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Autore: pamina71    10/04/2015    11 recensioni
Ho utilizzato i 3 movimenti di ognuno dei 4 concerti de "Le quattro stagioni" per una "song-fic" in cui ad ogni movimento di ogni stagione associo una scena dall'autunno 1788 all'estate 1789.
L'associazione è data più dalle sonorità che dai titoli dei singoli movimenti, oltre che dalla stagione rappresentata dal concerto. Suggerisco di leggere ogni racconto ascoltandone il tema, magari nell'esecuzione del Giardino Armonico. Per ogni tempo avremo un "violino solista" diverso.
La base dei racconti è principalmente il Manga della Ikeda (traduzione francese) comprese le Storie gotiche e il Gaiden di André.
E' la mia prima fanfic, ed ammetto di essere partita con un progetto ambizioso, visto che la cronologia e i singoli tempi dei concerti mi concedono davvero pochi gradi di libertà.
Genere: Introspettivo, Song-fic, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Lame e violini'
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Con il terzo movimento si conclude il Cimento. Fatemi sapere cosa ne pensate, e grazie a tutti quelli che lo hanno inserito tra i seguiti/preferiti/ricordati. Grazie moltissimo a chi mi ha inserita negli autori preferiti.

Spero che vi sia piaciuto. A presto.

 

 

 

Estate in Sol Minore - Presto - Tempo Impetuoso d'Estate

Solista: E. O.1

 

 

Ah che pur troppo i suoi timor sono veri
Tuona e fulmina il cielo grandinoso
Tronca il capo alle spiche e a’ grani alteri.

Il 13 luglio arrivò e portò tempesta. Tempesta di urla, di fiamme e bastonate, tempesta di fuoco sulle folla, che presero il posto dei lampi e della grandine.
E a prendere il posto dell'acqua il sangue colato sul terreno. Sangue caduto in pozze che parevano di pioggia, sangue sceso da ferite inferte su inermi passanti che si godevano il lunedì estivo, caduti come viene piegato il grano da un temporale estivo. Sangue raggrumato con la terra in tristi fanghiglie.
La calura portò in alto l'odore del sangue, quell'aroma talmente vitale da ricordare il metallo, divenuto talmente forte da essere nauseabondo. L'afa attirò le mosche, pronte a pascersi di quello scempio.
E lo scempio attirò soldati, altri soldati. Mercenari attestati attorno alle mura, pronti a sparare senza rimorso alcuno.

La folla si muoveva a grappoli per le vie, come gruppi di biscrome troppo veloci su un pentagramma troppo affollato. La paura per alcuni, l'eccitazione della sfida per altri le spingeva e le incalzava. Come la punta di un archetto fende l'aria leggera della sala da concerto così le zappe e bastoni fendevano quella pesante delle vie strette e l'aria bollente delle piazze.
Come l'archetto strofina le corde con veemenza così la violenza dei corpi premuti gli uni sugli altri, buttati addosso dalla calca, pigiati e spinti dall'ira creava contatti di paura e morte.
Le mura daziarie circondavano Parigi come una gigantesca cassa di risonanza, che diffondeva verso tutta la Francia terrore e gioia, senso di libertà e spavento. Paurosa ed affascinante al contempo, come una tempesta, un uragano, la rivoluzione stava iniziando il proprio corso. La folla ormai era una forza della natura. Pericolosa ed irrefrenabile. Anche la compagnia B si trovava in mezzo a quella torma tumultuante.

Al crepuscolo, quando le campane2 di molte chiese iniziarono a cantare il lutto i superstiti si contarono. Ne mancavano molti.
Anche André non era più con loro. Era stato colpito al torace, forse al polmone, mentre era a cavallo3 da un soldato del Royal Allemand. Avevano provato a portarlo in salvo, ad allungarlo sul selciato, ma non era servito a nulla. Li aveva lasciati in fretta, sereno e felice di aver ottenuto ciò che desiderava dalla vita. Un amore, quello a cui aveva dedicato la sua esistenza. Un matrimonio, persino, a cui prima di poche settimane avanti non aveva neanche osato sperare. Forse per questo, tra lo stupore dei commilitoni, non si disperò, ma lasciò questo mondo così come lo aveva sempre occupato, quietamente e dolcemente. Unico momento di consolazione e pace in quella bufera di anime e di corpi.

Chi invece si abbandonò al tormento fu Oscar, fuggita via dalla vista del suo corpo esanime, dalla consapevolezza che non l'avrebbe più rivisto, che non avrebbe più sentito la sua voce.
Corsa incontro ai mercenari chiedendo loro di spararle addosso, si era lanciata in un disperato vagabondare per le vie della città, implorando la morte, chiedendo al cielo che le strappasse il cuore o le desse almeno il sollievo di una misericordiosa follia che le liberasse la mente dai pensieri. La notte era trascorsa in questo modo, nel ricordo di un sorriso o di un sospiro, nel rimpianto di aver tardato così tanto ad accorgersi di un amore tanto grande, nel richiamare una sensazione, nella memoria del suo corpo che la teneva e si spingeva nel proprio, nelle accuse a quello che, morendo, l'aveva abbandonata e lasciata sola.

