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Autore: Selhen    23/05/2015    2 recensioni
Anni di guerra, territorio conteso e fazioni eternamente in lotta nella terra del dio Aion. Com’è possibile per Selhen nutrire odio verso qualcuno che l’ha risparmiata? Com’è possibile odiare senza conoscere veramente il volto della guerra?
Com’è possibile parlare con un nemico e trovarlo così normale e uguale a se stessi?
Una nuova avventura di Selhen solo per voi. Recensite numerosi. Le vostre recensioni mi danno la carica per scrivere sempre di meglio. Un abbraccio, la vostra autrice.
N.b. avviso gli eventuali lettori che ho postato questa storia più corretta e revisionata su wattpad. Se la preferite con meno imperfezioni sapete dove andare, sono selhene. :)
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quella notte nell’antro di Grigol, una grande miniera di id, l’unica fonte di luce erano i cristalli di Idium. Rilucevano sinistri, incastonati nelle massicce pareti rocciose di quel macabro luogo del sottosuolo del Katalam. 
Con un salto svelto e agile Araziel si era arrampicato su una roccia sopraelevata al centro della miniera, proprio accanto alla grande statua silenziosa di un immenso colosso, fedele riproduzione dell’immagine del mostro che dimorava in quell’antro.
Gli occhi verdi del tiratore scelto scandagliarono dall’alto ogni angolo di quel luogo buio, non facevano alcuna fatica a mettere a fuoco neanche i movimenti più insignificanti dei klaw saccheggiatori e delle loro zampette esili sul terreno.
“Nessuno traccia di Grigol “aveva detto il rosso accovacciandosi in cima alla roccia, come in agguato.
Sotto di lui un curioso ragazzetto minuto, tutto assorto nel gesticolare con le braccia in una sorta di riscaldamento, aveva voltato il capo e lo aveva osservato con due grandi occhi neri. Il ciuffo gli ricadeva sulla fronte e a dispetto dell’età che poteva dimostrare, una sfavillante armatura dell’abisso  gli splendeva addosso.
“Zio mastro...”, aveva detto Araziel, “mi sa che dovremo cercarci un altro passatempo”. Il piccolo chierico aveva allargato le braccia nella loro massima estensione, le aveva poi richiuse, l’una davanti all’altra, giungendo perfettamente le mani, e aveva sollevato la gamba, ben tesa, come a sferrare un calcio nel vuoto. “Uhm...” aveva mugugnato con una voce che sembrava appartenere ad un ragazzo molto più grande dell’età che dimostrava, “non mi sembra per niente una cattiva idea”.
“Io ci sto!” era risuonata forte e chiara una voce femminile dal tono strascicato e suadente. Poco distante da loro era comparsa dal nulla la sagoma minuta di una giovane asmodiana dalla chioma riccia e fiammante.
Un sorrisetto sghembo aveva lineato le labbra del ragazzo chierico nel vedere avanzare verso di loro, a passo sinuoso, l’assassina. Era rimasta invisibile per tutto il tempo e li aveva seguiti in tutto il giro di perlustrazione con l’intenzione di cogliere di sorpresa qualunque elisiano si fosse imbattuto nei loro passi.
Con un balzo attento Araziel si era gettato dalla roccia e aveva attutito la caduta rannicchiandosi sul pietrisco prima di tornare in posizione eretta. Aveva sguainato i suoi revolver e la parvenza di un sorriso aveva animato il suo volto. ”Prima le signore” aveva detto teatrale rivolgendosi a Flamet, l’assassina dai capelli rossi. Questa, senza lasciarselo ripetere due volte aveva piantato sul bel viso da bambolina un ghigno chiaramente inquietante ed era tornata a dissolversi poco dopo, sparendo dalla loro vista.
Mastrogeppetto, così si faceva chiamare il giovane chierico che li accompagnava, si era avvicinato ad Araziel e aveva pronunciato numerose formule magiche a protezione del compagno, poi, quando il tiratore aveva cominciato ad avanzare guardingo, lo aveva seguito a passo svelto e attento.
Mastro era un chierico parecchio ricercato; da un po’ di tempo amico di Araziel, avevano collaborato spesso durante gli assedi alle fortezze dopo che Lohan aveva trovato legione e quindi i suoi impegni non gli avevano più permesso di essere tanto presente. 
Da qualche tempo tiratore e chierico, insieme a qualche compagno di ventura, erano soliti inoltrarsi nei meandri del sottosuolo alla ricerca di squadroni di elisiani da massacrare. Quella sera era toccato a Flamet far loro compagnia: la sadica assassina con un antipatia innata per i tiratori scelti.
