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Autore: Achernar    17/05/2015    6 recensioni
“Ma lui ่ morto, Yugi. ศ morto!” ormai le lacrime scorrevano senza pi๙ un freno dalle sue guance e Anzu scuoteva la testa freneticamente. Non avrei dovuto alzare la voce, non avrei dovuto alzarmi di scatto dal divano. Non avrei dovuto lasciare quel maledetto dito sulla scrivania.
“No, non ่ morto finch้ non lo dico io!” ho urlato.
Non avrei mai dovuto lasciarlo andare.
Genere: Dark, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Atemu, Dark/Yami Yuugi, Yuugi Mouto
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Buona domenica lettori e lettrici! Non posso credere che siamo arrivati all’ultimo capitolo di Pictures of You. Credo mi mancher aggiornare questa storia, ma dopo un viaggio tanto lungo direi che tutti voi vi siete meritati un finale degno di questo nome. Ci vediamo a fondo fic per le note di rito e, ancora per una volta,


Buona lettura!


Domino, 29 febbraio 2004

Atem rimise in tasca il cellulare non appena letto il messaggio.

Anche il cellulare era un regalo di Yugi. Ogni cosa che possedeva lo era. Persino se stesso. Ne era grato, certo, ma non fino al punto da cambiare idea.

Lo schermo del telefonino si spense da solo dopo qualche secondo, la luce elettronica smise di filtrare attraverso la tasca della felpa grigia e Atem ingoi un sospiro. Era passata una settimana da quando Yugi gli aveva detto che avrebbe ultimato il programma per quella domenica e da quel giorno, Atem non lo aveva pi sentito. Sapeva di non aver bisogno di rassicurazioni perch anche se gli aveva mentito tutto questo tempo, questa volta Yugi sarebbe stato sincero. Ryou, Anzu, tutte le poche persone con le quali avesse parlato non avevano fatto altro che ripetere che Yugi era la persona pi onesta che conoscevano. Peccato avesse deciso di mostrare ad Atem un’altra parte del suo carattere. In buona fede, certo. Sapeva che era stato tutto in buona fede. Lui non odiava Yugi. Non pi.

Gli avrebbe fatto piacere rivederlo un’ultima volta, accomiatarsi… in fondo avevano passato dei bei momenti, anche se Atem non provava mai nulla di pi forte che la mera tentazione di sorridere quando si soffermava sulle volte in cui aveva stretto Yugi a s, convinto che fosse la cosa giusta da fare. Non c’erano farfalle nello stomaco, non c’era calore che gli pizzicasse le dita. E non sapeva se era per via di quello che non avrebbe mai provato per Yugi, o perch erano cose che semplicemente non era stato programmato per provare.

Programmato… Non l’avrebbe mai saputo, preferiva concedersi il beneficio del dubbio e andarsene con la convinzione di preservare ancora un briciolo di umanit, anche se Yugi aveva insistito nel ripetergli che ne possedeva ben pi di quella che dava a vedere.

Vieni in laboratorio il 29. Se hai davvero deciso, porta Ryou con te. Ti voglio bene.

Ripens per l’ennesima volta all’sms di Yugi. Non riusciva a spiegarsi perch gli chiedesse di portare anche Ryou. Forse servivano due persone per occuparsi di Atem una volta spento, e Yugi da solo non bastava, anche se era strano visto che la prima volta il ragazzo era stato da solo… Forse sarebbe stato semplicemente troppo scosso per occuparsene, forse aveva bisogno dell’appoggio di un amico. Anche non comprendendola completamente, Atem era cosciente del peso che questa seconda separazione avrebbe avuto per Yugi, e almeno per questa sua richiesta, lo giustificava.

In fondo erano poche le cose che Atem comprendeva, o che riusciva a provare, e fra queste non c’era il rimorso. Non si sentiva egoista nel desiderare la morte. Avrebbe messo le cose a posto, sarebbe stato il suo modo di chiedere scusa e di evitare di soffrire in futuro, di scoprire cosa volesse dire non essere vivo mentre le persone attorno a lui cadevano una a una col passare degli anni. Proprio come aveva detto Yugi: le persone si indeboliscono, scompaiono a poco a poco, invece lui sarebbe stato risparmiato, ma Atem non lo voleva. A lui non sembrava una maledizione invecchiare, era una possibilit che avrebbe accolto con serenit.

