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Autore: slashsriffs    29/03/2015    6 recensioni
Los Angeles, 1987.
Lisa ha vent'anni, vorrebbe divertirsi ma non può, perchè dentro di sè sente di averne ottanta.
Una sera di maggio incontra Slash, un chitarrista squattrinato che insieme al resto della sua band riscuote una certa notorietà nella città degli angeli.
La loro può sembrare una passione durata una singola notte fatta di alcol e forse stupefacenti, ma le cose cambiano quando da sobri un paio di occhi neri ritrovano le grandi pupille chiare che lo avevano tormentato notte e giorno.
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Superati le 10k letture e i 550 voti favorevoli su Wattpad.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Izzy Stradlin, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Slash si era svegliato al fianco di Lisa, come ogni mattina da cinque mesi si ritrovava con il petto coperto dai lunghi capelli scuri della ragazza che sembrava sempre preferire il sonno alla realtà che l’aspettava una volta che le palpebre avessero finalmente rivelato al mondo i suoi occhi chiari.
La pelle accaldata strusciava contro quella di Lisa che era magnificamente nuda, le lenzuola avevano raggiunto i loro abiti sul pavimento, sporche di qualche goccia di sangue.
Ricordò velocemente quello che era successo la sera precedente, era ancora il suo compleanno e non avrebbe sprecato il tempo rinchiuso nella stanza dell’hotel. Anche se Cape Girardeau sembrava non offrire nulla di eccitante se non il Missouri, in cui avrebbe potuto nuotare, non vedeva l’ora di trascinare con sé il resto della band per l’ennesima bravata.
Si voltò di nuovo verso Lisa, il respiro tranquillo ed un buco sul braccio esile, si chiedeva se come lui ne avrebbe collezionati altri. Immediatamente il dubbio che aveva soppresso qualche ora prima nel buio con l’eroina tornò a tormentare la sua mente malata: perché Lisa l’aveva fatto? Cosa l’aveva spinta a bucarsi?
L’immagine di lei chiusa in una stanza, rannicchiata sola in uno degli angoli oscurati con i capelli a ricoprirle il volto, gli si parò dinanzi e un brivido percorse la sua schiena nuda.
Lui ne aveva viste tante di ragazze che si drogavano ed erano sole, proprio perché non avevano uno spiraglio, un rimedio alla solitudine. Persone che si credevano pazze, e finivano per diventarlo davvero, pregando Dio di aiutarle ad uscire da quel mondo sconfinato e grigio che era il sentirsi soli.
Tutti sentivano la solita donnetta che si permetteva di giudicare ciò che i ragazzi di quegli anni si spingevano a fare, oltrepassando il limite.
Quel “ oh, è terribile quel che i ragazzi fanno a se stessi, la droga è una cosa tremenda!” l’aveva ascoltato così tante volte.
Ma poi li osservavi bene, quelle donne e quegli uomini che si credevano superiori, e ti accorgevi che in realtà non avevano naso, occhi, bocca, denti, cervello, anima, spirito, calore, niente. Solo un bastone. E ti chiedevi come poteva essere possibile che il loro thè con i pasticcini li avesse ridotti a quello.
Guardò ancora una volta la ragazza al suo fianco, accarezzando con lo sguardo le curve del suo magnifico corpo.
Ricordò il suo viso rilassato nel momento in cui la droga era entrata nelle sue vene, spinta dallo stantuffo della siringa, il suo primo flash, veloce come un lampo e intenso come uno spasimo.
Era partita, via, lontano da quella camera, ma così vicino a lui, viaggiava il mondo restando aggrovigliata tra le lenzuola di un letto non suo.
Era questo l’effetto della droga, poteva renderti un Dio o uno straccio. A te la scelta.
La gente pensava che si trattasse di miseria, morte, disperazione, merdate del genere che , si, non andavano ignorate.
Ma dimenticava quanto fosse piacevole, il momento in cui l’astinenza veniva placata dal calore del piacere.
Quanti ragazzini aveva sentito dire che volevano provare, che avevano ascoltato i loro amici che dicevano che era il massimo, meglio del sesso, e che ci credevano.
Dicevano di essere ormai adulti, avevano i soldi e gli spacciatori se ne fregavano dell’età e delle conseguenze, afferravano le banconote e li lasciavano affondare nel limbo dei tossici: sarebbero stati troppo a pezzi per dormire, troppo stanchi per stare svegli. Sudori, nausea, brividi e un bisogno diverso da tutti gli altri che li avrebbe abbracciati fino a soffocarli: la voglia di droga. 
Slash si ripeteva di non pensarci, che non era un problema per lui, che non doveva preoccuparsi perché ne sarebbe uscito.
Era facile a dirsi e ad esserne convinti quando quella merda circolava ancora nel suo sangue.