Stavano attraversando uno dei deserti corridoi del sottosuolo del katalam, adesso. Fili di ciuffi d’erba spuntavano dalle fessure dei muri diroccati, le strade ormai cadute in rovina scricchiolavano sotto i loro passi. Fu proprio quando svoltarono l’angolo che li colse di sorpresa un rumore di andature pesanti. 
Immediatamente Araziel balzò in posizione d’attacco e così Mastro, che aveva impugnato la mazza poco prima assicurata al fianco.
Dovettero attendere solo qualche secondo, poi eccoli là: pelle rosea e lineamenti delicati, nessuna coda né artigli. Erano elisiani, ed erano tanti...
Cinque pennuti dall’aria aristocratica avanzavano verso di loro e anche loro avevano già tirato fuori le armi.
Erano sicuramente in sovrannumero, ma questo non preoccupò Araziel, il quale non fece altro che caricare entrambi i due revolver osservando la combriccola di elisiani che avanzava verso di loro. Con una veloce analisi tentò di studiarne il punto debole.
In effetti un punto debole c’era: un chierico che doveva cadere per primo se avessero voluto far fuori il resto del gruppo.
Gli occhi di Araziel in quel semibuio si illuminarono, e nonostante lo svantaggio numerico un’espressione risoluta gli si dipinse in volto. Era pronto a combattere, come sempre, come in accademia e nella vita gli era stato insegnato. Mastro era con lui e questo lo rassicurava.
Vide gli elisiani avanzare e fermarsi ad una certa distanza, indugiando. 
Quello che sembrava essere il capo del gruppo indossava una maschera che gli copriva parzialmente il viso, aveva i capelli rossi, e una grossa orbe sospesa tra le mani. Un fattucchiere la cui sagoma gli ricordava qualcuno di familiare. 
L’elisiano diede segno di escandescenza, la sua fronte dovette aggrottarsi sotto la maschera, poi una voce molle e strascicata pronunciò il suo nome: “Araziel…”. 
Il tiratore scelto arricciò il labbro in segno di ostilità. All’improvviso quella maschera gli aveva riportato alla mente un ricordo alquanto spiacevole. Un ringhio quasi spontaneo uscì dalla sua gola e il suo sguardo assunse chiaramente un'aria letale : ”Ci rivediamo…Cohaku..”. 
Il fattucchiere elisiano abbozzò un ghigno di scherno e in quel momento di silenzio e stasi fu Flamet a cogliere tutti di sorpresa. Con la fulminea prontezza di cui solo lei era capace, era sbucata dal nulla, e prima ancora che il chierico della combriccola elisiana potesse accorgersi della sua silenziosa presenza, con un ringhio quasi animale l’assassina asmodiana aveva conficcato tra le scapole dell’ignaro nemico uno dei suoi pugnali. Un sorriso sadico e crudele aveva sfigurato il suo bel viso, e i suoi occhi accesi indirizzarono uno sguardo di intesa ad Araziel mentre con la mano libera passava a tagliare la gola dell’elisiano ormai rantolante. 
Colti di sorpresa, ma pronti a reagire, gli elisiani avevano subito concentrato la loro attenzione su Flamet. 
L’assassina, fulminea, con un rapido scatto all’indietro, si era lanciata con balzo quasi felino alle spalle del tiratore scelto del gruppo, mentre gli incantesimi curativi di Mastro la rendevano indenne e invulnerabile agli attacchi dei due nemici che aveva addosso. 
L’attenzione di Araziel si concentrò immediatamente sul fattucchiere a capo del gruppo, cercò di prendere la mira e sparò prima con un revolver e poi con l’altro. Imprecò quando i colpi non andarono a segno. Cohaku era stato svelto, e pronunciata una formula magica aveva evocato una robusta barriera protettiva che aveva ostacolato i proiettili nel loro tragitto. 
A quel punto Araziel aveva pronunciato uno degli incantesimi più utili che gli erano stati insegnati per inibire temporaneamente le capacità magiche dei fattucchieri, poi era passato all’attacco con l’intenzione di infrangere la barriera magica del nemico, ma proprio quando lo scudo magico si dissolse Cohaku lanciò di contro un incantesimo di sonno che costrinse Araziel ad un'immobilità temporanea.
Senza che il tiratore potesse fare nulla per impedirlo, il fattucchiere elisiano si sollevò in aria roteando come se una forza invisibile gli permettesse di levitare. Delle fiamme si sprigionarono intorno a lui accompagnate dalla voce cantilenante dell’elisiano e due nitidi draghi di fuoco si scagliarono contro il tiratore appena risvegliatosi. 