Ti voglio bene.

E poi… quelle parole. Perch aveva sentito il bisogno di scriverle, dopo tutto quello che si erano detti? Yugi sapeva che non sarebbe riuscito a fargli cambiare idea, cos come sapeva che Atem non avrebbe risposto al suo messaggio. Era stato Ryou a farlo infatti, aveva chiamato per chiedere davvero conferma: in sette giorni il programma sarebbe stato pronto.

Atem non aveva idea di come Yugi facesse a essere cos preciso con la data, ma prefer continuare a ignorarlo: anche se si fosse trattato solo di stime, gli avrebbe concesso due o tre giorni in pi se necessari, non avrebbero cambiato le cose.

Quello che era strano era invece l’aver lasciato interamente ad Atem il compito di chiedere a Ryou di venire: quando Atem aveva chiesto al suo nuovo inquilino se Yugi gli avesse domandato di fare qualcosa, il ragazzo dai capelli bianchi aveva scosso il capo con aria confusa. Era evidente che non sapesse nulla, ignorava che la sua presenza era stata richiesta durante la procedura: Yugi non lo aveva coinvolto ulteriormente, lasciando ad Atem tutte le responsabilit del caso. Poteva tirarsi indietro o accettare, ma per farlo avrebbe avuto bisogno dell’aiuto di qualcuno. Era un handicap studiato apposta per ostacolarlo? Forse s. Neanche Atem ne era del tutto sicuro. Se fosse stato abbastanza convinto delle proprie emozioni, se si fosse fidato abbastanza di loro, sarebbe stato pronto a giurare di aver un presentimento. Ma non si fidava di quello che gli dettava il suo cervello di titanio, cos lo ignor.

Il corridoio per l’ingresso passava di fronte alla camera da letto di Ryou, ora in universit. Neolaureato. Chiss dove lo avrebbe portato il futuro. Magari in Egitto, l’oggetto della sua tesi… Ad Atem non sarebbe dispiaciuto visitare l’Egitto, gliene avevano parlato cos tante volte... Era una delle pochissime cose delle quali avesse memoria, anche se quei ricordi non erano i suoi, e si chiedeva come sarebbe stato vedere le piramidi, vedere i luoghi che avevano segnato la vita della persona che prima di lui aveva portato il suo nome, vedere quello che Yugi non era riuscito a dimenticare.

Non avrebbe mai avuto occasione di ripensarci, sorrise debolmente, non esisteva alcun aldil per lui, alcun posto in cui tornare, c'era solo il nulla, il vuoto, il nero. Le sue esperienze non contavano. Atem era stato creato per cancellare il passato, era condannato a un eterno presente e non esisteva nulla che potesse fare per cambiare quella realt. Salvo non accettarla. Salvo distruggersi.

Il sole brillava con insolito vigore per la stagione invernale, un mattino cos particolare, come la sua data, e i raggi bianchi scintillavano sul vetro del piccolo mobile accanto al letto di Ryou, fratturandosi in minuscole gocce di arcobaleno. Dietro, al di l della superficie trasparente, giacevano ancora le statuine del vecchio RPG, sul cui conto Atem non aveva mai osato fare domande. La figurina del piccolo incantatore somigliava fin troppo a Yugi, ma questa volta le sensazioni che Atem prov guardandola furono ben diverse da quelle che gli avevano attraversato la mente mesi prima, quando l’aveva presa in mano per la prima e unica volta. Quel giorno stava cercando di ingannare il tempo perch la sua mente era affollata da cos tante domande che non era in grado di intavolare una conversazione coerente come gli altri, quel giorno si sentiva un bambino spaurito, abbandonato all’asilo per la prima volta, il bambino che, quando sua madre si ferma a parlare di cose da grandi con le amiche, tira fuori di tasca il giocattolo che si era portato da casa e aspetta pazientemente che lei finisca di chiacchierare e torni a prestargli attenzione.

