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Autore: latour    04/04/2015    4 recensioni
[Raccolta di song-fic dedicata alle canzoni dei GazettE]
I. Akai one piece; Ruki. "Questo abito di pizzo rosso è il mio unico orgoglio."
II. Zakurogata no Yuuutsu; Reita, Ruki. "Se potessi morire per te, allora questa sarebbe la mia felicità..."
III. Namaatatakai Ame to Zaraitsuita Jounetsu; Aoi, Uruha. "Ho perso tutta la gelosia che provavo nei tuoi confronti. Ora, sono l'unico che hai nel cuore?"
IV. Red MoteL; Kai, Ruki. "Sul rosso, rosso letto, il mio animaletto domestico puzza di sangue."
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Red MoteL

Titolo: Red MoteL
Personaggi: Kai, Ruki
Pairing: //
Traduzione della canzone:
Red MoteL
Rating:
Arancione/ROSSO
Avvertimenti:
Tematiche forti / Violenza / Tematiche sessuali / Linguaggio forte


Red MoteL


Red Motel”. Un nome piuttosto anonimo e scontato, visto il colore accattivante che tinge sia le pareti esterne, sia quelle interne dell'edificio. Edificio che, tra l'altro, del motel non ha granché. Sembra più una casa, un'enorme villa a più piani arredata in maniera soffocante e spocchiosa – elegante, certo, ma in perfetta contraddizione con le attività che si svolgono al suo interno. In giro per Tokyo di case di piacere non se ne vedono molte, ma il Red MoteL è una di quelle, la più famosa e ricercata. Le ragazze e i ragazzi che vi lavorano sono i migliori di tutto il quartiere a luci rosse, per questo mi sono recato qua. Non mi accontento di comuni giovani, voglio solo il meglio. Per quello ho pernottato per un giro indimenticabile con la cosiddetta “regina del quartiere a luci rosse”. In pochi la conosco, in meno ancora possono permettersela – o permetterselo, se vogliamo essere precisi.
Con un sorrisetto compiaciuto mi reco al bancone d'accoglienza, vedendo la
mama di mezz'età che mi accoglie a sua volta con una smorfia compiaciuta. «Nome e ricevuta.» disse con distacco, allungando una mano rugosa dalle unghie volgarmente dipinte del medesimo colore che caratterizzava l'intero complesso.
Senza dir nulla, le allungo la ricevuta sulla quale è riportato il necessario. La legge attentamente e, con un fiammifero, le dà fuoco, dopo averla accuratamente posata in una ciotola in terracotta già colma di cenere e carta bruciata. «Pagamento anticipato, deve solamente versare la cauzione di 15.000 yen.» aggiunse la donna. Come richiesto, le consegno anche quella misera somma – misera in confronto a ciò che avevo pagato per concedermi una nottata con la “reginetta” – e mi faccio dare la chiave. Stanza numero 17, quale sfortunata coincidenza.
«Terzo piano, in fondo al corridoio. Sulla porta c'è una targhetta con inciso il numero, ma penso che ormai lo sappia già,
Kai-san.» sibila freddamente la mama chiamandomi col mio soprannome identificativo, sistemandosi meglio una forcina nei capelli tinti di un nero ancor più scuro ed intenso di quello dei suoi piccoli occhietti penetranti e infossati dal tempo.
Le abbozzo un gentile inchino e, stringendo la piccola chiave d'ottone nel palmo della mia mano, mi dirigo su per le scale, sentendo l'eccitazione salire gradino dopo gradino. Primo piano... secondo piano... terzo piano. La moquette rossa è priva di macchie; sembra che nessuno vi abbia mai camminato sopra – forse l'hanno cambiata da poco. Con passo lento mi trascino fino alla porta situata in fondo al corridoio silenzioso. Le altre camere sembrano tutte vuote, ma ciò non fa scemare la mia eccitazione che, man mano che mi avvicino alla stanza in cui è nascosta l'affascinante puttana che mette le mani sui soldi altrui, si fa sempre più prepotente e intensa, facendomi salire degli strani mugolii rochi dalla gola.
Mi fermo davanti a quella dannatissima porta. Il pomello dorato sembra anch'esso nuovo. Infilo la chiave nella toppa e la giro una, due volte, finché non sento la serratura scattare con un suono sordo. All'interno della camera, sento qualcosa muoversi; un frusciare di coperte, un tintinnare vitreo.
Entro nella stanza. I miei occhi impiegano solamente pochi secondi ad abituarsi alla penombra.
La luce fioca e tremolante delle candele illumina maldestramente la figura che, con comportamento smagliante, si stende sul letto dalle lenzuola pulite color cremisi. L'odore dell'acqua di colonia è soffocante e forte, quasi da farmi venir la nausea.
Sul letto, la reginetta si dimena. Danza coi bronzei capelli arruffati. Danza per me, per colui che, schifoso, ha pagato con soldi sporchi. Mi chiudo la porta alle spalle, girando ancora la chiave nella toppa. Ora siamo solamente io e
