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Autore: pamina71    19/03/2015    6 recensioni
Ho utilizzato i 3 movimenti di ognuno dei 4 concerti de "Le quattro stagioni" per una "song-fic" in cui ad ogni movimento di ogni stagione associo una scena dall'autunno 1788 all'estate 1789.
L'associazione è data più dalle sonorità che dai titoli dei singoli movimenti, oltre che dalla stagione rappresentata dal concerto. Suggerisco di leggere ogni racconto ascoltandone il tema, magari nell'esecuzione del Giardino Armonico. Per ogni tempo avremo un "violino solista" diverso.
La base dei racconti è principalmente il Manga della Ikeda (traduzione francese) comprese le Storie gotiche e il Gaiden di André.
E' la mia prima fanfic, ed ammetto di essere partita con un progetto ambizioso, visto che la cronologia e i singoli tempi dei concerti mi concedono davvero pochi gradi di libertà.
Genere: Introspettivo, Song-fic, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Lame e violini'
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Inverno in Fa Minore – Allegro non molto

Solista: Oscar François de Jarjayes


Agghiacciato tremar tra nevi algenti
Al Severo Spirar d'orrido Vento,
Correr battendo i piedi ogni momento


Non ce la faccio quasi più. Fa freddo, sempre più freddo ogni minuto che passa. Questo gelido vento alza i mantelli e si insinua nelle ossa. Chissà come stanno i soldati, come sta André. La loro divisa è più leggera. E questa sottile pioggia gelata, che forse diventerà neve, passa nel colletto, si appiccica ai capelli, inchioda i polsi sotto i guanti, gela le mani. Temo che sarà un inverno spaventoso1.

Non ho voglia di pattugliare un'altra volta questo quartiere.
Odio il Faubourg Saint'Antoine. Hanno incendiato manifatture, assalito borghesi, assaltato aristocratici. Ci è anche scappato il morto. E un paio di settimane fa hanno assalito la carrozza in cui mi trovavo con André.
E' successo a due incroci da qui.

Sono un soldato, non dovrei avere paura. Ma quando ripercorro questa via sono inquieta. Inquieta di giorno, figuriamoci ora, dopo il tramonto. Siamo solo in quattro, ben visibili con le nostre divise che la popolazione sta smettendo di temere e cominciando ad odiare. Per fortuna stiamo rientrando verso la caserma. Per fortuna siamo a cavallo, dovesse accadere qualcosa saremmo rapidi a fuggire, non come l'altra volta.

L'altra volta.
La volta in cui stavano per impiccare André.
La volta in cui per fortuna non è avvenuto.
La volta in cui mi sono accorta che temevo più perdere lui che perdere la mia stessa vita.
La volta in cui ho realizzato di amarlo.
La volta in cui sono cambiata.

A parte il dolore fisico, forse è stata un fortuna. Sono cambiata.
Ho capito che non devo attendere che la vita mi passi accanto.
Ho capito che non è solo un modo di dire: la vita è davvero fuggevole.
Ho capito che non la voglio sprecare.
Ho capito che cosa voglio, da questa vita.

Voglio passarla con lui.
Non gli ho ancora parlato, questa consapevolezza è così fresca e neonata che non ho parole neanche per me, figurarsi per lui. Ma mi sorprendo a fare dei gesti che non fanno parte delle mia abitudini. A cercare il suo tocco. A cercare il conforto, il suo calore, il suo odore.
So che ne è spiazzato, So che crede sia solo un modo per sentirmi meno in colpa.

Devo parlare con lui al più presto, prima di ripiombare nel nostro usuale modo di fare, scarno di parole e ricco di fraintendimenti.

Domani torneremo a casa. Gli parlerò domani.

