Prologue - No, I wont sleep tonight
23 marzo 1913
E'
notte fonda quando una piccola figura esce dalla porta di una casa
nella Dublino bene iniziando a correre. Un ladro? La cosa non dovrebbe
stupire, se ne vedono tanti, di questi tempi.
Avvicinandoci un po' di più possiamo renderci conto che si
tratta di una ragazza dai lineamenti dolci, anche se è
abbigliata con abiti maschili. Quando il berretto le cade sul selciato,
libera i lunghi capelli rossicci lunghi fino alle spalle che subito
cominciano a muoversi. La ragazza non accenna a fermarsi, anzi, tende
ad accelerare quella che evidentemente è una
fuga. Ma da cosa e da chi da scappando?
Prima di rispondere a questa domanda, è doveroso sapere che
la casa da cui la figurina è uscita così di
fretta è la residenza della famiglia Holmwood. Il padre,
Hugh Holmwood, è un generale inglese inviato in Irlanda per
controllare gli animi degli indipendentisti. La padrona di casa
è niente meno che Gretha Firth, degna erede di una delle
famiglie più in vista di York, regina di eleganza e ottima
madre di cinque pargoli (se tutti dello stesso padre, non sta a noi
precisarlo). Arrivarono a Dublino due anni or sono per seguire il pater
familias e subito furono guardati con sospetto. Perché
quelle espressioni stupefatte? Sono più che comprensibili le
occhiate cariche di rancore che la popolazione rivolgeva loro, essendo
ricchi rappresentanti della corona. Non fu facile abituarvisi, per i
piccoli Holmwood, ne tanto meno ambientarsi in una città che
non era loro. Proprio per questo, spesso giocavano con i figli della
servitù e talvolta regalavano loro anche qualche balocco
ormai poco guardato. La più generosa in questo senso era la
prima figlia femmina e la terza tra tutta la progenie: Evelyn Adeline.
Fu proprio durante questi innocenti giochi infantili che la piccola Eve
sentì parlare per la prima volta di un'Irlanda indipendente
e trovò ingiusta l'oppressione britannica.
Desiderò aiutare chi chiedeva una repubblica e combattere
lei stessa contro la propria famiglia e contro il proprio re. Cari
lettori, conosco il pensiero che in questo momento attraversa i vostri
pensieri. Cosa c'entra tutto ciò con la piccola ragazza in
fuga? Eccone svelata l'identità. Colei che fugge da tutto
ciò che ha sempre conosciuto è proprio Evelyn,
intenzionata a lasciarsi alle spalle le origini inglesi e a combattere
per quella che sente una giusta causa.
Torniamo dunque a lei e vediamo dov'è finita. Evelyn si sta
guardando attorno, spaesata. In due anni che vive a Dublino, le volte
in cui è uscita dalle mura dorate che costituivano il suo
mondo si possono contare sulla punta delle sue piccole e delicate dita.
Dita che non hanno mai lavorato e che stonano con i muri scrostati di
un edificio in cui probabilmente vivono in condizioni precarie almeno
cinque famiglie, che stonano con le strade maleodoranti e che stonano
con i vetri rotti delle finestre. La ragazza si ferma per riprendere
fiato. Mentre i polmoni si riempiono e si svuotano ritmicamente, Evelyn
si domanda quanto sia lontana dalla sua vecchia vita. Aveva
attraversato il Liffey, di questo è sicura, quindi si trova
nel Northside. Dove andare ora? Cosa fare?