Si riscosse sentendo il corpo di Lisa muoversi pigramente, allungando le braccia e distorcendo le labbra, lentamente gli occhi si aprirono incontrando il sorriso di Slash che la stava aspettando da qualche minuto. 
Lo aveva guardato con desiderio, ricordandosi che era ancora il suo compleanno e che doveva dargli il suo regalo.
Lui credeva che quella notte Lisa gli avesse regalato se stessa, ma questo la ragazza l’aveva fatto nel momento in cui aveva deciso di partire con lui cinque mesi fa, seguendolo in giro per il mondo.
Ormai Lisa era sua, rinchiusa nella scatola di metallo insieme alle siringhe, all’accendino, al cucchiaio e alle dosi di eroina.
Lei, se avesse potuto, l’avrebbe rinchiuso in quella scatola a forma di cuore che le aveva regalato per San Valentino e che custodiva gelosamente, nascosta tra le sue cose all’interno della valigia.
E mentre lui sarebbe soffocato tra i ricordi che Lisa collezionava all’interno di quella scatola, lei sarebbe sprofondata tra le pasticche e i lacci emostatici.
Distese le lunghe gambe e appoggiò la schiena alla parete di cui non riusciva ad identificare bene il colore, chiedendosi se fosse un giallo o un bianco ricoperto di muffa.
Passò una mano tra i capelli, mentre chiedeva a Slash di passarle una sigaretta che fu presto tra il suo indice e il suo medio.
Nel momento in cui portò la Lucky Strike alla bocca, iniziò a ricordare gli avvenimenti della sera precedente, grazie ai quali aveva perso il sonno, aveva perso Slash e anche il mondo.
Sorrise, non si era mai sentita così bene in vita sua, il chitarrista aveva ragione, ti sentivi in pace con te stesso e con il mondo.
Le era piaciuto, si era dimenticata di tutto e tutti, della tristezza che pian piano si stava facendo risentire.
Sperava che un giorno non avrebbe più veduto lacrime e l’amore non le avrebbe più spezzato il cuore, ma l’avrebbe aiutata a scacciare tutte le sue paure più grandi, a superare gli ostacoli.
E accecata da chissà quale sentimento, chissà quale pensiero l’aveva spinta a credere che quell’amore che avrebbe distrutto tutti i timori, risolto i problemi e svelato i misteri fosse Slash.
Si voltò nella sua direzione, in silenzio osservava il suo profilo, le labbra carnose che reggevano pigre la sigaretta, non sapeva neanche lei con quale coraggio, ma iniziò a parlare, a scoprirsi strato per strato…

“ Sono nata a Los Angeles ma ho vissuto in tante di quelle case che alle fine credevo di non averne una” rivelò e in quel preciso istante Slash si voltò, gli occhi spalancati e curiosi, scostò la sigaretta dalle labbra per lasciar andare il fumo, avvicinandosi per ascoltare ogni singola parola.

“ Tyler è sempre stato il mio unico amico, non solo mio fratello, e mi dispiace che le cose siano cambiate” ammise, aspirando lentamente la nicotina che avrebbe ulteriormente rovinato i suoi polmoni malandati.

“ Quando avevo quindici o sedici anni, mi sono trasferita nel Westside con mia madre e mio fratello. Mio padre se n’era andato con la scusa che non avrebbe sopportato vedere mia madre morire lentamente. In realtà credo che quel figlio di puttana non l’abbia mai amata” le sue mani tremavano e il tono sarcastico della sua voce divenne più basso, ma Slash preferì starsene in silenzio ad ascoltare, pensando che se avesse fatto qualcosa in quel momento, Lisa avrebbe cambiato idea e lui non sarebbe riuscito a scoprire ciò che si trascinava da quando l’aveva incontrata.

“ Non potrò mai dimenticare il volto di mia madre quando si azzardò a dirle che non riusciva ad accettare la sua malattia. Era inverno, lo ricordo perché sento ancora il vento freddo sulla pelle quando tutti e tre ci mettemmo alla ricerca di un motel in cui poter dormire. Avevamo lasciato la nostra casa a South Central a causa dell’affitto, non avevamo abbastanza soldi per quello e per le medicine necessarie per curare mia madre” prima di lasciar andare sul pavimento il mozzicone della sigaretta fumata nervosamente in poco tempo, Lisa tirò sul suo corpo il lenzuolo che era ai piedi del letto.