Yugi gliene aveva prestata fin troppa. Yugi… madre... Atem prefer allontanare il pensiero non appena riaffior di nuovo, presto sarebbe stato tutto finito, non c’era bisogno di tormentarsi ancora la coscienza, sempre ammesso che lui ne avesse una. Eppure le bamboline al di l della vetrinetta sembravano guardarlo ancora e per un secondo fu tentato di avvicinarsi, aprirla e tirarne fuori una per portarla con s a casa di Yugi. In un certo senso si sentiva identico a loro. Vuoto. Magari Ryou ne avrebbe costruita anche una a sua immagine, per ricordo…

Ryou. Ryou non sarebbe venuto con lui in laboratorio: Atem aveva pensato di mandargli un messaggio poco prima che il programma di spegnimento venisse avviato, in modo che potesse raggiungerli pi tardi, a procedura conclusa, e aiutare Yugi in qualunque cosa avesse bisogno di aiuto. Lo aveva gi salutato. La sera prima, quando Ryou gli aveva chiesto conferma della data, e poi quella mattina stessa, prima che uscisse per andare in universit.

Si erano abbracciati, Ryou aveva gli occhi lucidi, Atem si sentiva cos vuoto da non riuscire a piangere. Non aveva mai pianto. Non era neanche sicuro di esserne capace. Visto lo zelo di Yugi nel costruirlo per, non lo escludeva. Ryou sembrava non averci fatto caso. Si era asciugato gli occhi con il dorso della mano, e stringendo di nuovo Atem gli aveva confidato per la prima volta la sua opinione.

Mi mancherai.

Pietrificato da quelle parole, Atem era rimasto in silenzio, alla ricerca di una risposta con cui controbattere.

Ma io non sono lui aveva mormorato alla fine, un’obiezione che sentiva il dovere di dover fare.

Lo so. Lo abbiamo sempre saputo. Ma eri una parte del gruppo ormai… eravamo tornati a sorridere… Ma una tua decisone, quello che vuoi… non ti chieder di restare.

Ryou aveva sorriso dolcemente, poi gli aveva dato le spalle ed era uscito agitando la mano in segno di saluto. Atem non poteva credere che qualcuno, a parte Yugi magari, avrebbe mai sentito la sua mancanza. Mancanza per lui, non per quello che la gente vedeva in lui. Non per l’altro Yugi. Ma non sarebbe mai stato capace di discernere da quale dei due derivassero i sentimenti delle persone che lo circondavano: anche ammesso che Ryou fosse sincero, che cosa dire degli altri? Loro non avrebbero rimpianto la sua assenza. L’altro Yugi se ne era andato. Atem era un incidente di percorso.

Atem non avvertiva il freddo. La sua pelle diventava pi rossa o pi pallida a seconda della temperatura, ma lui non era in grado di determinare cosa fosse caldo o cosa fosse freddo. E l’aria gelida di fine febbraio, contraddizione dei raggi di sole che poco prima rimbalzavano sul vetro del mobile, non era nulla di cui lui avesse consapevolezza.

Camminava con passo sostenuto, rifiutandosi di pensare ancora, di elaborare scenari e possibilit, di cambiare idea. Era la scelta giusta, lo sapeva, era meglio per Yugi e meglio per tutti. I morti devono restare tra i morti.

Era una lezione che Yugi ragazzo avrebbe dovuto apprendere alla vecchia maniera, forse ancora pi dolorosamente della prima volta. In fondo, non era bastata…


Yugi non aveva idea di quello che sarebbe successo da quel momento in poi.

Non c’era modo di controllare quello che sarebbe successo dopo, ma ad alleviare il suo cuore c’era la consapevolezza di sapere che era giusto cos: non aveva pi diritto di controllare nulla nella vita di Atem, e tanto meno dei suoi amici. Ripose il diario nel cassetto, consapevole di non averlo concluso con una vera e propria fine ma, in fondo, lui non era mai stato uno scrittore. Quel libro cos simile a un’agenda, dalla copertina cobalto sbiadita, era stato il suo compagno durante quel viaggio. Ora che il viaggio era finito era giusto che riposassero entrambi. Eppure... chiss... magari Atem sarebbe stato in grado di scrivere un degno finale.