E mentre era assorta in questi pensieri, mentre il vento spostava e tirava con forza il mantello, sentì arrivare un sasso del selciato e colpirla alla gamba. Ne arrivarono altri.
Non , non di nuovo, pensò, mentre urlava agli altri di fuggire. Ma Oscar attese, fino a che il cavallo di André non affiancò il proprio. Non voleva mettersi in salvo senza vedere dove andasse. Non di nuovo.
Anche Alain e François sapevano cosa fosse loro accaduto nel quartiere. Avevano ascoltato i racconti e visto le ferite di André. Spronarono i cavalli il più possibile, ma qualcuno già tirava i loro mantelli. Qualcun altro si aggrappò al mantello di Oscar. Era più leggera, e più debole, stavano quasi per disarcionarla, ma ebbe la prontezza di recuperare il pugnale che teneva nella sella e tagliarne la chiusura, che per fortuna non era metallica, ma in tessuto.
Qualcuno strattonò le staffe, qualcuno cercò di afferrare le redini.
Volarono altri ciottoli presi dal selciato, qualche pezzo di legno.
Spronarono i cavalli, ma non era facile, su quel terreno umido e ghiacciato. Inoltre anche gli animali erano intimoriti da quella gente rumoreggiante. Non erano molti, forse una ventina in tutto. Ma altri ne sarebbero arrivati, richiamati dal rumore. Occorreva fare in fretta.
Gli aggressori, li incalzavano, li stringevano.
Oscar vide balenare la luce di alcune lame, forse asce, forse spade.
Non potevano aspettare. Oscar rivide con la mente la forca preparata per André, lo immaginò appeso, vide se stessa e i soldati fatti a pezzi.
Non poteva permetterlo.
Più tardi si odiò, per questo, ma l'istinto le disse di fare impennare César e di portarlo a colpire quelli che le stavano davanti impedendo loro il passaggio.
Lo zoccolo del purosangue si abbatté su due uomini, facendoli cadere. Il subbuglio che si venne a creare permise ai quattro cavalieri di scavalcare i due a terra e di partire velocemente lungo il viale, verso la Caserma di Chaussée d'Antin.

Sono gelata. Cavalcare senza mantello è stato tremendo.
Ma non è solo questo.
Ora sono davanti al fuoco del mio ufficio ma non mi scaldo. Il tè non mi scalda. La coperta che mi avvolge non mi scalda.
Ho freddo dentro, il freddo della paura. Un gelo che mi blocca il respiro, che mi contrai gli addominali, che porta un tremito incontrollato alle mani. Il timore di perderlo.
Ancora di più, il timore di perderlo senza avergli parlato.
Dio, che egoista che sono! Egoista , come tutti i nobili! Abbiamo di nuovo rischiato la vita, e penso a questo!
Devo vederlo!

Si alzò e buttò distrattamente la coperta sulla poltrona che aveva occupato. Raddrizzò le spalle ad andò verso il corpo di fabbrica dove si trovava la mensa, certa che per scaldarsi e per rassicurarsi i tre compagni di quella disavventura sarebbero andati a consumare il rancio.
Da alcune settimane anche Oscar consumava pasti uguali a quelli della truppa, ma non aveva mai cenato con gli altri.
Furono stupiti di vederla arrivare. Cercò di mantenere un'aria serena, di non mostrare la propria paura, anche se il pallore delle guance forse diceva il contrario.
I tre suoi compagni di ronda, che erano stati assaliti dal resto della guarnigione per avere notizie, compresero. Le sorrisero, e la invitarono al loro tavolo.
Dapprima intimoriti, i soldati recuperarono in breve la loro naturalezza, e la prima cena del Comandante alla mensa fu piacevole.
Prima di ritirarsi per la notte, annunciò ad Alain, François ed André che avrebbe preso due giorni di licenza, a partire dall'indomani, per smaltire lo "sforzo" dell'accaduto. E che quindi, di diritto, sarebbe spettata anche a loro.

La sera successiva, dopo una giornata pigramente trascorsa a casa, Oscar sedeva tranquillamente nel salottino a piano terra, sulla sua solita poltrona, con in mano una copia di Manon Lescaut che però sfogliava svogliatamente.
André le sedeva di fronte, con un libro che invece sembrava assorbirlo parecchio.
La casa era tranquilla, perché la Contessa era a Corte, mentre le sorelle ed i nipoti sarebbero rimasti alcuni giorni a Nevers, da Louise Hélène. Nel camino scoppiettava un bel fuoco, la neve caduta nel pomeriggio rendeva ancora più ovattati i rari suoni provenienti dal palazzo.
Sul tavolino di fronte a loro due calici di un vino rosso dal colore particolarmente caldo.

Non avrebbe trovato una situazione migliore per parlargli, quindi richiuse il libro poggiandolo accanto ai calici.
Non poteva restare seduta, non era una conversazione d'affari.
Si alzò, ma aveva l'impressione di torreggiare su di lui, dando la sgradevole impressione della diade servo-padrone.
Andò allora a sedersi sul bracciolo della poltrona di lui.