“ Mia madre era troppo stanca, Tyler aveva un braccio rotto e ricordo ancora i lividi sul mio volto quando osservai il riflesso del mio corpo allo specchio della piccola camera del motel che riuscimmo ad affittare per qualche notte” abbassò lo sguardo sulle mani che continuavano ad intrecciarsi.

“ Un braccio rotto?” domandò a quel punto Slash, divorato dall’ansia di sapere.

“ Mio padre era ubriaco quella sera. Ci ha ferito in tutti i modi in cui una persona può essere ferita” bastarono quelle parole, dette con odio e disgusto.

“ Merda” fu tutto quello che riuscì a dire dopo quella scioccante rivelazione, cercava di rimuovere dalla mente la scena che si ripeteva veloce, Lisa picchiata da un uomo, che sarebbe dovuto essere suo padre e che avrebbe dovuto amare, e un ragazzo, suo fratello, che per difenderla si era rotto un braccio, penzolante dopo la caduta.

“ Sono riuscita a coprire i segni, le cicatrici” la sua piccola mano sfiorò il tatuaggio sul suo braccio per poi raggiungere la croce rossa che le decorava la coscia.

“ Ma non riuscirò mai a dimenticare” un sorriso amaro lentamente si fece spazio sul suo volto, che poco dopo tornò serio.

“ Passò qualche mese e grazie al lavoro di mio fratello riuscimmo ad affittare un piccolo appartamento nei dintorni del Sunset Boulevard, ma le condizioni di mia madre iniziarono a peggiorare e avevamo bisogno di soldi. Così andai alla ricerca di un lavoro, ma nessuno sembrava voler assumere una minorenne” sbuffò, scostando una ciocca di capelli che era scesa a ricoprirle la fronte accaldata.

“ Tranne gli spacciatori, ovvio. Non pensai alle conseguenze, sapevo soltanto che quei soldi mi servivano. E poi, a diciotto anni, quando le cose continuavano a peggiorare, persi la verginità con un perfetto sconosciuto che mi cacciò fuori con soltanto un paio di banconote in mano. Lo feci per altre due, tre volte.. Poi, il lavoro al Roxy e le cose sembravano davvero andare bene. Fino a quella sera, fin quando i medici non ci informarono del peggioramento di mia madre” si alzò dal letto, lo stomaco le faceva male e gli occhi le pizzicavano, era sul punto di piangere ma non avrebbe permesso che lui la vedesse in quelle condizioni.