Yugi scosse la testa con un piccolo sorriso mentre richiudeva a chiave il cassetto che aveva ospitato il diario per tutti questi anni, salvo i periodi trascorsi a Tokyo e al MIT. Si slacci la catenina, sottilissima, dal peso quasi irrisorio come la chiave che da essa pendeva, e pure cos fine, la collana lasci attorno al suo collo ormai vuoto un senso di mancanza che lo colm di sconforto. Era come perdere il puzzle ancora una volta. Perderne i pezzi. Non poterlo pi ricostruire.

Rimise a posto la penna, ripieg con cura la lettera. Anche quel gesto non era certo stato il lavoro di un grande artista della letteratura, ma piuttosto che sparire nel nulla, aveva preferito salutare un’ultima volta i suoi amici. Ammesso che loro lo considerassero ancora tale dopo quello che avrebbe fatto.

Si alz dalla scrivania riponendo con cura la sedia, si avvi in bagno e afferr le scatole di sonniferi, se le infil nelle tasche per poi tornare ancora una volta nel laboratorio. Accese il computer principale, apr il programma, spense il monitor. Afferr la giacca e trasfer le pastiglie negli ampi scompartimenti di tessuto del cappotto.

Si guard intorno un’ultima volta, sospirando impercettibilmente. Richiuse la porta alle sue spalle. E usc.


L’insegna infantile del Kame Game Shop brillava di un giallo giocoso in lontananza, ma Atem non affrett il passo. Il tempo, ora che sapeva che era contato, scorreva con un fluire insolito, come se fosse in grado di dare valore alle pi piccole frazioni di secondo o buttare via minuti interi perdendoli nella noncuranza e nella fretta. Era una sensazione strana, per la prima volta da quando aveva scoperto chi fosse veramente si sentiva padrone di qualcosa. Padrone della propria morte.

Ripens alle giornate che aveva passato in negozio aiutando Yugi a servire i clienti, di quel giorno che il ragazzo gli aveva insegnato a giocare a Duel Monsters, di quando aveva insistito per cedergli una delle carte pi rare del proprio deck. Una carta che, aveva detto, era la stessa che un caro amico adorava. Adesso Atem sapeva chi fosse il caro amico a cui Yugi si riferiva, sapeva cosa aveva voluto dire per lui separarsi da quel Mago Nero. Sapeva che era sbagliato, ma non lo sentiva. Forse perch non aveva mai conosciuto l’altro Yugi. O forse perch era solo una macchina.

Anche se all’ingresso faceva bella vista un cartello bianco con la scritta ‘chiuso’, la porta del negozio era aperta e Atem entr accolto dal tintinnio dei campanellini del piccolo scacciapensieri, appeso proprio sopra l’uscio. Gli era sempre piaciuto quel suono. Sorrise. Poi il suo volto si fece grave e impassibile di nuovo mentre avanzava verso il bancone. Si guard intorno alla ricerca di qualche segno che gli dicesse dove fosse Yugi. Il ragazzo avrebbe dovuto aspettarlo nel laboratorio, ma Atem non riusciva a sentire nessun suono proveniente da quella stanza e decise che, prima di controllare l, avrebbe fatto un ultimo giro per la casa alla ricerca del suo creatore e di qualche ricordo, ricordi diversi da quelli che avevano condiviso in quei giorni di ignoranza, ricordi del vero lui: del finto Atem.

La scala gli parlava proprio di questo, di continui bip elettronici che si affacciavano a intermittenza nella sua mente man mano che il suo cervello eseguiva le procedure di accensione.

Bip.

Scansione ambiente circostante.

Bip.

Registrazione forme di vita.

Bip.

Attivazione memoria.

Bip.

"Yugi".