André alzò lo sguardo dal libro e lo chiuse, incredulo davanti a tanta disinvoltura, ed attese.
Qualcosa stava cambiando. Da quando era stata chiesta in sposa, la vedeva cambiata.
- Hai visto, cosa è successo ieri, e l'altra volta? Sono un'incapace2, non ho neanche saputo salvarvi, salvarti. Non ho neanche potuto. Non sono buona a nulla. E mi concedo anche la debolezza di appoggiarmi agli altri. Eppure...
Poggiò una mano su quella di lui che reggeva il libro
- Eppure, tu riesci ad amarmi. Mi ami nonostante i miei difetti...
Un'esitazione, o una domanda? Una confessione?
- André, io ti amo.
Un sussurro ad occhi bassi.

André allentò la presa sul libro, che cadde, e aprì le mani in un abbraccio, un invito. Oscar ci si lasciò cadere. Lasciò che la stringesse e la cullasse.
- Vuoi che ti ripeta le parole a cui ho dedicato la mia vita? Vuoi che te le dica?
Le allontanò il viso per poterla fissare nelle iridi, stavolta, mentre lo diceva: - Ti amo.
E lei rimase ad attendere che quelle labbra forti e morbide raggiungessero le sue, ad attendere il bacio che conosceva3. Un bacio gentile e quasi commosso, che li lasciò felicemente turbati.
Si lasciò scivolare dal bracciolo alle sue ginocchia, gli passò una mano dietro la nuca e l'altra sulle scapole, per fargli poggiare la fronte nell'incavo tra il collo e la clavicola, per sentirlo suo, senza sapere di ripetere il gesto di possesso di milioni di madri.
Rimasero in silenzio, stretti in quell'abbraccio così familiare, a respirare il rispettivo odore, ad ascoltare le nuove emozioni, ad assaporare la nuova consapevolezza di quanto stava avvenendo. Poi Andrè alzò il volto, e senza parlare, la baciò nuovamente. Di nuovo un bacio leggero. Poi si baciarono ancora, ed ancora.
L'orologio a in bronzo dorato sulla mensola del camino suonò l'ora, mentre sui baciavano. Quando suonò il quarto ancora non avevano smesso. Persino i due angeli musicisti che reggevano il quadrante sembrava che li guardassero stupiti, mentre rimanevano allacciati, incuranti del mondo e dimentichi del tempo che scivolava via.

Si staccarono solo per guardarsi negli occhi.
In quel momento, Oscar iniziò ad essere consapevole dell'accaduto, realizzò di essere stata lei a dichiararsi per prima, di essere andata a sedersi così vicino a lui, e poi addirittura di esserglisi seduta in braccio. La colse un turbamento completamente nuovo, un imbarazzo del tutto femminile, l'impressione di essersi comportata in maniera sfrontata. Avvampò ed abbassò lo sguardo.
Andrè rimaneva fermo ad osservare quelle gote chi si colorivano, quegli occhi che mutavano espressione e poi si volgevano altrove. Per un attimo ebbe timore che si fosse pentita.
Le sollevò il volto con la mano destra, obbligandola a lasciarsi scrutare. Sembrava ...intimidita?
- Forse adesso penserai che sono stata troppo...sfacciata...
Un sussurro.
André quasi non credeva alle proprie orecchie. Non una volta in vita sua Oscar si era posta il dubbio di essere sconveniente. Nemmeno durante lo sciagurato ballo per trovarle un pretendente, ed ora riusciva ad imbarazzarsi con lui e per lui. Decisamente qualcosa in lei stava mutando.
- Non lo penso. Non lo penserò mai. Anzi, mi piace questo tuo nuovo modo di fare.
Arrossì ancora di più, nel sentirselo dire.
Per quella sera, non sarebbe riuscita a reggere né altre parole, né altre emozioni. Posò le sue labbra su quelle di Andrè, in modo leggerissimo – Buona notte, amore mio. Poi si alzò per andare nella propria stanza.
- Buona notte. Cerca di svegliarti ancora sfacciata come stasera.

Salì le scale leggera nei gesti e nell'animo, sorridendo. Sono riuscita a dirglielo! L'ho addirittura baciato! E per fortuna i suoi sentimenti non sono mutati!
Chiuse la porta dei propri appartamenti e vi poggiò la schiena, sorridendo. Quanto sono felice!
Si svestì lanciando gli abiti a caso sul pavimento. Sono contenta di essere nata!
Si buttò sul letto, rannicchiandosi tra le lenzuola gelate. Sono fidanzata!
Sospirò e chiuse gli occhi. Ti amo.

André lasciò il salottino per andare verso la sua stanza sentendosi come se non avesse peso. Mi ha detto che mi ama! Ci siamo persino baciati!
Chiuse la porta sospirando. Quanto sono felice!
Si svestì lanciando gli abiti a caso sul pavimento. Sono contento di essere nato!
Si buttò sul letto, rannicchiandosi tra le lenzuola gelate. Chissà ora cosa vorrà fare? Ma non importa. Mi ama, e tanto mi basta.
Sospirò e chiuse gli occhi. Ti amo.