Lentamente si diresse verso il bagno, chiuse la porta alle sue spalle lasciando Slash nel completo silenzio, ancora attento ad assorbire ogni minima parola e ad imprimerla nella mente.
Mentre lui si accendeva un’altra sigaretta, Lisa si affrettò a ripararsi dietro la tendina bianca della doccia, l’acqua calda a riscaldarle il corpo freddo in piena estate.
Sentendo il rumore del getto di acqua, Slash lasciò andare la sigaretta, spegnendola ancora intera sul metallo della scatola contenente le dosi e gli attrezzi, e si diresse verso il bagno, facendo attenzione a chiudere in silenzio la porta alle sue spalle, raggiungendo la doccia e scostando di poco la tenda per ritrovare Lisa con la testa contro le mattonelle e le braccia a circondarle la vita.
Si soffermò ad osservare la sua spina dorsale, in quei mesi con lui era dimagrita e fino a quel momento gli occhi di Slash non se n’erano resi conto. Ma restava ugualmente bellissima, i capelli che le arrivavano quasi a ricoprire il sedere in mostra e le spalle rilassate.
Tutto quello che voleva in quel momento era far sparire quel peso che sembrava esser caduto sul suo stomaco, le faceva sempre così male ricordare il suo passato ed era per quel motivo che si limitava a tenersi dentro tutto quello che la faceva soffrire. 
Una lacrima fugace si mischiò alle gocce d’acqua che ricoprivano il suo viso adesso del tutto privo di trucco, sfiorò con l’indice la zona del braccio dove la notte precedente un ago si era intrufolato facendola sentire così bene.
Un brivido le percorse la schiena e si voltò affinchè tutto il suo corpo beneficiasse del caldo dell’acqua, ma si spaventò alla vista della figura di Slash che attento studiava ogni suo movimento.
Aveva soffocato un urlo per la paura, ma doveva aspettarselo, in fondo erano soli in quella stanza e difficilmente il chitarrista avrebbe permesso a qualcuno di entrare.
Lisa puntò i suoi occhi in quelli di Slash e si guardarono per diversi secondi, sembrava che il tempo si fosse fermato e che avesse ricominciato a scorrere colpevole nel momento in cui il ragazzo la raggiunse, liberandosi dei pantaloncini che indossava, e facendo subito scontrare le loro labbra.
Il contatto della pelle di Lisa contro la sua gli provocò un formicolio che si estese in tutto il corpo accendendo il suo desiderio.
La mano di Slash si muoveva sicura tra i suoi capelli attirandola a lui, facendole sfuggire un gemito. I palmi delle mani di Lisa finirono sul suo petto, per poi salire sulle spalle e accarezzargli il collo con i pollici.
Si lasciò cadere tra le sue braccia, che la strinsero forte, Lisa sentì il cuore di Slash battere all’impazzata all’unisono con il suo.
Lisa era in balia delle sue labbra, non aveva mai provato tanta eccitazione, paura, felicità, terrore e sgomento tutti insieme.
Ormai non riusciva a controllare più se stessa, era come se la sua mente ed il suo corpo si fossero bruscamente distaccati.
Mentre le loro labbra giocavano armoniosamente l’una con l’altra, nella mente di Lisa una domanda iniziò a farsi spazio tra gli altri mille dubbi: era forse quello l’amore?
Ma né il suo cuore né quel bacio seppero darle una risposta.
Fu solo quando la mano di Slash le accarezzò dolcemente il viso, che tutti i dubbi svanirono, come se quel tocco vellutato fosse bastato a trasformare qualcosa in lei, un brivido freddo e poi caldo le percorse la schiena e si strinse ancora di più a Slash che sembrava non voler andare oltre quel bacio.
Lisa lo ringraziò silenziosamente quando un’altra lacrima solcò il viso pallido mischiandosi alle gocce d’acqua che scorrevano lente, capendo di amare Slash, di esserne perdutamente innamorata.
Allontanò di poco le sue labbra, quel tanto che bastava per riprendere fiato, portando il suo indice a toccare il bordo della sua bocca, cominciando a disegnarla come se uscisse dalla sua mano.
Slash la guardava, la guardava da vicino, sempre più vicino, sorridendole, i loro occhi si allargavano, si attaccavano tra di loro. Respiravano confusi dai sentimenti che provavano l’una per l’altro, le loro bocche si incontrarono e si assaggiarono con tepore, Slash le mordeva di tanto le labbra, appoggiando appena la lingua tra i denti.
Allora le mani di Lisa si intrufolarono tra i suoi capelli, iniziando ad intorcigliare i ricci tra le sue dita e sospirando per avergli finalmente raccontato parte della sua vita, per esser riuscita a fidarsi di lui.






 

 
Spazio autrice:
e finalmente sono riuscita a pubblicare anche questo capitolo!
Ringrazio le persone che continuano a seguire la storia, come sempre, siete importanti per me, mi date la carica per continuare questa storia che si sta rivelando più triste del solito, forse?
Non lo so, sono solo convinta che sia abbastanza diversa da quelle che ho letto sui Guns, e per il momento non posso che esserne spaventata.
Ma, ahimè, quando scrivo non sono più me stessa, ma divento Lisa o Slash o qualunque altro personaggio di questa fanfiction.
Tornando al capitolo, spero come sempre di non avervi deluso.
Momento importante perchè Lisa si confida con Slash, riesce a raccontargli parte della sua storia, se non tutta con poche parole, ma bastano quelle a racchiudere la sua esperienza con il mondo che la circonda.
Inoltre capisce finalmente di essere innamorata del nostro bel chitarrista, che per il momento sembra non capire quello che sia il cuore che la sua mente gli stanno suggerendo, accecato dalle sensazioni della droga.
Riuscirà ad ammettere a se stesso di amare Lisa? Beh, chi lo sa. Non lo so neanche io, se per questo.
Se siete curiosi abbastanza, seguirete la storia per scoprirlo ;)
Per quanto riguarda l'immagine alla fine del capitolo, vi informo che quella scatola apparteneva a Kurt Cobain, leader dei Nirvana per chi non lo sapesse, ritrovata sul luogo della sua morte.
E sia questa scatola che le sue canzoni mi hanno ispirato molto per quanto riguarda questi ultimi due capitoli.
Infatti il titolo di questo è proprio una delle loro canzoni.
Come sempre vi invito a lasciare una recensione, soprattutto a voi lettori silenziosi ;)x

 
   
 
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