Poi la scala. La camera di Yugi. Il nome di Atem. I ricordi che non volevano saperne di combaciare e che adesso, sapeva, non l’avrebbero mai fatto. Lo specchio. Il suo viso. Il vuoto e il sentirsi inutili. Yugi che non lo aveva mai fatto sentire inutile. Yugi che si era fatto del male per lui, Yugi che si era illuso fino a questo punto.

Era una bomba a orologeria destinata ad esplodere, e lo avrebbe fatto con la stessa serenit degli stormi di kamikaze che si buttavano in picchiata contro le navi da guerra americane.

Quando decise che ne aveva abbastanza, Atem torn finalmente in negozio e si decise ad aprire la porta del retrobottega.

Yugi-.

La stanza era vuota. Le sedie rigorosamente al loro posto. La superficie del tavolo immacolata.

Lentamente, come immerso in un sogno, Atem si avvicin alla scrivania.

Dov’era Yugi? Avrebbe dovuto essere l ad accoglierlo, a provare a fargli cambiare idea un’ultima volta magari, ad aiutarlo ad avviare il programma di spegnimento per poi essere raggiunto da Ryou quando Atem non avesse avuto pi modo di sapere cosa stava succedendo intorno a lui.

Yugi?.

Le sue parole gli rimbalzarono contro come un’eco e per un lungo minuto Atem rimase immobile al centro della stanza, in attesa.

Yugi! url finalmente.

Ancora una volta non ricevette risposta.

Atem sentiva la rabbia cominciare ad accumularsi dentro di lui: Yugi era scappato, lo aveva abbandonato per non doversi addossare la colpa della sua morte, l’ennesima scusa per rimandare e non abbandonare il passato.

Era tentato di chiamare Ryou e chiedergli se ne sapeva qualcosa, se poteva aiutarlo a cercarlo, se conosceva qualche altro modo per spegnere Atem. E poi i suoi occhi si fermarono su un foglio di carta piegato in due, a sinistra della tastiera del computer principale. E Atem si accorse che il pc non era spento, ma semplicemente in standby. Muovendo il mouse, lo schermo nero rivel una schermata di cifre e pagine fittamente scritte, in un piccolo blimp apparve un’icona, chiedendo all’utente ‘Mutou’ di inserire il ‘cavo nell’unit ATM’ per avviare la procedura. Atem afferr il foglio e lo apr: magari conteneva istruzioni sul programma, magari avrebbe potuto fare anche senza Yugi. Forse lui non ce l’aveva fatta ad assisterlo, ma almeno aveva tenuto fede alla sua parola e aveva ultimato il programma. O almeno cos sperava.

Era una lettera. Due pagine di inchiostro fittamente scritto, nella calligrafia un po’ disordinata di Yugi. Una di esse cominciava con una data, l’altra era intitolata ‘procedura di spegnimento’.

Mise da parte quest’ultima per concentrarsi sulla prima. Una parola alla volta avrebbe letto tutto quello che c’era da leggere.


27 febbraio 2004

Credo che sarai tu il primo, e forse l’unico, a leggere questa lettera, perci comincer cos:

Caro Atem,

Non sono molto bravo con le parole, ma so di essere anche peggio a gestire le mie emozioni, per questo preferisco non salutarti di persona.

Sai gi quanto mi dispiaccia per tutto quello che ti ho fatto, sai gi tutto quello che penso, cos come io conosco tutti i tuoi pensieri. Ci siamo gi detti tutto quello che c’era da dire, e lo abbiamo accettato.

Ti ho privato della libert nel momento stesso in cui credevo di avertela concessa, quando hai aperto gli occhi per la prima volta, e finch sei stato al mio fianco, non sei stato mai veramente libero. Valeva anche per me, sai, sentivo il dovere di proteggerti, di starti vicino, ma non rimpiango di aver sacrificato la mia libert, era una scelta che sono stato contento di fare. Ma, come ho detto, la mia stata una scelta. A te non mai stata concessa la possibilit di scegliere.