L'alba si levò nuovamente limpida e calda, un affronto al dolore di tutti coloro che rimanevano a piangere i caduti, una presa in giro per l'infinità di precedenti giornate piovose che stavano affossando i raccolti.
Oscar si riscosse dal dolore, dalla fatica delle lacrime e della notte insonne. Si chiedeva come avrebbe fatto. Il senso del dovere (il mio stramaledetto senso del dovere, ma è una cosa che faccio anche perché André lo vorrebbe) le impose di raggiungere i suoi soldati e partecipare alla nuova giornata di insurrezione e battaglia.
Ma arrivata di fronte a quelle divise, uguali a quella che portava lui, venne di nuovo sopraffatta dallo scoramento. Mi hanno tolto metà del mio cuore, mi hanno strappato la mia metà migliore. E Dio vuole che io sopravviva? Che io viva malgrado questo? Io sono morta...sono morta con te. Sono morta anche io4.
E stato una ragione per vivere. Ora sarà la mia ragione per morire qui.

Di nuovo la folla divenne un animale assordante e pericoloso. Le urla, i colpi di arma da fuoco, il clangore di armi improvvisate, il fragore delle cannonate da e verso la Bastiglia, i lamenti dei feriti, i pianti dei superstiti, le grida straziate di chi aveva perso qualcuno. Questo era il suono che colpiva le orecchie quel giorno destinato a divenire storia.
Anche Oscar era stata colpita, senza che il suo ferimento intaccasse la dolorosa sinfonia di suoni. Aveva chiesto ai soldati di continuare il cannoneggiamento. Un flebile lamento si era aggiunto alle centinaia di altri identici lamenti di feriti. Il pianto dell'amica Rosalie si era aggiunto alle decine di pianti.
Solo un sussurro, la sua voce, che diceva:- Vado a raggiungere André. Mi aspetta laggiù. Non piangere Rosalie, io sono in pace. Ho amato, odiato, pianto, ho vissuto come volevo.
Nel fragore passò del tutto inascoltata l'assenza del battito di un cuore, il fruscio di un corpo abbandonato a terra, un soffio di vento a muovere un ricciolo. Una pausa al termine di una lunga partitura. Il sospiro di un archetto al termine della propria corsa.

La gente si alzò dalle poltroncine in velluto rosso. Gli stucchi e le dorature della sala risuonarono di un forte e duraturo applauso. Qualcuno aveva uno sguardo commosso, alcuni sorridevano, molti avevano ancora l'occhio un po' perso...
Quando gli uomini in marsina sul palco si inchinarono a ringraziare il battimani che stava iniziando a scemare riprese con maggiore vigore. Colui che occupava la posizione centrale, alto, magro e con dei particolari occhi verdi mise entrambi le mani sullo sterno, poi le allargò come a significare che tutta la sala era inclusa nel ringraziamento. I colpi aumentarono ancora in velocità e volume. Espresse un ultimo gesto di riconoscenza con un muto inchino, recuperò i fogli e si avviò verso il retro del piccolo palco.
Tra gli astanti, gli uomini si sistemarono le giacche, le donne recuperarono le stole leggere. Tutti si avviarono verso l'uscita, attraverso le pesanti porte in quercia.
Una bionda sulla trentina, con un grazioso abito lilla fissato appena sotto il seno da un nastro piatto in puro stile impero, sorrise al suo accompagnatore, un giovane uomo con occhi e capelli castani, che indossava una giacca nera e degli eleganti pantaloni grigi.
- E' stato commovente, non trovi? - Le chiese facendole strada per attraversare l'ampia sala.
- Sì, mi sono davvero emozionata.
- Sono stati precisi e convincenti, molto espressivi, una buona gestione delle frasi e dei tempi.
- Parli sempre da giornalista, anche in queste occasioni.
- E' il mio lavoro, lo sai. Però mi chiedo come riesca a trovare sempre l'ispirazione per essere così efficace in ogni occasione. Anche in questa; di solito le commemorazioni sono noiose e poco sentite.
- Se riesci ad intervistarlo, dovresti chiederglielo.

Nel frattempo, nel retro del palco, l'uomo con gli occhi verdi si sfilò la marsina, e si rivolse agli altri:
- Stasera abbiamo suonato proprio bene. Era da un pezzo che le Quattro Stagioni non ci venivano così.
Poi ordinò con cura i fogli che aveva utilizzato, li mise in una vecchia tracolla di pelle la cui tasca anteriore era occupata da una consunta copia di Berisaiu No Bara.







Stavolta avevo bisogno del narratore onnisciente.

Le "dolens", quelle gravi per suonare a morto.

Nel manga avviene così, non sotto il ponte come nell'anime. Anche le scene che seguono sono in accordo al manga.

Nel manga sembra quasi di capire che Oscar muoia due volte. Prima come donna, quando muore André, poi come soldato, quando abbandona la vita definitivamente. Nell'anime, la sua morte sembra invece molto più vicina al suicidio.

   
 
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