lui. Io e il giovane ragazzo dall'aspetto efebico che ha conquistato i cuori di parecchi altri uomini simili a me. Sotto il babydoll in pizzo trasparente riesco a vedere chiaramente ciò che si cela fra le sue gambe e non posso far altro che sorridere divertito.
«Come minimo ti aspettavo già eccitata per me...» gli dico, riferendomi a lui con fare femminile. Questa è la regola del Red MoteL – tutti coloro che ci lavoravano sono da considerarsi ragazze.
«Ma come,
chichi-san...» cinguetta abbassandosi a prendere qualcosa che si trovava ai piedi del letto. «Sono tua fino a domani mattina, perché non ce la prendiamo comoda?» continua con quel suo tono fastidiosamente confidenziale e volgare, ammiccandomi con le lunghe ciglia fini. Fra le piccole mani pallide, tiene una bottiglia di vino rosso. Mi avvicino a lui e gliela sfilo dalle dita, recandomi poi al mini-bar per versarne in dosi uguali in due bicchieri. Senza farmi notare, mentre lui mi assilla con le sue stupide parole scoccianti e monotone, estraggo dalla tasca della mia lunga giacca pesante una piccola boccettina. Rido quando leggo ciò che ho scherzosamente scritto su quella piccola fiala di vetro: Sogni d'oro”. Verso il contenuto in uno dei due bicchieri, osservando una piccola schiuma color violetta formarsi per poi dissiparsi completamente nel giro di poco, senza lasciare alcuna traccia se non un impercettibile alone violaceo sulle pareti del bicchiere.
Ripongo la boccetta vuota nella mia tasca e, prima di avvicinarmi alla reginetta con i bicchieri in mano, mi libero dal cappotto e dagli stivali pesanti. Delicatamente, mi siedo sul bordo del letto accanto a lui, passandogli il
suo bicchiere i vino mentre una delle sue piccole mani scivola fra le mie gambe.
«Oh
chichi-san, sei così contento di vedermi? Sei già duro come la roccia... non vedo l'ora di mangiarti a partire dal basso.» ghignò lui con quella sua vocina fastidiosa che probabilmente mi avrebbe perseguitato per un bel po'.
«Non credere che ci andrò piano... ti farò del male, ti farò urlare... e ti farò
sanguinare
Brindiamo. Lui, ingenuamente, si beve il bicchiere di vino tutto d'un fiato. È solo questione di pochi secondi prima che la droga faccia effetto. Infatti, mentre le mie mani carezzano ogni centimetro di quella pelle candida e nivea, sento il suo corpo avvampare e il suo fiato farsi sempre più corto. Mi guarda con due occhi liquidi e languidi, facendomi venir voglia di lacerargli quel bel musetto con le mie stesse unghie. La rabbia mi assale improvvisamente e, senza accorgermene, mi ritrovo con una mano stretta contro la sua gola, le dita che premono contro la sua carne con una violenza che neppure sapevo di possedere. Lui annaspa in cerca di aria ma, tutto sommato, sembra divertito da quel trattamento che gli sto riservando.
«Più forte... più forte... più forte...»
Quei suoi rantoli giungono più che chiaramente alle mie orecchie e, come richiesto, stringo ancor di più la morsa contro la sua gola delicata, sentendola quasi sul punto di spezzarsi. Una lacrima sfugge dai suoi occhi e la sua bocca si sta riempiendo di schiuma e di saliva. Per lui non provo compassione, né tantomeno pietà... solamente pena. E ribrezzo.
Proprio quando il suo colorito sembra farsi di un cupo color cenere, stacco le mani dal suo collo, osservando con piacere come le dita della mia mano vi si siano impresse. Tossisce convulsamente in cerca d'aria e rigetta maldestramente parte del vino che ha bevuto, lasciando che l'odore della sua bile si mescolasse a quello dell'alcool e dell'acqua di colonia. Ormai non riesco più a trattenermi. Mi disfo della camicia e della cintura, slacciando i pantaloni e abbassandomi l'intimo solamente per liberare la mia virilità dolorante e gonfia oltre misura.
La vedo riprendersi mentre si avvicina sensualmente a me nonostante il rossetto sbavato e le labbra ancora impregnate dei suoi succhi gastrici. Sorrido mestamente, afferrandogli con violenza i capelli castani fino a che non sento la punta del mio membro affondare nella sua gola stretta e accogliente. Lo vedo ansimare e dimenarsi, mentre i suoi occhi resi opachi dalla droga si fanno ancor più umidi e colmi di lacrime. Il “filtro d'amore” sta facendo il suo bel lavoretto, a giudicare dai suoi umori che, copiosamente, vanno a macchiare le lenzuola. Non riuscendo a resistere oltre, mi libero fra le sue labbra e, senza dargli il tempo di recuperare, mi muovo dentro di lui con due dita, mettendomi a cavalcioni delle sue gambe magre e pallide. Il mio seme cola dalla sua bocca oscenamente tinta di rosso e il suo sguardo perso mi fa irrigidire ancora una volta.