Il primo momento in cui sei stato libero stato il giorno che sei scappato da me, quando hai lasciato la mia gabbia. Eppure non lo eri ancora, neanche quando ti sei rifugiato a casa di Ryou, neanche quando ti sei rifiutato di parlarmi per tutti quei giorni, neanche quando hai deciso di morire. Nessuna di esse era una scelta libera. Erano tutte dettate dal fatto che io fossi sempre l, a pendere sulla tua testa come una minaccia, un metro per misurare ogni tua azione, un paragone di cui non potevi fare a meno. Tu dipendevi da me. Persino nel morire hai dovuto chiedere il mio aiuto. E io te lo dovevo: ti ho mentito e tenuto prigioniero, ma sono stato sincero questa volta. Insieme a questa lettera troverai un altro foglio, contiene tutte le istruzioni per avviare il programma, il cavo necessario nel secondo cassetto della scrivania, puoi inserirlo da solo.

Spero tu abbia detto a Ryou di venire, e se non lo hai ancora fatto, sar meglio che tu lo faccia prima di avviare la procedura perch, anche se non sarai completamente spento se non nel giro di un’ora, non sarai pi in grado di digitare un numero o parlare. Come avrai capito, io non sar l ad occuparmi di te una volta che il programma sar eseguito. Non posso.

Ti sto offrendo l’ultima possibilit che posso offrirti, e non quella di morire. Ti offro di essere libero. Senza di me potrai finalmente esserlo: non ci sar bisogno che tu smetta di vivere per me. Lo far io. Non preoccuparti, non intendo scappare un’altra volta: non dovrai preoccuparti che io possa rispuntare da un momento all’altro e intromettermi di nuovo nella tua vita. Questo il mio addio.

Per favore, saluta i miei amici da parte mia, io non ne ho avuto il coraggio. Saluta Jonouchi, Anzu, Honda, Ryou, d loro di contattare la mia famiglia e dire a mia madre e a mio padre che li amo e che in cambio saluter per loro il nonno.

Ho sempre voluto bene a tutti, anche a te, lo sai, per questo che ti lascio. Non voglio fare ancora una volta una scelta al posto tuo, ti chiedo solo di pensare attentamente a ci che vuoi, nel profondo del tuo cuore, e a ci che ti impedisce di raggiungerlo, perch potresti arrivare alla stessa conclusione a cui sono arrivato io: tu sei Atem. Tu puoi vivere come te stesso.

Il programma sar sempre qui per quando avrai voglia di metterlo in funzione.

Non ho idea di cosa mi aspetti da questo punto in poi, n posso sapere quello che riserver a te e a voi tutti il futuro, e credo che accoglierai con sollievo queste parole, significano che non decider mai pi per te.

Sayounara allora, e buona fortuna,

Yugi


Il mondo dei morti un reame di assoluta luce.

La luce cos tanta che non se ne va mai del tutto, nemmeno quando il sole si addormenta al di sotto dell’orizzonte. Allora notte, ma la notte di un’estate polare, e la luce prova ancora a penetrare attraverso il manto blu del cielo e le stelle sono come tanti piccoli fori in una trapunta scura. luce rassicurante eppure abbaglia e circonda, soffoca a volte, e Yugi non riesce a spiegarsi come sia possibile per un luogo essere cos abbagliante e per i suoi occhi non esserne perforati, accecati.

Eppure lui vede. E sa dove si trova. E sorride. Timidamente.

C’่ un desiderio che pizzica all’interno del suo cuore, e Yugi non credeva fosse possibile per lui avere ancora un cuore che batte e forse non davvero un organo ma solo il suo fantasma, eppure lo sente agitarsi mentre il desiderio cresce e cresce, al punto che dopo un po’ lo sente arrestarsi timorosamente: ha quasi paura di venire pi a galla di cos, di farsi strada, perch incredibile, eppure Yugi sa di trovarsi nell’unico posto al mondo in cui anche l’altro se stesso pu esistere.

Perch questo posto non si trova nel ‘mondo’.