Con la freddezza e la rapidità che gli erano propri, Araziel schivò il colpo e un proiettile stordente colpì l’elisiano ormai privo di difese, ferendolo.
Sarebbe mancato il colpo di grazia se solo un incantatore staccatosi dal gruppo non avesse trasformando lui e mastro in spiritelli impazziti impedendo ad Araziel di concludere l’opera.
Quando Araziel tornò alle sue facoltà mentali si ritrovò addosso sia gli incantesimi del fattucchiere elisiano che quelli dell'incantatore. Sarebbe potuta finire male se un'imponente figura femminile con un balzo non si fosse messa tra lui e i due elisiani.
Pausania, un'altra compagna di ventura, con un tempismo perfetto aveva sferzato l'aria con il suo enorme spadone a due mani e aveva tirato verso di sè, con un laccio d'etere, l'incantatore. 
Presto le difese del secondo mago furono infrante e toccò ad Araziel sparare su di lui il colpo di grazia mentre Flamet si lanciava brutalmente contro Cohaku.
In quel momento di totale trambusto una nuova voce era emersa forte e chiara. Pausania non era da sola, con lei c'era Galthun, un altro chierico capace di cui Araz aveva fatto personale conoscenza quando aveva combatutto con la legione di Flamet.
Con due chierici e un'assassina forte e sadica come Flamet il gruppo di asmodiani era diventato totalmente intoccabile.
Rimanevano Cohaku e un elisiano cacciatore. Con un salto alla ceca il fattucchiere elisiano si mise in salvo dandosela letteralmente a gambe, sparì poco dopo, evocando svelto un portale. Quanto al cacciatore, sparì dalla loro vista, ma il gruppo di asmodiani rinunciò all'inseguimento e non se ne diede più cura.
"Tempismo perfetto, Pausania!", aveva detto Araziel con un sogghigno rimettendo le pistole nei foderi.
"Dillo forte", aveva detto la templare dalle forme prosperose riassicurando lo spadone alla sua schiena con pochissimo sforzo, sebbene fosse pesante.
"Anche il grande Araziel ogni tanto viene fregato dai pennuti, a quanto pare", lo aveva canzonato Flamet a braccia conserte. Le sue labbra succintamente rosse e truccate erano ricurve in un sorrisetto sghembo.
"E così questa notte mi ritrovo da solo tra i Deads can dance disseminati per tutto il sottosuolo.. mi sento fortunato".
Pausania sorrise affiancando Flamet. "In realtà noi Deads non perdiamo mai di vista i nostri legionari", ammiccò all'assassina rossa.
I Deads can dance erano una delle legioni più conosciute di Asmodae, famosi per essere abili guerrieri e per il carisma del loro capo. Araziel aveva conosciuto personalmente Malombras, anzi, gli era capitato piuttosto spesso di essere cercato da lei per Katalamize di ventura o combattimenti di svariato genere.
La piccola cacciatrice peperina aveva un vero atteggiamento da leader che agiva da fortissimo collante per tutti i membri della sua legione.
"Allora, ragazzi, come mai così numerosi in sottosuolo stanotte?", chiese Araziel rivolgendosi a Pausania.
Fu Galthun, il chierico dei Deads can dance a prendere la parola.
"Siamo rimasti momentaneamente senza un leader, quindi... niente attività di legione troppo impegnative. Ci limitiamo a picchiare elisiani".
Araziel si accigliò. "Che è capitato a Malombras?".
Pausania sorrise. "E' quello che ci chiediamo anche noi, la vediamo molto assente e... ci ha colpiti il fatto che abbia rinunciato al suo grado di Generale di Brigata".
"Mh...", Araziel si grattò una guancia pensieroso. " E adesso? Chi è il nuovo leader?", domandò curioso spostando lo sguardo da uno all'altro.
"Nessuno" puntualizzò Flamet ravviandosi la folta chioma. 
Mastro, che era l'unico esterno del gruppo, a parte Araziel, aveva ripreso, fortemente disinteressato, a fare le sue solite mosse di karate.
"Ne stavamo proprio cercando uno", aggiunse Pausania con tono innocente. "Nessuno in legione si è deciso ad accollarsi la situazione e ci serve un capo che riesca a mantenere la legione come è sempre stata".
Flamet alzò lo sguardo puntando gli occhi sul tiratore. Il suo sorrisetto sadico adesso aveva un che di pretenzioso.
"Beh, buona fortuna", aveva detto Araziel scrollando le spalle.
 Pausania era tornata ad ammutolirsi, Flamet invece, stava continuando a fissarlo in maniera irritante.
