavo dicendo … saprebbe dirmi a che piano mi trovo? Dov’è il salone principale? Dov’è l’aula magna?
-Non immagini quanto ho faticato per incontrarti, mia cara – Rei sembrò ignorare le sue domande – E ora eccoti qui.
-Le sto chiedendo dove posso trovare l’aula magna- insistette lei.
-Certo, sei bella – commentò l’uomo prendendole il mento – Davvero graziosa.
-Potrebbe prestare attenzione? – la ragazza si ritrasse – Mi serve aiuto. Sono in ritardo.
-Dimmi, quanti anni hai?
-Diciassette.
-Ah. Sei giovane. Ci distanziamo di quasi cinquant’anni.
La ragazza deglutì. Quel tipo, seppur affascinante, era inquietante. Stava dicendo cose senza senso. Sfortunatamente l’unica persona che aveva incontrato nell’ultima mezz’ora e che poteva aiutarla era uno strabico.
-Ehm … scusate … ma devo andare – disse cercando in tutti i modi di uscire dalla stanza. Mise una mano sulla porta. Ma quella non si mosse. Restò bloccata: - Ma cosa …? – si rese conto che la porta era serrata. Chiusa a chiave: - Ma perché diamine non si apre …?
-Perché vai di fretta? – gli chiese Rei parlandole direttamente invece di commentare il suo aspetto a sé stesso -  Ti vedi con qualcuno?
-Sì! A dire il vero! – esclamò Rossana – Ho un appuntamento con gli organizzatori del mio prossimo concerto. Mi hanno detto che sono molto supponenti. Non voglio farli irritare ancor prima di presentarmi.
-Non preoccuparti. Non arriverai in ritardo.
Lei si bloccò: - Come fa a dirlo? Dovevo essere lì alle nove e sono quasi le dieci!
-Ti ci porto io nell’aula magna – promise Rei – Ti chiedo solo di dedicarmi pochi minuti.
-Ma cosa dice? Io non la conosco nemmeno.
-Non ancora – l’uomo la prese per il braccio – Ma credimi che mi conoscerai meglio. Più di quanto credi.

 
  
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