Yugi ha paura della reazione di Atem, perch sa di averlo deluso e ferito. Sa di aver deluso tutti e di dover scontare le sue colpe, ma prima desidera rivedere le persone che ama, anche solo un istante, per accontentare il suo cuore dopo anni di lontananza. Yugi si assumer le sue responsabilit, Yugi lo ha sempre fatto, ed per questo che convinto di aver preso la decisione giusta, di aver concluso l’avventura col finale che meritava.

Yugi sente qualcosa sfiorargli la spalla, il peso incorporeo delle dita del vento, delle dita di uno spirito che conosce fin troppo bene. Si gira di colpo, i suoi gesti cos goffi e cos poco in linea con l’atmosfera che si respira in quel luogo, col contegno della persona con cui si ritrova a incrociare lo sguardo, un abitante di quel reame di luce ormai da molto tempo. Ma Atem ha anche una certa dimestichezza con i ‘reami’, Yugi non sorpreso nel constatare che quel luogo si adatta a lui alla perfezione.

Atem sorride, la mano ancora sulla spalla del suo vecchio partner. E Yugi non pu far a meno di perdersi nei suoi occhi, quel rosso vivo che ormai aveva quasi dimenticato, e la luce che inonda il regno dei morti cos folgorante da farli splendere come braci di un fuoco. Braci scoppiettanti.

Yugi sa di non meritare quel sorriso, ma decide di ricambiarlo ugualmente perch il desiderio che pizzicava all’interno del suo cuore adesso si trasformato in una scintilla di felicit, purissima come quel luogo, e non si accontenta pi di rimanere nascosta, ma avvampa, gorgoglia, viene a galla e si manifesta nel sorriso pi dolce che Yugi abbia mai riservato a nessuno.

Non c’่ bisogno di parole.

Il regno dei morti il regno della libert assoluta. Le parole limitano le emozioni, la lingua frena i sentimenti e la voce trattiene la sincerit. Ma Atem e Yugi si capiscono all’istante, lo hanno sempre fatto in fondo, e, almeno per un aspetto, il regno dei morti cessa di essere completamente nuovo agli occhi del pi giovane dei due.

Yugi cerca la mano di Atem, ancora perso nei suoi occhi. La stringe con forza, alito di vento contro alito di vento, ancora una volta un gesto poco regale, poco adatto al mondo che li circonda. Ma Yugi imparer come comportarsi in quel regno un’altra volta.

Perch, per la prima volta da quando si sono conosciuti, anni prima, Yugi sa che adesso avranno tutto il tempo possibile.

Owari


Ed con grande soddisfazione che dichiaro di aver terminato finalmente una multichapter!

L’epilogo doppio e semi aperto: preferirei che foste voi a decidere che cosa succeder ai personaggi da questo momento in poi, ma potete sempre mandarmi un messaggio o scrivermi nelle rece per qualsiasi domanda concernente questa o altre storie. Ho diversi headcanons legati a Pictures of You…

Un grazie enorme per aver avuto la pazienza di seguire una storia che va avanti da dicembre a tutti voi che state leggendo adesso queste parole: a tutti quelli che hanno letto ogni capitolo sin dalla prima settimana, a chi arrivato pi tardi e poi si appassionato, a chi ha letto tutto di fila, a chi lo ha fatto lentamente, a chi ha avuto il buon cuore di recensire, inviare messaggi, aggiungere la storia fra preferite, ricordate ecc., ai The Last Goodnight per avermi dato l’occasione di martoriare i cuori del fandom ancora una volta e a tutti gli altri.

Un grazie enormissimo e speciale a La_Fe10 che ha sopportato e supportato Pic of You sin dai suoi primi vagiti, che si sorbita tutte le mie pippe mentali su tutti i personaggi che nella mia furia omicida avrei voluto fare fuori, che ha corretto tutti i (troppi) accenti sbagliati e che ha bocciato tutti quei plot bunny troppo lacrimosi perfino per me con spietata e ironica imparzialit.

Thank you sweetie, really.

Per chi non ne avesse ancora abbastanza di angst, eccomi ad autosponsorizzare la mia nuova oneshot Nerofumo e il mio fanmix personale per Pictures of You.

E adesso, off we go to new and crazier angstier projects!

Ache

  
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