« Che stupida! Avrei dovuto chiede a quel garzone se conosceva qualcuno da cui stare, oltre ai vestiti! »
Non
si accorge, però, di aver formulato ad alta voce questi
pensieri. Per sua fortuna, potremmo aggiungere. La ode infatti un
ragazzo che rientra a casa, alle primi luci dell'alba, dopo aver
aiutato un fornaio. Uno dei tanti lavori che saltuariamente svolgeva
per aiutare la sua famiglia, dopo il fatale incidente che
costò la vita al padre del ragazzo. Era stato tredici anni
prima, ma da allora Dillion disprezzava chiunque avesse una sola goccia
si sangue inglese nelle vene. Era stata colpa del proprietario della
fabbrica se era rimasto orfano e lui e la sua famiglia avevano dovuto
arrangiarsi. C'era stato anche un periodo in cui la madre era arrivata
al punto di prostituirsi per sfamare i suoi sette figli, di cui Dillion
era il primogenito e di conseguenza aveva dovuto darsi una svegliata
prima degli altri. Dopo un attimo di esitazione, il ragazzo proferisce
parola.
«
Come ti chiami, ragazzina?
»
Evelyn non riesce a pensare a un nome alternativo che subito rivela il suo.
« Il mio nome è Evelyn. Vi prego, trovatemi un posto in cui riposare. E' stata la nottata più lunga della mia vita e vi prometto che domani me andrò. Posso anche pagarvi, se ritenete che sia necessario... »
Il ragazzo non risponde, limitandosi a poggiarle una mano sulla spalla per invitarla ad entrare in casa propria, dopo essersi raccomandato di far silenzio. La guida per le piccole stanza di cui la casa è composta. Dillion la fa salire per delle scale scricchiolanti per portarla in quella che era la sua camera da letto. La povertà con cui è arredata colpisce in pieno Evelyn, abituata al suo letto a baldacchino e i tappeti persiani sul pavimento. Questa stanza ha pochi mobili, giusto una cassapanca, uno scomodo materasso in paglia e una scrivania piena di candele usate. Dopo aver chiuso l'asse di legno che serve da porta, il ragazzo comincia a togliersi gli indumenti sporchi di farina, tenendo soltanto quel pezzo di stoffa che serve a coprirgli le parti intime. Evelyn arrossisce subito e a Dillion ciò non sfugge, anzi, la guarda divertito.
« Non hai mai visto uomo nudo, vero? » Domanda con il sorriso sulle labbra.
La ragazza si limita ad annuire, avvampando ancora di più.
« Puoi stare tranquilla, mi terrò questi. » Dice indicando l'unico indumento che ancora indossa, quindi si adagia sul pavimento, lasciando ad Evelyn il letto.
« No, non dormite per terra Signor... »
« Dillion. Mi chiamo Dillion. Dove vuoi che dorma, altrimenti? »
« Possiamo... Possiamo dividere il letto? non voglio che ve ne priviate... »
«
Come vuoi, Evelyn. Dormo con te.
»
Detto questo, Dillion si sdraia accanto a lei, stando ben attento a non
cingerle il corpo con le sue forti braccia. E' una precauzione
totalmente inutile, dal momento che si sveglieranno abbracciati, e
così sarà nei prossimi anni. Entreranno entrambi
negli Irish Volunteers, prendendo parte a quella che passerà
alla storia come Rivolta di Pasqua.
Ora, i prossimi capitoli che leggerete racconteranno proprio di quei giorni. Giornate d'indipendenza in una terra che ancora non ne ha assaporato il gusto e di come un amore possa vivere mentre si combatte. Non sarò altro che narratore in queste vicende, perciò, se volete seguirmi proseguite pure nella lettura.
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Salve a tutti! Questa è la mia prima long e spero di riuscire a terminarla entro il centenario dall'inizio della Rivolta di Pasqua (se non lo faccio siete autorizzati a lanciarmi pomodori in faccia).Bene, al momento non ho altro da dire se non che i titoli sono presi da alcune canzoni che ho inserito nella playlist su 8tracks dedicata proprio a questa storia (su, avanti, andate a cercarla e ascoltatevela); il titolo del prologo viene da ''Hour of the Wolf''.
E niente, spero che piaccia ciò che avete letto. In ogni caso lasciatemi una recensione o inseritela tra le preferite/ricordate/seguite, così potrete entrare nella lista delle mie persone preferite.
A presto