Il mattino dopo (Già l'ultimo di questa brevissima licenza! Peccato!) fecero colazione insieme nelle stanze di Oscar. Mangiarono quasi in silenzio, recuperando gesti ed abitudini antiche, ma con una nuova serenità. Si guardavano, sorridevano, illuminati dal sole che si rifletteva sul giardino innevato.
Oscar capì che però André non l'avrebbe baciata nuovamente se lei non si fosse accostata per prima. Anni di timore gli impedivano forse di fidarsi completamente. Così gli prese la mano e si sporse per sfiorargli le labbra. Ma stavolta André non si accontentò di baci languidi e dolci. Ne prese uno soltanto, ma che fu cùpido, assetato, un incontro assoluto e una presa di possesso definitiva.
Si scostò lasciandola esausta e con la sensazione di avere ancora molto da apprendere sui suoi baci.

Le sorrise.
- La casa è piena di gente, non possiamo rimanere così. Qualcuno verrà a vedere cosa stiamo combinando...
- Allora, suoniamo4. Sono secoli che non riusciamo a trovare il tempo!
- Si, ma, appunto, sono secoli. Partiamo con qualcosa di semplice.
Accordarono i due violini, poi, come da sempre, iniziarono con una scala all'unisono5. La scala era un rito di inizio. Avvisava il palazzo di non dover entrare. Lavava dalla mente, dagli occhi e dalle dita la pesantezza della vita di fuori. Apriva alla musica, chiudeva al mondo.
Dapprima suonarono piccole cose tradizionali inglesi, un regalo portato da Constance, per riprendere l'agilità delle dita intorpidite dalle redini, dalla spada.
Poi passarono al duetto in Fa maggiore di Boccherini che si adattava bene al loro spirito del giorno. Erano abbastanza arrugginiti entrambi, quindi impiegarono parecchio tempo a riportare le dita all'agilità necessaria. Ma quando furono di nuovo sciolte, la loro vecchia e insieme nuovissima comunione di spirito emerse e rese quel momento un attimo di incanto, un bacio aereo e impalpabile fatto di legno, corde e archetti.

Al termine si abbracciarono e ascoltarono semplicemente il suono del loro respiro.
Poi un nuovo bacio, di labbra e carne, questa volta. Si riscossero, sentendo il rumore di una carrozza, seguito dal vociare dei nipotini e dalle chiacchiere delle sorelle di Oscar. Oh, no! Già qui?
Si separarono malvolentieri, e scesero ad accogliere i nuovi arrivati.

Josephine li guardò sopraggiungere...non aveva mai visto una simile espressione appagata sul volto della sorella. Mai.















1L'inverno 1788/1789 fu estremamente rigido in quasi tutta Europa; fino ad oggi per molte capitali il Dicembre 1788
fu il più freddo da quando vengono misurate le temperature. Gelò la Senna impedendo l'arrivo della legna per riscaldamento via fiume, la Manica per quasi 10 km dalla riva, a Parigi il 31 Dicembre la temperatura scese a -21,8° .

2Nota cronologica. Saint'Antoine dovrebbe avvenire poco prima del 19 novembre 1788. La scena da cui traggo ispirazione ora nel manga si situa a fine giugno, quando i soldati vengono portati alla prigione dell'Abbaye. Voglio regalare ai protagonisti qualche mese di felicità in più. Nel manga Oscar si dichiara ad André, poi fino al 12 luglio sembra abbiano una specie di fidanzamento, con baci ed abbracci, e anche nel Gaiden Andrè le dice che ha occhi solo per lei. Non amo molto invece questa parte dell'anime, che pone la dichiarazione e la prima notte nello stesso momento.

3Riferimento al manga.

4In un mondo senza riproduzione digitale della musica, l'educazione musicale anche tra i borghesi era molto più diffusa di quanto si immagini. Non vedo quindi perchè nell'educazione generale impartita anche ad André avrebbero dovuto trascurare la musica. La stessa Ikeda nei Berukids gli fa suonare il flauto. Nel manga Oscar suona il violino (molto più realisticamente, rispetto all'anacronismo dello Steinway laccato bianco dell'anime!!!), quindi qui ho deciso di dare un altro violino anche a lui.

5Uso abbastanza comune anche per avviare i piccoli gruppi anche tra studenti. Qui omaggio a "Una musica costante" di Vikram Seth.

   
 
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