L'aria nella stanza s'è fatta pesantissima. Insieme all'odore dell'acqua di colonia e a quello del vomito s'è unito quello dello sperma e dell'urina che quella piccola cagna s'è lasciata sfuggire. Senza accorgermene, vengo ancora una volta mentre fisso i suoi occhi impauriti. Ormai doveva aver capito quali intenzioni avevo.
«Dovrei carezzarti brutalmente e farti venire fino allo sfinimento, dolcezza?» gli domando affettuosamente, carezzandogli quel suo visino accartocciato dal terrore. Neanche m'ero accorto che era già venuto una volta, sporcandosi il bacino piatto. Lo guardo dall'alto, rimanendo a cavalcioni sulla sua esile figura. Sul rosso, rosso letto...
«Sei il mio animaletto domestico,
Taka-chan
I suoi occhi da cucciolo si sgranano, diventano ancor più grandi e impauriti. Mettendosi le mani davanti al volto, cerca in tutti i modi di coprirsi per sfuggire da me. Rido a pieni polmoni, afferrandogli i polsi per poter osservar meglio il suo viso. Mi avvicino alle sue labbra e catturo la sua bocca in un bacio, trattenendo i conati che mi salgono dallo stomaco a causa del sapore acre che gli è rimasto impresso addosso. Intreccio la lingua alla sua, catturandogliela infine fra i denti. Senza pensarci due volte, gliela mordo violentemente, sentendo il sangue caldo riversarglisi in bocca. Un urlo gli sale dalla gola, simile ad un rantolo colmo di straziante agonia.
Mi stacco da lui, tenendo le ginocchia affondate nel materasso morbido. È completamente bagnato e sta piangendo con occhi vacui. L'ho pietosamente violato nel nostro gioco osceno e, senza requie, sta ancora piangendo, senza aver capito il motivo di questo mio coltello sfoderato. La lama brilla cupamente alla fioca luce incerta delle candele che si stanno consumando; è fredda e, a contatto con la sua pelle morbida e rovente, sembra ghiaccio a giudicare dai suoi spasmi. Seppur sia drogato a dovere, s'è reso conto della situazione in cui è piombato. Mi implora, mi insulta e ancora mi supplica di non fargli del male. Con un sorrisetto, mi accorgo che, nonostante tutto, la sua eccitazione non è ancora scemata. Il suo piccolo sesso è pulsante ed eretto, il suo corpo attraversato da dei violenti tremiti e madido di ogni sorta d'umori. Fa per dirmi qualcosa, ma è troppo tardi. Le sue labbra si contraggono spasmodicamente in un'espressione di dolore misto a sorpresa. Sul rosso, rosso letto...
«Il mio animaletto domestico puzza di sangue...»
Le mie parole vibrano nell'aria pesante. Non ottengo nessuna risposta, solo un macabro gorgoglio. Il coltello scintilla, affondato in quella gola morbida che tanto bramo. Il sangue si riversa a fiotti sulle lenzuola, confondendosi col loro colore cremisi. Infine, mi decido a liberarmi dagli ultimi indumenti che indosso. Così, senza grazia, lo prendo e lo faccio mio, sentendo la sua vita spegnersi mentre ancora affondo nel suo corpo che si fa man mano più freddo e rigido. Le labbra hanno un colore livido e violaceo e gli occhi sono spenti, come se una leggera patina li ricoprisse.
Riverso il frutto del mio piacere dentro il suo corpo ancora tiepido. Lo guardo con dolcezza, gli carezzo il volto. Proprio come lui, ho tanti sostituti quanti ne desidero... peccato che la mia corsa non sia ancora giunta al termine.
Con le mani sporche del suo sangue, cerco una sigaretta. Me la accendo fra le labbra, rimanendo sdraiato vicino a lui nel letto sfatto e sporco. Ci vorrebbe un miracolo per pulire tutto questo disastro... per fortuna che ho tempo di spassarmela fino a domani mattina, quindi per ora non ha senso preoccuparmi del dopo. Intanto nessuno sarebbe venuto a cercarci. La
mama sorriderà col suo solito fare compiaciuto non appena verrà a conoscenza del mio impeccabile lavoro. Forse si lamenterà delle lenzuola sporche e di tutto il resto, ma... poco importa, ora sono così stanco che vorrei solamente dormire. Penso che dormirò in bagno, nell'ampia vasca ad angolo, visto che il corpo della reginetta comincia a puzzare. Tutto quel sangue, poi, mi fa letteralmente girare la testa... non credevo che un corpo tanto minuto potesse contenerne tanto.
Prima di andare a lavarmi, però, gli sistemo i capelli; il piccoletto sembra dormire pacificamente col dorso affondato nelle lenzuola e le gambe ancora aperte. Avvolgo il suo corpo lenzuolo, dandogli poi un bacio sulla fronte gelida. Casualmente, il mio sguardo scivola sull'orologio che teneva sul comodino. Pensavo fosse passato più tempo, invece ci ho messo meno del previsto... sorrido, affondando una mano in quei capelli morbidi e profumati. Anche mentre dorme, sa essere accattivante e meraviglioso. Mi chino ancora a baciargli la fronte, inspirando il profumo della sua pelle. Infine, avvicino le labbra al suo orecchio, raddrizzando meglio la lama del coltello che squarciava la sua gola.
«Addio, mio dolce tesoro...»