"Che c'è, cobra?", aveva sbottato Araziel appellandola in maniera sarcastica e ricambiando irritato il suo sguardo. "Conosco quello sguardo... ed è no!".
Flamet inarcò un sopracciglio perfetto ma non distolse lo sguardo rovente dagli occhi del tiratore. Il momento di silenzio che si venne a creare subito dopo fu rotto solo dalla risatina divertita di Mastro.
Galthun, che intanto aveva compreso le intenzioni dell'assassina aveva annuito. Araziel lo vide lisciarsi i grandi baffoni pensieroso e annuire. "In effetti lui avrebbe tutte le carte in regola, e sono sicuro che Malombras non avrebbe nulla da ridire", stava dicendo pragmatico con la solita aria da maestrino perfezionista.
"Non ci pensate nemmeno, è escluso!", aveva sbottato il tiratore dando le spalle alla combriccola. "E adesso se non vi dispiace mi dileguo... Ho già abbastanza a cui pensare".
"Voi siete d'accordo?", aveva chiesto Flamet senza nemmeno ascoltarlo, a quelli che sembravano essere i maggiori esponenti dei Deads can dance.
Tutti avevano fatto un sorriso d'assenso. 
"Araziel!", la voce imperiosa di Flamet risuonò tra le pietre di quel corridoio. "Che tu lo voglia o no, ti abbiamo eletto come nuovo capo... benvenuto nei Deads can dance...".
Sembrava quasi che a quel carisma e a quella voce non si potesse transigere. Flamet era un'assassina serpentina quanto ammaliante, ma lui era un solitario. E da quando aveva perso il suo miglior compagno di battaglia si era promesso che mai e poi mai sarebbe più entrato a far parte di una legione. 
"Che voi lo vogliate o no, non accetto l'invito", disse ancora di spalle, con il tono più autoritario che potesse mettere su.
Dei passi rimbombarono sul pavimento in pietra, poi una sottile e curata mano artigliata lo costrinse a voltarsi. "Sai che con un buon gruppo di devoti compagni potresti ottenere la gloria che da sempre desideri?", disse suadente l'assassina articolando ogni parola con studiata lentezza.
Il tiratore valutò ancora per qualche secondo le parole di Flamet. Inutile negarlo, aveva toccato una delle corde più profonde del suo animo.
Ripensò a Ura, il templare che una cruenta battaglia di proporzioni colossali gli aveva sottratto. Il suo migliore amico, l'unico fratello, al di là del sangue, che avesse mai avuto.
Ripensò ai loro sogni. Alla rinuncia che da quel giorno si era imposto di fare. Avrebbero dovuto crescere insieme e non era stato loro concesso. Era rimasto senza un braccio destro e questo lo aveva scoraggiato così tanto che si era abbandonato a una vita di solitudine e di guerra.
Non aveva più mirato a quella crescita personale che la sua ambizione gli aveva fatto desiderare. Adesso era solo un bravo tiratore, uno che le prestigiose legioni cercavano per la buona riuscita delle loro missioni.
L'idea di avere una legione propria non lo aveva mai sfiorato. Dopotutto, dopo la perdita di Ura non lo aveva neanche più voluto. Era stato un sogno comune, un sogno che si era dissolto con l'anima del suo migliore amico.
"Non... non posso".
"Sì che puoi...", aveva annuito Flamet, "Sai che Ura lo vorrebbe".
Araziel scosse il capo e le sue labbra si assottigliarono con nuova risolutezza. Flamet lo conosceva da abbastanza tempo da riuscire a comprendere che cosa, in quel momento, lo stesse frenando.
"Araziel", aveva cantilenato l'assassina. "Sai che i morti possono danzare?", fece un sorriso enigmatico lasciando scivolare via la mano dalla sua spalla in una macabra quanto ironica allusione.
Araziel si voltò. "I morti non possono tornare", disse acido.
"Ma possono tornare a vivere nel ricordo degli altri", terminò secca mentre si allontanava. La sua voce rimbombò nel vuoto corridoio, poi scomparve, lasciandoli là, da soli, in uno statuario silenzio, uscendo di scena come era solita fare.
Quel silenzio parve pesare sull'animo del tiratore come un macigno. Decise che forse avrebbe potuto concedersi un piccolo periodo al di fuori dell'ordinario. In fondo, avrebbe  significato soltanto aiutare un gruppo di amici.
"E va bene, ma solo finchè Malombras non riprenderà il comando".
Pausania esultò, e Galthun abbozzò un sorriso distinto.