Ecco che appaio quando meno ve l'aspettate.
Pensavate che avessi lasciato perdere questa raccolta, vero...? E INVECE NO. Quando l'ispirazione viene sotto la doccia e si ha il pomeriggio libero, meglio cogliere l'occasione mettersi a scrivere subito. Ancora mi chiedo perché certe idee mi vengano sempre sotto la doccia... forse dovrei smettere di lavarmi una volta per tutte – ma ovviamente non lo farò per ovvie ragioni che non sto neanche ad elencarvi. Comunque, sto parlando da sola.
Ehm... non saprei davvero come giustificarmi per aver scritto una cosa del genere. La colpa è della doccia, giuro. Avevo già in mente di scrivere una song-fic legata a Red MoteL, ma non pensavo di scegliere proprio Kai e Ruki... e non pensavo di poter arrivare a scrivere tanto. Non ho messo il rating rosso per tener la raccolta accessibile a tutti, ma l'ho comunque messo negli avvertimenti. Spero di non avervi turbato troppo, anche perché mi sentirei in colpa altrimenti...
Inizialmente avevo pensato a Uruha e Aoi come personaggi principali, ma mi sarebbe troppo dispiaciuto far finire una delle OTP nel sangue! E alla fine... beh, Kai e Ruki mi sono sembrati perfetti. Non chiedetemi il perché, non saprei rispondervi. Uhm... chiedo venia per eventuali errori o imprecisioni. E per tutta questa violenza gratuita. Sappiate che vi voglio bene, gne.
Alla prossima (anche se non so quando, lol)!

- g.

   
 
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