"Oh beh, allora auguri amico", aveva detto il piccolo Mastro battendo una mano dietro la sua schiena.
Araziel mugugnò infastidito a quello sfacciato augurio.
"Grande ragazzi, stasera si festeggia!", sorrise la templare riprendendo lo spadone, "Adesso non ci resta che fare l'annuncio. Tutti devono dare il benvenuto al nuovo capo dei Deads can Dance!

Il sangue caldo e scarlatto scorreva fluido tra le mura della fortezza. Gli Asmodiani quella notte avevano tentato il tutto e per tutto per ottenere la più ambita fortezza dell'abisso. La fortezza degli dei.
Il buio che circondava Araziel puzzava di sudore e di morte. Qua è là, il lugubre suono di ali richiuse faceva da colonna sonora a quella cruenta battaglia.
Urara era al suo fianco, quella notte. Templare e tiratore, spalla con spalla, affrontavano audacemente ogni nemico. 
Le candide ali degli elisiani si macchiavano di sangue quando questo schizzava dalle ferite inferte dalle pallottole di Araziel. E intanto lo spadone di Ura mozzava teste, arti, affondava in rosei e caldi petti elisiani. Indipendentemente se il nemico fosse uomo o donna, giovane o vecchio. 
Nessuna pietà. Era questo che a entrambi era stato insegnato nei loro anni di apprendistato.
Poi era successo. Dopo ore di strenuante battaglia Araziel aveva visto un fattucchiere librarsi tra i vapori sulfurei dell'abisso. Le ali bianche che si agitavano freneticamente e una luce tra le mani. Un potentissimo incantesimo si era scaricato sulle spalle di Urara prima ancora che lui avesse potuto accorgersi del vigliacco nemico che lo colpiva alle spalle.
Araziel non aveva potuto fare nulla per impedirlo. Era rimasto inerme, impotente, a guardare la scena come a rallentatore.
Gli occhi del suo migliore amico si erano spalancati, spiritati e senza vita. Poi il suono più pesante di tutti. Due ali nere, imponenti, si erano richiuse sul corpo di Ura mentre Araziel, traboccante di furia, si lanciava all'inseguimento del fattucchiere mascherato che aveva lanciato quel sortilegio.
Cohaku... aveva saputo in seguito il nome del vigliacco.
Ma quel che c'era di peggio era che quella notte non solo Ura, ma numerosissimi asmodiani avevano perso definitivamente la vita.
L'obelisco della resurrezione a cui sia il suo migliore amico che molti altri erano legati, era stato totalmente distrutto.
Gli elisiani, capeggiati da Cohaku,  erano riusciti a fare irruzione a Primum e a seminare il panico tra le guardie asmodiane puntando in primo luogo all'obelisco della fortezza.
Quando Ura svanì, Araziel si aspettò di ritrovarlo all'obelisco a fine battaglia, ma poi la notizia era giunta... cruda e brutale. L'anima di Urara era andata perduta per sempre e dell'obelisco non rimanevano che macerie.
Quella notte fu la notte peggiore che mai avesse passato. La notte in cui decise che avrebbe combattuto senza sosta, per tutta l'eternità da Daeva che gli era concessa.
Quella notte moriva con Ura il ragazzo che era stato, e nasceva Araziel, l'asmodiano che aveva perso tutto ma aveva guadagnato la fedeltà più assoluta ad Asmodae.
Quanto agli elisiani, mai nessuno avrebbe avuto la fortuna di raccontare di essere scappato da lui, e se mai fosse successo, lui l'avrebbe trovato e per finire l'avrebbe annientato. Nel modo più cruento e doloroso possibile.
Da quella notte, nasceva in Araziel, l'odio più profondo che avrebbe nutrito per ogni singolo membro della razza elisiana. Per sempre.


[Questo capitolo lo dedico alla mia legione, visto che ultimamente lo fanno un po' tutti gli scrittori in questa sezione. 
Beh, loro sono i Deads can Dance, e sono quelli con cui di solito trascorro maggiormente le serate. Flamet, Pausania, Galthun, Araziel, Mastro (che è dentro per metà) e poi la nostra Malo, la cacciatrice più powa del server u.u
Li ringrazio uno per uno. Grazie per le belle serate ragazzi, spero che non vi sia dispiaciuto il fatto che abbia usato i vostri nomi autentici, nel caso foste contrari avvisate e modifico :3
Questo era lo speciale 50 recensioni, volevo mettere anche Sily ma sarebbe venuto troppo lungo quindi... al prossimo speciale per la vera storia di Sily! Recensite e arriveremo presto alle 55! Ciaooo ;)]
  
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